Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo Trentaquattro

Selvaggia lesse per l'ennesima volta la lista della spesa e controllò nuovamente il contenuto del suo carrello... sì, aveva preso tutto. Si diresse alla cassa per pagare e si mise in coda, pregustando già gli arancini che Grazia aveva promesso di insegnarle a cucinare. Dopo alcuni secondi si accorse dei due ragazzi che erano in fila davanti a lei. Uno era grosso, con un cappellino da baseball di traverso e vestito in modo alquanto sciatto, con una maglietta a mezze maniche colorata e dei jeans scrivici e alquanto sporchi, mentre l'altro era molto più magro, aveva dei folti ricci castani ed era vestito in modo molto simile all'amico, anche se i suoi vestiti erano puliti e stirati. Ma la cosa buffa era che più lo guardava e più le sembrava di conoscerlo. Lo vedeva scherzare con il suo amico senza capire pienamente i loro discorsi, ma anche quel modo di scherzare le sembrava familiare.

Quando arrivò il suo turno di mettere la spesa sul nastro trasportatore, con la coda dell'occhio continuava a guardare quel ragazzo, cercando di ricordare dove lo avesse già visto, ma Non riusciva a ricordarlo. Lo guardò distrattamente mentre lo vide uscire dal supermercato con il suo amico e, iniziando a imbustare la sua spesa, si accorse che avevano lasciato alla cassa un pacco di caffè. Si sbrigò a pagare e corse fuori, con l'intenzione di raggiungerli e restituire loro quel caffè, ma poco dopo essere uscita dalle porte scorrevoli per poco non andò a scontrarsi addosso al ragazzo con i riccioli, che appena si accorse di lei, la schivò per non andarle addosso e, guardandola velocemente con un gesto di scuse, la oltrepassò per rientrare nel supermercato. Fece appena due passi e si bloccò davanti alle porte che si aprirono per lui, inutilmente. La guardò nuovamente con una strana espressione. Selvaggia, presa un attimo in contropiede, riuscì ad allungare il pacchetto di caffè verso di lui.

"Avete dimenticato questo..."

Il ragazzo continuava a fissarla in modo strano, sembrava sotto shock. Vedendo che non reagiva, Selvaggia gli si avvicinò.

"Ti senti bene?"

Solo in quel momento si accorse dei formidabili occhi azzurri del ragazzo. Erano terribilmente chiari e terribilmente familiari! Ma prima di poterli collegare a qualche ricordo li vide spalancarsi in un'espressione sconcertata.

"Selvaggia?"

Fu presa in contropiede e sbatté le palpebre. "Ci conosciamo?"

"Sono io... Matteo!"

Lo osservò per alcuni istanti, cercando di associare il suo nome a quegli occhi tremendamente azzurri e vivaci. Di colpo mille immagini di quel bambino dell'orfanotrofio che lei aveva difeso, che faceva continuamente battute stupide ma che le era rimasto vicino fino all'ultimo e l'aveva consolata quando le sue amiche vennero adottate, le affollarono la mente. Il pacchetto di caffè le cascò di mano e, senza pensarci, si tuffò tra le sue braccia, raggiante.

"Matteo!"

Il ragazzo l'abbraccio a sua volta, entrambi non riuscivano a credere di essersi ritrovati dopo tutto quel tempo.

"Oh mio Dio..." La staccò da sé e la sottopose a un minuzioso excursus. "Ma come sei diventata bella! Quasi non ti riconoscevo!"

Selvaggia gradì il complimento e dovette ammettere che crescendo neanche lui era niente male.

"Anche tu sei diventato un bel ragazzo!"

"Ma che ci fai da queste parti? Credevo che tu vivessi a Palermo."

"Sì, sto frequentando l'università. E tu?"

"Io vivo qui a Catania." La guardò come se dovesse dissetarsi. "Dopo pochi mesi dalla tua adozione hanno adottato anche me, e da allora vivo qui..."

"Ma tu pensa! Chi l'avrebbe mai detto che ci saremmo rivisti. E quindi che fai, che cosa studi?"

"Seguo giurisprudenza all'ateneo. Te?"

"Io purtroppo sono disoccupato. Ma sto cercando, spero di trovare qualcosa almeno per la stagione."

"Sono sicura che troverai un buon lavoro." Selvaggia aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro. "Non puoi capire quanto sia felice di vederti! Sembra ieri che facevi sempre battute stupide."

"Ma voi ridervate sempre delle mie battute, anche se erano stupide."

"Certo!" Ridacchiò dietro una mano. "Eri una boccata di ossigeno in quel posto!"

"Adesso ho da fare, perché non ci vediamo, un giorno di questi?"

"Volentieri! Dammi il tuo cellulare, ti do il mio numero."

Impacciato, Matteo estrasse il cellulare dalla tasca e glielo porse, lei digitò il suo numero, facendosi squillare il suo, e glielo restituì.

"Ti ho memorizzato il mio sotto al mio nome, e contemporaneamente ho il tuo."

"Perfetto! Allora ci sentiamo! Io devo andare, devo portare la spesa a casa."

"Già, anch'io!" Mostrò il sacchetto colmo di roba.

"Ti saluto, ci sentiamo presto."

La abbracciò nuovamente, lasciandole un bacio sulla guancia, e si allontanò montando su una panca blu poco distante.

Selvaggia lo salutò con una mano e si diresse verso la casa di Giancarlo. Era così felice che le sembrò per un attimo di essere tornata a quando aveva dieci anni, che se pur rintanata in un orfanotrofio, era spensierata e trovava la vita più leggera.

Man a mano che si avvicinava alla sua meta le tornò alla mente Giancarlo e si bloccò in mezzo alla strada: come avrebbe potuto coinvolgere Matteo nella sua vita senza dirgli che era stata adottata?

Riprese a camminare lentamente, completamente assorta nei suoi pensieri; con Giancarlo non aveva mai affrontato l'argomento passato, d'altronde lui non le aveva mai fatto domande e lei gliene era grata... Non tanto perché non voleva fargli sapere di essere stata adottata, ma perché, se fosse venuto a sapere della sua adozione, gli avrebbe dovuto raccontare anche la storia di Sebastiano e Margherita... e dell'accusa di omicidio. Certo, ormai era stata prosciolta da tempo da ogni accusa, ma era pur sempre una macchia che le sarebbe rimasta addosso per sempre. Non voleva che Giancarlo potesse anche solo vagamente pensare che fosse in parte colpevole di quell'omicidio. Anche se era stata prosciolta, materialmente era stata lei, si sarebbe sentita in colpa per tutta la vita.

Rallentò ulteriormente il passo e arrivò finalmente sotto casa di Giancarlo. Citofonò come in trance e, senza domandare chi fosse, Grazia le aprì il portone. Salì le scale ancora completamente avvolta nel suo mondo. L'apparizione di Matteo nella sua vita, se dapprima l'aveva resa felice, in un secondo momento l'aveva resa ansiosa. Matteo aveva fatto riaffiorare tutte le paure e tutte le ansie che era riuscita a seppellire nel suo subconscio, e adesso che aveva Giancarlo nella sua vita aveva paura di soffrire per colpa di quelle paure.

Entrò nell'appartamento in solitudine, Grazia le aveva lasciato la porta aperta, e si diresse in silenzio in cucina, dove la donna aveva già messo a cuocere il riso.

"Tesoro, hai trovato tutto quello che ti ho scritto nella lista?"

Selvaggia annuì e depose la busta della spesa sul tavolo. "Giancarlo non è ancora tornato?"

"No, ancora no..." Finalmente Grazia si accorse della sua faccia stravolta, abbandonò quello che stava facendo e le si avvicinò. "Ma che hai, sei bianca come un morto. Vieni, siediti un attimo, ti senti male?" Scostò una sedia per farla sedere.

Selvaggia si sedé per alcuni secondi, ma poi tornò in piedi. "Veramente vorrei sdraiarmi due minuti... se non ti dispiace."

"Ma certo. Vieni, stenditi sul letto di Giancarlo." La donna la scortò in camera del figlio e la fece stendere sul letto. "Ti lascio sola così puoi riposare, va bene?"

Senza aspettare una risposta si diresse alla porta e le spense addirittura la luce.

Selvaggia rimase da sola e, con la fioca luce che filtrava dalle tende tirate, cercò di capire se avrebbe dovuto aprirsi con Giancarlo e rivelargli il suo passato, e rischiare che lui cambiasse opinione su di lei, o continuare a tenerglielo nascosto. Certo, si rendeva conto che omettere una cosa così importante equivaleva a mentire, ma era più forte di lei. Il suo passato era qualcosa che avrebbe voluto tremendamente dimenticare, cancellare con un colpo di spugna...

***

Due labbra fresche e odorose di sigaretta la risvegliarono, appoggiandosi sulle sue in un bacio dolce. Sbatté le palpebre e Giancarlo era lì, chino su di lei, che le sorrideva.

"Buon giorno, bella addormentata."

"Che ore sono?" Sbadigliò, tirandosi a sedere.

"Le sette. Mi ha detto mi hai madre che stai dormendo già da un po', hai un deficit di sonno?"

"No, io..." Si sfregò un occhio con una mano, macchiandosi la palpebra con la matita. "Mi sono solo rilassata troppo."

Guardandola in viso, Giancarlo scoppiò a ridere. "Sembri un panda!"

Confusa, si guardò la mano e si accorse delle macchie di trucco, scoppiò a ridere, dimentica per un attimo delle sue pene.

Quando il riso si esaurì Giancarlo la osservò attentamente, catturando anche gli occhi di lei, che rimase a fissarlo, imbambolato. Si sentiva in disordine col trucco sbavato e i capelli spettinati, eppure lui si avventò su di lei facendo scontrare le loro labbra. Presa alla sprovvista non reagì immediatamente ma le ci volle poco per contraccambiare il bacio. Questa volta Giancarlo non seppe contenersi e cominciò a carezzarle il fianco, salendo per arrivare direttamente al suo seno, che palpò con delicatezza ma con decisione.

Selvaggia non ebbe la presenza di spirito per sottrarsi a quel tocco. Sentì un fuoco salirle nel petto, bramando quelle carezze che si erano fatte di colpo molto calde.

"Sei così bella..." Biascicò lui tra un bacio e l'altro, spingendola con delicatezza per farla stendere nuovamente sul letto.

Dimentica dei suoi buoni propositi e di quello che la angustiava, Selvaggia si distese e si lasciò accarezzare, insinuando a sua volta una mano sotto alla felpa di lui, accarezzandogli la pelle calda e liscia della schiena, mentre lui aveva imprigionato un seno nella mano destra, titillandole un capezzolo e facendola eccitare. Con l'altra mano la spostò per stare più comodo e così facendo si piazzò con il bacino direttamente tra le sue cosce, dove la sua passione divenne impossibile da ignorare per lei.

Quel punto così duro del corpo di lui che premeva insistente al centro della sua femminilità la fece letteralmente uscire fuori di testa... Senza pensarci afferrò un lembo della sua felpa e cominciò a spogliarlo, continuando a baciarlo senza fiato. La temperatura della stanza salì a dismisura. Anche Giancarlo iniziò a spogliarla, tirandole su il maglioncino e lasciandola in reggiseno. Si scostò leggermente da lei e la osservò riempiendosi la vista. Quel seno sodo fasciato in quel reggiseno rosa estremamente femminile fece galoppare la sua fantasia verso luoghi pericolosi. Istintivamente si tuffò su quel decolté, assaporando quella pelle di seta che vibrava sotto al suo tocco. La sentì sospirare con un sibilo e avvertì le dita tra i suoi capelli, rendendo la brama di lei una vera e propria necessità fisica. Senza voler aspettare oltre iniziò a trafficare con il bottone dei suoi jeans, avbassandole lentamente la cerniera.

Sentendosi spogliare in quel modo Selvaggia aprì di colpo gli occhi e prese coscienza di quello che stava facendo. La figura di suo padre che le diceva di non darsi troppo velocemente in quel senso le balenò nella mente. Spostò le mani dalla sua schiena per posarle sulle sue spalle tentando di allontanarlo.

"Giancarlo... Giancarlo, fermati..."

"Sì... ti prego..." Biascicò, in preda dell'eccitazione.

Tornò a baciarla sulle labbra, ma ormai era decisa a far cessare quel momento. Non si sentiva ancora del tutto pronta a fare un passo del genere.

"Ti prego... non voglio..."

Quelle parole accorate ebbero l'effetto di raffreddare i bollenti spiriti del ragazzo che di colpo smise di baciarla e si fermò a guardarla negli occhi. Vide quello sguardo un po' impaurito e subito si staccò da lei.

Prese un grosso respiro e si alzò in piedi, raccolse la sua felpa e se la mise velocemente addosso, sotto gli occhi confusi della ragazza. Afferrò il suo maglioncino da terra e glielo passò.

"Rivestiti, per favore." Ordinò sbrigativo.

Selvaggia afferrò il maglioncino dalle sue mani e lo vide uscire velocemente dalla stanza.

Rimasta sola si sentì terribilmente mortificata. Quel suo modo di fare precipitoso e privo di ogni affettazione l'aveva ferita... Si sentì abbandonata, come se quel suo tirarsi indietro lo avesse fatto arrabbiare. Ma non era la prima volta che succedeva e ingenuamente non riusciva a capire cosa gli fosse preso. Si rivestì tentando di ricacciare indietro le lacrime e, facendo finta di niente, tornò in cucina da Grazia... ormai intenta a friggere gli ultimi arancini che aveva preparato. Giancarlo era seduto a tavola in silenzio la la ignorò.

Per il resto della serata si comportò con lei esattamente come se non esistesse, rivolgendole la parola solo il minimo indispensabile, esclusivamente se non ne poteva farne a meno.

Selvaggia cercò di non dimostrarsi troppo atterrita da questa cosa, soprattutto a beneficio di Grazia, facendole i complimenti per quello che aveva cucinato anche se avrebbe dovuto aiutarla...

Quando fu arrivato per Selvaggia il momento di tornare a casa, Giancarlo si preparò per accompagnarla. Non abitava molto distante, erano giusto due isolati, ma era comunque una bella passeggiata da fare. Selvaggia vide il suo ragazzo vestirsi svogliatamente nel corridoio davanti alla porta e decise di intervenire:

"Direi che non c'è bisogno che mi accompagni se non hai voglia." Si infilò il giacchetto e prese la borsa. "In fondo non abito così lontano, posso fare anche la strada da sola."

I suoi occhi brillavano mentre guardava Giancarlo con orgoglio. Dentro di sé moriva, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di dimostrarsi debole. Iniziava a pensare che suo padre avesse ragione, se cominciava a fare pressioni in quel senso forse non la rispettava abbastanza, non sapeva come sarebbe andata a finire tra loro, ma di certo non bene.

Orgogliosamente, Giancarlo fu quasi tentato di lasciarla tornare a casa da sola, ma si disse che non era una città molto tranquilla per permettere che una ragazza come lei camminasse da sola a quell'ora.

"Sarà meglio di no. Se ti dovesse succedere qualcosa potresti incolparmi per non essere venuto con te."

Selvaggia fu quasi tentata di rispondere a tono ma non voleva creare discussioni simili in casa di altri e ingoiò un boccone amaro. Salutò Grazia con un bacio e pochi minuti dopo stavano camminando in silenzio lungo la strada. Passeggiavano fianco a fianco, ognuno perso nei propri pensieri.

Dopo alcuni minuti arrivarono sotto al portone di lei e si fermarono. Nessuno dei due sapeva che dire e rimasero in silenzio e a disagio. Non sapendo se salutarlo lì o lasciare che salisse in casa prese il coraggio a due mani.

"Vuoi salire due minuti?"

Giancarlo non si aspettava quella proposta. dato l'andazzo che c'era tra loro pensava che si sarebbero salutati lì.

"Davvero vuoi che salga?"

A Selvaggia venne da ridere... forse stavano entrambi esagerando.

"Ma certo..." sorrise in imbarazzo.

Giancarlo annuì. Salirono insieme, sempre in silenzio, entrambi orgogliosi e decisi a non lasciar perdere il proprio punto. Selvaggia si diresse direttamente in camera sua levandosi il giacchetto. Lui la seguì e si guardò attorno in silenzio.

"Vuoi restare due minuti?"

Anche se avevano litigato Selvaggia non voleva che tra loro ci fosse una tensione del genere.

Giancarlo, invece, non seppe più cosa pensare. Aveva ancora il pensiero fermo a quel suo rifiuto e sentirla dire così lo mise in confusione.

"Scusa, Selvaggia, ma sono venuto su solo per due minuti, me ne vado subito."

"Perché?"

"Perché non mi va, domattina devo essere prima a lavoro e poi in facoltà, voglio andare a letto presto."

"Sei ancora arrabbiato per prima?" Deglutì, cercando di tastare il suo umore

"Non sono arrabbiato."

"Davvero?"

"No Selvaggia, non sono arrabbiato." Sbottò scocciato.

"E allora perché ti sei comportato così?"

Lui restò indeciso se dirle tutto quello che pensava o no. Ma i suoi occhi lucidi lo fecero sciogliere.

"Perché... tu non puoi iniziare a baciarmi e a spogliarmi, a toccarmi e a lasciarti toccare se poi..."

Si interruppe di colpo, ma Selvaggia non riuscì a capire appieno il suo problema. Poteva capire che sentirsi respinti non fosse il massimo, ma non era la prima volta che succedeva e una reazione simile non l'aveva mai avuta. Gli sembrò esagerato.

"Ho capito, ma-"

"No, tu non hai capito!" La interruppe lui, con veemenza. "Non puoi aver capito, perché non sei un uomo! Per noi la situazione diventa dolorosa... Dopo un po'."

Accidenti, Selvaggia non aveva pensato a questo aspetto. "Scusa, mi dispiace. È solo che-"

"Sì, lo so," la interruppe nuovamente, "ma per me è difficile tirarmi indietro in certe situazioni. Io non vorrei forzarti a fare niente, ma..."

Questa sorta di confessione ammorbidì il cuore di Selvaggia che non riuscendo a resistergli piombò su di lui e lo baciò. Giancarlo rispose immediatamente e le sue braccia si avvolsero in automatico attorno a lei, come se non doveva permetterle di scappare.

La strinse forte contro il suo petto, sentendolo come un modo per scongiurare una lite peggiore. Infilò le dita tra i suoi capelli sentendone la morbidezza e il profumo delicato. Non sapeva se sarebbe mai riuscito a farne a meno.

Quando si staccarono Selvaggia sembrò ancora più decisa. "Vieni con me a conoscere mio padre, potrebbe aiutarmi."

Lui corrugò la fronte. "Che? In che modo vedermi con tuo padre potrebbe aiutarti?"

"Beh... diciamo che avere la sua approvazione su di te sarebbe molto importante per me."

La fissò negli occhi in modo serio, cercando di decidere il da farsi. Ma quegli occhi verdi tremendamente limpidi riuscirono a non farlo più connettere.

"D'accordo, verrò con te la prossima volta che tornerai a casa da tuo padre."

Il sorriso che gli rivolse lo fece sentire completo. "Davvero?"

"Sì, te lo prometto!"

"Sì!" strillò lei, tuffandosi tra le sue braccia.

Giancarlo rise per la sua esuberanza, non pienamente convinto di fare la cosa giusta ma ugualmente contento della scelta presa. Anche se era veramente poco che si frequentavano, se per lei significava tanto che conoscesse suo padre, allora andava bene.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro