Capitolo Sette
Quando uscirono per recarsi in mensa per l'ora di cena, Ilaria e Selvaggia vennero fermate da una contrita Cristina. "Mi dispiace, ragazze, ma Suor Maria mi ha dato precise istruzione perché vi sediate in disparte, separate dal resto dei ragazzi."
Con un forte senso di impotenza, entrambe presero il loro cibo e si sedettero a un tavolo in disparte, guardando gli altri bambini sedersi ai loro soliti posti mentre mormoravano tra loro guardandole e indicandole. Selvaggia si sentì un'appestata. Lei stava solo cercando di difendere un bambino, cosa aveva fatto di male? Cercò con lo sguardo le sue amiche, sedute al solito tavolo, che le sorrisero con uno sguardo triste. Evidentemente la signorina Cristina, o la stessa suor Maria, aveva detto loro che non avrebbero dovuto rivolgerle la parola. Chissà se anche quell'ordine era per sempre o fino a che non avesse cambiato idea. Restituì loro un sorrisetto timido e prima di rivolgere l'attenzione al cibo vide il ricciolino che aveva cercato di difendere seduto accanto a Elena. Una piccola luce di ottimismo si accese nel suo petto, almeno era sortito qualcosa di buono da quella faccenda.
Quella stessa sera, una volta nella loro stanza in procinto di coricarsi per la notte, Ilaria si alzò dal suo letto con indosso il suo pigiama e si avvicinò a Selvaggia, anch'essa sdraiata sul proprio letto a leggere un libro. Sentendo la sua presenza alzò lo sguardo dalle parole che stava leggendo e la guardò allibita.
"Sentimi bene, nanerottola pel di carota," l'apostrofò la biondina con il suo solito fare arrogante. "Non ho alcuna intenzione di restarmene tutta la sera in tua compagnia, e se non vuoi allungare ulteriormente sia la mia che la tua punizione, ti suggerisco di startene zitta e farti gli affari tuoi, hai capito?"
In realtà, no, non aveva capito a cosa si riferisse, ma poi la vide avvicinarsi alla porta e aprirla timidamente, guardare fuori in entrambe le direzioni prima di voltarsi nuovamente verso di lei per farle cenno di tacere, e poi uscire, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Selvaggia la osservò allibita, sperando che Suor Maria non la scoprisse, o che almeno non ci andasse di mezzo anche lei. Osservò per lungo tempo la porta chiusa della sua stanza, domandandosi dove potesse essere andata Ilaria a quell'ora, per giunta da sola.
Dopo diversi minuti un ritmico bussare a quella stessa porta la fece sobbalzare sul letto, il cuore prese a correrle per la paura pensando che potesse essere suor Maria che veniva a controllare. Non lo aveva mai fatto, ma quella volta sembrava particolarmente arrabbiata con entrambe, quindi non sapeva cosa aspettarsi. Rimase immobile e in silenzio col cuore in tumulto non sapendo cosa fare, finché il bussare alla porta non si ripeté, questa volta accompagnato dalla voce sussurrata di Aurora:
"Selva, sono io. Apri!"
Con un sospiro di sollievo, scese dal letto e corse ad aprire alla sua amica, sentendo il battito del suo cuore tornare ad un ritmo normale. Quando la vide che le sorrideva, un sorriso si distese sul suo viso, finché, accanto ad Aurora non apparve anche il ricciolino. La sorpresa iniziale lasciò presto il posto al compiacimento per questa novità. Li fece entrare e richiuse silenziosamente la porta alle loro spalle.
"Scusa se siamo piombati qui a quest'ora," Aurora si sbrigò a precisare. "Ma abbiamo visto Ilaria andare in sala giochi con Ilenia e Francesco, e ne abbiamo approfittato."
"Avete fatto bene." Sorrise, poi indicò il ricciolino. "E lui cosa ci fa, qui?"
"È stato lui a venire da me ed Elena oggi pomeriggio per raccontarci quello che era successo. Quando siamo venute a cercarti le amiche di Ilaria ci hanno detto che suor Maria ti aveva convocato nel suo ufficio insieme a Ilaria e avevamo capito subito che era successo qualcosa, ma non volevano dirci niente. Quando se ne sono andate lui si è avvicinato e ci ha raccontato cosa è successo."
"Sì..." intervenne finalmente il ricciolino. "Volevo ringraziarti. Non sapevo come fare, non volevo dare soddisfazioni a quelle oche." Borbottò timidamente, continuando a guardare a terra.
Selvaggia sorrise. "Come ti chiami?"
Il bambino alzò finalmente lo sguardo su di lei e si accorse che aveva due splendidi occhi azzurri, chiari e incredibilmente limpidi. "Matteo." Arrossì.
"Non importa che mi ringrazi, Matteo, non mi piaceva come ti stavano trattando. Sono certa che anche tu avresti fatto la stessa cosa se fossi stato al mio posto."
Finalmente sorrise e, come se avesse ritrovato il coraggio tutto d'un colpo, si fece subito riconoscere. "Puoi scommetterci, rossa. Una volta che conosco il mio rivale non c'è niente che possa impedirmi di usare le mie conoscenze su di lui per annientarlo."
Selvaggia e Aurora si guardarono un po' stranite, un discorso del genere era l'ultima cosa che si sarebbero aspettate da un tipo come lui.
"Quanti anni hai?"
"Quattordici, ma a volte me ne sento venti, altre quaranta... dipende."
Le due ragazzine erano ancora più stranite. "Dipende da cosa?"
Matteo fece spallucce. "Credo da come mi sveglio la mattina."
Si guardarono un'ultima volta in faccia, incredule, ma poi scoppiarono a ridere, coinvolgendo anche lui. Selvaggia scosse la mano cercando di fare cessare tutta quella ilarità.
"Zitti, se no ci scoprono!"
I tre smisero di ridere e si guardarono negli occhi, ma l'ilarità prese il sopravvento e tornarono a sganasciarsi dalle risate, sancendo l'inizio di una nuova e bellissima amicizia.
***
Non passò molto tempo prima che suor Maria revocasse la sua punizione. Le due ragazzine in pratica si ignoravano, anche se dovevano condividere la stessa camera erano riuscite a fare rivivere il loro tacito accordo: Entrambe si sarebbero comportate come se l'altra non esistesse.
La vita nell'orfanotrofio divenne molto più interessante con la nuova presenza di Matteo, che si dimostrò un bambino molto dolce ma altrettanto particolare. Le sue battute ironiche e spesso ridicole gli avevano fatto assumere il ruolo di giullare, allietando i pomeriggi delle tre amiche.
Il tutto procedeva con serenità, finché non successe una cosa che destabilizzò l'equilibrio del piccolo gruppo di amici. Una coppia venne per adottare una bambina, e la dolce Elena venne data in affidamento.
Selvaggia, Aurora e Matteo osservarono i due mentre parlavano con suor Maria da un angolo appartato del giardino, mentre Elena rimaneva immobile davanti a loro per farsi conoscere, con la classica espressione di chi non sa assolutamente cosa aspettarsi.
Sembravano due adulti molto simpatici, pensò Selvaggia, ma le stavano portando via una delle sue migliori amiche e per questo non riusciva a nutrire per loro un grande sentimento di simpatia. Senza Elena, la vita all'orfanotrofio non sarebbe più stata la stessa.
In uno dei rari momenti di serietà di Matteo, il ragazzino si avvicinò a Selvaggia con l'intento di tirarla su di morale. "Tranquilla, sono certo che andrà a stare felice da quei due spilungoni."
Lei lo guardò un attimo perplessa e sorrise divertita per il termine usato per indicare quei due signori. In realtà non era affatto preoccupata di sapere se Elena sarebbe andata in una buona famiglia o no, ma si chiedeva piuttosto perché, da quando era lì, aveva visto andarsene tanti ragazzi e bambini, mentre lei sembrava che non dovesse venire adottata da nessuno. Nessuno la voleva.
Il pensiero si fece ancora più amaro quando, appena una settimana dopo, la stessa Aurora venne adottata da una coppia di giovani genitori.
Quando la biondina venne avvisata che stava per essere adottata rimase scioccata per un bel pezzo; non sapeva se potesse dirlo alla sua amica o no, non credeva che avrebbe condiviso con lei la sua gioia; l'aveva vista particolarmente giù quando Elena era stata adottata e non voleva vederla di nuovo così triste. Si recò in giardino per cercarla, e vedendola chiacchierare con Matteo mentre si facevano pigramente dondolare sull'altalena, si fece coraggio e si avvicinò.
"Che si dice di bello?" Cercò di rompere il ghiaccio.
I due alzarono gli occhi spensierati su di lei e Matteo prese la parola.
"Le stavo chiedendo se conosceva quell'animale che salta più in alto delle case."
"E lei ti ha risposto?"
"No, anche perché non lo sa." Sorrise, birichino.
Aurora lo fissò un attimo interdetta. "Come fai a sapere che non lo sa?"
"Perché non esiste, le case mica saltano!"
Le due ragazze rimasero a fissarlo a bocca aperta, non sapendo se ridere o piangere. Elena fece sentire una risatina esasperata ma poi si riprese e guardò la sua amica. Di colpo non seppe più come intavolare il discorso e optò per dire la verità velocemente, come quando si strappa un cerotto:
"Sono stata adottata."
Selvaggia la fissò stupefatta, l'amica vide un lampo di delusione attraversarle gli occhi, ma durò solo un istante, il tempo di farle comparire un sorriso un po' forzato.
"Ma è meraviglioso!" Si alzò dall'altalena e andò ad abbracciarla per congratularsi con lei.
"Credevo che saresti stata infelice..." Aurora volle essere sicura della sua serenità. "Mi ricordo di come prendesti l'adozione di Elena, non voglio renderti di nuovo così triste."
Ma Selvaggia non voleva che potesse pensare che non fosse felice per lei. "Non dirlo nemmeno per scherzo. Adesso avrai un padre e una madre, come potrei essere triste?"
La bionda la scrutò negli occhi. "Dici sul serio?"
"Certo!"
Spazio Autrice:
E ho finalmente l'onore di presentarvi Matteo! Tenetelo a mente perché avrà un ruolo chiave più avanti nella storia.
Ecco che stiamo avvicinandoci a un punto di svolta della vita di Selvaggia, la sua vita prenderà una piega in parte sperata ma si rivelerà diversa da quello che credeva, purtroppo in peggio.
Ma non voglio svelarvi altro, per ora siamo ancora all'inizio, la strada è ancora lunghissima e la mia (o la vostra) Selvaggia dovrà affrontare altre prove prima di dirsi veramente felice...
A presto e grazie per il vostro supporto...
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