Capitolo Ventiquattro
Finita quell'interminabile lezione di psicologia Selvaggia e Ludovica si alzarono insieme a tutti gli altri per uscire dall'aula. Quest'ultima aveva un colorito acceso sulle guance e un sorrisetto strano sulle labbra, che Selvaggia decifrò come un lieve imbarazzo nei confronti di quel ragazzo che aveva attratto anche lei, ma non osò farle domande; non voleva che l'amica potesse vedere lo stesso interesse sul suo viso. Era da poco che la conosceva ma le voleva già un gran bene, le ricordava in parte la sua amica Aurora dell'orfanotrofio, sempre dolce e pronta ad aiutare gli altri, così piccola e fragile...
A pochi passi dalla porta quello stesso ragazzo al centro dei loro pensieri si avvicinò a loro e le guardò. Scivolò con gli occhi da Ludovica a Selvaggia con un bellissimo sorriso che fece sciogliere entrambe.
"Buona giornata, ragazze!" le salutò velocemente, e altrettanto velocemente si allontanò.
Ludovica si riscosse a quel saluto. La sua faccia assunzione un colorito più intenso, facendole assumere un'espressione beata.
"Oddio, mi ha salutato! Non ci posso credere!" Squittì guardando l'amica. "È la prima volta che mi rivolge la parola da quando lo conosco... lo sapevo che mi avresti portato fortuna!"
Selvaggia si lasciò prendere per un braccio e trascinare lungo il corridoio verso la sua successiva lezione. Si sentiva fregata, aveva una voglia matta di farle mille domande per conoscere tutto ciò che poteva sapere su di lui, ma non voleva assolutamente che capisse di esserne attratta essa stessa. In quel momento preferì restare in silenzio e arrivare il prima possibile all'aula successiva, ma l'amica sembrò di tutt'altra opinione.
"Ma hai visto quanto è carino?" Aveva lo sguardo trasognato mentre le camminava a fianco. "Sembra quasi un divo di Hollywood con quei capelli lunghi e quegli occhi profondi... assomiglia a Johnny Depp, non trovi?"
"Ehm... sì. Più o meno..."
A Selvaggia sembrava di essere tornata ai suoi quindici anni, quando fantasticava con le sue compagne sui ragazzi che nemmeno si accorgevano di lei.
"E poi sembra così intelligente, anzi, è intelligente! Si vede da come parla, non ha remore a esporre i suoi pensieri ai professori—"
"Ma tu come lo conosci?" La interruppe, provvidenziale. "Perché mi avevi detto che è stato sempre presente alle lezioni di psicologia ma a sentire il professore era la prima volta che lo vedeva."
"In realtà è solo la prima volta che prende la parola in questo modo, ma era presente sin dalla prima lezione. Solo che, da quanto ho capito, segue alcuni corsi ma non è iscritto all'università."
Selvaggia corrugò la fronte. "E può lo stesso presenziare alle lezioni e intervenire?"
Per tutta risposta Ludovica si strinse nelle spalle. A quel punto Selvaggia era lanciata e voleva chiederle altre delucidazioni, ma l'altra alzò un braccio indicando l'aula di Diritto.
Selvaggia sospirò di delusione. "Ok, ci vediamo all'ora di pranzo in mensa."
L'amica si sporse per darle un bacio sulla guancia. "Grazie ancora per essere venuta con me. Sono così emozionata che finalmente mi ha rivolto la parola! Verrai un'altra volta, vero?"
Si allontanò per la sua strada senza attendere una risposta, lasciando Selvaggia a fissarla con una sorta di tumulto nel cuore.
***
Mise piede nel suo appartamento e si affrettò ad accendere le luci. Si era abituata da tempo a non trovare nessuno al suo ritorno. Si prese un po' d'acqua dal frigo e si recò nella sua stanza per ripassare le lezioni appena tenute in ateneo. Ma i libri che posò sul ripiano in legno non riuscirono ad attirare la sua attenzione come facevano di solito. Il suo pensiero continuava ad andare a quel ragazzo dell'ora di psicologia. Era un vero problema, più si diceva che non doveva interessarsi a lui per via di Ludovica, più non riusciva a farne a meno. Non conoscere nemmeno il suo nome la irritava, e lo sguardo che si erano scambiati in quel piccolo frangente durante il corso le dava un continuo brivido, così come il sorriso che le aveva rivolto quando aveva salutato sia lei che l'amica prima di uscire dall'aula.
Irritata per questi pensieri ciclici e a vuoto scosse la testa e si rimproverò, dicendosi che continuando a fare così quella sera non avrebbe combinato niente. Si impose di ripassare nuovamente la lezione di Diritto quando la porta della sua stanza si spalancò, facendo entrare Manuela. Come sempre si fermò alcuni istanti a guardarla con fare derisorio e si avvicinò al suo armadio per prendere un cambio di vestiti, senza evitare la solita punzecchiatura:
"Studia, studia! Vedrai che diventerai la nuova enciclopedia ambulante delle leggi..."
Ma quella volta la punzecchiatura la infastidì particolarmente. Quel ragazzo che ospitava tutti i suoi pensieri non aveva affatto l'aria di qualcuno che stesse sempre piegato sui libri come lei, sembrava un tipo molto più simile a Manuela: libero e un po' anarchico. Decise che per una volta avrebbe cercato di essere meno secchiona e più anarchica anche lei. Chiuse di colpo il libro con un sonoro ciomp, attirando l'attenzione della bionda che si bloccò a guardarla con le sopracciglia arcuate.
"Sai una cosa... hai ragione!" Si alzò in piedi con decisione. "Studio troppo e non conosco altro che i libri. Portami fuori, fammi conoscere i tuoi amici e insegnami a divertirmi. Ti va l'idea?"
Manuela la guardò stupefatta, di tutto si aspettava da quella rossa tranne questo improvviso cambio di registro. Sorrise, le avrebbe finalmente insegnato come si viveva a diciannove anni!
***
Le due ragazze entrarono in un pub dall'aria sporca e trascurata. La sala principale che ospitava il bancone era satura di fumo e di risate sguaiate, gruppi di uomini e donne di ogni età si divertivano attorno a loro, con in mano boccali di birra o bicchieri colmi di liquidi ambrati e dal forte odore. Selvaggia si impose di seguire l'amica senza fiatare, decisa a vivere per una volta quella vita che tanto le sembrava peccaminosa.
Raggiunsero un tavolo in un angolo, dove un gruppo di ragazzi più o meno della loro età stavano chiacchierando rumorosamente. Manuela si avvicinò a uno di loro, con dei lunghi capelli ricci e un accenno di barba che gli dava un aspetto alquanto rude, si sedette sulle sue gambe e lo baciò sulle labbra. Selvaggia rimase inorridita da quel gesto ma cercò di non darlo a vedere.
"Ragazzina, sei arrivata!" La accolse questo, appena si staccarono. "Come è andata, oggi?"
"Bene, grazie, niente di nuovo." Manuela la guardò sorridendo e si voltò verso la tavola. "Ragazzi vi presento la mia compagna di stanza, Selvaggia." Gridò rivolta a tutti e a nessuno, allacciò le braccia attorno al collo di quel ragazzo e ricominciò a baciarlo.
Selvaggia si sentì di colpo tutti gli occhi puntati addosso e si aggiustò i capelli dietro un orecchio in un gesto di nervosismo.
"Salve..." Sorrise, intimidita.
Gli altri ricambiarono il saluto con gesti affrettati e saluti sbrigativi, ma tornarono subito a parlare tra loro, ignorandola. Rimase in piedi come un'allocca per alcuni secondi prima che Manuela allungasse un piede in direzione del ragazzo seduto dall'altra parte del tavolo e gli desse una pedata negli stinchi.
"Fatti da parte, falla sedere! L'educazione non te l'hanno insegnata?"
Il ragazzo, un moretto con il naso a punta e l'aria furba, si fece subito da parte e invitò Selvaggia a sedersi accanto a lui.
Ancor più imbarazzata, si sedette mantenendo la testa bassa, per non incontrare lo sguardo di nessuno. Stava iniziando a pentirsi di essere uscita con Manuela.
Di colpo la ragazza cicciottella seduta dalla parte opposta del tavolo alzò la voce: "Ma io ti conosco, stamani eri al corso di psicologia del professor Camusso!"
Il cuore di Selvaggia prese a battere più forte e alzò la testa per incontrare il sorriso compiaciuto di Manuela e il viso della ragazza che aveva parlato. Aveva i capelli più corti di quelli di Manuela e neri come la pece, in un'acconciatura retrò alla Liza Minelli. Uno smoke eyes e un rossetto rosso scuro accentuavano i suoi lineamenti e attorno al collo aveva un nastro nero, come il resto dei suoi vestiti.
"Sì... ero io..."
Non era abituata a dover alzare la voce per farsi sentire. Giudicava quei ragazzi maleducati, rozzi e poco gentili nei suoi confronti; dato che era nuova avrebbero dovuto almeno cercare di metterla a suo agio, invece la stavano tutti ignorando. Tranne questa ragazza.
"Che indirizzo di studi hai preso?"
Si asciugò il sudore delle mani sui pantaloni prima di rispondere.
"Giurisprudenza."
"Un avvocato? Forte!"
Si intromise il ragazzo seduto accanto alla ragazza dai capelli neri. Stavano facendo finta di ignorarla? Quest'ultimo avvolse un braccio attorno alle spalle della mora e le diede un bacio sulle labbra, mettendola ancora più a disagio.
Distolse lo sguardo e quello seduto accanto a lei si accese una sigaretta, facendole respirare una bella quantità di fumo, che espulse con dei colpi di tosse.
"Perdonami, fata, ma qui siamo nel reparto fumatori." Si scusò deridendola. Le allungò la sua birra. "Tieni, bevici su e riprenditi, con i miei saluti."
Osservò con disgusto il collo bagnato della bottiglia che le porgeva e rifiutò con garbo.
"No, grazie... io..." si accorse dello sguardo sornione che le stava dedicando Manuela e ci ripensò. "Ma una birra tutta per me la gradisco volentieri."
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e alzò un braccio per richiamare una cameriera. Questa annuì velocemente e tornò subito dopo con due bottiglie di birra che appoggiò sul tavolo. Il ragazzo ne afferrò una, la stappò con un accendino e gliela passò. Selvaggia gliela prese di mano, titubante. Lui stappò anche l'altro nel solito modo e la scontrò contro la sua, producendo un sonoro clack:
"Alla salute!" e ne bevve subito un sorso.
Era sempre più stupita dalle libertà che quei ragazzi si prendevano nei suoi confronti, ma non voleva mostrarsi diversa da loro e bevve una bella sorsata di birra. Le bollicine le andarono subito nel naso, annebbiandole la vista, ma il sorriso soddisfatto di Manuela la rincuorò; non capiva perché ma voleva compiacerla, forse per dimostrarle, e dimostrare a se stessa, che non era solo una secchiona con il naso sempre nei libri. Bevve ancora, imparando a gustarsi il sapore lievemente amaro di quella bibita nuova e sorrise.
***
Le strade erano deserte quando le due ragazze tornarono a casa. Chiusero il portone del palazzo producendo un gran fracasso, si guardarono contemporaneamente e si portarono entrambe un dito davanti alla bocca.
"Shhh!"
Scoppiarono a ridere e barcollarono fino alle scale, che salirono continuando a ridacchiare, intimandosi tra loro di fare silenzio.
Dopo più tempo del previsto entrarono in casa, chiudendo la porta senza riuscire ad essere più silenziose. Con la paura di aver svegliato Eleonora si guardarono in faccia, preoccupate, ma l'ilarità prese il sopravvento, tanto che dovettero tapparsi la bocca coi cuscini del divano per non ridere troppo rumorosamente.
Si costrinsero a tornare serie e si diressero nella loro stanza, dove si buttarono sui propri letti scompostamente.
"Sei ubriaca fradicia!" Ridacchiò Selvaggia.
"Senti chi parla, pazza ubriacona!"
Scoppiò di nuovo a ridere ma si convinse a smettere subito. Si tirò a sedere e prese a spogliarsi.
"Non so se riesco a mettermi il pigiama..." Biascicò.
Manuela aveva gli occhi chiusi e un braccio sotto al cuscino. Restò a fissarla in silenzio e sentì il suo respiro lento e regolare. Confusa riuscì a mettersi sotto le coperte, dove svenne. Ma finalmente si era divertita come facevano le ragazze della sua età e non se ne pentì minimamente!
***
Aveva la vista appannata. Strizzò gli occhi e li soffregò per svegliarsi, sbadigliando e stiracchiandosi nel letto. Quando riuscì finalmente a guardarsi intorno e a rendersi conto di trovarsi in camera sua lanciò uno sguardo al letto vicino, quello di Manuela, trovandolo stranamente vuoto. Dicendosi che probabilmente era andata in bagno si voltò dalla parte opposta godendo della comodità di quel letto caldo, con tutta l'intenzione di riassopirsi per qualche altro minuto. Sbarrò gli occhi di scatto e si voltò di nuovo, finché lo sguardo non le cadde sulla sveglia sul comodino. Balzò a sedere tra le coperte, rendendosi conto di essere in un terribile ritardo.
"Oh, cavolo, sono le undici e mezza!"
Si alzò di slancio piombando in bagno e lavandosi il più velocemente possibile. Tornò in camera, si vestì alla velocità della luce e uscì di casa come una furia, afferrando distrattamente la borsa dell'università con i suoi libri e i suoi appunti.
Venti minuti dopo si stava aggirando nella facoltà di giurisprudenza cercando l'aula del corso di Diritto privato con un sentimento di angoscia misto a vergogna; un ritardo così grave non l'aveva mai avuto. Arrivò trafelata di fronte alla porta chiusa e attraverso la stessa sentì il professore tenere la sua lezione. Non ebbe il coraggio di bussare. Era il caso di interrompere la lezione solo per dieci minuti? Secondo il suo orologio mancava poco all'ora di pranzo. Rinunciò a ogni suo proposito di non perdere del tutto la lezione e si avviò scoraggiata verso la sala mensa. Pochi minuti dopo venne letteralmente invasa dagli altri alunni che, affamati, presero posto nei tavoli accanto a lei.
Restò in attesa delle sue amiche prima di cominciare a mangiare il suo pranzo. Quando finalmente arrivarono Daniela e Paola, entrambe dal loro corso di scienze del farmaco, rimasero sorprese di trovarla ad attenderle.
"Selvaggia, ciao!" Paola le si sedette di fronte. "Che fine hai fatto stamani? Non ti sei fatta vedere al bar!"
"Ahm... purtroppo mi sono alzata tardi..." Aveva sperato fino all'ultimo che non le facessero domande in merito, ma non si era preparata alcuna scusa e le venne spontaneo dire la verità.
Le due la guardarono sorprese. "Come mai? Hai dormito male?" Si preoccupò Paola.
"Guarda, se soffri di insonnia può esserti utile la valeriana. In farmacia vendono degli infusi da prendere prima di coricarsi che sono buonissimi..." continuò subito Daniela.
"Ahm... grazie." Selvaggia si pulì la bocca col tovagliolo. "Se mi dovesse ricapitare farò un salto in farmacia."
Le due iniziarono a mangiare come sempre, senza accorgersi minimamente del disagio dell'amica. Non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che Ludovica piombò alle sue spalle facendola sobbalzare:
"Selvaggia, ma dov'eri finita? Ti ho aspettata fino all'ultimo al bar per fare colazione, sono quasi arrivata in ritardo alla lezione!"
Si sentì stretta in una morsa a dover ripetere di aver dormito fino a tardi, aveva paura che Ludovica avrebbe cominciato a fare domande scomode. Ma prima di riuscire a rispondere Paola la precedette.
"Ha dormito un po' male, forse per il cambio di stagione, vero Selva? A mia sorella capita spesso..."
"Ah..." rispose Ludovica apparentemente un po' incredula.
"Le ho consigliato un po' di valeriana, aiuta sempre."
Bene, a quanto pareva la piccola Ludovica era soddisfatta della spiegazione, anche se avuta da terze parti; Selvaggia la osservò annuire lentamente mentre le si sedeva accanto.
"Menomale! Avevo paura che oggi mi avresti dato buca." Borbottò.
Selvaggia la osservò incuriosita: "Buca per cosa?"
"Per la lezione di psicologia." rispose con ovvietà.
A Selvaggia per poco non andò di traverso il boccone di pollo che stava mangiando. Tossicchiò nel tovagliolo cercando di darsi un contegno.
"Ah... il corso..."
Ludovica la guardò preoccupata. "Sembrava esserti piaciuta la lezione di ieri, no?"
Selvaggia sentì il battito cardiaco cominciare a correre ed ebbe paura di essere arrossita. E adesso come avrebbe potuto declinare quell'invito? Il solo pensare al corso la metteva in agitazione, perché quasi sicuramente avrebbe rivisto quel ragazzo bello e misterioso e non aveva nessuna intenzione di alimentare questo strano sentimento che avvertiva al solo pensarlo.
"In realtà ho paura che per oggi non possa venire..."
"Come? E perché?" Ludovica era palesemente delusa.
"Ho paura di non poter saltare di nuovo il corso di filosofia..."
"Ma me lo avevi promesso."
Lesse la delusione negli occhi di Ludovica e se ne dispiacque amaramente, non aveva mai deluso un'amica in questo modo e non voleva iniziare a farlo ora... E in effetti era vero, quella lezione di psicologia, per quel che era riuscita ad ascoltare, le era sembrata molto interessante. Si disse che avrebbe anche potuto assistervi una seconda volta, tutto quello che doveva fare era cercare di ignorare quel ragazzo il più possibile, assicurandosi, però, che sarebbe stata l'ultima volta che assisteva a una lezione di psicologia.
"Ok, hai vinto!" La tranquillizzò. "Ma sarà l'ultima volta, va bene? Non voglio saltare un'altra lezione importante!"
Ludovica annuì freneticamente e poi le si tirò addosso, abbracciandola. "Grazie! Tu sei il mio portafortuna!"
Certo, Selvaggia sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Accidenti a quando lui le aveva salutate! Sperò ardentemente che quel ragazzo sarebbe stato assente a questa seconda lezione, non voleva contendersi un ragazzo con una delle sue più care amiche, tanto più quando il ragazzo in questione non aveva minimamente espresso nessun interesse nei suoi riguardi. Nessun ragazzo fino ad allora lo aveva fatto, perché il primo avrebbe dovuto essere proprio lui?
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