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CAPITOLO VENTICINQUESIMO-Sogno

L'arte più nobile è quella di fare felici gli altri.
Phineas T. Barnum

«E quindi? Ti sei riposato abbastanza?» chiese Credence a un certo punto, stanco di disegnare ghirigori sulle piastrelle smeraldo con le dita.
«Sì. Sì, sono pronto» rispose l'altro, con il cuore che gli batteva in gola.
Il fatto era che aveva paura di ciò che avrebbe visto. Non aveva la più pallida idea di quale fosse il suo terrore più grande; forse era proprio per questo che avvertiva tutta quell'ansia.
Si avvicinò ad occhi chiusi a una statua, come se volesse abbandonarsi al Fato o in qualunque modo si chiamasse il Destino.
Si trovò davanti a una donna stupenda, dai lunghi capelli ondulati che le ricadevano lungo la schiena. Indossava quello che sembrava essere un leggero vestito, date le pieghe che erano state scolpite sulla gonna.
L'uomo non poté fare a meno di chiedersi perché fosse capitato di fronte ad Afrodite. Insomma, era sicuro di non essere il più bello del mondo, e non aveva nemmeno mai trovato l'amore!
Probabilmente era la statua sbagliata. Non avrebbe dovuto sceglierla così casualmente. Fece per allontanarsi, ma quella si mosse:
«Salve, Phineas Thompson».
Aveva una voce stupenda, melodiosa, come se non stesse parlando, ma cantando.
L'uomo la guardò:
«Salve» disse, chiedendosi perché non fosse esistito un dio del circo.
«Sei pronto?» domandò la statua, con voce quasi seducente.
«Non lo so» mormorò lui. All'improvviso, le punte delle sue scarpe erano diventate particolarmente interessanti.
«Sai cosa ti aspetta?» domandò.
«No» rispose lui, con un groppo in gola. No, non era pronto per nulla.
«So come ti senti» disse la statua, abbassandosi per arrivare vicino al viso dell'uomo «Hai paura di qualcosa che non sai. Hai paura dell'ignoto».
«No» replicò secco lui «Se c'è una cosa di cui ho paura, ne sono sicuro, quello non è l'ignoto. Sono curioso e ho sempre sognato in grande. Tu non mi conosci affatto!».
La statua non rispose. Si alzò di nuovo in piedi, con lo sguardo serio e irremovibile.
«Molto bene. A questo punto, ti mostrerò…»
«…il mio Molliccio. Lo so» tagliò corto lui: non aveva voglia di ascoltare la predica di una statua raffigurante una dea così bella, seppur la sua voce fosse melodiosa e seducente.
«Non esattamente, Phineas Thompson» rispose lei, prima che la solita nebbia riempisse di nuovo la stanza.

Quando riuscì a mettere a fuoco qualcosa, l'uomo ridusse gli occhi a fessure: vedeva qualcosa di grande dalla cornice elaborata, come uno specchio. Si avvicinò sempre di più: andiamo, non poteva aver paura del suo riflesso!
Riusciva a vedere qualcuno, ma più si avvicinava più si rendeva conto che quello non era il suo riflesso.
Alla fine la vide: c'era una donna bellissima, dai capelli talmente chiarissimi e la pelle candida. Aveva gli occhi marroni e allegri, caldi. Portava un lungo cappotto blu scuro, quasi nero, e un paio di guanti bianchi. Gli sorrideva.
Phineas la guardò, confuso: non riusciva a capire chi fosse, né se la conoscesse.
Poi la donna rise: era una risata di cuore, dolce e, pensò lui, ancora più bella di quella di Afrodite.
In quel momento ricordò: era piccolo, aveva forse dodici anni, e stava seduto su una spiaggia dell'America-non riuscì a ricordare quale fosse.
Lo raggiunse una ragazzina graziosa, dalle gote rosse e il naso piccolo, i capelli chiari, contrariamente ai suoi occhi.
«Come mai sei qui?» le aveva chiesto.
«Vengo sempre qui per pensare» aveva risposto lei, sedendosi di fianco a lui e raccogliendo le ginocchia al petto.
«Anche io» aveva detto «E a cosa pensi?»
«A quello che farò da grande» aveva sospirato la ragazzina, per poi confessare sottovoce «Io non voglio crescere».
«Non sei curiosa di quello che diventerai?» aveva domandato Phineas, guardandola.
«I miei genitori vogliono che io diventi un medico. Non posso decidere il mio futuro» aveva replicato lei, con lo sguardo fisso verso il mare.
«Allora vieni con me!» aveva esclamato lui, accorgendosi solo dopo di quanto quella proposta fosse grande.
Infatti, la ragazzina si girò verso di lui, con gli occhi spalancati, come se avesse appena sentito la notizia più bella ma inquietante della sua vita:
«E tu dove andrai?» aveva chiesto.
Phineas aveva aspettato che il rossore abbandonasse il suo viso prima di rispondere:
«Io voglio dirigere un circo. Ma non un circo qualunque: un circo leggendario. Pieno di persone strambe, che vogliono urlare al mondo quanto valgano».
Sul volto della ragazzina era comparso un bellissimo sorriso:
«E lo farai appena finirai la scuola?».
«Credo di sì» aveva risposto immediatamente.
C'erano stati alcuni istanti di silenzio, riempiti dal rilassante suono delle onde che battevano contro la spiaggia.
«Michelle?» l'aveva chiamata.
«Sì?» aveva chiesto lei, chiedendosi come facesse a sapere il suo nome.
«Sai mantenere un segreto?» aveva domandato.
Lei aveva annuito immediatamente, curiosa.
Il ragazzo le aveva messo una mano tra le sue e l'aveva stretta leggermente. Quando l'aveva riaperta, sul palmo della ragazza era comparso un piccolo fiore bianco. La ragazzina era rimasta a guardarlo per un po'. Poi si era messa a ridere:
«È meraviglioso! La magia esiste!» aveva esclamato, al settimo cielo «E leggi nel pensiero, vero?».
Lui aveva annuito e lei aveva allargato ancora di più il suo sorriso:
«Ecco come fai a sapere il mio nome!».
«Phineas! Che stai facendo?».
La voce furiosa del padre aveva fatto scattare in piedi il ragazzo.
Si era messo velocemente davanti a Michelle, come per proteggerla:
«Papà, ti posso spiegare! Lei ha promesso di mantenere il segreto!» aveva esclamato.
Il padre lo aveva preso per il colletto della camicia e lo aveva spostato, buttandolo a terra. Aveva preso la ragazzina per un braccio e aveva iniziato ad allontanarsi:
«Papà! Non la Obliviare!» aveva urlato lui, incapace di rialzarsi.
«Non mi faccia del male!» aveva implorato lei, sull'orlo delle lacrime.
«Michelle!» aveva esclamato lui, senza sapere bene cosa dirle «Non ti farà del male, non ti preoccupare!»
«Ti chiami Phineas?» aveva chiesto lei.
«Mi chiamo Phineas!» aveva risposto lui, mentre il padre e la ragazzina sparivano dietro l'angolo.

Davanti allo specchio, Phineas era senza fiato: cosa stava a dire tutto ciò? Era impossibile che si ricordasse di lui, totalmente impossibile!
Eppure c'era qualcosa che lo rendeva felice. Poteva parlarle? Ci avrebbe provato. Ma non sapeva cosa dire!
Alla fine, optò per il primo pensiero che gli passò nella mente:
«Sei viva».
All'inizio la pensava durante la guerra. Forse era morta durante qualche bombardamento.
E invece era lì, adulta e bellissima come sempre. La visione si dissolse e tutto tornò normale.
Phineas si avvicinò alla statua di Afrodite, ancora rintronato, in cerca di un biglietto anche per lui che potesse spiegargli ciò che era successo.
Quando lo trovò, rimase abbastanza deluso:
Non hai mai pensato a un amore che non sia verso il circo?
Meredith

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