Capitolo Ottantasei
Selvaggia si svegliò alle prime luci del giorno e il cielo si coprì immediatamente di nuvole grigie che promettevano pioggia. Osservò la stanza in cui aveva dormito, stiracchiandosi la schiena dopo la notte passata su quel materasso duro ed estraneo. Avrebbe dovuto farci l'abitudine per riuscire a dormirci comodamente. La camera da letto era ricca di oggetti antichi e ninnoli dall'aria antiquata, disposti in perfetto ordine sopra un mobile in legno, anch'esso dall'aria antica. Varie fotografie di un passato ormai lontano ornavano i pochi spazi liberi, raffiguranti vita di coppia in bianco e nero, e quadri con immagini sacre erano appesi alle pareti, tra le quali un grande quadro di Gesù direttamente sopra il letto. Lo esaminò dalla sua posizione e le sembrò tutto meno che rassicurante.
Si sedette sul bordo del materasso, sentendo la rete scricchiolare sotto di sé. Si alzò e aprì le finestre, respirando l'aria umida di metà ottobre unita a una confusione di voci poco distanti, alle quali se ne univa ogni tanto una più alta che, in un dialetto stretto e incomprensibile ad un orecchio estraneo, esortava chiunque a esaminare la sua merce e a comprare da lui pomodori, melanzane e altre verdure di ottima qualità. Non poteva ricordare che quello era il giorno del mercato.
Lasciò la finestra aperta per areare la stanza e si recò in bagno, preparandosi per uscire. Non aveva un piano preciso, in realtà non sapeva minimamente da che parte iniziare per cercare sua madre, ma confidava sul fatto che avrebbe avuto una sorta di illuminazione ripercorrendo le strade che aveva frequentato non molto tempo prima. In fondo la casa della madre di Girolamo non era così lontana dall'appartamento che divideva con Manuela e Benedetta.
Si vestì e indossò uno cappottino beige, col quale volle mettere un paio di scarpe in coordinato e uscì per strada, sentendosi stranamente leggera. Senza alcun pensiero per la testa si inoltrò verso la zona del mercato, ritrovandosi ben presto circondata da bancarelle di ogni sorta, frastornata da voci e odori che provenivano da ogni direzione, senza più sapere da che parte andare. Girovagò per quasi mezz'ora in mezzo a quella folla festosa ed energica, finché non decise di entrare in un bar per fare colazione. Si affacciò alla vetrina delle paste e si riempì la vista di tutte quelle prelibatezze abbondanti e squisite. A Milano si sognavano delle paste così. Scelse un iris al cioccolato e si sedette a un tavolino nella veranda del bar con un cappuccino davanti, osservando la gente che passava lungo la strada carica di buste e bustone.
Era intenta a osservare una coppia di anziani che camminava lungo il marciapiede quando si sentì chiamare. Si voltò, sorpresa, e incontrò lo sguardo di Manuela, ancora più sorpreso del suo.
"Allora sei proprio tu!"
"Manuela!" Squittì balzando in piedi e correndo ad abbracciarla. Non credeva che avrebbe ritrovato subito una sua conoscente, ma era ben felice che si trattasse proprio di lei.
La felicità di ritrovare dopo tutto quel tempo la sua ex compagna di stanza prevalse sul senso di pace che si stava godendo e che voleva godersi fino in fondo.
Manuela condivise il suo abbraccio, incredula di averla ritrovata. "Ti stavo guardando da un po' e non riuscivo a capire se fossi tu o no, hai cambiato colore dei capelli... Che fine hanno fatto quei riccioli rossi?"
"Oh... Avevo bisogno di cambiare look."
"Beh, se quasi irriconoscibile! Non ero sicura che fossi tu, ma quanto ti sei voltata appena ti ho chiamata non riuscivo a crederci. Se bellissima! Il nero mette in risalto il colore dei tuoi occhi."
"Grazie. Anche tu sei diversa, sei più bella!" Le sorrise.
Manuela aveva sempre i capelli corti e biondi ma, a differenza del look un po' anarchico con il quale l'aveva conosciuta, adesso vestiva con un cappotto molto femminile, da dove vedeva sbucare una camicetta a maniche lunghe molto delicata e un paio di jeans alla moda. Notò che era leggermente truccata, con un filo di matita attorno agli occhi e un leggero rossetto rosa sulle labbra, che le donavano quell'aria delicata che non aveva mai avuto. Cosa davvero insolita, prima non si sarebbe mai truccata così.
"Grazie! Sì, anch'io ho cambiato totalmente look, ne avevo bisogno da quando mi sono lasciata da Sergio."
Selvaggia rimase a bocca aperta. "Vi siete lasciati?"
"Sì... È una storia lunga. Ma tu, piuttosto, come mai sei tornata? Pensavo fossi diventata polentona!"
"Ah, non me ne parlare!" Fece sentire una risatina nervosa. "Era solo il bisogno di cambiare aria, dopo quello che è successo..."
Manuela ricordò la fine di Giancarlo e il sorriso svanì dal suo viso. "Sì, hai ragione... Anche se all'epoca mi dispiacque vederti andare via ne capii il motivo."
Uno strano silenzio imbarazzato cadde sulle due ragazze, riportando alle loro menti il ricordo di Giancarlo e di ciò che successe e che aveva cambiato la vita di entrambe. Ma Selvaggia non volle permettere che una cosa passata rovinasse quel felice incontro, le indicò la sedia vuota del tavolo dove stava facendo colazione.
"Ma perché non ti siedi con me, hai già fatto colazione?" Indicò il suo mezzo iris posato su un piattino e il cappuccino ancora integro.
Alla vista di quella ricca colazione la bionda sgranò gli occhi: "Però, ti tratti male, eh?"
Selvaggia scoppiò a ridere di gusto. "Non sai da quant'è che non facevo una colazione così, su al nord non sanno nemmeno cosa voglia dire svegliarsi con una pasta simile!"
"È proprio vero!" Sospirò la biondina. "Puoi togliere un siciliano dalla Sicilia ma non puoi togliere la Sicilia da un siciliano."
Selvaggia tornò a ridere e si rimise a sedere, imitata dall'amica che ordinò a sua volta un cappuccino, e iniziarono a parlare per recuperare il tempo perso. Manuela le parlò della sua rottura con Sergio e del fatto che da un mesetto aveva iniziato a frequentarsi con un certo Pietro, un giovane laureando in medicina.
Selvaggia bevve le sue parole come oro colato, si era dimenticata di quanto fosse bello parlare con un'amica senza fraintendimenti o secondi fini. Ben presto venne a sapere che non abitava più a casa di Benedetta, perché la mora aveva iniziato a manifestare insofferenza dalla sua presenza, cominciando a criticarla per ogni cosa. Per non litigare, aveva trovato un'altra stanza in un appartamento dalla parte opposta della città.
"E cosa ti ha portato fino a qui, stamattina?" Selvaggia finì di bere il suo cappuccino.
Manuela arrossì leggermente prima di rispondere. "Niente... Solo che Pietro abita qua sopra. Dato che sapevo che non era all'università stamani, ho pensato che avrei potuto incontrarlo."
Selvaggia osservò l'amica imbarazzata e alzò le sopracciglia, in un'espressione di meraviglia: "Non ti facevo così timida."
"Forse lo sono sempre stata."
"Forse, ma prima non lo avrei detto!"
Il sorriso sulla bionda si accentuò. "Sì... Ero un po' diversa, allora."
"Quanti cambiamenti si possono fare in un anno!" Selvaggia si spostò i capelli dalle spalle in un gesto plateale.
"Beh, tu ne sei un esempio niente male. Non mi hai ancora detto come mai sei tornata. Cosa ti ha riportato in questo posto baciato dal sole?"
L'entusiasmo di Manuela morì all'istante. Dopo quelle parole grosse gocce d'acqua iniziarono a scendere dal cielo, andando a infrangersi direttamente su di loro e sul tavolino dove erano sedute. Le due ragazze si guardarono sorprese e si alzarono di scatto per rifugiarsi all'interno del bar e pagare le loro consumazioni. In poco tempo la pioggia prese vigore, tanto da fare dubitare loro di poter tornare a casa incolumi.
"Accidenti, sono anche senza ombrello!" Imprecò la bionda!
"Nemmeno io ce l'ho... "
"E adesso come facciamo?"
"Se facciamo una corsa attraverso i tendoni del mercato ancora aperti potremmo rifugiarci nell'appartamento dove sto, non è troppo lontano. Ci bagneremo un po' lo stesso ma almeno ci potremmo asciugare subito."
"Dove si trova di preciso questo appartamento?"
"In pratica è dalla parte opposta del mercato."
Alla risposta di Selvaggia, Manuela storse la bocca. "Non è che sia molto vicino."
"Hai un'idea migliore?" La bionda scosse la testa. "Bene, allora. Al mio tre! Uno. Due..."
Entrambe si tirarono i soprabiti fin sopra la testa e presero a correre come due pazze verso il primo tendone che stava iniziando a chiudersi sopra di loro. L'ilarità prese il sopravvento e, osservandosi divertite, proseguirono tra un tendone e l'altro, tra i venditori che cercavano di mettere in salvo la loro merce dalla pioggia e gli ultimi passanti che correvano per mettersi al riparo. Continuarono a correre scambiandosi sguardi divertiti e risatine adolescenziali, schizzando le pozzanghere e bagnandosi i vestiti. L'ultimo pezzo di strada era senza alcun riparo e corsero a più non posso verso il portone dove Selvaggia si fermò. Con mani bagnate e tremanti estrasse le chiavi dalla sua borsetta e aprì il portone. Entrarono rumorosamente mentre ridacchiavano e cercavano di togliersi l'acqua dai capelli. Salirono quella breve scalinata che portava ai due appartamenti entrando in quello di sinistra, portando con loro una pozza d'acqua piovana che allagò l'ingresso.
"Mammamia, che tempo!" Manuela, a braccia aperte, creò un vero e proprio lago.
Selvaggia scomparve nella camera da letto. "Spogliati, lascia i vestiti lì e vieni di qua, altrimenti ti viene una polmonite." Spalancò l'anta dell'armadio alla ricerca di un asciugamano.
Manuela obbedì ed entrò nella stanza, dove notò subito il letto ancora sfatto e la valigia aperta, poggiata a terra.
"Ma quando sei arrivata?"
Selvaggia le allungò un grande asciugamano di spugna, che Manuela impiegò subito per asciugarsi i capelli.
"Ieri." Rispose asciutta.
Si spogliò di fronte a lei, avvolse la sua chioma in un asciugamano più piccolo e prese ad asciugarsi la pelle con un terzo asciugamano.
Finirono di asciugarsi e misero i loro vestiti nella lavatrice in bagno. Selvaggia scelse dalla sua valigia dei vestiti asciutti per sé e per l'amica e si tolse l'asciugamano dalla testa. Lo esaminò per metterlo nella lavatrice insieme alle altre cose e notò delle macchie di tinta su di esso. Rimase per un attimo sorpresa.
"Accidenti, ho macchiato l'asciugamano col colore per i capelli!"
"Forse è un segno che devi tornare al tuo colore naturale." Manuela si affacciò alla porta del bagno, maliziosa.
Selvaggia la guardò seria, riflettendo un attimo sulle sue parole. Non ribatté, mise l'asciugamano nel cestello e accese la lavatrice.
"Vediamo se posso fare un tè caldo per riscaldarci, tu lo vuoi?"
Si diresse in cucina e Manuela la seguì confusa. Aveva detto qualcosa di sbagliato? Si fermò sotto la porta in legno e si guardò attorno.
"Ma di chi è questa casa?"
"Era della madre di un mio amico." Selvaggia mise sul fornello un pentolino con un po' d'acqua, e cercò subito due filtri del tè.
"E... Questo amico quanti anni ha?"
La domanda di Manuela suonò maliziosa alle orecchie di Selvaggia, ma decise di ignorare quel tono.
"Non lo so, credo quanto mio padre."
Si perse la faccia stupita dell'amica. "Ti sei data a quelli più vecchi, adesso?"
Finalmente si fermò a guardarla: "Ma che cosa stai dicendo?"
Manuela incrociò le braccia al petto e appoggiò una spalla allo stipite. "Non lo so, dimmelo te. Non mi hai ancora detto come mai sei tornata a casa dopo un anno, ospite di un uomo più grande di te. Devo forse preoccuparmi?"
Selvaggia finalmente si bloccò a fissarla; doveva preoccuparsi? Si chiese se avrebbe fatto bene a raccontarle il vero motivo per cui era tornata in Sicilia dopo più di un anno, in passato Manuela si era dimostrata una buona amica, tenendo per sé le confessioni che le aveva fatto, senza giudicarla o snobbarla. Forse in quello non era cambiata.
Prese due bustine di tè dal bricco di porcellana sulla mensola e versò l'acqua calda in due tazze, dove immerse i filtri. Portò entrambe le tazze sul tavolo e si sedette, aspettando che l'amica facesse lo stesso.
"Sono tornata per trovare mia madre..."
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