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Capitolo Ventinove

Il mattino dopo Selvaggia saltò la colazione con le amiche. Mandò una scusa per messaggio a Paola, spiegandole, senza troppi preamboli, che si sarebbero viste direttamente all'ora di pranzo, e si diresse in facoltà toccando il cielo con un dito. L'incontro e il successivo chiarimento avvenuto con Giancarlo l'aveva messa di buon umore, e anche se quel bacio mancato la faceva fremere di impazienza, era stata contenta dell'intrusione di Manuela; prima di fare qualsiasi cosa con lui doveva chiarirsi con Ludovica, se non altro per una questione di correttezza. Era proprio per questo che aveva saltato la colazione e aveva deciso di vedersi con lei direttamente all'ora di pranzo; sapeva che poi sarebbe stata raggiunta da Giancarlo per sistemare la faccenda. Ancora non riusciva a capire come avesse potuto raccontare una frottola simile, come aveva potuto fare credere a tutte di uscire con un ragazzo solo per farle dispetto? Tra l'altro il ragazzo in questione non conosceva nemmeno il suo nome.

Passò l'intera mattinata con la testa tra le nuvole, pregustando quel bacio mancato che sicuramente sarebbe arrivato dopo la spiegazione con Ludovica. Immaginava di sentire le sue labbra morbide e calde a contatto con le proprie, mentre la coinvolgeva in un abbraccio appassionato che le faceva battere il cuore in modo spropositato. Non riusciva a pensare ad altro.

All'ora di pranzo, in mensa con il suo vassoio di cibo in mano, intravide da lontano Ludovica e Paola che parlavano tra loro sedute allo stesso tavolo e si diresse con passo deciso in quella direzione. Appoggiò il vassoio e le salutò sorridendo.

"Buongiorno!" Cinguettò.

Paola le sorrise. "Ti vedo particolarmente briosa. È successo qualcosa?"

A queste parole arrossì seduta stante: "No... cosa avrebbe dovuto succedere?"

"Non saprei, sembri avere la testa tra le nuvole."

Si sentì gli occhi di entrambe puntati addosso e le si inceppò la lingua. Tentò di cambiare argomento.

"E Daniela dov'è?"

Paola diventò subito seria e con un cenno del capo indicò alle sue spalle. Selvaggia si voltò, dietro di lei Daniela era seduta a un tavolo poco lontano, intenta ad amoreggiare con un ragazzo alto e moro, imboccandosi a vicenda il cibo da un unico vassoio. Era strano vedere l'amica intenta a certe manifestazioni d'affetto.

"Mi sembra molto indaffarata."

Paola fece una smorfia senza rispondere, Ludovica fu pronta a farlo al posto suo:

"È arrabbiata perché dice che da quando esce con lui non la considera più come prima."

"Mi dispiace."

Paola fece spallucce. "Per fortuna che c'è anche chi sa dividere equamente il proprio tempo anche dopo aver trovato un ragazzo." Sorrise a Ludovica che non ribatté.

Selvaggia iniziò a guardarsi attorno, aspettandosi di vedere Giancarlo sbucare da qualche parte per poi smentirla e, inaspettatamente, Ludovica sembrò particolarmente interessata a questo suo gesto:

"Non ti preoccupare, non arriverà in mensa."

Selvaggia sentì il cuore precipitarle nello stomaco e la guardò di scatto. Sapeva chi stesse aspettando?

"Ma io..."

"Lo so che stavi cercando Giancarlo." Alzò le sopracciglia con superiorità, corrugando la fronte. "Non viene mai a mangiare qui perché non gli piace stare in mezzo alla gente. Preferisce uscire dalla facoltà e andare a mangiare fuori."

Paola le sorrise. "E tu non vai a mangiare con lui perché mi vuoi bene, vero?"

Ludovica arrossì. "Sì, mi piace mangiare con voi..."

Selvaggia si ricompose cercando di fare finta di niente. "Stavo solo guardando se... trovavo una mia amica... volevo chiederle un favore..." balbettò impacciata.

"E chi?"

Si guardò ancora attorno e scorse Manuela mangiare con altri ragazzi a un tavolo poco lontano.

"Manuela!" Sbraitò senza rendersene conto. "La mia compagna di stanza..."

Si alzò di scatto prendendo il suo vassoio. Si allontanò per togliersi da quell'impaccio. Ludovica le aveva parlato come se sapesse che stava aspettando Giancarlo. E da chi avrebbe potuto saperlo se non da lui stesso?

Aveva il cuore pesante, depositò il vassoio ancora intatto nel carrello e uscì dalla mensa... Si sentiva una stupida!

Il fatto che Giancarlo non si fosse fatto vivo voleva dire solo una cosa: l'aveva presa in giro. Non poteva credere di essersi fatta abbindolare da lui. Ludovica le aveva fatto capire che lo conosceva meglio di lei, che sapeva che non sarebbe venuto; esattamente come le aveva detto lui.

Alla fine della giornata scolastica tornò a casa col morale sotto terra. Non aveva fatto altro che pensare a lui e deprimersi. Estrasse la chiave dalla borsa e si sentì chiamare da qualcuno poco lontano. Giancarlo le stava correndo incontro, ansioso.

"Aspetta, Selvaggia, devo parlarti..."

Il cuore le balzò nel petto e lì per lì non seppe cosa pensare. Si disse che non si sarebbe fatta prendere in giro una seconda volta e si affrettò a entrare nel portone, chiudendolo fuori, proprio un secondo prima che la raggiungesse. Si fermò con il cuore nelle orecchie per riprendere fiato, Giancarlo la chiamava insistentemente dall'altra parte.

"Dai, Selvaggia, fammi almeno spiegare! Volevo esserci oggi in mensa, te lo giuro, ma all'ultimo momento ho avuto un contrattempo."

Non volle continuare a sentirlo e salì le scale di corsa, per rifugiarsi nella sua stanza. L'indomani ne avrebbe parlato con Ludovica e le avrebbe detto quello che era successo. E lei che aveva pensato che fosse stata l'amica a mentirle! Il bugiardo era solo lui!

Non fece in tempo a buttarsi sul letto che il cellulare l'avviso dell'arrivo di un messaggio. Ne vide due non letti, aprendoli si accorse che entrambi erano da parte di un numero sconosciuto. Appena aprì il primo si accorse che era di Giancarlo e lo richiuse subito. Come aveva avuto il suo numero? Restò a fissare il cellulare indecisa se leggerli o no, ma alla fine lo spense direttamente e si mise a studiare. Non gli avrebbe permesso di rovinargli la vita con ulteriori bugie, era meglio chiuderlo fuori dalla sua vita subito prima di approfondire questa conoscenza e arrivare a fare sì che diventasse più difficile allontanarlo.

Aprì il libro e si costrinse a leggere, pur non riuscendo a concentrarsi sulle parole che le apparivano davanti agli occhi. Dopo quasi due ore, Manuela entrò nella stanza disturbando anche quel minimo di concentrazione che era riuscita a raggiungere.

"Ho visto Giancarlo qua sotto." Appoggiò la borsa sul suo letto. "Mi sembrava un po' strano. Cos'è successo, avete già litigato?"

Selvaggia la guardò sorpresa. "È sempre qua sotto?"

"Mi ha detto che ha bisogno di parlarti, ma non ha voluto salire."

Selvaggia rimase in silenzio. Era rimasto sotto casa per tutto questo tempo? Forse avrebbe dovuto ascoltarlo. Però non sapeva se doveva dargli la possibilità di spiegarsi o no.

"Credi che dovrei farlo salire?"

"Non lo so, cosa è successo?"

"Niente, noi... avevamo un appuntamento... in mensa, ma non si è fatto vivo..."

"Ed è venuto sotto casa per parlarti?"

"In realtà l'ho trovato giù appena sono tornata a casa."

"Ed è qua sotto da più di due ore?" Manuela era incredula.

Selvaggia annuì. L'altra fece una smorfia si strinse nelle spalle e se ne andò in bagno. A quel punto si alzò e decise di farlo salire senza pensarci troppo. Già il fatto che fosse rimasto sotto casa tutto quel tempo solo per parlarle doveva pur significare qualcosa, dargli la possibilità di spiegarsi sarebbe stato il minimo.

Scese le scale e si spinse fino al portone del palazzo, si affacciò per strada e lui era poco distante, a guardarsi intorno con una mano in tasca, intento a fumare con tre o quattro sigarette spente a terra. Le fece tenerezza con quell'aria persa.


"Giancarlo..." lo chiamò dal portone.

*

La voce di Selvaggia lo fece sobbalzare e buttare a terra la sigaretta che stava fumando. Sembrava seria, nervosa, ma per lui era lo stesso la cosa più bella che avesse mai visto e si riempì gli occhi della sua figura.

In un balzo la raggiunse. "Adesso posso parlarti?"

Lo squadrò con sguardo serio e lui si dimenticò cosa voleva dirle.

"Ti va di salire?"

Annuì. Senza attenderlo rientrò nel portone e prese a salire le scale. La seguì in silenzio senza riuscire ad evitare di guardarle il fondoschiena. Era una sirena, una dea, lo attraeva come nessuna era riuscita a fare prima di allora e questo fatto lo sconvolgeva, non riusciva a frenare questa smania di averla. Era particolare, non era solamente bella, possedeva un modo di fare e una grazia che non aveva visto in nessun'altra. Eppure ne aveva avute di ragazze prima di lei, molte delle quali forse anche più belle, ma il modo di fare dolce e un po' all'antica di Selvaggia, educato e al contempo da ragazzina viziata, gli faceva andare il sangue al cervello senza sapersi spiegare il perché.

Entrarono in casa e la seguì in cucina, dove finalmente si fermò e lo fissò col fuoco negli occhi.

"Non avevo alcuna intenzione di ascoltarti." Era davvero contrariata. "Per me era molto importante che tu ti facessi vedere in mensa, ma il fatto che non ti sei fatto vivo ha significato solo una cosa, ovvero che mi hai solo mentito, e che per di più mi hai fatto credere che la bugiarda fosse la mia amica quando non è vero."

L'ascoltò continuare a blaterare senza senso. Possibile che si fosse fatta raggirare dalla sua amica così facilmente? Restò immobile aspettando che finisse la sua tiritera. Stava dicendo un mucchio di stupidaggini, ma doveva farla parlare prima di intervenire. E poi quel fuoco che emanava quando era nervosa era ancora meglio del canto di una sirena.

"Se ti ho fatto salire è solo per dirti queste cose e per darti almeno la possibilità di spiegarti. Dopo che sei stato più di due ore sotto casa mia ad attendermi mi sembra il minimo. Adesso sono proprio curiosa di sapere cosa vuoi dirmi."

Giancarlo era letteralmente estasiato, quello sguardo adirato circondato da quella massa di riccioli rossi gli fecero dimenticare per un attimo perché si trovasse lì.

"Beh... se proprio devo essere sincero non sono stato proprio tutto il tempo qua sotto ad aspettarti. Quando ho visto che non mi volevi parlare ti ho mandato un messaggio dicendoti che sarei andato a casa e sarei tornato dopo, e infatti non sarà più di venti minuti che ero tornato sotto casa tua..."

Selvaggia ebbe un moto di stizza a questa confessione. "A proposito, come hai avuto il mio numero?"

Sorrise. "Segreto."

Era sempre più irritata. "Ti do cinque minuti per spiegarti, dopo di che puoi anche tornare da dove sei venuto."

Dio, quanto avrebbe voluto zittirla con le sue labbra!

"Devi sapere che anche se frequento i corsi di laurea non sono iscritto all'università."


Selvaggia lo guardò perplessa. "Come è possibile? Ti lasciano circolare dentro l'ateneo senza essere uno studente?"

"Fino all'anno scorso ero regolarmente iscritto, ma il mio lavoro mi portava via troppo tempo sia per frequentare i corsi che per studiare in vista dei continui esami. In poche parole, con il lavoro che faccio mi è letteralmente impossibile laurearmi, senza contare che la retta costa troppo per le mie tasche; non me la posso permettere."

Lei sembrò non capire. "Ma allora che senso ha seguire le lezioni se non si ha intenzione di laurearsi?"

"Devi sapere che per il mio lavoro non ci sono corsi di laurea appositi, anche se credo che dovrebbero esserci, ma già anche il solo conoscere certe tematiche mi aiuta per sapere come muovermi e come svolgerlo meglio. E poi ci sono molti argomenti di laurea che mi interessano anche a livello personale, come la psicologia, perciò continuo a frequentare l'università appena il lavoro me lo permette."

"Credo di aver capito." Selvaggia era ancora irritata, ma sembrava essersi calmata un po'. "Ed è per questo che non vieni a mangiare in mensa, allora, perché è riservata agli studenti paganti."

"Esattamente."

"Ma cosa c'entra con il fatto che non sei venuto a pranzo?"

"Non sono venuto perché sono dovuto scappare per lavoro, purtroppo ho avuto una soffiata all'ultimo momento e non ho potuto liberarmi. Ma ti avevo mandato un messaggio."

"Quando?"

"A mezzogiorno e mezzo, circa. Non lo hai letto?"

A questa domanda lei arrossì. "Temo di non averlo sentito."

Avrebbe voluto riderle in faccia e contemporaneamente farle capire di essere saltata a conclusioni affrettate, ma non voleva spegnere quel fuoco meraviglioso.

"Ti avevo scritto in poche parole le stesse cose ti ho detto adesso," le si avvicinò e gli occhi di lei si allargarono. "E che non avrei avuto problemi a chiarire questa situazione domani, sempre in mensa all'ora di pranzo."

"Ok... allora..." balbettò, "rimaniamo d'accordo così... ci vediamo domani in mensa..."

Non riusciva più a guardarlo negli occhi, giocherellava con le mani tenendosi occupata. Giancarlo era divertito, ma non voleva andarsene senza aver rivisto quel verde meraviglioso dei suoi occhi. Si avvicinò ancora, approfittandone per inspirare l'odore dei suoi capelli, inebriandosi della sua fragranza alla lavanda. Non ne poteva più, si sentiva scoppiare. Proprio quando lei fece per allontanarsi la afferrò per un braccio, tirandola verso di sé. Selvaggia alzò uno sguardo interrogativo su di lui e rimasero a guardarsi negli occhi senza dirsi niente per diversi secondi.

Non si era aspettato di affogare quando si trovò così vicino a quei due pozzi verdi. Non fu più capace di parlare. Sentì il respiro di lei farsi più veloce, affannato. Esattamente come il suo. Non si rese nemmeno conto quando poggiò le sue labbra su quelle di lei, coinvolgendola in un bacio mozzafiato.

*

Un sentimento dolce e inebriante invase il petto di Selvaggia a quel contatto. Schiuse le labbra e gli diede libero accesso alla sua bocca. Giancarlo ne approfittò e rese il bacio ancora più profondo. Esplorò con avidità la bocca di lei, che rispose timidamente, affidandosi all'istinto. In breve si ritrovò avvolta dalle sue braccia contro il suo petto. Ascoltò il suo cuore che batteva all'impazzata come il proprio. Quei movimenti segreti delle loro lingue le fecero sentire un fuoco al centro del suo essere. Era un'emozione nuova, talmente piacevole che avrebbe potuto restare a baciarlo avvolta dalle sue braccia per il resto della vita.

Il bacio terminò ma Giancarlo non sembrava voler lasciare la presa, tornò a guardarla negli occhi mordendosi le labbra.

"Aspettami domani in mensa all'ora di pranzo. Questa volta non mancherò, te lo prometto." Sussurrò.

Si staccò da lei velocemente, guadagnò la porta d'ingresso e uscì di casa senza più voltarsi, lasciando Selvaggia in un turbinio di sensazioni contrastanti.

Si sentiva inebriata e al tempo stesso irritata dall'improvviso distacco delle sue braccia. Osservò la porta richiudersi e non ebbe la presenza di spirito di fermarlo. Di colpo non vide l'ora di essere al giorno dopo, di nuovo all'ora di pranzo.

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