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Capitolo 46

[Pov's Tania]

Accarezzai il petto nudo di Josh.
Mi ero addormentata nelle sue braccia, dimenticando per un istante la violenza che avevo subìto poche ore prima. Eravamo stesi sul letto di Hendrik. Il mio volto poggiava sul suo busto, le sue mani mi avviluppavano dietro la schiena offrendomi un calore benefico che mi penetrava nelle ossa. Le sue labbra urtavano i capelli, e di tanto in tanto mi lasciavano qualche bacio. Alzai il volto assonnato, aprendo lentamente le palpebre e incontrai i suoi occhi scuri. «Buongiorno.» gli sussurrai, ma lui non rispose. Mi lasciò un bacio a fior di labbra.
«Giorno piccola. Dormito bene?»
«Sì. Benissimo.»
Mi accoccolai nuovamente. Lo immaginai increspare uno di quei sorrisi che ti tolgono il fiato, perché aveva finalmente raggiunto il suo scopo. Tra noi quella notte c'era stato un bacio, un bacio che non avevo rifiutato, ma non sapevo a questo punto cosa significavo per lui.

Una delle sue conquiste da playboy o una storia di quelle serie e importanti che ti travolgono completamente?
Al mondo ne esistevano poche. Era come cercare l'oro, senza farsi ingannare da quello falso. Ma a volte anche gli amori veri potevano mutare in superficiali.

Dalla mia esperienza con Ale avevo imparato molto.

Che tra amori veri e falsi esistevano piccoli ma semplici differenze. Ognuno aveva le sue reazioni, ma entrambi se non corrisposti, portavano alla sofferenza. Lo sapevo. L'avevo
provato sulla mia pelle e non era stato affatto facile riprendersi.
Non volevo ritrovarmi a fare lo stesso errore, ma quando Cupido aveva deciso, prima di me, chi sarebbe stato il fortunato io avevo potuto solo accettare di essermi invaghita di Josh Richard Watson.
Avevo respinto i miei sentimenti verso di lui perché non credevo che un tipo narcisista e insopportabile potesse essere il mio tipo ideale, ma alla fine mi ero dovuta arrendere all'evidenza e al mio cuore, che puntualmente mi spingeva nelle sue braccia.
«Ma adesso cosa siamo noi due?»
Lui drizzò la schiena contro la testiera e guardò fuori. L'alba stava nascendo portando con sé un nuovo emozionante giorno. I raggi flebili scintillavano negli anfratti degli alberi, sulle rocce, sui bordi della finestra, e scolpivano il volto pensieroso di Josh. Sollevai lo sguardo.
«Josh?»
Lui parve rinvenire.
«Cosa?»
Mi staccai dal suo petto, che mi aveva accolto in un comodo giaciglio per la notte, e risalii piano verso il suo volto. I nostri occhi si incastrarono gli uni negli altri, mentre le bocche mantenevano un'equilibrio fragile destinato a svanire quando si sarebbero sfiorate.
«Siamo stati stupidi.»
«Siamo?» e alzò un sopracciglio. «Sono.»
«Almeno ti confessi il peccato.» mi accarezzò una guancia e insinuò una mano tra i capelli scostandoli.
«Ti piacerebbe.» gli risposi chiudendo gli occhi per assaporare il momento magico in cui le sue labbra avrebbero urtato le mie.
«Non ero io che mi opponevo.»
«Non volevo sbagliare ancora.»
«Manco io. Ho già sofferto abbastanza. Mi ero ripromesso di non innamorarmi più. L'amore era stupido. Dozzinale. Mi rendeva debole.» contrasse la mascella.
«Non potevo essere debole. Non io, così sono diventato spietato per le donne che lasciavo.» mi guardava negli occhi, e capii quanto fosse serio. «Ma tu. Tu mi hai travolto dal primo momento. Non volevo che succedesse, ma ormai non possiamo tornare indietro.»
«Non voglio tornare indietro.» dissi con coraggio, spingendolo contro di me con le mani sotto il mento. «Non voglio più nascondermi dietro il mio finto orgoglio.» sentivo le guance prendere calore, il cuore battere forte, gli occhi pizzicare.
«Io ti amo.» gli sussurrai piano.

Quelle tre parole sgusciate via. Un grumo che si scioglieva. Il mio corpo che tremava come una foglia accanto al suo.
Mi sentivo libera di esternare i miei sentimenti. Libera dalle catene che mi bloccavano. Libera dai mostri che non riuscivano più a raggiungermi.

Non avevo paura. Non più.
Nessun dito rivoltante mi percorreva il corpo, nessuna lingua mi toccava, mi mordeva. Nessun livido era visibile sul mio corpo. Nessuna voce, a parte la sua, riempiva la mia mente.

«Potrei ripeterlo all'infinito.»
Si sistemò meglio con la gamba sinistra incrociata ad x sotto la destra. La sua mano si muoveva spedita nei nodi dei capelli e i suoi polpastrelli si incollavano alla mia nuca. «Allora ripetilo Tania. Per tutta la vita. Non smettere. Giorno, pomeriggio, sera e notte. Non smettere mai di dirmi queste tre parole.»
«E se mi fermassi?»
«Allora potrei morire. Ormai vivo della tua presenza sul mio petto-» lo interruppi bruscamente baciandolo. Ero avida, questo era certo. Quei baci cancellavano dalla mia testa ogni cosa negativa ed era un po' buffo. La cosa che più al pensiero mi rivoltava, era diventata la medicina in grado di farmi stare bene.
«Non smetterò mai.» gli dissi quando mi staccai dal bacio che gli avevo dato e lui si imbronciò.
«Non devi infatti.» come la sera del gioco le sue mani fredde salirono lungo il mio volto e ferme al livello delle tempie le labbra si posarono sulla fronte. «Qualsiasi cosa accadrà, ti starò accanto.»
«Qualsiasi?» ribadii.
La paura cominciò a montare dentro in me ad una folle velocità.
I miei occhi azzurri si alzarono piano verso i suoi castani, illuminati dal riflesso della luce.
Lo vidi accigliarsi. Se avesse saputo che cosa mi era successo la sera precedente. La storia dello stupro in macchina, la vendetta che si stava consumando alle sue spalle e il maniaco che agiva nell'ombra, probabilmente sarebbe andato su tutte le furie. Lo avrebbe picchiato, o peggio, spedito dritto in sala operatoria. Lo meritava. Non c'era dubbio. Ma Josh sarebbe stato accusato e finito agli arresti. Da una parte ero convinta di doverne parlare con Josh per non aver alcun segreto, ma dall'altra sentivo il bisogno di proteggerlo da eventuali follie. Mi sentivo tra incudine e martello. Tra verità e bugie. Tra luce e oscurità. Vacillavo in una scelta che avrebbe portato alla felicità o al dolore costante.
«Ehi.» Josh mi osservava tenero. Quello che prima era indecisione si trasformò in dolcezza. Una fitta allo stomaco.
«Che ti prende? Hai cambiato idea? Non vuoi stare più con me?» il fiume ruppe gli argini, e tutte quelle domande si riversarono su me distruggendomi. I suoi occhi imploravano risposte, ma io li evitavo sentendomi ancora più colpevole. «Ho capito.» asserì.
Allontanò le mani dal mio volto. Persi quel contatto. Mi sentivo adesso sola e dispersa, senza nessun aiuto in un mare in tempesta.
«Oh no!»
Lui si voltò. «Che vuoi.» domandò rigido come in pezzo di legno.
«Cerca di capire.»
«Capire cosa? Sei peggio di un enigma. Parli a tratti. Che c'è non ti fidi di me?» Dritto al sodo, pensai.
«Certo che mi fido.»
«Allora perché questa insicurezza?»
«È solo che..»
«Sono quei cosi che ti segnano il collo. Chi è stato? Perché non me lo vuoi dire? Non capisco davvero.»
«Ti voglio proteggere.»
«Proteggermi?»
«Qualcuno vuole farti del male.»
«Farmi del male? Santo cielo, che diamine dici!» poggiò la testa sulle cosce e si torturò i ricci con entrambe le mani.
«È quello che so e ti dovrà bastare.» provai a scivolare via dal letto, ma lui mi bloccò per un braccio. «Mi dovrà bastare? Aspetta un attimo. Mi confessi che qualcuno mi vuole far del male e alla fine non mi dici da chi lo hai saputo?»
«Ne va della tua vita e della mia.»
«Sei stata minacciata anche tu?»
Rimasi seduta sul ciglio di spalle. «Sì. Nel peggiore dei modi.» Alzai la testa e osservai la luce proiettata dall'orizzonte. «Andrà bene alla fine, questa storia.» dissi dopo un attimo di esitazione.
«Te lo assicuro.»
«Non ci capisco nulla.» borbottò.
«Non devi capire. Devi stare tranquillo. Non ci accadrà nulla. Ricordati che il bene trionferà sul male.» gli strizzai un occhio.
Josh rise. «Succede nelle favole.»
Mi girai e incontrai il suo viso sconvolto. «Questa è una favola.»
Josh sospirò con il capo chinato.
«Non sempre va come si vuole.»
«Cosa credi che soffriremo sempre senza un barlume di pace e gioia?» Scrollò le spalle. «Beh, sarebbe fantastico. Ma smettiamola di sognare, tanto non accadrà mai.»
«Invece io dico di sì.»
Non rispose. Non sapeva che cosa sarebbe accaduto nel futuro, e per ora non voleva scoprirlo. Lasciava questo nelle mani dei veggenti, degli indovini e di tutte quelle persone che si credevano tali. Il passato si distruggeva e il futuro si componeva dinanzi ai nostri occhi. Gli presi il volto fra le mani.
«Però promettimi una cosa.»
«Cosa?»
«Che qualsiasi cosa accadrà d'ora in poi tu mi starai vicino. Che quello che scoprirai non cambierà i tuoi sentimenti.»
Mi fissava come se avessi parlato in un'altra lingua. Non aveva afferrato il concetto. Il suo volto grondava sudore dall'attaccatura dei capelli. L'ansia gli corrodeva la mascella tirata. Ogni barlume di gioia sepolto in chissà quale scomparto della sua testa.
Si limitò ad annuire come un automa. Mi accarezzò una guancia e mi tirò su di sé.
«Non voglio perderti.»
Mi morsi l'interno della guancia.
«Neanche io.»
Si adagiò sul letto del suo amico con delicatezza. Somigliava a un neonato che non capiva che stare sul letto, col suo precario equilibrio, poteva portare a un grande ruzzolone a terra. La cosa mi faceva sorridere. Con una mano mi guidò piano, e mi poggiò sul suo petto. «Lo prometto.» sussurrò, poi mi abbracciò e respirò a pieni polmoni. Slittai con il mio peso a livello del suo volto, e con lentezza, lo baciai. Lui mi trascinò sul petto e continuò a giocare con le mie labbra, finché non smise.
Rimanevamo sdraiati. Lui stretto a me e io stretto a lui. Bastava per ora. Non volevo fare l'amore con lui per puro divertimento. Dovevo captare il momento per concedermi a lui di mia spontanea volontà. Non doveva essere "quotidiano" attaccati come due polipi, senza neanche aspettare di essersi denudati. Doveva essere qualcosa di lento, che accompagnava la notte fino alla fine, senza andare subito al sodo.
Baciarsi. Sfiorare le labbra, la pelle del corpo, i capelli dell'uno e dell'altro e alla fine arrivare al livello massimo. Così volevo.
«È un po' stupido.» confessò lui, che ci andava giù pesante con queste cose. «Ma voglio fare le cose bene. Non voglio correre e rovinare così la nostra prima volta.Non voglio sia come le altre.»
«Tranquillo. Non sarà come le altre. Non somiglio un minimo a quelle oche.»
Josh sghignazzò. «Sì, decisamente.»
Gli diedi un colpetto sul petto.
«Pensi non sia così?»
«Uhm, non saprei.»
«Sei odioso.»
«Senti, senti.. sua maestà.»
«Se io sono la regina tu sei il re.»
«Meno male così sono il consorte della regina e questo mi piace.»
«Sei un cretino e lo resterai sempre.» mi sollevai dal suo petto e mi rizzai a sedere con stizza.
«Il re dei cretini.» sottolineai nascondendo un sorriso nella contrazione della mascella.
Lui si alzò e mi incatenò nelle sue braccia. «Ammettilo. Questo cretino però ti piace assai.» si poggiò sulla mia scapola e mi lasciò un bacio sul succhiotto. Chiusi gli occhi. Le sue calde braccia mi scioglievano. «Si. Questo cretino mi ha fatto innamorare.»
«Ti faccio una proposta allora.»
«Uhm.» Piegai la testa all'indietro. «Sentiamola.»
«Volevo pensarci meglio. È precoce chiedertelo, e non farà nulla se non accetterai.»
«Ok, ma questi giri di parole mi rendono nervosa. Sputa il rospo altrimenti ti do un pugno.»
«Okay.» si affrettò con le mani alzate in segno di resa. «Ehm.. vuoi essere la ragazza dell'idiota notturno?»
Scoppiai in una violenta risata.
«Ma dici sul serio!»
«No, ho cambiato idea.»
«Da te non me l'aspettavo.»
Josh slegò l'abbraccio. «Che fossi così stupido a chiedertelo, dopo che sei uscita con il maniaco dei succhiotti?» piegò il busto.
«Lo sapevo.»
Mi inginocchiai e gattonai fino alla sua figura. Mi ancorai con le mani alle clavicole e le massaggiai. «No.» Gli alzai il capo. «Sei romantico da causarmi il volta stomaco.» e gli diedi un bacio a stampo.
Lui sorrise e mi tirò con un braccio. Finii con un tonfo sulla sua coscia, mentre lui mi fissava. Per un secondo cercò di camuffare un sorriso, ma non riuscì a trattenersi e le sue labbra si sollevarono agli angoli. Due fossette spuntarono.
«È un sì?»
«Certo.» il tutto fu consolidato in un lungo bacio. Lui mi cinse la schiena con la mano destra, mentre io gli mantenevo la nuca perché potesse continuare a sfiorarmi la fronte. Le labbra schioccarono.
Ci sorridemmo in silenzio. Non c'era alcun bisogno di parlare. Era inutile. Ci capivamo con gli sguardi, i timidi gesti, in perfetta sintonia come se fossimo stati plasmati per incontrarci e appartenerci.
«Ti amo.» fece un profondo respiro. Serviva nuovo ossigeno per irrorare il cervello. «Non mi ero mai innamorato. Beh, dopo Mary nessuna più era stata importante.»
Mary? Il nome non mi era nuovo.
Dove l'avevo sentito? Certo. Come avevo fatto a dimenticarlo? Era la donna di Tony Tomlison oppure no, visto la quantità immane di bugie che quello stronzo mi aveva detto da quando avevo messo piede nella sua vettura al momento in cui ero scesa. Forse Mary era stata solo una finzione per farmi provare odio per Josh, dopotutto quel tipo viveva dei rancori del passato. Ma la faccenda di quella Mary mi era apparsa confusa. Dovevo saperne di più. Josh l'aveva anche nominata.
Lui era a conoscenza di qualcosa. Io dovevo scoprire se esisteva un probabile collegamento o se era tutta una macchinazione per dirottarmi in un'altra direzione.
«Chi è questa Mary?» gli chiesi. Gli implorai di porre fine al vortice dei dubbi che mi aveva risucchiato.
Josh smise di concentrarsi sulle mie labbra e alzò la testa sconvolto.
«Non so se di questa cosa posso parlarne. È una vecchia storia.»
«Siamo fidanzati, giusto?»
«Sì.»
«È ora di parlarmi un po' di ciò che non conosco. Tutti mi hanno nominato questa Mary ma non ho ancora capito cosa centri con te. Perché è stata importante?»
«Era la mia ragazza.» sussurrò. «O almeno lo era stata, finché non mi ha tradito ed è spudoratamente andata a letto con il mio migliore amico.»
Quadrava tutto, eccetto quel particolare. Lei era fidanzata con Josh, non con Tony e la canaglia era quel miserabile.
«Lei e io eravamo felici. Avevamo persino deciso di frequentare il college insieme, ma poi tutto si è rovinato. Lei è andata a letto con Tony, non si è fatta pregare due volte. È stato come essere pugnalati a tradimento.»
«Ci credo.»
Cosa è Ale in confronto? La mia storia con lui era una sciocchezza da adolescenti. Nulla a che vedere con l'adulterio, il prendersi la ragazza dell'altro per invidia, il pugnalare gli amici dritto al cuore. Dopotutto non avrei potuto non aspettarmelo. Quello stronzo manipolatore che si era reso artefice del mio supplizio era perfettamente capace di fare quello e molto altro.
«Ora capisci?»
Mi rivolse un sorriso forzato.
«Capisci a cosa saresti andata incontro con un tipo del genere?»
Troppo tardi, pensai.
«Hai ragione.» mentii melliflua.
«Per fortuna che almeno tu hai avuto più cervello di lei. Quell'abbindolatore non fa altro che questo della sua insipida vita. Ti assicuro che è tutt'altro che innocente.» Aveva ora un tono più duro, quasi arrabbiato. «Sta lontana da lui.» Ingoiai. La scena dello stupro nella nottata mi si era presentata più e più volte, ma l'avevo spazzata via stringendomi a Josh.
«Te lo prometto.»
Lui mi abbracciò.
«Ti racconterò tutto a tempo debito. Ora non voglio. Già ricordarlo mi causerebbe più dolore di quanto non provi già.»
«Non fa niente.» mi raggomitolai al suo petto come un neonato appena nato al petto della madre. «Me lo dirai quando sarai pronto. Non voglio forzati.»
«Grazie.» mormorò fiducioso. «Ti prometto che non ci vorrà molto e presto ti riferirò ogni mio dettaglio passato.»
Annuii convinta.

Improvvisamente la serratura scattò lieve con un click metallico e una trafelata Sofia vi entrò. Senza nemmeno badare alla nostra presenza si trasferì in bagno, poi di nuovo nella stanza, vicino al comodino dove ripose gli accessori della serata in discoteca, a cui Josh era andato ma poi abbandonato a metà. Solo dopo aver tolto orecchini nuovi, collana e altri gingilli luccicanti ci fissò.
Alzò un sopracciglio e a occhi spalancati domandò:
«Cosa fate voi due?»
«Oh, nulla.» bofonchiò Josh, che mi teneva ancora nelle sue braccia.
«E allora perché vi state abbracciando?»
Josh non osò aprir bocca. Si limitò a sorridere come un ebete facendo intendere a Sofia quello che era successo in sua assenza.
La corvina increspò un sorriso.
«No! Davvero.. ditemi che-» si interruppe. La gioia le sgorgò in ogni poro della pelle cerea.
«Ci siamo messi insieme?» ipotizzai.
Sofia balzò su di noi con una grossa falcata. Ci abbracciò. «Complimenti, finalmente avete capito che siete una splendida coppia. Alla buon'ora!» urlò fuori di sé.
«In effetti.» rispose a quel punto il mio ormai fidanzato. «Hai detto bene. Dopo tanto faticare.»
Gli diedi una gomitata e lui grugnì. «Ehi!»
«Sono contenta per voi, ragazzi.» ci disse, ma la sua espressione mutò.
La osservammo camminare lontano dal letto, con la testa bassa esaminando il parquet e il passo appena udibile. Poi tornò indietro e i suoi occhi divennero lucidi.
«Purtroppo non è una notizia buona quella che vi sto per dare.» ci annunciò con rammarico.
Io e Josh ci fissammo un attimo prima di ancorare i nostri occhi a quelli vitrei della nostra amica.
«È successo qualcosa?»
«Sì, Tania. Una cosa orribile.»
«Bene, avanti. Parla!» la incalzò Josh, che di queste disgrazie ne aveva piene le tasche.
Sofia fece un lungo sospiro.
«È morta.»
«Chi?» domandai.
«È morta ieri.» singhiozzò. «Non hanno potuto fare nulla. È morta, se ne è andata.»
Mi alzai e le corsi vicino. «Ma di chi stai parlando?» accarezzai le sue braccia, e Sofia si asciugò gli occhi.
«La madre di Alan.» poi scoppiò in un fragoroso pianto.

***

Una buona notizia e una cattiva, quale preferite delle due?
Io sinceramente preferisco la buona, e cioè che i nostri Taniosh si sono ufficialmente messi insieme.
Credete che sia "e tutti vissero felici e contenti?" eh no ho paura che non sarà così, quindi mettete stelline, scrivete commentini e seguite i prossimi imperdibili capitoli conclusivi.

La vostra Jo.

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