Capitolo 49
[Tania]
«Per la prima volta..»
La mia testa è una baraonda, divisa fra una verità che può affondarci e una bugia che tende la mano ma che non reggerà a lungo. Ti amo così tanto, perché non potrei semplicemente portare il tempo indietro? A due giorni prima, quando io e te eravamo in guerra per alzare muri di discordia, perché non posso?
Infondo non volevo. Non volevo tornare a trattarti male, a darti addosso senza motivo. Non adesso che ho smesso di nascondermi.
Nascondere i miei sentimenti. Accettare la consapevolezza che tutte le strade mi avrebbero portato a te, che il mio cuore mi conduceva in quell'unica strada di cui conoscevo la direzione e che eri tu l'unico posto disponibile nel mondo in cui non avrei sentito l'esigenza di sentirmi in pericolo.
Tra le tue braccia che mi stringevano non avvertivo quella morsa dolorosa nella testa, i tuoi baci erano piccole dosi di tranquillanti. Mi sentivo bene e il dolore veniva spazzato via. L'immagine scura, minacciosa proiettata sul muro che pareva ingoiare la stanza si riduceva a una striscia. La luce avvolgeva me e tu stesi sul letto. Niente poteva scalfirci, tranne quel minimo particolare che mi logorava il petto e divampava nelle mie viscere come fuoco vivo e cenere invisibile. Lo stupro, quella violenza, quell'episodio che la mia testa non accettava di dimenticare per qualche ora era l'unica menzogna che avrebbe potuto separarci. Sapevo che Josh odiava le bugie. Le sue esperienze passate gli avevano insegnato molto, forse troppo, e lo avevano spinto a diventare quello di adesso: un ragazzo ferito, che si comportava da duro per convenienza.
Era per quella bugia di Mary che aveva perso la fiducia nell'amore, e per me che invece l'aveva ritrovata, ma non avrebbe sopportato un segreto.. non un segreto qualunque come questo.
Questo era troppo forte. Era come una granata pronta ad esplodere sulle nostre teste e devastare tutto.
Sapere che quella notte che avevo tentato di uccidermi, di porre fine a un'esistenza vuota e innaturale.
Sapere che quella notte di inizio novembre ero stata molestata, stuprata lo avrebbe... chissà cosa..
Tremavo al solo pensiero di vederlo montare sulla macchina, sgommare via con rabbia in corpo, per avventarsi contro quello stronzo per dargli la lezione che meritava. Tremavo nel disegnare sulla mia retina il suo volto piegato, la sua mascella contratta, i suoi occhi spinosi e freddi e le acide parole che sarebbero sopraggiunte.
Non volevo mi odiasse. Se anche lui mi odiava non avrei avuto più una ragione valida per vivere.
«Mi sento sola anche se sono con te, perché so.. non resisterò a lungo. Te lo dirò. Ho solo paura di perderti per sempre..»
Abbassai la testa.
«Mi dispiace amore mio.» sibilai in silenzio più a me stessa che a lui.
«Fila bene fra te e Sofia?», mi chiese con un invidiabile sorriso, che non potevo paragonare al mio invece smorto. «Cioè, non avete litigato di nuovo per vecchie questioni passate.»
Sollevai il volto, ma non mi voltai per guardarlo negli occhi, quei pozzi scuri a cui non avrei saputo resistere. Probabilmente sarebbe bastato solo quello per scatenare in me una reazione emotiva violenta tale da permettergli di fare due più due. Intrecciai le dita, e chiusi gli occhi piano come se li avvertissi pesanti. «Sto.. bene.»
«Stai bene? Sicura.. oppure devo chiederlo a Sofia per avere la conferma?»
«Perché dovresti?»
«Beh perché mi siete sembrate strane quando abbiamo sostato all'autogrill.»
«Stavamo parlando di Alan,» risposi indorando una nuova bugia. «Di quello che avrebbe dovuto dirgli e fare quando sarebbe arrivato questo momento.»
«Tutto qui?» mi interrogò ancora.
Mi premetti contro il sedile con i nervi torturati e il coraggio che ogni minuto che passava andava scemando; il tunnel pareva intrappollarmi nell'oscurità e la luce diventava una fessura lontana che non riuscivo a raggiungere. Avrei voluto ma nulla. I miei piedi legati al pavimento, bloccati, mi impedivano di correre via di lì prima che i muri avanzassero fino a schiacciarmi come una fritella.
Una parte di me stessa, un'isolata vocina estirpata dai luoghi sconosciuti della mia mente mi gridava: «Non puoi ignorare lo stupro. Resta lì, sotto la pelle, quel gesto da animale alle tue spese. Diglielo per l'amor del cielo!»
Mi tappavo le orecchie per ignorarla, ma il rimbombo persisteva dentro di me.
«Diglielo! Cosa ti costa? Quello stronzo non merita il tuo silenzio, la tua protezione dopo quella notte in cui ha abusato di te ai suoi comodi, trattandoti come carne da macello.»
Era vero. Lui non meritava niente, meritava tutte le botte che Josh gli avrebbe dato da parte mia, ma tenevo un contrattacco da parte sua, non volevo che Josh rischiasse di finire nei guai per colpa mia..
«Tu non puoi fargliela passare liscia!»
«Coscienza, questo lo so.» mormorai mentre una mano familiare mi sfiorava delicatamente la spalla e scendeva verso il braccio.
«A me puoi dirlo.»
Un dolore sordo nel cuore.
«Tu puoi confidarti con me su tutto quello che ti succede,» e enfatizzò la parola 'tutto' stringendo la mia mano nella sua.
«Su...» provai a dirgli, ma fui fermata dai singhiozzi. Non ero mai stata tanto emotiva, avevo sempre mantenuto la mia serietà anche in casi come questi, ma lo stupro non era uno di quegli innocenti casi adolescenziali su cui uno ci può ridere sopra. Ti segnava per la vita perché qualcuno aveva osato appropriarsi di una cosa che gelosamente avevi deciso di custodire per consegnarla nelle mani di un uomo che se la meritasse davvero.
Possibilmente al tuo vero amore, ma così non era stato, e io avevo perso non solo la mia purezza ma anche la dignità. Lo stupro era come una taglia sulla testa, come un marchio di riconoscimento, restava indelebile come una ferita nel profondo.
«Piccola..»
Sorrisi lieve. Mi piaceva quel nomignolo, ma sopratutto la sua attenzione, i suoi baci, le sue carezze, tutto ciò che prima per me era un difetto, un errore di genetica, era diventato in poco tempo qualcosa di prezioso e inestimabile. Solo lui prima di ora era riuscito a farmi sentire viva e donna vera.
«No. Nessun problema.» lo procedetti allungandomi verso la sua figura accomodata affianco. Mi lanciai sul suo petto, che mi accolse e posi un orecchio vicino al suo petto per ascoltare i suoi battiti regolari diventare più forti.
«Ti amo.. non dimenticarlo.»
«I Love You too.» mi sussurrò facendomi arrossire, per poi accarezzarmi lievemente la testa con una mano e poggiare l'altra sulla schiena. «Tani.»
«Josh.. posso dirti una cosa?»
Lui annuì alzandomi il volto affinché i nostri occhi si trovassero alla stessa distanza e altezza per poi appoggiare una mano sulla guancia e scendere sotto il mento per mandarmi in tilt i recettori mentali. «Cosa devi..» non concluse e scontrò le nostre labbra. «Dirmi.» concluse quando ci staccammo col cuore che ruotava su se stesso come un tornado impazzito.
«Ehm.», iniziai. Dopo questo bacio ero definitamente ascesa al cielo, e nessuno mi avrebbe fatto rimettere i piedi a terra.
Lui mi baciò la punta del naso vagando con il volto confuso nella profonda massa di capelli rossi.
Chinò la testa e si poggiò sulla mia fronte. «Allora cosa vuole dirmi, la mia girlfriend?»
«Se mi guardi così però..»
«Così come?» e alzò un cipiglio, «Ti amo e ti fisso come un pazzo, folle d'amore. Un po' come l'Orlardo Furioso che perse il senno per la sua bella donna..»
«Lo so che sei innamorato, ma ho bisogno che mi aiuti.. a dirti la verità, la verità e il motivo per cui mi volevo ammazzare l'altra sera. Ti chiedo troppo, ma non voglio nasconderti nulla.» cominciai a crollare nel baratro della vergogna quando dalla mia bocca uscì la serata con Tony, e alla fine..
Alla fine la tragedia si consumò.
[Josh]
Tradito per una schifosa seconda volta cazzo e dalla stessa ignobile persona. La stessa persona, lo stesso stronzo che ostacolò la felicità fra me e Mary Thompson.
Lei era andata a letto con lui senza farselo chiedere mezza volta e mi aveva pugnalato alle spalle venendo meno alle nostre promesse, e ora di nuovo.. ma questa volta, no questa volta non avrei fatto il bambino spaventato, questa volta mi sarei fatto conoscere da uomo e avrei agito come tale. Scacciai le lacrime con una manata veloce mentre premevo con violenza l'acceleratore per arrivare più in fretta possibile. Le strade venivano seminate dalla mia macchina e la rabbia montava in me a una velocità fuori dal mio controllo. Col cazzo la pazienza, lui quel verme non solo si era preso quello che più voleva, ma anche con la forza dopo averle promesso una serata divertente senza anticipare i suoi ignobili piani.
«Lui doveva pagarla, e pagarle tutte assieme caramente!» accelerai fino a 100 km/h, sbattendo le mani sullo sterzo.
«Brutto figlio di puttana!» esclamai mentre lanciavo il telefono sul posto prima occupato dalla mia fidanzata, che avevo scaraventato giù dalla macchina anche se lei aveva colpa solo di essere uscita con lui. Ignoravo tutte le sue chiamate, le sue parole che aveva urlato mentre mi allontanavo: «Ti prego Josh, non andare! Cristo..» ma io non l'avevo ascoltata, e avevo continuato ad allontanarmi a forte velocità dal cimitero. Accelerai, e in poco tempo, arrivai bruciando benzina, nel centro della piccola cittadina nelle immediate vicinanze del Wisconsin perchè lì avrei trovato il bordello dove lui se la spassava coi suoi amici dopo la riuscita delle missioni.
Scesi dalla vettura parcheggiata armato dai miei pugni e del mio furore, e entrai scostando la porta. «Stronzo! Dove cazzo sei?» sbottai attirando l'attenzione dei presenti e del barista, che lasciò il bancone e mi venne incontro:
«Signore chi cercate?»
«Tony Tomlison.» affermai digrignando i denti, e dall'alto della scalinata si levò una voce profonda e strafottente che avrei riconosciuto anche tra mille di quelle. Mi voltai a rallentatore, e fissai con sdegno il suo ghigno appena spuntato. Aveva in mano un mezzo di bicchiere di vodka e un sigaro consumato nella mani.
Sembrava un alcolizzato, camminava barcollando. Sarebbe stato facile stenderlo al suolo anche con un pugno assestato nella faccia, ma preferii scatenare la furia dopo aver udito da quelle labbra luride il suo gesto spregevole.
«Perché sei qui?» gracchiò, e bevve un nuovo sorso di quel liquido incolore. «Quella puttanella ti ha detto quindi ogni cosa?» Posò il bicchiere sul bancone. «Le darò una lezione uno di questi giorni a quella stronza.»
«Voglio sentirlo da te lurido bastardo. Voglio sentirti dire che hai stuprato la mia ragazza, avanti!» lo additai dinanzi agli occhi dilatati dei presenti.
Lui continuò a restare impassibile ancorato al bordo del bancone, poi esplose in una risata che gli avrei voluto cancellare dalla faccia:
«Tu vuoi sapere se ho fatto sesso con quella piccola ragazzina ingenuotta? Sì, non sai quanto è stato divertente!»
Contrassi la mascella, mentre alzava il bicchiere, allungandolo nella mia direzione.
«Ho vinto, di nuovo.» e se lo portò alla bocca, bevendone tutto il contenuto. «Oh, povero... credevi che Tania sarebbe rimasta vergine per un tipo come te? No, no, no errore caro piccolo stupido.»
«Sei un lurido verme.»
«Non ti servirà.. ormai lei è venuta a letto con me, mi ha dato quello che mi aspettavo.. e poi visto che non ho messo il preservativo.. lei non si esclude che potrebbe rimanere incinta di.. me.»
«Di una persona come te, né dubito. Tu sei il male del mondo, non sei capace di prenderti cura di te stesso e figuriamoci di un bambino. Sei uno solo un patetico stronzo!»
«Tranquillo. Quel bambino avrebbe un padre e uno zio.. non preoccuparti Josh, per quanto ti odi ti permetterò di stare affianco del bambino, un bambino sangue del mio sangue..»
Strinsi i pugni. - «Il tuo lurido sangue da verme. No, non nascerà mai uno come te.»
Lui si voltò e chiese al barista sconvolto di versargli un altro bicchiere.
«Devi arrenderti.»
«Non ti permetterò di far soffrire la mia Tania,» avanzai con una grande falcata, gli agguantai le spalle con le mani stringendole e lo voltai. Caricai il pugno e glielo assestai nella guancia destra deformandola. Lui cadde a terra.
«Stronzo!» mi gridò contro.
Si rialzò a fatica, e mi tirò un gancio destro. Per il dolore le ginocchia mi cedettero a terra.
Mi riempì di pugni, e mi alzò da terra di peso lanciandomi su un tavolo che si lesionò.
«Non capisci. Io sono il vincitore qui e tu il perdente.» mi soffiò sulle labbra prima di disporsi a cavalcioni su di me, e cominciò a scaricare i suoi letali pugni.
- «Sei un patetico Watson. Ormai l'hai persa. È palese.»
Mi liberai e lo lanciai a terra. Mi rialzai e lo bloccai con una mano dietro la schiena. «Non è detta l'ultima parola..» lo piegai sul bancone con la testa schiacciata contro la superficie, e gliela fracassai contro il marmo fino a fargli sanguinare il volto.
Lo rialzai. Lo presi per i capelli, e lo scrutai con gli occhi iniettati di sangue: «Morirai per mano mia oggi. Non la passerai liscia. Questa volta non starò in silenzio..» e con velocità lo premetti con violenza contro il bancone, mentre gli zampilli di sangue mi macchiavano la maglia.
Lui rimase inerte: «Hai giocato per anni, adesso è giunta la tua fine. La renderò più violenta.. ti ucciderò e stramazzando andrai nel fuoco eterno..»
«Non credere che sia facile Watson.» mi rispose con faccia tosta, asciugandosi il sangue con la manica.
«Sono il tuo peggior nemico.»
«Oggi finisci qui.»
«Sei cosciente che andrai in carcere se mi ammazzerai? Tania e il bambino resteranno soli.»
«Quel bambino avrà un padre migliore di quello che gli è capitato.»
«Tu?»
«Di te non resterà nulla.»
Gli tirai un pugno nello stomaco fin quasi a piegargli le costole.
Lui ricadde, e io continuai a infierire dinanzi allo stupore e alla paura di tutti coloro che assistevano. Non mi importava. Aveva abusato di Tania senza alcun diritto, doveva pagare il prezzo più alto, la sua vita, perché un uomo del genere non meritava di vivere. Gli assestai due calci nel fianco e gli sputai addosso con disprezzo. Presi una sedia, e mentre ansimava per alzarsi, gliela spaccai in testa.
«Questo è quello che ti meritavi..» lasciai il piede della sedia e lo scaraventai lontano in fondo alla stanza. Fissai la mia opera. Il suo corpo giaceva immobile per terra martoriato. La sua faccia era inumana, irriconoscibile, coperta di sangue che gocciolava sul pavimento e nei suoi capelli scuri.
«Omicidio!» esclamò una donna di trent'anni con una mano portata alla bocca per sopperire le urla.
«Chiamate l'ambulanza!»
«Ragazzo, cosa cazzo hai fatto!?» mi urlò l'uomo grasso del bancone mentre osservava il corpo esanime. «Lo hai ucciso?!»
Rimasi immobile mentre la rabbia scivolava via dal mio corpo, e tornavo lucido, ma sotto shock per quello che ero stato capace di fare. Mi guardai le mani. Erano piene di sangue, ma anche di graffi e tagli a seguito dei ripetuti urti contro il corpo muscoloso di Tony.
Alzai il volto incredulo:
«L'ho ammazzato..»
****
Josh ha ucciso Tony, colpo di scena amici!
Finalmente si è preso la sua rivincita sul bastardo, ma non si esclude che questa situazione purtroppo.. implicherà anche un bel periodo al coperto in carcere.
Inoltre Tony ha auspicato la possibilità: che Tania sia rimasta incinta di lui! Secondo voi, sarà vero oppure è stato solo un pretesto per farlo incazzare di più. Per scoprirlo amici, non resta che.. mettere una stellina, commentare e aspettare il prossimo!
¡Vamos!
Cosa succederà al nostro Josh?
Scusate tanto del ritardo, non capiterà più. Purtroppo sono stata impegnata con la scuola e quella della patente, visto che sono quasi patentata ~ spero.
~Datemi il bocca in lupo per lunedì.
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