L'INCONTRO
Con la gola secca, Amane bevve a sua volta, ma il sorso era amaro da inghiottire.
«Sarà una strage,» le disse con il cuore che martellava smorzando il respiro. «A meno che la nagini non ritorni.»
Asha innalzò lo sguardo su di lui, gli occhi accesi colmi di una genuina sorpresa. Lo stava di nuovo scrutando, mettendolo a nudo e a disagio.
Con lo sguardo assente Amane osservò il bastone. Alla fine, non era devozione; era senso di appartenenza. «Il ritorno della nagini segnerebbe una nuova era. Se venisse messa sotto protezione dei nostri ministri, metterebbe d'accordo tanto noi che i naga. Potrete venerarla, avere indietro le vostre tradizioni con il nostro appoggio e pure la benedizione. Non ignorerò che rafforzerebbe il potere dei ministri ma in fondo sarebbe un prezzo equo da pagare.»
«Vuoi trasformare la nagini in un pupazzo, che tenga a bada i naga e soddisfi gli haku, riconfermando il loro potere.»
Annuì lentamente. L'onestà schietta e trasparente non era la sua miglior alleata, ma il discorso non poteva essere reso più chiaro. Erano andati oltre i convenevoli. «Restituirebbe del potere anche ai naga. Stiamo pur sempre parlando di un popolo conquistato, che ha perso la guerra e la libertà di decidere.»
«Ti dimentichi che stai parlando del mio popolo,» gli rammentò in tono fermo.
«Eppure l'idea è logica e ti dà speranza.»
Lei chiuse gli occhi lottando contro il dolore, riaprendoli quando il respiro divenne regolare. Il viso tornò a distendersi e lo sguardo ad ardere.
«Per questo cerchi i naga sadhu? Per trovare la nagini e usarla con il loro appoggio?»
Amane sorrise con ironia. «Prima o poi lei tornerà lo stesso. Le credenze sono difficili da sradicare e queste sono radicate profondamente. Tu sai dov'è la nagini, non è vero?»
Osservò la sua reazione cercando di cogliere segni di menzogna, ma la quiete in cui si trovava gli diede l'impressione che fosse sotto una droga calmante.
«So precisamente chi è e dove si trova. Conosco il suo nome e pure i genitori.»
Amane la fissò socchiudendo le labbra, a corto di parole.
Asha sorrise. «È questo quello che vuoi sentirti dire? La mia vita non dipende da quanto utile ti sono?» Emise con la voce canzonatoria.
L'haku contrasse la mascella e sbatté la coppa sul tavolo con veemenza, mentre la naga si limitava a far scorrere le dita sulla superficie lucida del bastone.
«La nagini è ancora una bambina. Si trova fuori Patala. Se la vorrai andare a prendere, dovrai chiederti prima se vivrai abbastanza a lungo da poterlo fare.»
«La nagini potrà forzare un compromesso e permettere alle porte dell'Impero di aprirsi. Se ha la cura per fermare l'epidemia, qualcun altro prenderà il mio posto; che io muoia o meno non avrà importanza.» Purché muoia nella mia terra.
«Tu credi che la nagini abbia una cura?» Gli domandò sorpresa.
Avvertì lo scherno nella sua voce che gli fece salire la bile. «L'epidemia è scoppiata dopo la sua morte. Il suo sangue era infetto, ma se sono parenti si potrà usare la nuova nagini per invertire l'effetto.»
«Il suo sangue era infetto,» confermò Asha. «Il suo e quello dei ministri. Ma, ahimè, la cura non dipende dal loro sangue.»
Amane si irrigidì. Strinse gli occhi cercando di mettere la vista a fuoco. Aveva la nausea. «La nagini non avrà una cura,» concluse inorridito.
La naga lo osservava studiando la tensione dei suoi muscoli, la rigidità delle spalle, brevi espressioni che comparivano sul viso alternandosi e gettandolo nello sconforto, sorretti da una profonda rabbia.
«Hai una concezione sbagliata della nostra storia. La nagini è un simbolo, impersonato da una bambina fortunata. Il suo potere è dei ministri, la conoscenza dei sacerdoti, i miracoli si manifestano tramite le sacerdotesse, di cui voi vi siete occupati. E la forza naturalmente è in mano all'esercito. Lei incarna la terra di Patala e la sua cultura. Alla fine è solo una bambina con un compito gravoso.»
«Non lo metto in dubbio.» Ma l'avrebbe comunque sgozzata con le proprie mani se fosse servito. «Dunque né la nagini né i ministri né i naga sadhu sanno come fermare l'epidemia?» Chiese con amarezza.
«La nagini sapeva che non volevate sottoscrivere la pace e lasciare le cose così com'erano. In altri tempi non avrebbe avuto il potere per decidere, ma la guerra l'aveva resa un'autorità di Stato coi controfiocchi. Si è presa il potere, ha assunto la guida dell'esercito e si è alleata con i naga sadhu. Arrivata alla fine ha preso il veleno di fronte ai ministri e ai sacerdoti, giurando che si sarebbe tolta la vita pur di non arrendersi. Non ce n'è stato bisogno, ma a quel punto i ministri con i generali l'hanno seguita. Perfino i naga sadhu l'hanno riconosciuta come incarnazione di Uma Devi, giurandole fedeltà fino alla morte. E così è stato.»
Offrì dell'altro alcol ad Amane.
«Come lo sapeva? Senza tutta quella magia, oracoli e divinazione mitica.»
«È interessante come i rapporti fra l'Impero e Patala si siano evoluti nel tempo, non credi? Gli accordi erano pacifici e nonostante il traffico degli esseri umani, omicidi su commissione da una parte e dall'altra, potevano continuare a essere armoniosi come è sempre stato.» Asha sorrise e Amane avvertì un gelo agli arti e al petto opprimerlo. «E gli schiavi conoscono i loro signori, conoscono le loro tradizioni, conoscono i loro segreti.»
La naga fissò davanti a sé per alcuni estesi momenti, dopodiché fece un gesto scocciato con la mano. «Non giriamoci attorno. Qualcuno l'ha convinta che la pace non ci sarebbe stata. Non ne avevo la certezza, ma buone ragioni per sospettarlo. Ho portato a lei i naga sadhu e ho portato pure il veleno, dicendole che era l'unico modo per salvare Patala.»
Amane strinse il pugnale e si alzò in piedi incapace di trattenersi.
«Era un'idealista e gli idealisti muoiono per le proprie cause. Le ho dato una ragione in più per farlo.»
Con un impeto di violenza Amane conficcò la lama nel tavolo. «Se fossimo ancora sulle montagne ti lascerei sbranare dalle bestie. Restando a guardare. Finché di te non restasse che agonia, perfino nella morte.» Si passò la mano sul viso, incapace di guardarla.
«Dopo quello che avete fatto, hai il coraggio di darmi torto?» Lei bevve dalla sua coppa, con lo sguardo che indugiava sull'altare dove riposava la statua di Shiva.
Le vesti bianche che indossava erano intrise di sangue in prossimità della ferita che sanguinava. Non diede segno di curarsene per quanto anche lo scialle a quel punto fosse macchiato di rosso.
«Dopo l'infezione segue un periodo di incubazione. Sembra che non tutti sviluppino i sintomi, ma la malattia avrà sempre modo di propagarsi. Gli stermini che avete causato vi hanno portato a questo. Il veleno ora ti sta bruciando; ti ha reso debole e al limite. In pochi anni cadrete come falene e noi non avremo più falchi nelle nostre terre. La vita in fondo è molto effimera. A questo punto ti ho detto quello che sei venuto a chiedermi,» concluse.
Amane inspirò a fondo. Si erse di fronte a lei riguadagnando il controllo su se stesso. Nonostante l'odio che divampava, gli restava ancora il suo senso di dovere. Chiuse gli occhi, strozzato da quell'ironia, da quelle parole.
«Eppure la fune sta per rompersi. Noi non cadremo da soli, ci saranno ripercussioni e ci sarà più violenza di quanta ne abbiamo vista finora. L'Impero manderà mercenari o istigherà una nuova guerra per annientarvi, pur di non vedere la sua colonia più ricca diventare indipendente.»
Asha annuì adagiando il capo sullo schienale. «Hai colto il punto.»
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