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Derek - 43

Cazzo, quanto vorrei abbracciarla.
Quanto vorrei baciarla.
Quanto la vorrei e basta. Tutta per me. Solo per me.
Felice, spensierata.. ed invece ultimamente riesco soltanto a renderla cupa e triste.
Questo perché, fondamentalmente, faccio lo stronzo con lei. Sfrutto le sue debolezze per tenermela lontana, ma più si allontana, più mi sento un essere vuoto. Senza scopo.
E penso che stasera sia finita sul serio. Ha alzato totalmente un muro intorno a sé, contro di me. Un muro che non potrò più far cadere, perché l'ho vista spezzarsi sotto i miei occhi e sappiamo entrambi che il colpevole sono solo e solamente io.
Poi però siamo stati al supermercato, e quel coglione del commesso, nonostante fossimo insieme,  ci ha visti così distanti da sentirsi in diritto di provarci con lei davanti a me, senza nessun tipo di pudore. Gli avrei staccato volentieri la testa - giuro che trattenersi è stato estremamente difficile-, se non fosse stato per Amalie, che lo ha liquidato in meno di mezzo secondo, e di certo non perché c'ero io con lei. Anzi, probabilmente se mi fossi ritrovato nei suoi panni, avrei usato quel teenager disgustoso per farmi morire di gelosia.
Ci sarebbe riuscita, se lo avesse fatto. Totalmente.
Ma lei non è così. Lei non porta rancore, non è subdola né tanto meno vendicativa. È semplicemente se stessa, ed è esattamente quello che mi ha fatto innamorare così tanto e così velocemente di questa ragazza meravigliosa dai lunghi capelli biondi.

Per quanto però il suo rifiuto a quel ragazzo mi abbia fatto piacere, mi ha anche costretto a riflettere: conosco il suo passato con gli uomini, prima di me, e poi ci sono stato io. Solo io. Ed ero la sua eccezione, ero l'unico che era riuscito a farla fidare di nuovo, si è aperta con me, si è concessa a me. Ed io l'ho mandata ancora più in fondo a quella fossa che già quel bastardo di Kevin le aveva scavato.

Persino vederla entrare nel portone senza voltarsi, dopo avermi a malapena salutato, non mi ha convinto a chiederle di perdonarmi, a dirle che non ho mai amato nessuna come amo lei. Questo fondamentalmente perché sono una persona terribile, che non l'ha mai meritata e che mai potrà meritarla.
Ormai è tutto perso e rovinato, così come volevo, quindi salgo nel mio loft e mi avvio diretto in camera della mia unica, ultima speranza: la mia Mina.
<Papà! Ma dov'eri finito?!> subito mi rimprovera, con quel suo adorabile broncio sulle labbra.
Quando però mi scruta per bene, come solo lei sa fare, capisce immediatamente che ho qualcosa che non va, e subito mi fa cenno di avvicinarmi.
Subito mi vado a stendere accanto a lei, in quel letto che è ovviamente troppo minuscolo per me. La stringo forte al petto e sospiro, coccolandola con dolcezza.
<Dovresti dormire già da 30 minuti, lo sai, vero? Cora ti vizia troppo.>
Lei mi guarda ancora, con quei suoi meravigliosi occhioni, così simili ai miei. Si aspetta un qualche tipo di spiegazione spontanea, ma al mio tacere, decide di chiedere direttamente, senza troppi giri di parole.
<Cosa ti rende triste?>
Cosa potrei mai risponderle? Non so nemmeno bene da dove potrei cominciare senza doverle dire effettivamente tutto quanto.
<Vedi, piccola, papà a volte è costretto a fare e dire cose che potrebbero ferire le persone che lo circondano, ma solo perché sa che altrimenti queste persone non riuscirebbero a vedere il suo punto di vista, e soffrirebbero solo di più se non lo facessero.>
Lei mi guarda, ora perplessa.
<Insomma, fai lo stronzo perché pensi che sia la soluzione ideale. E se invece rendesse tutto soltanto più uno schifo?>
Non riesco a trattenere una piccola risata sotto i suoi occhi severi. Devo smetterla di lasciare che Cora si occupi di lei, definitivamente.
<No, no.. è un sistema che papà usa da tanto, ed ha sempre funzionato..>
<Però ti rende triste. Che senso ha?>
Lo sbadiglio che fa poco dopo mi salva da una domanda a cui non posso né tanto meno so rispondere, quindi mi limito a coprirla e baciarle la fronte.
<È l'ora di dormire, avanti. Buonanotte tesoro mio.>
Mi bisbiglia un Buonanotte mezzo sbiascicato, accoccolandosi al cuscino e pronta a dormire.

Le resto accanto ancora un po' dopo che si è addormentata, poi decido di andare a mangiare qualcosa in cucina e mettermi a riordinare un po' il casino che mia sorella - come al solito- ha lasciato in casa e anche quello che invece ho lasciato io in camera mia.

Noto che si sono fatte le 23:30, quindi decido di perdere un'altra oretta facendomi una lenta doccia prima di andare a dormire.
Sto per mettermi a letto, quando dalla mia grande vetrata vedo accendersi la luce in camera di Amalie, e lei scattare a sedere sul letto, con il capo chino tra le mani.

Senza nemmeno provare a trattenermi, afferro il cellulare e la chiamo, continuando ad osservarla dalla vetrata.
La vedo afferrare il cellullare poco dopo e aspettare qualche secondo prima di rispondere e voltarsi nella mia direzione, al terzo -terzo- squillo.
Maledetta. Ha anche pensato di non rispondere.
<Va tutto bene?>
<Cosa..?>  mormora confusa, sospirando appena, poi si passa la mano tra i capelli.
<Tutto okay, solo..>
Si ferma, quindi decido di proseguire io per lei.
<Qualche brutto sogno?>
Lei sospira ancora: <Già.. niente di grave.>
Sospiro a mia volta.
<Ascoltami bene, per qualsiasi problema non esitare a chiamarmi. Sono sempre qui, per qualsiasi emergenza. E dico qualsiasi. Anche se sei convinta di non avere bisogno di me.>
La guardo, e lei guarda me, in silenzio dall'altro capo del telefono e con soli pochi metri a dividerci. Lontana e vicina, come sempre.
<Se pensi sia necessario, puoi venire qui e potremmo, non so, provare a dormire vicini. Non dico insieme, ma almeno vicini.> aggiungo veloce, non so nemmeno bene per quale ragione.
La sento sbuffare una risata a dir poco sarcastica, quasi amara, prima di rispondermi: <No, grazie. Sto benissimo qui, e sarebbe comunque una pessima idea. Per non dire inutile. 'Notte, Derek.>
Butta giù, senza lasciarmi il tempo di replicare in alcun modo.
La vedo voltarsi, glaciale, e poi spegnere la luce.
<Volevo solo dirti che ti amo.> sussurro al cellulare, in preda al rimorso di aver sì ottenuto quello che pensavo di volere, ma che invece mi merito e basta.
Ma ovviamente lei ha già riattaccato, e non lo sente. E non lo sa. Non sa che darei la vita per riavere quello che avevamo prima, ma che al tempo stesso non posso permettermi di saperla di nuovo in pericolo a causa mia.

Quel venerdì il tempo scorre con una velocità inaudita, che fortunatamente mi permette di tenere la mente ed il tempo occupati.
<Abbiamo un problema.> esordisce Scott appena siamo tutti al solito ritrovo, la nostra vecchia casa abbandonata nel bosco.
Roteo gli occhi, esasperato.
<Che cosa succede, adesso.>
<Ehm.. io ed Amalie abbiamo fatto un test, durante il pomeriggio, e.. le catene che abbiamo con lei non reggono. Le ha letteralmente fatte a pezzi. Senza che la Luna fosse nemmeno ancora sorta.>
Sento il tono preoccupato di Scott e capisco all'istante perché Amalie mi fosse apparsa più nervosa del solito, non appena arrivati.
<Okay, per stanotte cambiamo il programma allora. Erika ed Isaac andrete con Malia, ci penserà lei a controllarvi. Scott e Amalie con me. Andremo alle grotte.>
Vedo Amalie allarmata avvicinarsi velocissima a me, mentre gli altri eseguono subito le mie direzioni e Scott ci osserva messo un po' in disparte.
<Non vi voglio vicino se non sono in grado di controllarmi. Nessuno di voi due.> esordisce la bionda senza ammettere contraddizioni.
<Siamo due Alpha, non devi avere paura di farci del male, sappiamo difenderci e solo noi due possiamo impedirti di farti del male e di farne ad altri.>
Il suo sguardo preoccupato si fissa nel mio, mentre piano scuote il capo.
<Ti prego..>
È davvero terrorizzata, quindi le prendo piano la mano.
<Andrà tutto bene. Ma ora andiamo. Fidati di me. Almeno per questa volta.>
Mi osserva ancora, scettica, poi fissa le nostre mani per qualche secondo: la sua, piccola e fredda, nella mia, enorme e calda. Ritrae lentamente la sua e sospira arresa, annuendo piano.
<D'accordo. Ma al minimo pericolo, non dovrete esitare a mettervi al sicuro. Intesi?>
<Dai, dobbiamo proprio andare.>

Arrivati alle grotte chiedo a Scott di restare all'entrata, per fare da sentinella, e porto Amalie nelle cavità delle grotte. La realtà è che vorrei esserci solo io con lei, ma so bene che sapere che Scott è anche solo nei paraggi può tranquillizzarla molto e renderle meno difficile questa nottata.
La vedo, un po' impaurita, mentre con delicatezza prendo a legarle polsi e caviglie alle catene fissate nelle mura rocciose. Strette abbastanza da tenerla, ma non troppo da farle male.
<Andrà tutto bene, vedrai.. cerca solo di lasciarti un po' andare, o ti farai solo del male.>
Il suo sguardo mi pugnala al cuore: è terrorizzata da quello che potrebbe fare.
<Se necessario, devi impedirmi di farmi fare del male a qualcuno.. in qualunque modo. Per favore.>
Le sorrido appena, provando a confortarla in qualche modo.
<Non farai del male a nessuno, ne sono sicuro.>
Le sistemo delicatamente una ciocca bionda dietro l'orecchio, poi esco dalla cavità, chiudendo le doppie sbarre presenti, prima che la mia voglia di baciarla mi faccia commettere qualche cazzata.
Vederla lì, così in gambia e da sola, inerme, ed essere impossibilitato ad aiutarla in qualche modo, mi fa spezzare il cuore, ma so che se è necessario per farle accettare la sua nuova natura, è l'unica cosa che posso fare.

Mi metto a sedere, poco distante dalla seconda sbarra, osservandola.
<Puoi controllarti e lo sai. Devi solo volerlo.>
La luce della Luna inizia a flirtare dalle sbarre che ci sono sul soffitto, e in men che non si dica lei inizia a contorcersi e ad urlare dal dolore, mentre lentamente le sue ossa iniziano a spezzarsi, l'una dopo l'altra.
<Devi lasciarti andare, Amalie.>
<Sta zitto!> urla rabbiosa e dolorante. Una voce che a malapena ricorda la sua, solitamente così bassa e dolce.
Sbatte i pugni per terra in preda al dolore, mentre la prima catena che le teneva il polso sinistro salta. Poco dopo riesce a far saltare anche la seconda, e le sue urla si fanno ancora più strazianti.
Il rumore delle sue ossa che si spezzano, una dopo l'altra, ancora e ancora e poi ancora, mi provoca terribili fitte allo stomaco e mi fa solo venire voglia di avvicinarmi a lei per confortarla, per provare a fare qualsiasi cosa e mettere a tacere la sua sofferenza.
Urla ancora, senza cedere minimamente né al dolore né alla sua natura mannara, continuando a soffrire senza sosta.
Si contorce, urla e piange per un tempo che mi sembra lunghissimo. Uno spettacolo al quale non vorrei minimamente assistere, ma che mi tocca se voglio starle accanto, se voglio farle sentire che sono qui per aiutarla.
La voce preoccupata di Scott arriva dalla scalinata in pietra e mi chiede se va tutto bene, mentre si sentono, lontani, gli ululii di Erika ed Isaac.
<Sì, non preoccuparti.>
Chiedo a Scott di andare a recuperare lo zaino che ho lasciato nella mia auto, poi lo mando a controllare Malia e i ragazzi: sono perfettamente in grado di badare a lei da solo d'ora in avanti.

<Amalie.. lasciati andare.. andrà tutto bene, te lo prometto. Devi solo lasciarti andare.> le chiedo, quasi in una supplica, come ultimo tentativo di renderla libera da questa agonia indescrivibile.
Lei urla ancora, distrutta da ogni osso che nel suo corpo si rompre, si rigenera, e poi si rompe di nuovo.
<No.. no. No. Non posso! Vattene da qui. Va via!>
<Se pensi che ti lascerò da sola, in questo stato, scordatelo.>

Le ore passano, più lente del normale, ed osservarla lì, per terra, sempre più stremata, mi fa solo sentire terribilmente in colpa, perché infondo sono stato io ad averla ridotta così, ad averla trasformata. Anche se è successo per sbaglio.

Mi avvicino alle sbarre della caverna e - finalmente- la guardo cadere sulla roccia fredda, sfinita, non appena la Luna comincia a tramontare e la libera dal suo doloroso incanto.

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