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Capitolo Ottantotto

La voglia di conoscere il più possibile quella madre sconosciuta aveva portato Selvaggia nella tana del lupo. Una volta lì, ne aveva approfittato per scoprire ogni angolo di quella stanza. Rovistando nell'armadio, aveva trovato una camicia beige molto fine e la riconobbe come la stessa che sua madre indossava nella foto sulla scrivania. Sentì una strana emozione a contatto con quel tessuto e se la appoggiò addosso, verificando quanto sembrasse cucita sulle sue forme.

Si era provata moltissimi vestiti e indumenti, tutti ammassati a terra in disordine, constatando quanto somigliasse anche nel fisico a quella donna. Si accorse di una porta ricavata nel muro, come se fosse stata una stanza segreta. Abbandonò la sua ricerca di vestiti e andò ad aprirla, scoprendo che nascondeva un delizioso bagno. Fu come scoprire una parte intima del carattere di sua madre.

Deliziose tendine ricamate alla finestra le fecero pensare che sua madre le avesse ricamate personalmente, come per dare un tocco personale alla stanza. Lucide mattonelle pastello alle pareti ritraevano figure di gioiosi animali marini e, nell'angolo alla sua destra, una maestosa vasca idromassaggio faceva bella mostra di sé. Per non parlare delle rifiniture in oro delle rubinetterie e dei bordi dei sanitari. Le sembrò di essere in una reggia.

Decise di usufruire di quella vasca, sfruttando l'accappatoio appeso lì vicino. Non seppe azionare l'idromassaggio ma il bagno caldo la rincuorò e la rilassò, quel tanto che basta per farla addormentare ancora nuda in quel letto profumato, avvolta nell'accappatoio appeso vicino alla vasca che le dava la sensazione di accoccolarsi tra le braccia di sua madre.

La porta venne chiusa con un tonfo e la svegliò di soprassalto. Seduto vicino al letto vi trovò don Carmelo, che la fissava con uno strano sorriso sulla faccia.

"Mi dispiace se ti ho svegliata, dormivi così bene." Accavallò le gambe e si guardò brevemente intorno. "Vedo che hai scoperto il bagnetto personale che tua madre si fece ricavare nel muro. Brava, si vede che sei sua figlia, anche a lei non sfuggiva mai niente."

Selvaggia continuava a guardarlo diffidente: come mai aveva cambiato così atteggiamento?

"Sono entrato in questa stanza principalmente per invitarti a cena. Ho capito che il tuo intento era solo quello di conoscere la donna che ti ha messa al mondo, e non vorrei che pensassi che proviene da una famiglia di zoticoni, perciò vorrei rimediare allo scarso benvenuto che ti ho riservato." Si alzò dalla sedia e la ripose al suo posto sotto la scrivania. "Ti aspetto in sala da pranzo tra mezz'ora." Aveva il tono di chi è abituato a dare ordini. Si avvicinò alla porta. "Perché non metti uno dei vestiti di tua madre? Sono sicuro che ti staranno benissimo." Uscì e la lasciò di nuovo sola.

Selvaggia restò in silenzio a pensare a quello strano invito. Poteva fidarsi? Forse no, ma aveva avuto la netta sensazione che don Carmelo non fosse un uomo abituato a ricevere dei rifiuti, in fondo l'aveva invitata senza darle nemmeno l'opportunità di farlo. E poi, come avrebbe potuto rifiutare? Si alzò sospirando e riaprì l'armadio della madre, scegliendo un vestito che aveva già provato, di cotone bianco e lungo fino alle ginocchia, con le maniche all'americana che le svolazzavano a ogni gesto. Si ammirò allo specchio con quel vestito addosso, e con quel taglio e quel colore, le sembrò di essere una sposa. Si rimirò da ogni angolazione, osservando quel tessuto seguire fedelmente le sue curve come una seconda pelle, accentuandone la femminilità. L'immagine di Riccardo si materializzò nella sua mente e un forte senso di colpa le invase il petto: chissà cosa aveva pensato una volta resosi conto che lei se n'era andata. Si immaginò la delusione sul suo viso nel momento in cui Caterina le avrebbe detto che era tornata nella sua terra senza nemmeno salutarlo e un groppo in gola le soffocò il respiro. Le sembrò di essere una fuggitiva, un'ingrata, pensando al senso di abbandono che doveva aver provato a causa sua. Le immagini del tempo passato insieme le tornarono alla mente come promemoria di ciò che aveva perso: un sentimento bellissimo soffocato sul nascere. Chissà se avrebbe mai avuto la possibilità di rivederlo, e se lui l'avrebbe perdonata.

Dei rapidi colpi alla porta la destarono dalle sue elucubrazioni e le fecero accelerare il battito cardiaco dalla paura.

"A... Avanti..." Balbettò.

La serratura scattò e una donna elegante e molto bella, con dei lunghi capelli neri e due occhi scuri e profondi, entrò nella stanza, poggiando su di lei uno sguardo intenso. La valutò con un lungo esame, che fece innervosire la povera Selvaggia.

"Accidenti! Per un attimo mi sei sembrata un fantasma, sei uguale a tua madre!"

Le si avvicinò con una strana espressione, facendola immobilizzare sul posto a chiedersi chi fosse e come mai conoscesse sua madre. Questa le girò attorno esaminandola come una bestia al macello, Selvaggia si sentì sempre più innervosita.

"Hai fatto benissimo a indossare questo vestito," le si piazzò davanti e la gratificò di un sorriso che le fece venire l'orticaria. "A tuo zio è sempre piaciuta tua madre quando lo indossava."

Finalmente si allontanò da lei, dandole la possibilità di riprendere fiato, e si fermò sulla porta aperta.

"Che fai, hai intenzione di venire o no?"

La ragazza deglutì e la seguì fuori dalla stanza e fino al piano di sotto, scendendo le scale di marmo che concludevano in quell'enorme ingresso conosciuto, dove ricordava il maestoso lampadario che rifletteva la luce del sole sfaccettandola in miliardi di riflessi tutt'attorno. Ma in quel momento la luce artificiale dava un tocco macabro alla situazione. Osservando stupefatta quella villa super lussuosa seguì la donna verso una delle porte intarsiate dell'ingresso, ritrovandosi nella sala da pranzo.

Una lunghissima tavola imbandita padroneggiava al centro della stanza dove don Carmelo sedeva a capotavola, con quel sorriso irritante stampato in faccia.

"Sono contento che hai accettato il mio invito." Scostò la sedia alla sua destra. "Vieni, siediti."

Selvaggia camminò nervosamente verso il posto a lei riservato mentre la donna che l'aveva accompagnata si sedette alla parte opposta della tavola. Don Carmelo non le staccava gli occhi di dosso, in un esame che le mise i brividi. "Ti sta davvero molto bene il vestito di tua madre. Sembri quasi lei."

"Anch'io lì per lì l'avevo scambiata per Carolina." Intervenne la donna.

"Ah, dimenticavo," don Carmelo prese una mano della donna e le diede un bacio sul dorso. "Conosci già Loredana, la mia fidanzata?" Si scambiarono un tenero sguardo. "Ci sposeremo l'anno prossimo.

Selvaggia restò in silenzio mentre si scambiavano sguardi languidi, anche se c'era qualcosa in quello della donna che non la convinse fino in fondo.

"Sperando che il mio divorzio sia definitivo." Lo corresse quest'ultima.

"Credo che quell'uomo dovrebbe sbrigarsi a firmare i documenti se non vuole renderti vedova prima del tempo."

I due continuarono a tubare come se lei non ci fosse e la situazione divenne presto stucchevole. Distolse l'attenzione. Il sole stava scomparendo fuori dalle finestre, promettendo pioggia, ma i grandi lampadari rischiaravano la stanza a giorno, aiutati dai pavimenti lucidi che riflettevano e rischiaravano ancora di più. Dietro di lei due graziose poltroncine attorno a un piccolo tavolino poste in un angolo davano l'opportunità di una chiacchierata intima tra due persone, e Selvaggia si immaginò sua madre seduta su una delle due poltrone, intenta a chiacchierare animatamente con qualcuno seduto nell'altra. Era come se la conoscesse.

L'ingresso di una cameriera interruppe le sue riflessioni e anche il tubare dei due, portando con sé un vassoio fumante di zuppa che posò al centro del tavolo e servi in ogni piatto. Mangiò in silenzio, mentre gli altri due discorrevano tra loro.

La cena si svolse in un'atmosfera tesa, per quel che la riguardava, anche se quei due ogni tanto si scambiavano effusioni e parlavano del loro futuro insieme. Non ebbe più la percezione di avere davanti a sé un pericoloso criminale, ma solo un uomo che era riuscito a trovare l'amore in tarda età e che sognava la sua vita accanto alla donna che amava. Tutto ciò era senza senso.

L'uomo si pulì la bocca col tovagliolo, che abbandonò sulla tavola e si alzò in piedi. "Vorrei mostrarti il resto della casa. Se vuoi seguirmi, per cortesia." Accostò la sedia alla tavola e rimase in attesa che Selvaggia facesse lo stesso.

Confusa, spostò lo sguardo sulla donna di fronte a sé, che gliene restituì uno di sfida. Coraggiosamente si alzò in piedi e, imitando l'uomo, accostò la sedia alla tavola e si pulì la bocca col tovagliolo, abbandonandolo accanto al piatto. Don Carmelo fece strada fuori dalla sala da pranzo e attraverso il grande ingresso, per entrare nella porta di fronte. Un enorme caminetto in pietra era acceso e scoppiettava, vitale, di fronte a un grande divano in pelle bianca, a elle, che costeggiava un grande televisore a schermo piatto. Sotto di esso, un armadietto sorreggeva, come un trofeo, una PlayStation primo modello.

"In questa stanza tua madre passava la maggior parte del suo tempo." Don Carmelo si chinò per aprire l'armadietto sotto alla televisione, mostrandole un gran numero di videogiochi e VHS. "Prima che se ne andasse invitava spesso i suoi amici a giocare qui dentro."

Selvaggia diede un'ultima occhiata veloce al resto della stanza, alle tende dorate e ai tappeti pregiati prima che don Carmelo uscisse. Restò immobile, non sapendo che fare, ma la voce dell'uomo la raggiunse:

"Che fai, non vieni?"

Si affrettò a raggiungerlo e lui la scortò fino a una grande piscina coperta, circondata da enormi vetrate dalle quali si poteva prendere il sole comodamente distesi sulle numerose sdraio presenti.

"Tua madre era un'ottima nuotatrice." Camminò lungo la piscina, sotto lo sguardo confuso della ragazza. "L'acqua è riscaldata e tua madre amava nuotare ogni mattina. Le piaceva davvero molto. Tu nuoti?"

Selvaggia scosse la testa, incapace di articolare una frase di senso compiuto. L'uomo sorrise e senza aggiungere niente uscì nuovamente dalla piscina coperta. Questa volta la ragazza gli trotterellò dietro, evitando di farsi richiamare.

L'uomo l'accompagnò addirittura fuori, nell'immenso giardino, fino al delizioso gazebo che aveva intravisto dal viale alberato. Aprì le tende sciogliendo i vari nodi che le tenevano chiuse e fece cenno a Selvaggia di entrare. Titubante, lei fece un passo ma si fermò appena fuori. Non riusciva a comprendere quella situazione e l'invito a entrare in quel gazebo chiuso dalle tende non la convinceva.

"Che succede, hai paura che possa approfittarmi di te?" Domandò deridendola, ed entrò prima di lei, senza più aspettarla.

Sempre più confusa, Selvaggia varcò quella sorta di barriera ed entrò all'interno del gazebo, dove caldi cuscini di stoffa erano sistemati su dei divani in rovere, formando un set per esterni estremamente invitante.

Don Carmelo si avvicinò alla parte opposta alla sua, scostando la tenda che volgeva verso il resto di quello stupendo giardino. "È meraviglioso, non è vero?" Lei annuì, sbattendo le palpebre confusa. "Scommetto che ti stai chiedendo perché ti ho mostrato tutte queste cose."

Selvaggia non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia ma era la domanda che aveva sulla punta della lingua.

"Semplice," riprese dopo una pausa ad effetto. "Il tuo desiderio è quello di conoscere tua madre, no? Bene, io ti ho mostrato una parte della vita agiata e confortevole che viveva alla tua età."

"Sì, ma..." Avrebbe voluto chiedere in che modo tutto questo potesse farle conoscere una persona mai vista, ma la voce le morì in gola.

A quel punto don Carmelo le si avvicinò. "Scommetto che la prima cosa che hai pensato vedendo questa villa è stata quella di chiederti con quali soldi siano stati pagati tutte queste cose."

Il suo sguardo la inchiodò sul posto, non dandole la possibilità di rispondere. Certo che era quello che aveva pensato, come avrebbe potuto essere altrimenti?

"Beh, non ha importanza questo," la oltrepassò e si fermò appena fuori dal gazebo. "Sappi che a tua madre non importava minimamente come tuo nonno si fosse guadagnato tutte queste cose costose, per lei l'importante era viverle."

Le rivolse un'ultima occhiata derisoria e si allontanò, lasciandola da sola in quel gazebo, ancora più confusa di quando era arrivata in quella villa.

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