Capitolo 48
«Comunque mi sembra una pessima idea.» spiegò il riluttante Josh Watson intento a guidare la seconda macchina rubata, ma questa volta era sua e non di altri.
Quei piani non gli piacevano più e ogni volta lo predisponevano a qualcosa di pericoloso. Avevano votato democraticamente certo, ma lui era solo contro due donne che creavano una coesione da non sottovalutare. Alla fine avevano vinto le ragazze e lui aveva dovuto assecondarle purtroppo.
«Scusa, in che senso?» chiese Sofia nascondendo un ghigno di vittoria mentre fissava la strada e l'orizzonte che si perdeva in centinaia e centinaia di chilometri a est dove quel sole pigro scintillava fioco tra gli ammassi di nubi nerastre. Si sistemò meglio sul sedile posteriore e ruotò il volto. «Stai semplicemente guidando. Non stiamo andando a rapinare una banca genio.»
«Ci mancasse pure questa!» esclamò battendo le mani sul volante. Tania sospirò e alzò gli occhi al cielo.
«Tesoro.» Josh si girò d'impeto verso la fidanzata e il desiderio di scambiarsi una bacio era lampante. Sofia storse il naso mentre le labbra dei due si sfiorarono in un timido contatto e si focalizzò sulla piccola tabella che riportava 'Wisconsin 2 km' due miseri chilometri che la dividevano da Alan e da tutto ciò che era significato per lei.
Non era passato un anno di college e già si erano salutati per un banale fraintendimento - se mai quello era stato - come le aveva ripetuto mille volte Alan nel corso della successiva giornata. Non era stata la riluttanza che l'aveva spinta a non riporre la stessa fiducia dei primi giorni, a non credergli e dirgli di sparire ma una sorta di aurea di protezione che infrangendosi avrebbe esposto il suo giovane cuore a soffrire.
Poggiò una mano sotto al mento. La sua coerenza era appena deceduta sotto il peso dell'istinto, allora per quale motivo stava raggiungendo il Wisconsin?
Non certo per commemorare la memoria della defunta Allison.
Strizzò gli occhi. Per vedere Alan?
Nella sua testa sgomitavano tanti ricordi su di lui, su quella strada, sul loro amore... amore? Era una parola troppo grande, e lei non era pronta a un simile fenomeno autodistruttivo. Magari era solo un temporaneo interessamento?
Certo, - riaprì gli occhi piano - cosa sennò?
Spostò la visuale ai posti anteriori, su Josh e Tania, che dopo tante incomprensioni si erano decisi a smantellare la trincea dell'odio e ricongiunti finalmente.
Dopo tanti caduti, dolore, patimenti l'amore era pronto a trionfare sulla morte e separazione ma non per Alan e Sofia che percorrevano due strade destinate a non incontrarsi.
Una coppia al lieto fine, l'altra sospinta verso un inumano disastro. La vita non era una favola.
Josh si staccò furtivamente dalla fidanzata per scansare un vecchio col bastone che protestò per l'incapacità dei giovani. Frenò d'istinto e con un gesto della mano lo fece passare dall'altra parte del marciapiede, poi ripartì.
«Fiu.» esalò un sospiro e si pose una mano sulla fronte. «Per fortuna quel vecchietto è sano e salvo.»
«Dovresti prestare più attenzione signor Watson.» lo rimproverò Tania, sfiorandogli il mento.
«Sei tu che mi fai perdere la concentrazione.»
Tania rise più forte. «Come è facile farti perdere il controllo»
«Solo per un secondo.»
«Un secondo che poteva valere la vita di quel povero pedone.»
«Sì brava continua pure.»
«Con piacere.» rispose lei all'appello del fidanzato, che si sistemava i ricci con una mano.
«Mi piace.»
«Cosa? Che uccido gli innocenti?»
«Pure questo, ma molto più quando ti comporti da pericolo pubblico. L'idea di essere la tua ragazza mi rende sempre più soddisfatta.»
«Posso fare molto di peggio.» mormorò lui cambiando da terza a quarta e poi quinta. La macchina sfrecciava come una Ferrari sulla pista, e seminava dietro di sé le sterpaglie, gli alberi, la campagna e bruciava il primo chilometro.
Il conta chilometri superò 70 km/h. «Ok, non voglio morire. Scendi adesso.» borbottò la rossa, e il fidanzato con abile maestria scalò riprendendo il controllo della vettura. «Visto quanto posso essere spericolato? La prossima volta faccio slalom così ti accontento amore.»
«Per me va bene. Hai vinto.»
Josh sollevò il mento. «Grazie.» e si attaccò alle labbra di lei come una piovra assassina.
Sofia era estranea al discorso dei due e il suo mondo, a un chilometro, aveva cominciato a ruotare intorno alla figura di Alan. Dalla prima volta al lago Shin in cui si era concessa in parte a lui fino alla dirittura d'arrivo quando si era trovata ad assistere alla morte apparente dei suoi sentimenti. Non era libera di immaginarsi nient'altro. Il canto degli uccellini, la vista della natura, il cielo scuro, il Wisconsin che si stava avvicinando.. niente, solo lui in ogni posizione davanti ai suoi occhi stanchi e rossi.
Chinò il capo per eludere le visioni e si trovò ad essere studiata dagli occhi scuri di Josh nello specchio retrovisore centrale. «Beh?» mugugnò infastidita.
«Beh?» ripetè il suo scrutatore.
«Questo lo chiedo a te.»
«No io lo chiedo a te, bella addormentata italiana.» replicò.
«Non posso manco pensare adesso!» «Pensare?» sollevò gli angoli della bocca. «Pensare ad Alan.»
«È proibito?»
Josh scosse il capo. «No figurati. Puoi pensare a quello che vuoi, ma vedi di non rincritinirti.»
Tania gli diede una leggera gomitata. «Josh.»
«Sta perdendo la coscienza e io voglio evitarlo ad ogni costo.»
«Dovresti fare un figlio.» la corvina guardò Tania, che a sua volta studiava il volto corrugato del Latin lover americano. «Possibilmente con Tania.»
La rossa arrossì di getto.
«Così smetteresti di infastidirmi.» concluse arrabbiata.
Non era una bambina questo doveva pur capirlo, suppose la giovane.
«Ok, ma poi non ti lamentare se finisci nei casini.»
«Fatti miei.»
«Lo vedremo.»
«Dai Sofia, Josh vuole essere solo carino nei tuoi confronti.» si intromise Tania.
«Cosa?» dilatò le iridi. «Adesso stai dalla sua parte? Non ci posso credere!»
«Siamo fidanzati.» puntualizzò lui apponendo un marchio di possesso sulla rossa che annuì.
Calò il silenzio.
Le ruote slittavano sull'asfalto freddo, l'aria invece che circolava nel piccolo abitacolo era incandescente. Josh guidava, Tania si era immersa in un complesso ragionamento fatto di numeri e conteggi e Sofia si era ritirata come sempre nel mondo di Alan Taylor. Nessuno voleva accarezzare l'iniziativa di riprendere il discorso, finché la luce gialla lampeggiante nel quadro della Toyota provocò l'interruzione del viaggio a metà dal completamento.
Josh accostò a destra, ed entrò in decelerazione in una pompa di benzina. «Scendete ragazze.» ordinò alle due che sulle prime non reclamarono, ma poi Sofia gettò all'aria i suoi inutili propositi di firmare la pace.
«Cosa? Perché? Siamo quasi arrivati in Wisconsin.»
Ascoltiamo prima di dargliene, si disse tra se e se controllando il nervosismo pronto ad esplodere nel suo corpo. Josh spense il quadro, e si voltò indietro.
«Devo fare benzina.»
«Potevi dirlo prima!»
«Vuoi che arrivi dal tuo Alan spingendo la macchina a mano?»
«No, sarebbe troppo faticoso.»
«Brava.» riavviò e si avvicinò a uno dei distributori vuoti.
«Andate all'autogrill. Vi raggiungerò a breve.»
«Come vuoi.» rispose Tania sporgendosi per dargli un leggero bacio sulla guancia.
«Mi raccomando non scappare.»
«No ragazze, non vi lascio qui alla merce di qualche stronzo.» e guardò la fidanzata, «Prendete il caffè e qualche busta di patatine già che ci siete. Ho una fame che non ci vedo.»
«Va bene ingordo.» disse Sofia prendendo a braccetto la sua migliore amica. «Ci penso io.»
«Grazie, sei sempre così dolce nei miei riguardi.»
«Lo sai che sei cretino vero?» poi scoppiò a ridere da sola. «Non vorrei essere nei tuoi panni Tani.»
«Credimi sarà una bella impresa.» concordò la rossa.
Le ragazze lo salutatarono e insieme si diressero verso il vicino autogrill. Entrate dentro furono investite da un rigenerante calore e una moltitudine di persone, che come loro, si erano messe in macchina per un viaggio. Superarono vari piccoli negozi, scrutarono gli oggetti in vendita fra libri, guide di viaggi vi erano anche utensili per altre cose. Sofia additò il bar e i tavolini.
«Ci vai tu o io?»
«Tu se non ti dispiace.» si scusò la rossa, «Devo andare al bagno.»
Sofia scrollò le spalle. «Vai.»
«Josh rischia di farmi scoppiare la vescica.» piagnucolò Tania che si contorceva per evitare imbarazzanti avvenimenti.
«Concordo.»
Si fermò dietro la grossa stazza di un uomo, mentre Tania saltellò verso la porta del bagno. Sofia la fissò interrogativa e la sua mente allontanò il pensiero costante di Alan riabbracciando la questione della sua migliore amica.
In quella serata aveva annegato i dispiaceri nel wishky e ballato con alcuni ragazzi andati come lei per seppellire Alan nel suo inconscio. Tutta quella quantità, però, si era rivelata pressoché inutile. Aveva perso la lucidità abituale ma lui continuava a trapanarla dentro risoluto, inestirpabile, al punto che aveva smesso di alimentare le speranze e il suo corpo di quella lurida roba. Sulla via del ritorno una chiamata da numero sconosciuto le aveva rivelato che quella notte, mentre lei faceva baldoria con tassi alcolici fin sopra la media, una persona era morta poi aveva attaccato e il bip del cellulare aveva fatto posto alla voce nella conversazione vuota.
Si era paralizzata in un momento e aveva riavvolto la pellicola del film fino al minuto in cui Allison ne era entrata a far parte e si era ricordata del suo accorato appello da madre di non abbandonare Alan come avevano fatto molti.
Questo l'aveva spinta a tornare sui suoi passi e correre in Wisconsin.
Di nuovo? Stava parlando di lui?
Reset istantaneo. Tania ora la preoccupava. Era pensierosa.
La sua faccia era cerea e le sue occhiaie pronunciate per non parlare del sorriso forzato, come se volesse nascondere qualcosa che meritava di condannarla alla garrota. Garrota si, garrota no avrebbe dovuto essere l'emblema della donna più fortunata del mondo e non quella più... dannata.
Con volto stanco e tirato si trascinò verso il bancone al cospetto di un tipo con lunga barba nera.
«Sigari Punch, una busta di patatine e tre tazze di caffè, per favore.»
L'uomo si voltò di spalle verso il grosso macchinario. «Corto, lungo o macchiato?»
«Tre lunghi.»
«Zucchero o dolcificante?» chiese ancora.
«Un amaro e due dolci.» rispose pichiettando un'unghia sul bancone. Guardò in direzione della porta del bagno chiusa.
Il signore le consegnò una busta di patatine classiche e un pacchetto di sigarette, l'ordine da lei richiesto e tornò ad occuparsi del caffè che intanto era salito disperdendo il forte olazzo nell'ambiente per risalire nelle narici della giovane.
«Grazie.» mormorò consegnando al tipo una banconota. Prese il tutto e lo infilò nella borsa.
«A lei, Lady.» ringraziò il venditore con pronuncia angloamericana.
Sofia fece un cenno col capo e recuperato il vassoio si diresse verso uno dei tavoli e lo occupò.
Aspettò il ritorno di Tania per gustarsi il tanto meritato caffè, visto che non aveva fatto colazione al pensiero di dover raggiungere il Wisconsin, e si accasciò sullo schienale mentalmente distrutta.
Sospirò. Prese il telefono fra le mani e lesse sottovoce quel numero privato. Perché poi numero privato? Mica doveva avvertirla della scoperta di un segreto di Stato? Scorse nella rubrica ma non trovò niente che riuscisse a indirizzarla nella giusta direzione. Poteva essere stata una persona qualunque ma pochi fidati amici avevano il suo numero sintonizzato nel dispositivo e lei non era la tipa che elargiva a caso il suo numero come se fosse quello vincente di una lotteria, salvo casi eccezionali, magari dopo una sbronza...«Bah eppure non ci trovo un collegamento chiaro», sussurrò ragionando mentre fissava il liquido marrone nella tazza.
«Cosa?»
Trasalì finendo bruscamente contro lo schienale e tutto per colpa della comparsa di Tania. A volte aveva l'impressione che quella ragazza invece di camminare levitasse come i fantasmi. Si portò una mano al petto respirando a fondo, mentre alzava il capo.
«Mi hai spaventato»
«Mi dispiace molto. Eri imbambolata, a cosa stai pensando?» sussurrò accomodandosi di fronte a lei trascinando la sedia.
«Nulla» rispose vaga, non convincendo la rossa che alzò un cipiglio. «Davvero?»
«Davvero..» iniziò Sofia, infilando un dito nell'incavo della tazzina fragile. «Non pensavo a niente. Tu invece hai fatto i tuoi bisogni?»
Tania si accostò la tazza alle labbra ma si scottò e se la allontanò con la velocità di un gatto a cui avevano pestato la coda. «Sì» massaggiò con un dito, umettandolo di saliva.
«Questo caffè non sembra male.»
«Uhm hai ragione per poco non mi ustionavo la lingua.» disse lei sorseggiando con entrambe le mani strette alla porcellana e fu in quel momento che Sofia notò un dettaglio che non aveva ancora considerato. Alla mano destra aveva una fasciatura. Interessava la zona del polso e copriva anche il dorso e il palmo escludendo le falangi. Si era fatta male? Quando? Ieri sera. Ieri mattina non lo aveva... e stamattina non glielo aveva visto, in realtà aveva ancora la vista annebbiata dal troppo bere, non ci aveva fatto caso. Aveva altro a cui pensare.
Il numero sconosciuto, quella morte troppo struggente, il pensiero che lui avrebbe potuto commettere una follia per dolore... le avevano impedito di inquadrare la mano di Tania.
«Niente male», commentò anche lei, mentre appoggiava la tazzina sul vassoio. Sofia esaminava la fascia con la criticità di un medico.
Doveva essere una ferita profonda se qualcuno le aveva stretto la fascia al punto che la mano si era gonfiata ed era diventata violacea.
Una brutta ferita. Un taglio,
un'escoriazione, una bruciatura...
«Tutto bene?»
«Dipende..» la mascella si irrigidì e sul suo volto si fece strada un'espressione imbronciata. Tania cambiò volutamente discorso: «Hai preparato il discorso da riferire ad Alan?»
«Non mi importa.»
La rossa parve confusa e delusa, ma non si lasciò vincere. «Allora andrai lì impreparata? Male lo sai.. devi pensare bene a cosa dirgli.»
«Mah, io non capisco.. prima ti fidanzi con Josh e mi estrometti. Ti fai male il polso e nemmeno hai la decenza di confessarmelo»
Abbandonò la tazza e la poggiò sul tavolino. Il tin della porcellana sovrastò lo sbigottimento della rossa che chinò il capo e in silenzio nascose il polso malato nelle gambe. «Mi dispiace, è successo all'improvviso con Josh e per il polso... è solo una banale ferita. Josh esagera sempre» si passò una mano sulla fascia e la osservò.
«Un piccolo taglio sul polso..»
«E come te lo sei fatto?»
Tania si strinse nelle scapole. Il suo volto perso pareva dire, fatemi scomparire, voleva mimetizzarsi come i camaleonti nel grigio metallizzato dello schienale.
«Mi sono solo tagliata.. non è la fine del mondo coraggio» replicò Tania che di dire la verità non se la sentiva. Ancora risentiva sul suo corpo della violenza subita.
«Coraggio?»
«Non è accaduto nulla»
«Certo, il mio vestito quindi è rotto, senza una bretella e lo chiami nulla?»
«Sì sarà impigliato da qualche parte, in qualche porta»
«Gli asini non volano, sai?»
Tania incontrò gli occhi della sua amica e il cuore subì un collasso. «Lo so, con questo?»
«Non mi stai dicendo la verità»
«Sì, invece»
«Allora guardami negli occhi e ripeti quello che hai detto prima.
Non ti è accaduto nulla quella sera»
«Non è successo nulla» rispose senza scomporsi di una virgola.
«Io penso di sì.»
«Ti sbagli questa volta», mentì avvertendo un dolore sordo nel cuore e abbassò il capo per fissare la fascia che era stato il suo folle tentativo sventato di cancellarsi dal mondo, ma si vergognava di dirlo a Sofia. Non voleva essere una debole, voleva apparire come tutte le altre volte forte, coraggiosa e intraprendente.
«Ti prego Tania.» tentò la via della supplica, solo così Sofia poteva rompere il muro di mutismo.
«Non è successo nulla maledizione!» borbottò in un urlo appena udibile. Un ultimo disperato tentativo di dirottarla altrove... «Sono uscita e..»
Qualcosa si smorzò. Tania non riusciva più a sostenere quegli acuminati pozzi verdi, quelle domande mirate e alla fine, a malincuore, si avvicinò con un tonfo della sedia alla figura di Sofia. «Hai vinto» le prese una mano e la strinse per assorbire la sua positività.
«Ti racconterò ogni cosa»
Sofia annuì. «Bene, parla. Sono qui proprio per questo.»
«Mi vergogno», mugugnò Tania. «Seguimi in bagno.»
Sofia aveva capito che il gabinetto era incapace di rivelare quel raccapricciante segreto al mondo intero e così scostò la sedia seguendo la capigliatura rossa fin dentro alla piccola cabina spoglia e maleodorante.
Tania chiuse la porta e si appoggiò alla sua fredda superficie, mentre Sofia era stata costretta a prendere posto sul coperchio del water.
Le due si guardavano ma non emettevano rumore. Si percepiva solo il zzz.. della luce forte che diventava fioca vittima di un calo di tensione elettrica e il rigurgito dello scarico appena fatto.
La puzza di urina diventava acida ogni minuto che passava e pungeva lo stomaco delle due. Avrebbero voluto fare un richiamo alle squadre di pulizia dell'autogrill, ma sorvolarono immerse in una questione di massima importanza che necessitava di sopportare quel tanfo almeno per qualche minuto. Il tempo materiale che ci avrebbe impiegato la rossa per rivelare lo stupro, il tentato suicidio e la salvezza che aveva trovato in Josh alla sua amica pronta ad assorbire il suo problema e risolverlo.
«Non voglio che mi giudichi», iniziò Tania che sentiva un efferato bisogno di piangere.
«Non ti giudicherò, sta tranquilla.» «E non dirlo a Josh, potrebbe andare su tutte le furie»
«Scusa non è il tuo fidanzato?»
«Sì che lo è. Lo amo da impazzire e non voglio che si rovini la vita per colpa mia. Non voglio che commetta una pazzia per me. Per favore, non dirgli nulla di quello che ti sto per dire», ottenuto il giuramento di Sofia, Tania sospirò a fondo il tonfo concentrato.
«È successo quella sera..»
«Quando sei uscita con Tony?»
Tania annuì. «Mi doveva portare in discoteca per una serata fantastica. Stavamo andando. Lui mi ha confessato cose orribili su Josh e.. »
Sofia deglutì mentre un rivolo di sudore le correva giù per la fronte. «Mi ha mentito. Ha detto che Josh gli aveva rubato la ragazza, e sulle prime io ci ho pure creduto come una stupida»
«Che è successo poi?» la voce di Sofia tremava mentre si alzava dal trono e si avvicinava a Tania.
«Ha svoltato in un'altra direzione. Non voleva portarmi in discoteca, non voleva passare una serata innocente con me..» si interruppe per asciugarsi la guancia e cominciò a singhiozzare: «Lui.. quel porco ha fermato la macchina, e nel bel mezzo di un parcheggio vuoto..»
I singhiozzi aumentarono e diventarono sempre più concitati.
Sofia d'istinto avviluppò a sé quel corpo tremolante. Tania chinò il capo sulla spalla destra della corvina, mentre lei le accarezzava la schiena con una mano. Pianse, pianse tutte le lacrime che aveva fino a quel momento intrappolato nel suo corpo nella cabina di un bagno sudicio, ma almeno non era sola perché a sostenerla c'era Sofia la sua migliore amica dei tempi delle medie che non l'avrebbe mai abbandonata: «Mi ha violentato..» sibilò con le labbra premute contro la spalla di Sofia, che udito questo, la strinse di più.
Tania si lasciò andare totalmente.
Il suo vero carattere faticosamente sgusciò fuori. Quel carattere debole, che se fuori si ricomponeva dentro andava distruggendosi in un disequilibrio disarmante. La fragilità del suo spirito che chiedeva aiuto, che piangeva in un angolo, quella vocina interiore isolata che poteva gridare forte e con rabbia.
«Quello stronzo, psicopatico, inetto! Se lo avrei davanti, lo prenderei a pugni!»
Tania rise. «Grazie, mi faresti un favore. Merita questo e altro»
«Tutto per te.»
Ormai la puzza era diventata insopportabile e il suo stomaco la stava prendendo a pugni pur di farle uscire. Sofia, col permesso della sua amica ancora in lacrime ma felice di essersi liberata del grosso macigno, spalancò la porta.
Si guardò circospetta a sinistra, e poi uscì verso i tre lavandini.
Tania spinse la leva e l'acqua si riversò sul suo palmo disponibile.
Si gettò l'acqua fredda sul volto e con un fazzoletto si asciugò.
«Ora come ti senti?», chiese premurosa Sofia accerchiandole una spalla.
«Bene credo.»
«Insomma.. è un sì o un no?»
«Credo che per queste cose ci voglia del tempo. È come subire un incidente, bisogna far guarire l'arto altrimenti farà male e peggiorerà»
«Come la mano.»
Tania alzò il polso. «I tagli.» tolse la spilla provvisoria e si srotolò la fasciatura. «Me li sono procurati io. Volevo uccidermi ma Josh mi ha salvato. Avevo bisogno che qualcuno accorresse, non volevo morire anche se dopo lo stupro mi sentivo inadatta, incapace di continuare così.. eccoli» lì mostrò a una stupita Sofia. Tre tagli sul polso, ancora irrimarginabili. Il sangue asciutto aveva creato una barriera ma macchiava ancora il bendaggio provvisorio.
«Josh me lo ha bendato.»
«Santo cielo, perché non me lo hai detto quando sono arrivata!»
Tania rifece la medicazione, e chiuse i tre strati con una spilla da balia. «Eri troppo sconvolta e poi davanti a Josh non potevo dirti ogni cosa», si passò la mano ferita spostando i capelli verso le spalle.
«E comunque non devi assolutamente dirlo a Josh. Non voglio che soffra per colpa mia e visto che tra quei due non scorre buon sangue fin dal principio... Josh sarebbe capace di mandarlo all'ospedale.»
«Se lo merita pure Tania..», osservò Sofia: «Non lo starai proteggendo per caso?»
Tania rise divertita. «Come scusa? No, mai...»
«E allora? Dillo a Josh.»
«Ho paura e se scatta e lo va ad ammazzare per vendicarmi?» ipotizzò con la paura che le divorava lo stomaco.
«Fa pure bene», aggiunse Sofia. «E io gli darei il resto..»
Tania abbracciò la sua amica.
«Ti voglio bene.»
«Anche io», confermò anche lei. «Ma tu parla con Josh, non merita che tu gli menti dopo che ti ha salvato dal suicidio. Valuterà lui se ammazzarlo o graziarlo, ma opterà per la prima secondo me, si macchierebbe di omicidio per te.»
«Lo so.» mormorò melliflua.
«Se lo sai agisci di conseguenza. Diglielo, non provi una certa soddisfazione immaginare che gli spaccherà il muso per te?»
Tania alzò gli occhi al cielo. «Non voglio farlo finire nei guai per colpa mia.»
«Ti ha violentato!», urlò Sofia. «Lo merita eccome.»
Tania sospirò e non poté non scuotere il capo per darle ragione.
Meritava di essere tramortito dai pugni di Josh una volta per tutte.
Il suo sguardo divampò di coraggio. «Hai ragione.»
«Brava. Prenditi la rivincita, la vendetta da quel bastardo..»
Tania forzò un sorriso.
«Vedi invece di combinare qualcosa di buono con Alan. Quel ragazzo è buono come pochi al mondo credimi.»
«Sì, è vero. Farò quel che posso..»
Tania mostrò il pollice in su all'amica e finalmente rilassate tornarono al tavolo per godersi quella piccola pausa prima di ripartire per il Wisconsin in compagnia di Josh.
***
Qualcuno si starà chiedendo per quale motivo non ho messo il punto di vista di nessuno. Non è stata una distrazione. Volevo semplicemente parlare in terza persona come narratrice, perché essendo che uno stupro non saprei come riuscire a descriverlo non avendo esperienze personali, fortunatamente, di nulla ho optato per questa scelta, ma nel prossimo tornerà nuovamente il punto di vista.
Per ora vi posso segnalare che il cerchio si restringe e tutte le carte vengono scoperte...
A chi farebbe piacere nel prossimo vedere Josh che prende a pugni il suo rivale Tony?
Per chi parteggiate?
Chi merita di conquistare il cuore di Tania Bergazzi, e cosa succederà quando Alan e Sofia si rincontreranno?
Sarà un addio?
Se volete chiarire tutti i vostri dubbi, perplessità e curiosità.. non vi resta che leggere i capitoli di Your Song, e scoprirlo voi stessi!
Se merito, stelline e commentini please. Vi adoro, come sempre.
La vostra, non tanto puntuale, Jo.
NEL PROSSIMO CAPITOLO..
«Scendi da questa maledetta macchina! Scendi!»
«Ti darò la lezione che meriti..»
«Cosa ti farà credere che te lo permetterò?»
«Basta, finitela!»
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