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CAPITOLO DICIANNOVESIMO-Terribilmente simile

Niente aveva mai stupito Tina quanto vedere Leta Lestrange comparire da dietro un angolo. Le venne naturale agire d'istinto, portando una mano alla bacchetta nella tasca del cappotto grigio, pur sapendo che quella che stava vedendo non era Leta Lestrange.
Dovette persino trattenere una risata quando la sentì parlare con la voce di Melody:
«E quindi?».
Sebastian deglutì:
«Terribilmente simile» rispose.
Melody-Leta sospirò:
«Sono sotto l'effetto della Polisucco. È abbastanza ovvio che siamo simili».
Tina pensò che la somiglianza non fosse datata solo dalla Pozione: persino lo sguardo della ragazza era identico a quello della sorellastra.
«Chi vuole interpretare Theseus, ora?» chiese Melody-Leta, agitando una fialetta nella sua mano. A tutti parve di vedere soltanto la piccola Lestrange, ora.
Nessuno aveva molta voglia di farsi avanti.
«Io» rispose alla fine Sebastian, che guardava intensamente la ragazza.
Tina ricordò di quando aveva raccontato di avere avuto un certo debole per Leta Lestrange. Probabilmente vederla di nuovo, a pochi passi da lui, lo aveva scosso.
Melody-Leta gli porse la Pozione. Poi sfoderò la bacchetta e si cambiò d'abito, diventando ancora più terribilmente simile alla donna.
Sebastian-Theseus tornò evidentemente poco a suo agio nel nuovo corpo che si ritrovava.
«Bene» mormorò Katie «Come farete ad entrare?».
«Improvviserò qualcosa» replicò in fretta Melody-Leta, girando i tacchi (nel vero senso della parola) e si diresse verso la costruzione.
«Veniamo con voi, Mel» disse Tina.
La ragazza si girò e la guardò:
«Dovrete comportarvi da… seguaci» si raccomandò e, senza dire altro, salì in fretta gli scalini.
La donna giunonica rivolse loro un sorriso che pareva di plastica:
«Nome?».
Intanto Tina e gli altri li avevano raggiunti.
«Lestrange» rispose Melody-Leta con sicurezza, imitando la sua voce.
Diamine, le riusciva terribilmente bene.
«Sì? Che strano, anche prima è arrivata una Lestrange…» mormorò il donnone con sospetto.
Katie trasalì e Gladys trattenne il respiro:
«È riuscita a scappare, quella Sanguemarcio» spiegò Melody-Leta, facendo rabbrividire tutti.
«E lui sarebbe…?» continuò la donna.
«È Newt Scamander, si…Burks. Stava persino riuscendo ad ingannarmi, lo sai? Diceva di aver cambiato lealtà. Mai fidarsi di un Tassorosso, parola mia!» esclamò, con una nota drammatica nella voce «Lo sto riportando indietro. E loro altri, suoi complici, finiranno a Nurmegard dopo il consenso del nostro grande signore».
Tutti, dietro di lei, si scambiarono degli sguardi confusi. Persino Tina si stava chiedendo cosa fosse quel Nurtentar di cui aveva parlato. Suonava perfettamente come una prigione, ma non ne aveva mai sentito parlare.
La donna era talmente scioccata da non riuscire a parlare. Si spostò e fece un leggero inchino:
«Prego, Madame Lestrange».
Melody-Leta sorrise:
«Grazie, signora Burks» disse.
Madison Burks realizzò troppo tardi il significato di quell'ultima frase, e restò a guardare il portone ormai chiuso del museo.
«Sì!» esclamò Gladys, abbracciando la ragazza una volta entrati.
Lei la scansò a denti stretti:
«Toglimi le mani di dosso, di grazia».
«Oh, finiscila!» rise Phineas «Siamo fuori peri-»
«Zitto! Non vedi?» lo rimproverò Sebastian-Theseus, guardandosi intorno.
Erano in quella che somigliava a un'anticamera del museo: un lunghissimo corridoio illuminato da un enorme lampadario decorato con rilievi di aquile sui bracci. A terra era steso un tappeto rosso sangue, che si allungava fino alla fine della stanza, dove era seduto, come se fosse un giudice, un uomo dall'aria severa, intento a scarabocchiare qualcosa su una pergamena, rischiando continuamente di far cadere la boccetta d'inchiostro che teneva sul bordo del banco.
Il lampadario era acceso, nonostante fuori splendesse il sole. C'erano finestre a destra e a sinistra, ma erano tutte oscurate. In mezzo a ogni finestra, Tina notò dei piccoli quadri in cui erano rappresentati degli uomini a terra, doloranti. Quando capì che si trattava dei No-Mag, il suo cuore si strinse.
Dappertutto regnava il silenzio.
Melody-Leta la guardò, e l'Auror annuì, capendo cosa stesse per fare.
La Lestrange iniziò a camminare. Una volta appoggiò male il piede destro e rischiò di cadere: non aveva mai indossato i tacchi, al contrario di sua sorella.
Quando arrivò in fondo alla sala, prese la mano di Sebastian-Theseus, e cercò di richiamare l'attenzione dell'uomo, tossicchiando.
Quando alzò lo sguardo, Melody-Leta trasalì: aveva davanti Henry Travis Senior, il padre dell'idiota che aveva provato a renderle la vita a Hogwarts un inferno.
Aveva l'aria estremamente seria, gli occhi scuri gelidi, ma quando la vide spalancò la bocca:
«Leta… pensavo che fossi…»
«No» si affrettò a rispondere lei, con una voce più simile a quello della normale Melody che a quella di Leta «Mi sono nascosta».
«Oh, Leta!» esclamò lui, scendendo dal rialzo e cingendole la vita. La ragazza fece un passo all'indietro.
«Che succede?» domandò.
«Mia moglie non lo saprà, avanti!» ribatté lui, avvicinando il suo viso al suo.
Melody-Leta si girò, con uno sguardo che implorava aiuto:
«Ehm ehm» tossicchiò Sebastian-Theseus. Si era pettinato il ciuffo e cambiato leggermente il colore dei capelli, perciò somigliava di più a Newt che a Theseus.
“Grazie” mimò con le labbra lei.
«Scaramander!» esclamò l'uomo, lasciando Melody-Leta «Stavo soltanto cercando di compiere quello che non ho potuto fare quattro anni fa. La povera Leta era fidanzata».
«E lei è sposato! È disgustoso!» sbraitò Melody. Aveva ancora l'aspetto della sorella, ma ormai tutte le somiglianze erano scomparse.
«Che ti succede?» chiese Travis, ma un secondo dopo era a terra, svenuto.
Melody-Leta lo guardò, confusa, mentre Pickett gli saliva sulla testa e faceva una sorta di giravolta, per indicare il trionfo.
Fu lì che Melody rise. Era mancata a tutti, quella risata. Funzionava un po' come il canto di una Fenice: era capace di dare forza e coraggio.
Presto tutti ne furono contagiati. Senza perdere tempo, dopo quel piccolo momento di gioia, entrarono nella stanza affianco.

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