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Capitolo Sedici

"Come avete osato andare di nuovo nella villa dei Caruso senza un preciso ordine di un vostro superiore?!" Tuonò il Tenente Biscemi. "Avete rischiato di compromettere l'intera operazione eseguita finora, di contaminare la scena del delitto! e per cosa, poi?!" Urlò ancora, camminando avanti e indietro davanti ai due, che stavano dritti impettiti nella classica posizione militare, senza guardare il loro superiore.

Li fissò a turno, rosso in faccia, sputacchiando piccole goccioline di saliva ogni volta che parlava, preso dalla collera. "Se ci fosse stato anche un solo indizio sfuggito per attribuire in modo inconfutabile la paternità dell'omicidio—"

"In realtà c'era, signore!" Si azzardò a interromperlo Riccardo.

Ancora più oltraggiato dall'interruzione del suo subalterno, gli si piazzò dinnanzi guardandolo torvo negli occhi.

"Cosa ha detto, Felici?! Si ricordi che io sono un suo superiore, non permetto di venire interrotto da lei!" Sbraitò.

Riccardo rimase immobile, senza mutare minimamente la mimica facciale. Il tenente tornò a camminare avanti e dietro continuando a guardarli torvo. Davvero questi due ragazzini imberbe credevano di poter entrare e uscire dai luoghi dove erano stati perpetrati degli omicidi senza subire conseguenze?

"Di chi è stata l'idea?" Si fermò di fronte al carabiniere Usai, ma tornò di fronte a Felici senza mutare espressione. "Tanto lo so che sei stato tu. Solo un damerino milanese come te può avere l'ardire di contaminare la scena di un delitto per un semplice sospetto!" Sbraitò ancora, continuando a sputacchiargli addosso.

Riccardo resistì alla tentazione di asciugarsi il viso, sapeva che il suo capitano stava solo cercando di provocarlo; voleva solo trovare un pretesto qualsiasi per rispedirlo al nord con disonore, ma era troppo intelligente per cascarci.

Biscemi sbuffò esasperato. "Immagino che avete rimesso al loro posto quei tappi auricolari che avete trovato."

"Sì signore!" Rispose Riccardo.

Il comandante restò a guardare in modo truce i due ragazzi per diversi istanti, finché, non potendo punire in modo soddisfacente quel ragazzo indisponente e arrogante, seguì il suo istinto e uscì dalla stanza. Una volta fuori ordinò che venisse effettuato una perizia medica approfondita sul corpo dell'uomo, e se non fosse stato sufficiente, anche un'autopsia, considerata dapprima obsoleta in quanto era evidente quale fosse la causa del decesso, ma dato le circostanze, sarebbe stato meglio non tralasciare nessuna pista. Per quanto irritante potesse essere, quel ragazzo aveva dimostrato di avere un buon intuito, ammise a sé stesso, anche se faticava ad ammetterlo ad alta voce.

Passarono alcuni giorni e i reperti medici sul corpo del signor Caruso non rivelarono niente di anomalo, il motivo del decesso era da attribuirsi esclusivamente al colpo inferto dal fucile della vittima. Ci fu un solo elemento che destò un piccolo sospetto nel comandante Biscemi che dapprima la scientifica non aveva rilevato: All'interno dell'orecchio della vittima vi furono trovate tracce di schiuma solida, ovvero il materiale con cui venivano fatti i tappi delle orecchie.

***

Passò diverso tempo da quel giorno, la giovane Selvaggia riuscì poco a poco a riprendere in mano la sua vita e a tornare a parlare, anche se stentatamente. Stando a diretto contatto con gli animali era riuscita a ritrovare dentro di sé quella serenità che aveva dimenticato, e grazie alla gentilezza dei coniugi Russo, aveva ripreso a vivere più serenamente, anche se parlava esclusivamente quando era sola o in compagnia di Lucia. Solo con lei riusciva a sentirsi a suo agio.

Per l'avvocato che le fu affidato fu una vera impresa riuscire a estrapolare delle informazioni da lei riguardo all'accaduto. Ci volle molto tempo e molto lavoro da parte sua per riuscire a ottenere la fiducia della sua piccola cliente, ma riuscì a fare dei discreti progressi, anche grazie al costante aiuto della signora Russo come tutrice legale della minore.

Dopo alcuni mesi venne il giorno del processo, che fece tremare la giovane Selvaggia.

Quando i due giovani Carabinieri la andarono a prendere per scortarla al processo che la vedeva come unica imputata, la ragazza scese in giardino in un silenzio di tomba, accompagnata da Lucia che l'avrebbe accompagnata e sostenuta in tribunale. Usai si prodigò per aprirle lo sportello e farla salire in macchina, ma Selvaggia si soffermò a guardare Felici, in piedi dalla parte opposta della macchina che teneva lo sportello aperto alla donna. Si fssarono negli occhi per un lungo istante, e in quegli occhi azzurri e chiarissimi come il cielo d'estate Selvaggia riuscì a trovare il coraggio e la forza per affrontare quella giornata. Sin dall'inizio, in quello sguardo dolce e vivace, aveva trovato un alleato, e solo allora prese coscienza del fatto che avrebbe potuto fidarsi ciecamente di quel ragazzo.

Il processo si svolse con la presenza dei media, in quanto l'intera vicenda era diventata di dominio pubblico sin dall'inizio, e per diverse settimane la televisione riportò ogni piccolo particolare che veniva pronunciato all'interno di quell'aula. Vennero ascoltate tutte le persone vicine alla coppia o semplicemente informate dei fatti. L'avvocato della vedova, che si era costituita parte civile, chiamò a deporre tutte le persone che conoscevano Sebastiano Caruso come marito di Margherita e come direttore di banca, ovviamente lasciando poi la parola all'avvocato di Selvaggia che poté fare assai poco di fronte a quelle persone; ognuno di loro dichiarò di conoscere i due come una coppia tranquilla e collaudata e che, prima che adottassero la ragazzina, non avevano mai avuto problemi di sorta, ma che il comportamento della vittima aveva subìto un brusco cambiamento nell'ultimo periodo. Dichiararono che aveva cominciato a restare sempre più spesso a casa invece che dedicarsi a tutte quelle attività che amava ormai da diverso tempo, e la cosa parve a tutti alquanto strana. Era un uomo in sovrappeso ma tutto sommato attivo.

Come penultima testimone venne chiamata a deporre la segretaria del signor Caruso:

"Non conoscevo la moglie del mio ex datore di lavoro, se non di vista, ma conoscevo bene il signor Caruso, anche se esclusivamente come suo capo e come uomo rassegnato a una vita con una moglie fredda e scostante."

La deposizione della donna fece scalpore all'interno dell'aula perché era l'unica che parlò in modo completamente opposto da tutti gli altri testimoni.

"Aveva iniziato ad avere molti hobby, come la caccia o la pesca, soltanto da una decina d'anni, e sostanzialmente per poter affrontare in maniera più leggera una vita matrimoniale che ormai gli regalava poco o niente. La relazione lavorativa con il signor Caruso spesso sfociava in una relazione tra amico e confidente. Ci eravamo sempre rivolti tra noi dandoci del lei, ma ciò non gli aveva impedito di aprirsi, forse perché il mio aspetto gli ispirava fiducia. Potrei forse affermare di conoscerlo meglio della moglie. "

A questa dichiarazione la signora Caruso strinse le labbra in una smorfia arrabbiata, ma per fortuna non poté ribattere.

L'avvocato le si avvicinò. " E come lo vedeva, ultimamente? Le sembrava diverso dal solito?"

"Nelle ultime due settimane prima di morire restava spesso a casa perché stava spesso male, anche se il suo dottore, come mi disse, lo rassicurò che non aveva niente di grave ma che era solo stanco. Ma anche quando era presente, quelle poche volte in cui si sentiva abbastanza in forze da arrivare alla banca, lo vedevo sempre stanco e assente. Non era più lui."

"Non ho altre domande." L'avvocato della signora Caruso tornò a sedersi.

A questo punto prese la parola l'avvocato di Selvaggia. Era un avvocato d'ufficio, ma era molto bravo. Aveva quarant'anni e un carattere calmo e pacato, ma la purezza di quella ragazzina gli aveva fatto affilare le unghie, dando il meglio di sé durante quel processo. Ora, di fronte a quella donna dall'aria dolce, che lo guardava attraverso quelle lenti dalla montatura rotonda, pensò a una domanda che potesse ribaltare la situazione della sua assistita, resa assai precaria dalle deposizioni susseguitesi fino a quel momento.

"Mi può parlare del signor Caruso nel periodo che va da quando adottarono Selvaggia a quando iniziò ad assentarsi dal lavoro accusando quei malesseri?"

La donna sorrise. "Con molto piacere. Mi ricordo che prima che Selvaggia andasse a vivere con loro era entusiasta di questa prospettiva, anche se era dispiaciuto del fatto che la moglie non condividesse con lui quello stesso entusiasmo."

"E le disse anche perché la moglie non condivideva con lui quello stesso entusiasmo?"

"Sì. Mi confidò che sua moglie non voleva un figlio, specialmente uno che non era suo, ma che aveva acconsentito ad adottare una ragazzina soltanto perché lui aveva insistito tanto, e perché non avevano nipoti o altri parenti a cui far ereditare tutto quello che avevano."

Un mormorio basso e fastidioso si propagò all'interno dell'aula, ma il martelletto del giudice chetò all'istante quel fastidioso vociare e l'avvocato poté continuare con il suo interrogatorio.

"E una volta che adottarono la mia assistita?"

"Oh, era raggiante!" Un sorriso commosso dai ricordi affiorò sul viso della donna. "Non faceva altro che parlare di lei, quando la portò in ufficio per farmela conoscere, sprizzava gioia da tutti i pori e, successivamente, mi confidò che aveva deciso di abbandonare alcuni dei suoi hobby perché voleva dedicarsi maggiormente a quella figlia che amava esattamente come se fosse sua."

Il silenzio della sala espresse chiaramente lo sconcerto che quelle parole destarono tra tutti i presenti. Per tutto il tempo Selvaggia rimase in silenzio e con lo sguardo basso, mortificata dalla situazione, ma con la dolce Lucia a darle coraggio continuando a massaggiarle la schiena in un gesto materno.

"Compresa la caccia?" chiese l'avvocato.

"Specialmente la caccia!" Affermò con convinzione la donna. "Mi disse che aveva portato Selvaggia con sé a caccia una volta, e lei si era talmente spaventata che lui decise di non andarci più per non farla più spaventare. Ma mi assicurò che per lui non fu affatto un peso perché, come tutti gli altri hobby, era soltanto un modo di trovare la vita più piacevole. Anzi, ne era sollevato perché finalmente poteva dichiarare di avere una famiglia."

A queste parole Selvaggia alzò la testa di scatto per guardare la donna seduta al posto dell'accusa. Come era possibile che invece le era stato detto esattamente il contrario da lei? E tutti quei depliant ritrovati accanto a lui sul letto?

"Non ho altre domande."  La segretaria abbandonò la sedia dei testimoni, l'avvocato tornò al proprio banco e si voltò verso Selvaggia: "Chiamo a deporre la mia assistita."

Selvaggia sentì il cuore in gola e non seppe come comportarsi. Lucia le strinse le mani cercando di infonderle un po' di coraggio e di fiducia in sé stessa. Si alzò tremante e si trascinò con lentezza fino al banco dei testimoni, guardando la sala dinnanzi a sé con un sentimento di terribile paura. Osservò le varie facce presenti, alcune lievemente familiari, altre del tutto sconosciute, per lei era una situazione troppo pesante da sostenere in ogni caso. Iniziò a tremare vistosamente e sgranò gli occhi impaurita.

"Selvaggia, ci può parlare del signor Caruso e di quello che pensava di lui?"

Un attacco di panico la paralizzò.

Margherita Caruso sorrise tra sé, pensando che quella piccola ragazzetta ignorante non avrebbe mai avuto il coraggio di rispondere a una domanda simile in pubblico. Selvaggia si ritrovò seduta su quella sedia di fronte a tutte quelle persone e si sentì di colpo in soggezione. Le osservò una ad una, prendendo coscienza del fatto di avere l'attenzione di tutti su di sé. Sentiva il cuore battere all'impazzata, sudava, e le balenò il pensiero di tornare al suo mutismo, come unico modo per proteggersi da tutte quelle persone e quegli sguardi accusatori e penosi. Incontrò lo sguardo della donna che avrebbe dovuto farle da mamma, la stessa che invece l'aveva accusata e che adesso la osservava un sorrisetto ironico, e si sentì ancora più in soggezione, cominciò a tremare senza controllo.

Resosi conto dello stato emotivo della sua cliente, il giovane avvocato tentò di riconquistarsi la sua attenzione.

"La prego di rispondere alla domanda, Selvaggia, sapeva il motivo che spingeva il suo padre adottivo a restare a casa negli ultimi giorni?"

Selvaggia spostò lo sguardo su di lui e per un secondo riuscì a dimenticarsi di quella donna infida. Dietro di lui, al proprio banco, vide Lucia che la fissava cercando di darle forza con lo sguardo. La mise a fuoco e quello sguardo dolce le diede la forza per rispondere.

"Perché era malato."

"E che cosa aveva, lo sa?"

Selvaggia restò in silenzio e guardò la signora Margherita ancora una volta, aveva sempre quel sorrisetto strafottente... e pensare che avrebbe tanto voluto amare ed essere amata da quella mamma acida e indisponente, l'unica mamma che avesse mai conosciuto. Ma lo sguardo scuro e freddo della donna le regalò un brivido lungo la spina dorsale. Distolse nuovamente lo sguardo sbattendo le palpebre per non piangere e tornò a posarlo su Lucia, che continuava a fissarla per infonderle fiducia con quegli occhi estremamente caldi.

Deglutì: "La signora Margherita mi disse che aveva un cancro."

A queste parole un mormorio fastidioso inondò la sala e il giudice dovette di nuovo sbattere il suo martelletto più volte per far ritornare l'ordine. Era evidente che quella affermazione non venne presa sul serio e la situazione precipitò nuovamente per Selvaggia.

Cercando di darsi un contegno, l'avvocato la guardò e le si avvicinò: "E ti ha fatto vedere delle prove per convincerti che aveva un tumore?"

Ancora tremante spostò lo sguardo sul resto della folla davanti a lei, finché non lo riportò sulla donna che avrebbe voluto amare. A quel punto non seppe più rispondere.

Il silenzio si propagò nell'aula per diversi minuti. L'avvocato continuava di chiedere clemenza per la reticenza della ragazzina, come a dire che con un po' di pazienza si sarebbe calmata e alla fine avrebbe parlato, ma sembrava che Selvaggia non avesse nessuna intenzione di parlare.

Passarono diversi minuti di silenzio e il giudice alzò il martelletto per sospendere l'udienza, ma dal fondo dell'aula, una voce maschile e sconosciuta prese il sopravvento:

"Sono in possesso di prove che scagioneranno la ragazzina Selvaggia Buonarote. Chiedo il permesso di essere interrogato come testimone!"

***

E adesso di chi apparterrà questa voce maschile che pretende di venire ascoltato come testimone? Credete che riuscirà a risollevare le sorti della nostra Selvaggia?

Aspettate il prossimo capitolo, lunedì prossimo, per scoprirlo.:-)

Ad ogni modo volevo ringraziarvi per seguire questa storia particolare, tosta... ma siamo solo all'inizio! Se vi sta piacendo non vi dimenticate le stelline!

Ciao ciao... 👋

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