Capitolo 43
{Pov's Tania}
Mi rialzai dal letto di Hendrik balzando in avanti. Erano quasi le 19,00. Per tutta la mattina non avevo fatto altro che scendere e salire le scale del collage perché i corsi subivano spostamenti, rallentamenti e cambi di aula di continuo. Una novità che mi aveva scioccato, visto che ero abituata alla staticità a Caserta. Josh aveva dovuto portarsi dietro una grande custodia per il suo strumento che aveva usato durante la performance alle 11. Dopodiché ci erano aspettate altre due ore, e infine avevamo consumato un panino alla mensa.
Mi sentivo stressata, avevo pure litigato prima con i miei due migliori amici, perché non facevano altro che starmi alle calcagne e controllarmi, come se volessero proteggermi dai "pericoli" che avrei trovato al di fuori, o meglio dai particolari appuntamenti. Quello che più mi infastidiva? Il comportamento di quel cretino patentato di Josh Watson. Non lo capivo. Era un caso irrisolvibile e mi mandava continuamente fuori binario quando dissimulava, quando dirottava la mia indagine da tutt'altro posto, allontandomi dalla pista della gelosia. Gelosia che lui non dava vedere e sapeva mascherare molto bene.
Recuperai il cellulare da sopra il comodino. Al momento non c'era nessuno nella stanza, eccetto io. Sofia doveva eseguire la punizione che le era stata assegnata: pulire da cima a fondo la sala di registrazione al primo piano, mentre Josh, sinceramente non so proprio dove si era andato a cacciare e non mi interessava. Anche se non lo conoscevo molto bene potevo appurare che era in giro alla ricerca di qualche ragazzina innocente da accalappiare. Dopotutto il suo primato con cui tutti lo riconoscevano era playboy ruba cuori. Doveva mantenerlo alto, altrimenti qualcuno di più carino glielo avrebbe soffiato da sotto il naso, e visto che con me era fiato e fatica sprecate, aveva deciso di virare in altre direzioni.
Personalmente Josh era carino, ma era stronzo, il che lo rendeva decisamente narcisista e insopportabile. Esisteva solo il suo fisico palestrato. Le sue manie di dominatore. Ogni cosa importante per lui non acquisiva valore. La sua vita non aveva senso. Ma sapeva essere carino quando voleva. Sapeva apprezzare quando ne aveva voglia, sapeva essere un buon amico e un ottimo confidente, e lo aveva dimostrato con Sofia. Quanti secondi ci aveva impiegato per infondere il coraggio a una ragazza che lo aveva perduto? In quanti sulle labbra di quella ragazza è comparso il sorriso? In poco tempo, forse era questo che lo rendeva un tipo da conoscere e da apprezzare per la sua buona umanità, ma nelle questioni amorose quella quantità di tempo si azzerava sfiorando lo zero. Ognuno aveva i suoi difetti, i suoi pregi, le buone qualità e le cattive, ma Josh era speciale, nel senso che ogni peculiarità umana non si poteva mai equiparare, perché lui non seguiva mai il copione.
Guardai il display, e nella barra di stato comparirono due messaggi.
"Allora siamo d'accordo per le otto?"
xx. Tony
Vi aggiunse anche un cuoricino per concludere. Ora dovevo pensare a cosa rispondergli, ma non era poi molto complicato. Si trattava di dire solamente sì o no e mettere qualche faccina, come aveva fatto lui. Il problema era che non conoscevo molto bene questo ragazzo, e avevo solo un'informazione per niente attendibile: era amico di Josh, o meglio ex, visto che lui e Watson si lanciavano occhiatacce di fuoco come cane e gatto.
"Ok."
xx. Tania
Troppo semplicificato come messaggio? Non mi veniva niente di più lungo e complesso.
Voltai il capo in direzione della porta spalancata, da cui qualche secondo dopo entrò Sofia con una faccia stravolta e due profonde occhiaie. «Fai con comodo.» contrasse la mascella mentre mi colpì leggermente la scapola. «Tanto sei abbastanza grande per cavartela da sola.» continuò ancora con voce dura, come se non avesse ancora dimenticato quello che prima avevo urlato a lei e a quel cretino, quando li avevo avvertiti che non sarei venuta in discoteca.
Digitai un veloce "a dopo"in risposta a Tony, e chiusi il telefono poggiandolo sul comodino.
Dovevo sistemare le cose con Sofia. Dovevo spiegarle perché prima avevo detto quelle cose con quel tono seccato, a volerli escludere dai miei piani. Dinanzi a Josh non me la sono proprio sentita di parlare della mia prima uscita con Tony, non volevo montare inutili polemiche, e non volevo che lui si intromettesse nella mia vita per controllarla. Per non destare sospetti avevo dovuto fare di tutta l'erba un unico fascio, e di conseguenza avevo trattato male Sofia, che non meritava quelle velenose parole. Mi avvicinai vicino alla sua figura piegata a sistemare alcuni capi nel comodino e la chiamai melliflua. «Ehi?»
Non fu proprio un richiamo, quanto un sussurro che veniva trascinato dalla brezza del vespero. Sofia al percepire il mio corpo dritto dietro le sue spalle si drizzò.
«Cosa vuoi?»
«Volevo.. insomma.. parlarti.»
Si voltò quasi di scatto, incrociando le braccia al petto.
«Parlami? Non vorrai trattarmi come prima?»
«Devo spiegarti ogni cosa, ma Josh non deve sapere.» mi fiondai contro la mia migliore amica e le feci giurare a mani congiunte di non fiatare per alcuna ragione.
«Non gli dirò nulla. A patto che mi dici che cosa succede. Non ti sarai ficcata in qualche casino?» domandò con le pupille sgranate.
«No, nessun casino. Ma stasera devo uscire.» blaterai spostandomi con una mano i capelli dietro la schiena. Sofia inarcò un sopracciglio restando palesamente confusa da tutti quei giri di parole a cui non era abituata, visto che di principio ero una persona chiara.
«Lo so. Non puoi venire in discoteca perché devi uscire, ma perché Josh non lo dovrebbe sapere?» domandò, in cerca delle risposte ai mille interrogativi che le gironzolavano nella testa. La soluzione era soltanto la mia verità. Mi morsi l'interno della guancia, dondolando su un piede alla ricerca di un equilibrio fragile e precario per il mio animo teso come una corda di un violino. Sofia attendeva pazientemente, ma visto che non accennavo a continuare mi incalzò. «Forza!»
«Non ho mai vissuto questa situazione.»
Sofia mosse il capo, e presa la mia mano, mi fece accomodare sul ciglio del suo letto.
«Che situazione?» ci sistemammo meglio, mettendoci a nostro agio, anche se con il mio cuore in tumulto era difficile trovare una posizione perfetta. Continuavo a spostare di continuo i piedi, li lasciavo penzolare a terra o li incastravo nella posizione dei buddhisti in posizione trascendentale. Trovare la tranquillità era impossibile quanto mettersi a scavare coi cucchiaini per anni e anni ingannando i controlli per evadere dalla prigionia.
«Stasera esco con Tony.»
Sofia tacque al sentir pronunciare quel nome e il suo volto si scurò.
«Per questo volevo che Josh non sapesse nulla.» continuai, mentre la mia migliore amica si batteva una mano nella fronte, prima di esordire con i rimproveri, le raccomandazioni, le intimidazioni di come i tipi come Tony fossero professionisti nel mestiere del rimorchiare.
«Sei sicura di volerci uscire?»
«Non ho paura.» le sorrisi, ma lei si imbronciò. Era una battuta per smorzare la tensione.
«Stai comunque attenta.»
«Lo farò. Tu mantieni la promessa e non dire nulla a Josh. Neanche se ti ubriachi, non confessarglielo mai. Sarà un segreto che ti porterai nella tomba quando morirai.»
Sofia avvicinò due dita alla bocca e chiuse da un lato a un altro la "cerniera".
«Grazie. Ho un debito.»
«Nessun debito.» rispose Sofia sorridendomi amichevolmente. «Ma..» osservò critica il mio vestiario, e scosse il capo, notando quanto fosse sportivo e inadatto per quella serata.
Rialzò il capo. «Ti sarei grata se mi assumessi come tua consigliera per questa sera.»
Sofia ci sapeva fare quando si trattava di abiti succinti. Lei sapeva fare molte cose, cantare, danzare e anche sfilare nelle sporadiche occasioni in cui ne aveva partecipato ad una. Aveva un fisico che richiedeva una certa attenzione, mentre io mi ero tenuta sempre fuori, e preferivo i miei capi abituali: scarpe di ginnastica, tuta e ovviamente i capelli legati in modo che non mi fossero d'intralcio, ma quella sera sarei dovuta somigliare a una di quelle attrici che si vedevano affianco ai grandi attori sul tappetto rosso nelle premiazioni internazionali.
Sofia si offrì di darmi consigli, piccoli accorgimenti, che secondo lei avrebbero fatta cadere quell'uomo ai miei piedi. Un pizzico di sensualità, bellezza naturale, e un vestito corto.
Me ne fece provare uno. Ne provai dieci solo del suo armadio, visto che nel mio non avevamo trovato molto scelta. Era lei quella più femminile del duo. Mi piacevano tutti, non potevo lamentarmi del fisico che mi era toccato, ma in particolare uno mi colpì. Era sepolto nell'armadio di Sofia, ma era quello giusto, quello che per te non aveva nessun tipo di difetto, e anche se ne avesse si sposava con tutta la tua figura rendendola conforme. Un vestito blu come il cielo di quella notte. Era corto e a tubino, stretto sulle cosce e ne arrivava a sfiorare metà, e lo spacco metteva in risalto tutta la sensualità di un fisico che tenevo nascosto.
Sopra, sul seno, il corpetto era a cuore, con vari drappeggi, e su tutto il contorno vi erano delle piccole pietre che davano luminosità e risaltavano il decoltè. Il vestito si raggrinziva sul ventre, con tre fasce che si congiungevano alla schiena e cucite alla perfezione.
Sofia mi chiese di ruotare su me stessa senza incespicare nei tacchi, che mi aveva prestato.
«Sei perfetta. Sembri una modella da copertina Tani.» esclamò soddisfatta del suo lavoro eccelso, che aveva compiuto anche suoi miei capelli tirati e raccolti in un incantevole chignon.
«Non esagerare.» le dissi, mentre mi appoggiavo sulla sua spalla per colpa dei trampolini.
«Non sono poi molto-» aggiunsi, ma fui interrotta da una voce stupita e mi girai di scatto finendo quasi per incespicare. «Sei bellissima, davvero.»
Era Josh con la bocca spalancata per la sorpresa, mentre studiava me altro che il vestito!
Mi faceva imbarazzare, avrei voluto coprirmi le cosce nude, ma Sofia me lo proibì. Mi prese per le spalle, e mi mostrò a Josh come un'opera d'arte. «Hai visto che bella, Josh! Merito un vero e proprio applauso, non c'è che dire.»
Josh non badò alle sue parole e al suo autoringraziarsi. Lui mi spogliava coi suoi occhi scuri, percorreva mentalmente il percorso che avrebbe voluto fare col polpastrello se ne avesse avuto la possilibità. Era incantato vicino alla porta aperta, e mi mandava continuamente sguardi trasognati, mentre percepivo le scosse elettriche partire dai piedi e salire verso la schiena con violenza inaudita. «Sei proprio bella stasera.» ripetè, muovendosi verso di me.
Cancellai dal cervello la possilibità lontana di ringraziarlo ostentando la mia gioia nel vederlo pietrificato come una stuatua. «Grazie.» mi scostai, e lui rimase a guardare il vuoto che mi ero lasciata dietro con delusione. «Ti faccio sapere come andrà la serata..» mi rivolsi a Sofia, mentre indossavo un cappotto nero e andavo verso la porta. «A dopo, e divertitevi.»
Li lasciai soli e mi chiusi la porta alle spalle.
Camminavo a passi traballanti, lontano dalla grande struttura del college verso la strada che appariva deserta e non molto frequentata. Di rado passava una macchina, ma i proprietari rallentavano, e si sporgevano dal finestrino chiedendomi quanto pagassi per i miei servigi personali. Io li mandavo gentilmente a farsi fottere, e loro sussurravano "ma guarda tu sta troietta. E chi te lo dava mai!" e partivano a massima velocità con la prima.
Io nemmeno lo volevo quello. Erano cafoni, non avevano proprio rispetto per una ragazza di diciassette anni, una minorenne. Ma loro di certo non badavano a questi particolari, loro lo volevano e basta. Piccola o grande che fosse stata. Loro volevano che gliela dessi senza troppe storie, che saltassi in macchina con loro come le prostitute, e dopo pagata dai loro sporchi soldi gettassi la mia dignità nella spazzatura da cui loro venivano.
Fortunamenti di quei soggetti non ne passarono più, e calata la notte, iniziai a gelare.
Quasi non mi sentivo le dita dei piedi. Mi ghermii nel cappotto caldo, strofinando le mani, alitando al loro interno, ma senza sortire gli effetti desiderati. Stavo comunque gelando.
Finché i fari di una macchina non mi abbagliarono per un secondo, e accostarono al marciapiede. Se fosse stato un altro di quei porci senza rispetto per la loro età, lo avrei riempito di botte, ma per fortuna, abbassandomi per inquadrare il conducente mi accorsi che era Tony.
«Ciao Tani. Scusa il ritardo, ero a fare benzina.» aprii la portiera e rinviai a dopo il discorso del suo ritardo al primo appuntamento, non riuscivo più a sopportare le basse temperature americane e mi infilai nel piccolo abitacolo stretto e lungo. Il calore mi penetrò nelle ossa.
«Non fa nulla. Meno male che sei arrivato.»
Lui partì, e alle mie parole ridacchiò. «Perché? Avevi paura che qualcuno ti rapisse.»
«No, avevo paura che mi prendessero per una puttana in servizio.» risposi franca, appoggiando la testa vicino al finestrino semiaperto per ammirare i lampioni che lui seminava dietro di sè, mentre guidava. «Non mi hai detto dove stiamo andando.»
Lui teneva le mani al volante, e non accennava a guardarmi troppo concentrato a non andare a sbattere contro nessuno. A quanto ho capito è un ragazzo molto spericolato.
«Sorpresa, mia cara. Lo vedrai quando arriveremo.»
«Basta che non sia uno dei soliti rave all'aperto.» brontolai, ma lui spostò velocemente lo sguardo su di me e la sua mano scivolò sulla mia gamba scoperta dal tessuto del vestito.
«No, è un luogo chiuso. Ti divertirai, io ci vado ogni sera e conosco pure il tipo che fa il barman. Vedrai sarà una bella serata.» la sua mano risalì sulla coscia, e percepii un brivido farsi violento. Forse avevo esagerato, ero troppo provocante. «Ti fidi di me?»
Mi accigliai. Perché quella domanda?
«Ci conosciamo da poco.» accennai divagando con lo sguardo a ogni particolare della macchina, della grossa navicella che ci trasportava, senza far caso alla sua mano che stava appoggiata sulla mia pelle. «E.. » abbassai lo sguardo, e presi la sua mano.
«Tieni le mani a posto, Tony.»
Lui scrollò le spalle, fissando la strada. «Stasera sei un'altra cosa.» sottolineò.
Lo sapevo che il mio stile stasera era cambiato drasticamente, e per questo mi sentivo a disagio, ma lui che già mi metteva la mano sensualmente sulla gamba, questo no. A me piaceva andare per gradi, senza correre, senza avere fretta, il tempo lo avevo, non dovevo sprecarlo, non potevo sprecarlo perché gli attimi persi non tornavano più.
«Tony mi dispiace. Ma non sono abituata a questo genere di uscite, e se ti sembrerò stupida, sarà perché dovrò adattarmi e non so se succederà subito-» mi pose un dito sulle labbra per fermare il flusso incompresibile delle mie parole. «Tranquilla.»
Accelerò, sfiorando i sessanta, mentre io lo scrutavo pensierosa. Non era il tipo di ragazzo spinto che avrei voluto per me, sapeva molto bene quello che avremmo fatto stasera, e questo mandava in frantumi ogni mia sicurezza. Vacillavo nelle sue sorprese, nei suoi silenzi, verso un posto che non conoscevo, luoghi strani, maturi, in cui avrei faticato ad adattarmi, eppure volevo sperimentare ogni cosa, e tra queste cose, c'era anche questo.
«Non preoccuparti Tania. Non bruceremo le tappe così in fretta.» asserì.. malizioso?
Mi corse un brivido lungo la schiena. «O-ok, ma sappi che ho mentito a Josh.»
«Hai fatto bene.. lui non dovrà mai sapete che usciamo insieme.» puntualizzò, e ciò mi diede la giusta occasione per togliermi la curiosità che mi ossessionava da quando avevo conosciuto Josh all'aereoporto, e in un secondo momento lui al bar. «Perché lo odi?»
Lui mi guardò solo per un secondo, e il bagliore di una luce di rabbia gli oltrepassò le iridi.
«Lui si fa odiare. Lui era il mio migliore amico, un tempo. Facevamo tutto insieme, ci piaceva conquistare le ragazze e lasciarle un momento dopo, ma io sono cambiato. Un giorno però la nostra amicizia si rovinò per sempre.» sospirò languidamente come se gli costasse anche solo continuare e rivivere quella vicenda.
«Lui mi tradì. Portò a letto la mia ragazza, Mary. Lui è uno stronzo, mi devastò totalmente, e da quel momento in poi io lo odio con tutto me stesso. Mary mi ha lasciato per colpa sua.»
Spalancai la bocca a quella confessione, a quella verità che mi feriva, induriva il mio cuore a tal punto che iniziai a pensare per quale motivo Sofia mi dicesse il contrario descrivendomi Josh come una vittima delle macchinazioni di Tony, mentre adesso lui mi aveva fornito un altro tipo di dichiarazione. Scrollai il capo. Josh lo aveva tradito, era una persona orribile, dal primo momento. Come aveva potuto? Come aveva potuto tradire il suo migliore amico senza passarla liscia, andare a letto con la fidanzata di Tony? Come? Allora era vero. Era uno stronzo. Uno stronzo, un vigliaccio, un bugiardo. Ora mi era tutto chiaro, mi era tutto chiaro e avevo appena scoperto una nuova sfaccettatura che mi permetteva di odiarlo un po' di più.
«Forse avrei dovuto non dirtelo, in fondo è il tuo amico.»
Amico! No, non era nulla per me.
Mi morsi il labbro con i denti fin quasi a farlo sanguinare.
«No, io e lui non siamo nulla. Hai fatto bene a dirmelo, così glielo potrò rinfacciare.»
Lui frenò in un colpo accostando, e mi fermò con una mano.
«No, preferisco che non glielo dici. Credimi lui continua a dire il contrario, ma giuro che lui mi ha tradito, è stato a letto con Mary, eppure dice che sono stato io. Non dirgli nulla.»
«Cosa dovrei fare a questo punto?» gli chiesi, mentre lui avanzava verso di me, ostacolato però dal cambio della macchina. «Ignoralo.» mi sussurrò sulle labbra.
Era pericoloso. Dovevo scendere prima che me lo impedisse, ma leggendo nei miei atteggiamenti, nella mimica del mio corpo che tremavo come una foglia, bloccò le portiere.
Si voltò. «La cosa che devi fare è ignorarlo. Lui ne ha bisogno per capire, per penare, per soffrire Tani. Lui è molto preso da te, e se lo ignori tu impazzirà.»
Cercai di far scattare l'apertura, ma nulla, era bloccata dal comando sul cruscotto.
Ripartì e svoltò in un'altra direzione. Mi sembrò di svenire al vedere che in quella strada non ci passava anima viva, e in quel momento la paura sembrò presentarmi come in un flash perché, il motivo per cui mi aveva portato lì senza alcuna ragione e aveva bloccato ogni mia via di fuga. Accostò sul lato destro e spense il motore esausto.
«Perché siamo qui!?» gli urlai facendo pressione sulla porta. Volevo andare via.
«Oh, facciamo una piccola sosta, che ne dici?» non gli fregò che il cambio lo dividesse dal sedile mio, lo scavalcò, e una sua gamba rimase al posto di guida. «Tanto abbiamo tempo..»
Il sudore mi colò sulla fronte, rimuovendo la base di fondotinta.
«Tu sei pazzo! Sei malato! Lasciami andare stronzo o strillerò.»
Lui ghignò, e la sua risata malefica mi trapanò le orecchie. «E chi ti può sentire?»
Nessuna traccia vivente. Mi girai intorno, il luogo somigliava a un parcheggio che spesso e volentieri veniva utilizzato dai drogati e gli ubriachi. «Faremo presto, te lo prometto.»
Volevo disintegrare la porta. Fatemi uscire avrei voluto gridare, ma nessuno avrebbe potuto trarmi in salvo, manco un fantasma di Josh Watson. «Io non voglio fare nulla. Metti in moto questo cazzo di motore e portami al college.» gli ordinai, ma era una supplica al mio predatore, perché io ero una preda indifesa nelle sue mani. Lui scosse il capo.
«E perdermi il divertimento?» mise su un sorrisetto sadico. «No, Tani. Non ho intenzione di concludere la serata senza il mio personale colpo di scena.» mi strinse un lembo del vestito nel pugno. «Con questo vestito non mi aiuti.»
«Porco, stronzo, lasciami ti ho detto. Apri questa maledetta porta!»
«Non fare la preziosa. Dammela e basta.» superò il cambio e violento mi spinse contro la portiera chiusa. «Tutte me la vogliono dare. Tu non sarai da meno, fai la brava.»
Prese a baciarmi, a stuzzicarmi il collo con quelle luride labbra umide di saliva, mentre a me saliva il vomito. Le sue mani mi toccavano. Erano veloci, sicure, violente. Cercai di inserire le mani sul suo petto per spingerlo, ma la mia poca forza non servì, e mi trovai con una bredella già afflosciata sul braccio. Si mise a cavalcioni in corrispondenza delle mie gambe.
Mi baciava dappertutto. Consumava la mia pelle, la mia dignità, tutto ciò che in tanti anni avevo voluto tenere al sicuro per darlo a qualcuno che lo meritasse. In poco tempo gli occhi mi divennero lucidi e una lacrima scivolò sul mento, mentre inclinavo il capo, sostenuta dalla sua mano. La sinistra mi strappava il corpetto di dosso e mi privava anche del reggiseno. Piangevo ora più copiosamente, singhiozzando.
Mi accarezzò la bocca, mentre la mia schiena assaporava il freddo che si insinuava nelle vertebre contro la portiera; la mano di destra scivolò sulla schiena, l'altra sulla coscia.
Volevo liberarmi, ma lui mi stringeva e mi denudava. Presto il mio vestito finì ai sedili posteriori, e il suo pantalone un minuto dopo. La sua opera era quasi conclusa, ansimavo, gemevo e piangevo al contempo, finché non vidi nel buio della zona il disgustoso oggetto che spinse dentro me come un ossesso, come se la polizia lo potesse scovare da un momento a un altro, e più spingeva all'interno più il dolore aumentava, degenerava, si infoltiva come un fuoco. Mi fissò soddisfatto. Ero distrutta, il collo pieno di morsi, segni violenti, la pelle rovinata dal suo tocco, la mia dignità al di sotto dello zero.
In quella notte avevo perso me stessa.
### Angolo di Love###
Colpo di scena fan del 'La Tua Canzone' in questo nostro 43 capitolo, e i colpi di scena non si limiteranno solo a questo capitolo, ma anche agli altri, e godeteveli, anche perché vi aspetta ancora molto da vedere. Tania è stata violentata, e inoltre Tony ha rigirato la situazione a suo vantaggio. Ora la ragazza non ha nessuno a cui appoggiarsi, crollerà sicuramente?
Josh ora è passato dalla parte del torto. Riuscirà ad aggiustare la situazione con Tania o la ragazza crederà ancora che il colpevole è lui? Beh, se siete curiosi, non vi resta che leggere i prossimi. Mettere i voti, e anche commentare; spero di non essere stata troppo esplicita.
Fatemi sapere se vi piace.
Al prossimo.
Love
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