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Capitolo Uno


(Inizio pubblicazione 11 agosto 2019)

Entroterra palermitano, 15 ottobre 1990

La pioggia cadeva scrosciante da diversi giorni sul piccolo paesino dell'entroterra palermitana, rendendo le sue viuzze impraticabili tra salite e discese trasformate in fiumiciattoli urbani. Ancora poco e la situazione sarebbe diventata insostenibile. La situazione non era molto diversa neanche nelle campagne circostanti, dove l'alluvione imperversava forse con più vigore senza il riparo dettato dalle case. Ed era lì che un'esile figura incappucciata si aggirava, nei pressi del Monastero della Vergine Immacolata, dove le suore di clausura passavano il loro tempo a pregare e a condurre una vita casta e appartata.

Avvolta in un lungo impermeabile nero, la figura anonima incespicava sotto la pioggia. Sguazzava tra le pozzanghere cercando di proteggere sotto al suo mantello un fagottino delle misure di un neonato, come se fosse un oggetto estremamente prezioso. Incespicò ancora costeggiando le inferriate che delimitavano la proprietà del Monastero e, cercando di ripararsi gli occhi dalla pioggia come meglio poté, varcò il grande cancello in ferro battuto. Proteggendo il viso dentro il cappuccio arrivò trafelata dinanzi all'ingresso, ma invece di salire le scale e trovare riparo al suo interno, lo costeggiò lungo le mura, fino ad arrivare a un pertugio tra gli antichi mattoni dove adagiò il fagottino che aveva tra le mani. Lo strinse a sé con fare amorevole e lo lasciò lì, sulla fredda pietra. Fece un passo indietro, si guardò attorno come a verificare che nessuno si fosse accorto della sua presenza e, un po' titubante, si allontanò in fretta. Ma dopo alcuni passi si fermò di colpo, si voltò a controllare che quel piccolo tesoro fosse sempre dentro quel pertugio. Tornò indietro, con la chiara intenzione di riprenderlo con sé, ma ci ripensò e, con un evidente sforzo di volontà, si voltò di nuovo e corse lontano.

***

All'interno del Monastero le suore si stavano preparando per andare a dormire. Suor Chiara e Suor Teresa stavano passeggiando in silenzio lungo il corridoio che portava alle loro spartane camere da letto, nemmeno il rumore dei loro passi era udibile grazie alla pioggia ma, all'improvviso, un pianto infantile si propagò lungo le mura che le circondavano. Si fermarono di scatto e si guardarono in volto chiedendosi da dove provenisse quel pianto disperato. Non potendo darsi una risposta si voltarono e percorsero a ritroso il lungo corridoio, fino a ritrovarsi di fronte all'ufficio della Madre Superiora. Cercando di mantenere la loro solita compostezza, bussarono alla porta. Vennero invitate a entrare e, con la fronte bassa, varcarono quella soglia.

La madre Superiora era una donna austera e rigida, dirigeva il monastero con pugno di ferro e non permetteva che le sue sottoposte sgarrassero in alcun modo. Appena vide entrare le due giovani suore si alzò in piedi di scatto:

"Si può sapere di chi è questo bambino che piange?"

Le due si guardarono nuovamente negli occhi, sconcertate. "Noi... eravamo venute per chiederlo a lei."

"E come potrei saperlo io, secondo voi?"

Subito dopo sentirono bussare alla porta, e la faccia rubiconda e florida di Suor Carmela si affacciò timidamente.

"Madre... qualcuno sta nascondendo un bambino da qualche parte?"

Le tre occupanti dell'ufficio rimasero interdette di fronte a questa domanda. In poco tempo l'ufficio venne letteralmente invaso da tutte le suore ospitate nel convento, alcune erano già in camicia da notte, ansiose di scoprire da dove provenisse quel pianto. Un parlottio continuo e fastidioso continuava a urtare le orecchie della povera badessa finché non riuscì a zittirlo sbattendo con fragore una mano sulla sua scrivania in mogano.

"Silenzio, non si capisce niente!" Urlò.

Immediatamente tutte le suore si voltarono verso di lei, guardandola spaventate. Far irritare la Madre Superiora non era mai una buona idea. Restarono in silenzio per un po', impaurite, mentre il pianto di questo bambino continuava imperterrito a riempire ogni stanza del Monastero. Ormai erano diversi minuti che stava piangendo, il pianto era diventano uno strillo acuto.

La Madre Superiora le squadrò una ad una come a voler scovare una faccia più impaurita delle altre o con fare colpevole, erano tutte e tredici lì riunite, ma nessuna sembrava volesse nascondere un segreto. Restò a pensare per alcuni secondi, poi sembrò illuminarsi:

"Nessuna di voi ha pensato di guardare nella ruota?"

No, nessuna ci aveva pensato. La ruota era in disuso ormai da più di cinquant'anni, manco potevano ricordarsi quando era stata l'ultima volta che era stata usata. Dopo un'iniziale sorpresa, si recarono tutte insieme verso questa fantomatica ruota, dove, in tempi passati, di carestia o di guerra, chi non poteva badare al proprio nascituro lo lasciava lì, proprio su di una pietra a forma circolare che, girando su se stessa, permetteva di prendere il bambino dall'interno assicurando l'anonimato a chi ve lo lasciava. Affidandolo alle amorevoli cure delle suore del convento erano sicuri che venisse allevato con amore e senza subire troppo i morsi della coscienza.

Una volta a destinazione le suore avvertirono lo strillo del bambino ancora più forte. Fu suor Chiara a girare la ruota e accolse tra le braccia un fagottino strillante e paonazzo che continuava a piangere senza sosta, fasciato dalla testa ai piedi in una coperta che lasciava scoperto solo il viso. Lo ammirò per un istante, sorpresa e affascinata. Tornò nell'ufficio della Madre Superiora con quel bambino ancora piagnucolante stretto tra le braccia, seguita da tutte le altre suore come una scia.

Osservarono quel neonato con apprensione, fasciato dalla testa ai piedi in modo che non si potesse muovere. Lo stupore generale si poteva tagliare con il coltello. Aveva il faccino rosso dallo sforzo del pianto e gli occhi perennemente chiusi, come se non avesse il coraggio di guardarsi intorno. Suor Chiara era stata la prima ad arrivare alla ruota e ad averlo preso in braccio, ma non avendo mai tenuto un neonato, era impacciata e il bambino non aveva smesso un attimo di piangere.

"Per favore, dallo a me. Mi stanno sanguinando le orecchie se non smette di piangere subito!" La Madre Superiora tese le braccia e Suor Chiara glielo passò grata.

Lo strinse al petto con fare materno, lasciando a bocca aperta tutte le altre suore, e il bimbo smise di piangere. Si avvide che tutte la stavano fissando a bocca aperta e si imbarazzò un po'.

"Che c'è? Quando ero ragazza ho dovuto badare ai miei fratelli minori, so come si tiene in braccio un neonato!"

Colte sul fatto, le suore distolsero lo sguardo da lei, altrettanto imbarazzate, anche se qualcuna era sicura di averla vista pure sorridere. Tornarono a rivolgere la loro attenzione al bambino che, una volta smesso di piangere, aveva iniziato a guardarsi intorno. Due piccoli occhietti verdi come l'oceano osservavano le varie facce stupite attorno a sé. Il viso del nascituro riprese lentamente il colore rosa tipico dei neonati, fresco come una pesca matura, e rimase in silenzio in mezzo a tutte quelle donne, intimorito e incuriosito dalle loro facce.

"Che occhi dolci che ha! Guardate come è bello!" Suor Teresa si avvicinò, rapita.

Tutte si accalcarono attorno alla Madre Superiora per vedere gli splendidi occhi di questo bambino.

"Chi ha potuto abbandonare un esserino simile? Il Signore non dovrebbe permettere che—"

"Silenzio!" Tuonò la Madre Superiora, interrompendo quel discorso stupido. "Non bisogna lasciarsi andare a giudizi affrettati. Chi giudica senza conoscere fa il gioco del demonio!"

Dopo un altro attimo di silenzio imbarazzato, Suor Federica si fece avanti. "Quanto avrà, povero piccolo?"

"Direi tra i quattro o cinque mesi." La Madre Superiora era sicura di questo. "Ma è bagnato, e noi stiamo qui ad adorarlo come delle sciocche invece di agire. Va cambiato, e subito, prima che si prenda un malanno!"

Lo adagiò con cautela sulla sua scrivania e gli tolse di dosso il panno umido che lo avvolgeva. Così facendo gli scoprì il capo, rivelando una folta peluria rossa come il fuoco e riccioluta che circondava la testolina. Un coro di sconcerto riempì l'aria.

"Hai capelli rossi!"

"Rossi come il demonio..."

Irritata da queste parole, la Madre Superiora si voltò severamente verso di loro. "Basta con questi discorsi, non voglio che si dicano queste cose! Non è colpa di questa creatura il colore dei suoi capelli. È sempre una creatura di Dio e come tale va rispettata!"

Decise che era meglio che qualcun'altra si occupasse di lui e lo passò a suor Carmela.

"Sbrigatela tu. Sicuramente avrà fame."

Lo depositò tra le braccia robuste della suora paffuta. In quel momento non se la sentiva di prendersi cura di quel bambino.

Suor Carmela era quella che si occupava della cucina, e lo si notava subito grazie alla sua stazza abbastanza generosa. Ma adesso, con quell'esserino tra le braccia, non sapeva proprio cosa fare per lui.

"E cosa possa dargli? È rimasto un po' di minestrone dalla cena... ma non credo che gli piacerà!"

Un coro di risatine si diffuse tra le suore, finché la Madre Superiora non riportò l'ordine.

"Silenzio!" Tuonò, facendole zittire all'istante. "Sono certa che ci sarà un po' di latte vaccino da qualche parte. Ma intanto cambialo! O vuoi che si ammali?"

Suor Carmela si chiese come mai lo avesse dato a lei quando aveva appena ammesso che sapeva come comportarsi con i neonati. Personalmente lo aveva solo visto fare ma non lo aveva mai fatto. Ripensò ai gesti che da giovane vedeva fare da sua madre quando cambiava sua sorella e riposò il bambino sulla scrivania, cercando di spogliarlo dalla copertina che lo avvolgeva. Sì, era umida, ma fortunatamente non abbastanza da creargli disagio. Il piccolo osservava con curiosità il viso rotondo della suora, che sorrise a quegli occhi verdi e teneri. Un sorriso sdentato arrivò in risposta, riempiendole il cuore di tenerezza.

"Io non mi affezionerei più di tanto." Le si affiancò la Madre Superiora. "Sai benissimo che non possiamo tenerlo."

Suor Carmela la guardò a disagio. Certo, come avrebbero potuto crescere e allevare un bambino tra le mura di un Monastero? Era una cosa inconcepibile. Tornò a guardare il bambino e, sforzandosi di non sorridere nuovamente a quel faccino, iniziò a spogliarlo. Gli levò la tutina gialla e accostò il sederino al suo naso.

"Ha sicuramente bisogno di essere cambiato."

Di nuovo un veloce parlottio si diffuse tra le suore, la Madre Superiora era sempre più irritata.

"Oh, ma insomma, la volete smettere! Mi sembrate un branco di galline spennacchiate!"

Questa volta le suore trattennero pure il fiato dalla paura, la voce della donna si era fatta decisamente arrabbiata.

"Se vi sento nuovamente parlottare tutte insieme vi caccio nelle vostre stanze, tutte quante siete!"

Tornato il silenzio afferrò la copertina dove era stato avvolto il bambino e la stese sulla sua scrivania, borbottando tra sé e sé cosa le toccava fare, e invitò Suor Carmela ad adagiarlo sulla coperta per poterlo cambiare.

"Qualcuna di voi ha un assorbente?"

Doveva trovare qualcosa per sostituire il pannolone che, ovviamente, lì dentro non potevano esistere. Alcune suore si allontanarono di corsa e ognuna di loro portò un assorbente a testa. Suor Carmela ne prese uno e lo appoggiò sulla scrivania prima di accingersi a spogliare il bambino.

Sospirando spazientita la madre Superiora fece sentire un colpo di tosse: "Come pensi di cambiarlo se prima non lo lavi e trovi qualcosa su cui applicare l'assorbente?"

Imbarazzata per non averci pensato, Suor Carmela domandò alle altre anche una bacinella d'acqua tiepida, del sapone intimo, un asciugamano pulito per asciugarlo e una stoffa inutilizzata da applicare come pannolone. Le fu portato tutto l'occorrente che aveva chiesto e si accinse a spogliare il bambino. Anche se si trattava solo di un neonato, e lei era una donna di ventotto anni, era un gesto che le donava un certo senso di imbarazzo. Aveva avuto la vocazione molto giovane e non aveva mai visto il sesso maschile, nemmeno quello di un bambino piccolo.

Con gesti lenti e tremanti iniziò a togliere il pannolino, lo osservò meglio e tirò un sospiro di sollievo:

"Sono lieta di presentarvi una nuova signorina, care sorelle." Sorrise.

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