Capitolo Trentuno
“Parlami del tuo lavoro.”
Selvaggia armeggiava con la macchina fotografica di Giancarlo, sotto gli occhi preoccupati di lui.
Erano nella camera da letto di lei, distesi entrambi sul suo letto durante una pausa dall’attività che li aveva visti impegnati da quando avevano iniziato la loro relazione, ovvero quella di coccolarsi e di baciarsi ininterrottamente. Erano passati tre giorni e forse era arrivato il momento di tornare alla normalità. Così, affrontando la sua timidezza, aveva sbirciato dentro la borsa di lui e aveva trovato quella macchina fotografica. Si era sempre chiesta cosa si portasse costantemente dietro in quella borsa enorme e quella macchina fu una sorpresa; anche se avrebbe dovuto aspettarsi qualcosa del genere dato il suo lavoro.
“Che cosa vuoi sapere?”
Selvaggia ci pensò su un attimo. “Tutto! Come hai iniziato, perché, cosa ti piace di più, cosa di meno…”
Giancarlo le tolse la macchina fotografica dalle mani e si tirò a sedere, riponendola nella sua custodia.
“In pratica da un paio d’anni, non di più.” Assunse un’espressione assorta. “Sono sempre stato un tipo molto curioso e pronto a scovare sempre la verità delle cose… fare il giornalista mi permette di soddisfare entrambe queste peculiarità.”
Un'ombra scura gli attraversò lo sguardo, ma durò talmente poco che non fu pienamente sicura di averla vista.
“Vorrei farti conoscere mio padre.” Sbottò con aria trasognata. “Dopo domani parto per il week end, vado a casa per due giorni. Vieni con me.”
Giancarlo sorrise. “Forse più in là.”
Selvaggia rimase dispiaciuta dal suo rifiuto, ma decise di non insistere, almeno per il momento. In effetti era ancora troppo poco tempo che si frequentavano, forse stava correndo troppo. Avrebbe atteso ancora un po’ e poi glielo avrebbe richiesto. Allungò allora le braccia come per richiamarlo a sé, come una bambina piccola che vuole essere presa in braccio dal padre, Giancarlo la guardò sorridendo e si ridistese sul letto vicino a lei, tornando a baciarla come se non fosse successo niente.
Di colpo la porta della stanza si spalancò e Manuela fece la sua apparizione, sgranando gli occhi appena vide i due nuovamente distesi nel solito letto.
“Mmm… a quanto pare le buone abitudini fanno presto a passare di moda.”
Sorrise sarcastica, gettò senza troppa delicatezza la borsa sul suo letto e spalancò l’anta del suo armadio.
Giancarlo guardò il suo orologio e tornò a sedersi sul letto. “Per me è arrivato il momento di tornarmene a casa.”
“Come, di già?” Selvaggia era già sconsolata.
“Purtroppo sì…”
Le diede un altro bacio e si alzò, si rimise le scarpe e il giacchetto e si avviò in salotto, imitato da Selvaggia che lo accompagnò alla porta. Lì si mise la borsa a tracolla e la salutò nuovamente con un lungo bacio.
Quando tornò in camera Manuela la guardò con fare scettico.
“A quanto vedo hai fatto presto a sostituire i libri con le sue labbra. Prima ti trovavo sempre a studiare, adesso non ti ho più nemmeno visto leggere uno dei tuoi romanzi rosa…”
“Beh… sì, in effetti hai ragione… ma in questo periodo le lezioni mi sembrano più facili, e poi ho tempo di studiare almeno un’ora alla mattina dato che ho smesso di seguire uno o due corsi.”
“E perché?”
Si strinse nelle spalle. “Non erano essenziali per quello che voglio fare.”
Manuela la guardò scettica, afferrando il suo giacchetto. “L’amore ti sta cambiando, ragazza mia. Ma è bello vederti meno secchiona.” Le sorrise e uscì nuovamente di casa.
***
Camminando lungo il corridoio dell’ateneo Selvaggia intravide tra gli altri studenti Ludovica che camminava con lo sguardo fisso davanti a sé. Subito ebbe un sussulto e cercò di raggiungerla, chiamandola per farsi sentire, ma la mora non se ne avvide e tra la ressa di studenti la perse di vista. Ebbe quasi il sospetto che non fosse stata veramente lei quando raggiunse il punto in cui l’aveva vista. Non seppe cosa pensare e decise di continuare per la sua strada, ripromettendosi di parlarne con Paola o Daniela all’ora di pranzo. Era da quando era successo il fattaccio con Giancarlo che non l’aveva più vista.
***
“Era sicuramente lei. I suoi genitori la spennano viva se sanno che non viene più in ateneo continuando a pagare la retta.” Paola era sicurissima delle sue parole.
“Non ti crucciare, prima o poi le passerà." Si intromise Daniela mentre Vincenzo, il suo ragazzo, la stava imboccando con una forchettata di insalata.
Finalmente quest'ultimo si era rivelato e da un paio di giorni aveva cominciato a mangiare allo stesso tavolo con loro.
Selvaggia li osservò un attimo pensierosa, Daniela spostò nuovamente il suo sguardo su di lei. "Perché non inviti Giancarlo a mangiare qui con te?”
“Perché… non gli piace il cibo della mensa.” Rispose frettolosamente.
Non voleva far sapere alle sue amiche che in realtà Giancarlo non era uno studente e che non aveva il diritto di mangiare in mensa.
“Tanto abita molto vicino, non gli costa nulla tornare a casa per mangiare.” Paola annuì con fare conciliante e Selvaggia se ne accorse. “Sai qualcosa che io non so’?”
“No… è che di solito certi comportamenti da parte dei ragazzi nascondono altre cose.”
“E tu cosa ne sai?” Le chiese Vincenzo.
Senza scomporsi, Daniela lo guardò sorridendo. “Io so molte cose di vuoi omini…” replicò con finta superiorità.
“Cosa sei, una femme fatale?” Vincenzo la buttò sul gioco.
Continuarono a battibeccare per tutto il tempo, lasciando Paola e Selvaggia a chiacchierare da sole e costringendole a ignorarli.
"Se avessero continuato a mangiare insieme in un tavolo appartato come facevano prima sarebbe stato meglio." Le sussurrò Paola.
Finito di mangiare, le tre amiche si separarono nuovamente, ognuna si diresse verso il proprio corso da seguire, ma Selvaggia continuò a pensare alle insinuazioni di Paola per un bel pezzo.
Possibile che Giancarlo le stesse nascondendo qualcosa? Ma no! Cosa andava pensando! Giancarlo non era il tipo da nasconderle la qualsiasi. Ma le parole di Paola le avevano comunque insinuato il dubbio. Era il tipo da vedersi con un’altra donna durante l’ora di pranzo? In fondo non sapeva dove andasse tutte le volte che il lavoro lo teneva lontano da lei… Avrebbe dovuto scoprire da sola se il suo ragazzo si vedeva con un’altra oppure no.
Poche ore dopo erano appena tornati dall’università ed entrambi si erano buttati sul divano a guardare la televisione. Selvaggia teneva la testa sulla spalla di lui mentre Giancarlo la stringeva a sé con un braccio.
“Mi piacerebbe accompagnarti a lavoro, una volta. Vorrei capire quello che fai e come lo fai.” Borbottò guardando la tv, come se stesse parlando da sola.
“Da dove nasce questa curiosità?”
Selvaggia si strinse nelle spalle. “Ho solo voglia di conoscerti di più. Mi sono resa conto che in pratica non ti conosco affatto fuori dall’università o da questa casa. La sera dici che sei in redazione e non esci, e a me va bene dato che devo studiare, ma se per un giorno vengo con te invece di seguire le lezioni non muore nessuno.”
Giancarlo tolse il braccio dalle sue spalle e si scostò da lei, di colpo preoccupato. “Non lo so… potrebbe essere pericoloso.”
“Andiamo! Cosa farai mai? Mica rapini banche!” Selvaggia non capiva il perché di questa reticenza. “Voglio solo conoscerti meglio.”
L’espressione di Giancarlo si fece ancor più preoccupata. “Non so… credo che il mio lavoro non sia adatto a te… non vorrei che tu possa ferirti in qualche modo.”
Selvaggia si tirò a sedere composta e lo guardò preoccupata. “Mi stai nascondendo qualcosa?”
Giancarlo sbuffò. “Ti prego, non comportarti come tutte le altre!”
“Tutte le altre?”
“Certo, tutte quelle che ho avuto prima di te. Credi che tu sia la prima ragazza che ho avuto in vita mia?”
Selvaggia arrossì, non che lo credesse, ma per lei lui era veramente il primo e si sentiva un po’ a disagio ogni volta che ci pensava.
“Non cambiare argomento… Voglio sapere perché non vuoi portarmi con te a lavoro.”
“Te l’ho detto, non credo che sia una cosa adatta a te.”
“Fammi almeno vedere dov’è la redazione!” Insistette.
Giancarlo sospirò rumorosamente e si alzò in piedi. “Non è così facile come può sembrare, nessuna delle mie ragazze è mai venuta con me, le ho sempre tenute lontane dal mio lavoro…”
“E perché?” Selvaggia non riusciva a capire.
“È difficile da spiegare.”
“Provaci.”
Lui scosse la testa lentamente, come un montone in gabbia. “Ci vuole una certa dose di concentrazione… bisogna investigare, in un certo senso… è pericoloso…”
Selvaggia continuava a non capire, la spiegazione di Giancarlo non era stata affatto soddisfacente. “Dimmi la verità.”
“È questa la verità!”
“Non ci credo!” Stava cominciando ad arrabbiarsi. “Il giornalismo non può essere così pericoloso come lo descrivi. Sono sicura che ci sia qualcos’altro.”
Giancarlo la guardò sconvolto. “Di che cosa stai parlando?”
Ma invece di intimidirla, quel tono di voce la fece solo innervosire. “Ho paura che tu mi stia nascondendo qualcosa, invece.” Sbraitò. “Altrimenti perché rifiuteresti con tanta passione di farmi conoscere anche questo lato di te?”
“Non sai quello che stai dicendo!” Giancarlo era esasperato. "E cosa dovrei nasconderti secondo te, sentiamo!”
“Non lo so… ma prima di bruciarmi ne voglio essere sicura.”
Non sapeva bene cosa rispondere ma era sempre più convinta di avere ragione. Se non era vero che le stava nascondendo qualcosa perché si rifiutava così tanto di accontentarla?
“Bruciarti?!” Urlo lui, ormai in preda alla rabbia. “Mi fa piacere che nutri tutta questa fiducia nei miei confronti!”
Prese le sue cose con stizza e se ne andò senza nemmeno salutare.
Selvaggia lo osservò uscire e chiuse gli occhi quando sbatté la porta di ingresso, ancora con il nervoso che la scuoteva in ogni muscolo del suo corpo. Passarono pochi secondi e si rese conto di quello che era successo. Piombò sulla porta, spalancandola maldestramente, e si affacciò sulla tromba delle scale con il cuore in gola, sperando di poterlo fermare in tempo ma, ahimè, di Giancarlo non c’era più alcuna traccia.
Tornò in casa come imbambolata, il nervosismo che lui le aveva fatto venire si era trasformato in paura. E se avesse deciso di lasciarla? Era il loro primo litigio e lei non sapeva assolutamente come affrontarlo. Le lacrime le bagnarono gli occhi e si tuffò nuovamente sul divano dando sfogo al suo dolore. Era la prima volta in vita sua che sperimentava quello stato d’animo, e le sembrava di morire.
***
La mattina dopo, durante la consueta colazione con Paola e Daniela, rimase assente alle solite chiacchiere, assorta sul litigio che aveva avuto il giorno prima. Non si accorse delle due amiche che, dopo un lungo silenzio, iniziarono a fare domande.
"Quel silenzio è molto sospetto. È successo qualcosa, Selvaggia?"
Alzò gli occhi verdi su di loro, entrambe la fissavano estremamente incuriosite.
Sospirò sconsolata e giocherellò con il cibo. "Io e Giancarlo abbiamo litigato."
Paola e Daniela scoppiarono a ridere all'unisono. "Accidenti, dalla tua faccia sembrava chissà cosa!"
Paola smise di ridere accorgendosi della sua faccia funerea, mentre Daniela continuò a ridacchiare finché l'altra non le diede di gomito.
"Scusaci, Selva." Tossicchiò quest'ultima, nascondendosi dietro a un pugno. "Io e Vincenzo litighiamo un giorno sì e uno no. Ti ci abituerai!"
"No... Non è un litigio stupido, questo." Bofonchiò continuando a girare il cappuccino col cucchiaino.
"È la prima volta che litigate?" Paola sembrò sinceramente interessata.
Annuì. "Sì... Abbiamo discusso e lui se n'è andato sbattendo la porta."
Le due si scambiarono uno sguardo comprensivo. "È normale che tu ti senta così." Paola si chinò su di lei per stringerle una mano. "Il primo litigio sembra sempre quello più catastrofico, ma poi si fa pace, stai tranquilla."
"E poi si litiga di nuovo." Daniela sorrise, prendendosi bonariamente gioco di lei.
"Piantala, non sei divertente!" Paola era contrariata dalle parole dell'amica.
"Sono solo realista, è normale litigare in una coppia!"
"Ma ti sembra il momento?" Paola scosse la testa e tornò a rivolgersi a Selvaggia. "Cerca di capire il motivo del litigio e trova il modo di parlarne con lui per chiarirvi."
"E magari prima compra un completino sexy, non si sa mai..."
Daniela ridacchiò, divertita dalle sue parole, guadagnandosi l'occhiataccia dell'altra.
"Non imparerai mai a parlare al momento giusto..."
Continuarono a battibeccare e a regalarle consigli non richiesti, assicurandole che il comportamento che lui aveva tenuto manifestava che lei avesse ragione. Intontita dalle loro chiacchiere Selvaggia ascoltò le lezioni mattiniere con un orecchio soltanto, con l’altro era intenta ad ascoltare il rumore dei suoi pensieri. Stremata dalle continue riflessioni prese una decisione che normalmente avrebbe ritenuto insolita, ma forse era l’unico modo per potersi calmare e chiarire questo dubbio.
Scoccata l’ora del pranzo, invece di dirigersi alla mensa come sempre, si diresse all’uscita della facoltà, sedendosi ad una panchina un po’ appartata per non dare nell’occhio ma dalla quale vedeva benissimo l’uscita dell’ateneo. Sapeva che Giancarlo sarebbe passato di lì per tornare a casa per mangiare…
Appena lo vide uscire il cuore le balzò nel petto e, lasciandogli un po’ di distanza, lo seguì. Camminò dietro a lui mantenendo sempre la stessa distanza per circa duecento metri, finché non lo vide infilarsi in un portone. Cautamente si avvicinò al portone socchiuso e sbirciò tra i nomi sul citofono per vedere se quella fosse casa sua o se fosse andato a trovare qualcun altro, ma prima di arrivare a leggere il terzo nome Giancarlo sbucò di colpo dal portone facendole prendere un colpo.
“Come pedinatrice non sei molto capace.”
Spaventata fece un balzo all'indietro. “Vuoi farmi venire un infarto?” Per tutta risposta lui si mise a ridere, mandando Selvaggia letteralmente su tutte le furie. “Non è divertente!” Strillò.
“Mi spieghi perché mi stavi seguendo?” Giancarlo cercò di smettere di ridere, ma con scarsi risultati.
Lei lo guardò imbarazzata, digrignando i denti. “Volevo sapere dove andavi durante l’orario del pranzo…”
Giancarlo tornò serio, ghiacciandola con lo sguardo.
“Vieni. Ti farò conoscere la donna con cui pranzo ogni giorno invece di mangiare alla mensa dell’ateneo.”
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro