Capitolo 40
Siamo al capitolo quaranta! No, aspetta ho capito bene, quaranta!
Quaranta ricchi capitoli, tranquilli questo non è un Arrivederci, questo non è l'ultimo se è questo che state pensando, ma anticipo che non è una storia lunga, e che continuerà in qualche modo.
Quaranta capitoli e nove mila visite! Personaggi e autrice vi ringraziano. Senza perdermi in inutili chiacchiere vi anticipo che nella storia saranno presenti alcuni brani:
Demi Lovato con It's not too late.
Miley Cyrus con Wherever we go.
Bryan Adams con Everything I do.
[INEDITO] Una canzone dei Big Time Rush a sorpresa nel finale!
Grazie mille per questo enorme affetto e concordo e sottoscrivo che questo è il mio mondo, Wattpad è una seconda famiglia per me. E voi i miei cari fratelli, amici, fan spero vivamente.
Continuate così!
Love.
40.
Josh mi ucciderà.
Pensai cercando di fare il minimo rumore possibile per entrare nel ritrovo del collage. Ci ero arrivata correndo nelle viuzze americane desolate, dove si percepiva una forte puzza di spazzatura, perché non volevo che lui mi raggiungesse. Non avevo voglia di sentirmi dire le medesime cose, che lui non aveva mosso un muscolo, anzi che voleva che sparisse così la briga di dirmi tutto sarebbe stata un vano ricordo.
Corsi molto, tanto che i polmoni faticavano a seguire l'andatura dei piedi e il cuore mi esplodeva nelle orecchie. Un cuore che non poteva essere più lo stesso. Un cuore sofferente di una malattia incurabile, inestirpabile, che mi stava trascinando lentamente nel baratro. Un cuore che più i minuti scorrevano lenti e inesorabili con le lancette più andava distruggendosi a piccoli pezzi.
Un cuore che stava provando a ragionare, ma che si smarriva per le insidiose vie dei sentimenti, e a un certo punto, impazzito annaspava per ritrovarsi.
Un cuore venduto ad Alan, al principe dagli occhi azzurri, navigando nel mondo delle favole dove le sfide più ardue erano sollecitazioni per affermare: "adesso viviamo felici e contenti" e invece nella vita reale?
Si combatteva troppo, si vinceva e si perdeva, ma solo per raggiungere il traguardo a cui sarebbe sopraggiunto un altro senza mai arrivare veramente a quel sognato lieto fine. Ed era un pugno nello stomaco leggere della principessa che bacerà il principe, accorso a salvarla e spezzerà l'incantesimo che la teneva prigioniera e la strega finirà i suoi giorni a rimpiangere quello che non avrebbe mai più ottenuto e notare quante falsità si rifilavano ai bambini nella tenera età, quando il loro era un mondo di giochi e di emozionanti avventure.
Ma qui bisognava smettere di essere inguaribili romantici e pensare alla vita come alla ruota del dolce e del salato. Non si poteva avere tutto, o dolce o salato. Un giorno l'uno, un giorno l'altro. Un giorno la gioia, le soddisfazioni, le sfide vinte, un altro il dolore per la perdita di qualcosa, il mondo che brandiva la spada a sfavore, le sfide perse e i rimpianti per qualcosa che andava fatto per prevenire le conseguenze. Erano solo inutili parole, non esistevano i giorni solo felici o solo tristi, ma qualcosa di negativo e di positivo a metterci alla prova, a sconvolgerci, a variare le nostre emozioni e che portava ad azzerarci completamente.
Questo era il mondo crudo; niente maghi con bacchette che risolvevano i problemi, niente streghe che tramavano alle spalle delle principesse e niente principi a cavallo, vestiti di blu, pronti a regalarci il castello.
La mia favola era Alan.
Era il mio principe, anche senza il suo fedele destriero ad accompagnarlo e io la principessa.
Con o senza castello e oro, lui era il mio sogno materializzato e io vivevo al suo fianco ogni giorno una favola, la mia favola, scritta a modo mio, di mio pugno. Anche se il principe era solo un professore di musica di otto anni più grande, anche se il nostro amore non era possibile, anche se non avrei avuto il titolo di regina del suo regno magico, io mi sentivo regina dei suoi sorrisi radiosi, delle sue parole, del suo amore, dei suoi sguardi e della felicità che aveva promesso di donarmi. E come tutte le favole che si rispettavano, a metà, arrivava a distruggere la principessa una brutta strega rachitica; nella realtà non era orribile, anzi era avvenente e con un volto perfetto che meritava il primo piano di una rivista di moda famosa. Quella cagnetta in calore aveva rovinato la mia favola. Avrei dovuto odiare solo lei, ma Alan aveva fatto la sua parte nonostante avesse tentato disperatamente di spiegarmi che quello che avevo visto bene era stato solo un malinteso del momento. Ovviamente non avrei dato credito alle sue parole così facilmente. Quella approfittatrice era rimasta stesa sul suo petto, impedendogli ogni movimento, e la rabbia di spaccarle il volto era montata in me come la lava che premeva contro il tappo di un vulcano, ma con la mente in subbuglio per quello che avevo creduto di aver visto, gli occhi vitrei non avrei potuto far altro che scappare, scappare, scappare da quello stupido sogno perché l'amore arrivava ma spariva in fretta senza darti il tempo di razionalizzarlo e godertelo in ogni suo piccolo attimo.
Il mio sogno era finito.
Ero finita a schiantarmi a terra, con un grande urto, e non sapevo come riuscire a rialzarmi.
Moriva un sogno dentro te, si affievoliva la consapevolezza di provarne a immaginarne un altro, perché il dolore era amaro come il veleno ingerito che ti uccidiva poco a poco con lentezza e nell'agonia atroce dell'attesa.
Mi sentivo morta, ma non lo ero ancora; nella mia testa partiva quel filmato come un disco rotto.
Volevo cancellarlo, archiviarlo per sempre nel database, e se fosse stato possibile anche Alan.
Entrai nella stanza a tentoni, ricordandomi l'orario così sconveniente.
Al mio caro papino adottivo non sarebbe piaciuto sapere che ero rincasata all'una di notte, infatti non glielo avrei mai detto, altrimenti Josh mi avrebbe ucciso.
Per lui era fondamentale il riposo. Diceva spavaldo: "Dormire non solo è benefico per i nervi tesi, ma anche per la bellezza del proprio viso. Non vorrai somigliare a uno zombie di mattina! È orribile e non è molto piacevole da vedere."
Quando pensavo alle sue lezioni strambe non sapevo il motivo ma mi tornava il sorriso, come se lui stesso e i suoi gesti fossero una medicina contro la nostalgia e la tristezza. Mi addentrai nella penombra della stanza, dove il caos di prima era stato sostituito da un silenzio tombale, e voltai il capo verso il letto alla sinistra.
Il letto del mio caro amico Josh.
Lui riposava coperto fino al midollo, con il lenzuolo e il copriletto che arrivavano fin sotto al suo naso. Sembrava una grossa larva, con una mano penzolante verso il piccolo mobiletto e la bocca spalancata a forma di 'o' mentre ronfava.
«Poi dice che sono io.» mormorai osservandolo, mentre serrava le labbra per inspirare dal naso e aggiustarsi involontariamente il grosso ammasso di coperte e stringerle nel pugno per girarsi su un fianco. Voltai lo sguardo a destra e il letto di Hendrik era stato occupato da Tania.
Raggiunsi il letto in ordine, e senza badare nemmeno a infilarmi il pigiama mi stesi sullo sgangherato letto sfinita. Dovevo raccogliere le energie. Domattina avevo il corso di musica e avrei dovuto assistervi per forza e guardare fisso negli occhi Alan per non alimentare i sospetti dei miei compagni. Avrei dovuto fare una fatica per sostenere quegli occhi, ma ormai.. ormai quella brutta stronza poteva fare ciò che voleva con Alan, non mi interessava più nulla.
Presi le mie uniche amiche che in quel momento potevano dare sollievo alle mie pene d'amore: le mie adorate cuffie del Samsung e le infilai. Azionai la riproduzione casuale, non mi andava di scegliere, volevo solo che la musica inondasse in me con alto volume.
Con il dito premetti play. La base musicale, seguita dalle parole del cantante iniziò, e io chiusi gli occhi diventati due incudini lasciandomi cullare nelle onde vivaci della musica di Alessandra Amoroso.
«Non devi perdermi. Non posso perderti..» così era il ritornello.
Mi girai su un fianco e poggiai il cellulare affianco a me, guardando fuori dalla finestra; la luna bianca, luminosa, padroneggiava il cielo nel suo splendore, nel suo mistero spandendo il suo fioco bagliore argenteo sul mio volto rigato da silenziose lacrime.
«E ora ti lascerò andare via..»
[Pov's Josh]
I miei occhi percepirono la luce diurna accarezzare le tende della camera. La notte era sparita e ogni suo minimo particolare che la ricordasse, facendo posto a una nuova mattinata e a uno nuovo mese, quello di novembre.
Ero ancora ingrovigliato nelle pesanti coperte come un baco.
Il tepore penetrava nelle ossa, le scaldava, assieme alle righe di luce che trovavano un piccolo spiraglio per infiltrarsi nell'ambiente.
I miei occhi sentivano il bisogno di riabituarsi e cominciarono a sollevarsi pigramente per inquadrare ciò che stava dinanzi. Prima ombre distorte, poi sempre più chiare, coincise, finché non visualizzai la magra figura di Sofia che aveva preso sonno sul copriletto. Mi stiracchiai le braccia contro la testiera del letto e distesi le ginocchia che schioccarono.
Mi tirai su con le braccia per sedermi e appoggiare la schiena contro la scomoda testata.
Notai la testa rossiccia di Tania sbucare dalla grande montagna di coperte e le diedi il buongiorno.
«Giorno, bella addormentata.»
Tania si sollevò e si stropicciò gli occhi. «Quanta ilarità di mattina.»
«Buongiorno.» ripetei più forte.
«Buongiorno, contento?»
«Molto.» risposi, mettendo su un sorrisetto dei miei. Scostai le coperte e feci un veloce stretching con avambracci e gomiti, alzandomi in piedi per recuperare le pantofole sepolte sotto al letto.
«Bisognerà svegliare anche la seconda addormentata.» feci segno alla nostra coetanea di stanza ancora appisolata con le cuffie nelle orecchie. «Avrà fatto le ore piccole in lieta compagnia del suo 'A' che fa miracoli..»
«Ma allora è un vizio il tuo?»
Aprì un'anta dell'armadio e iniziai a pescare il secondo cambio della divisa, pantaloni scuri, stretti sulle caviglie, camicia a maniche lunghe e giacca tinta su tinta.
«No, è una mia prerogativa di vita. Non accetto chi è più bello di me, ovvero del sottoscritto.»
«Sicuramente esisterà nel mondo chi è più bello di te.»
«Deve ancora nascere.» sottolineai fiducioso con i vestiti di ricambio distesi sull'avambraccio. «Vado a farmi una doccia. Sveglia la bella addormentata, dobbiamo andare al corso del professore Alan dopo.»
Tania balzò giù dal volto lisciandosi con le mani i capelli ribelli e disordinati.
«Come se fosse facile!»
«Ha il sonno pesante, ma con una sberla ben data magari rinvenisce dal letargo.» le suggerii, chiudendomi la porta alle spalle.
[Pov's Tania]
Udii il rumore del getto potente della doccia provenire dall'interno del bagno, segno che Josh aveva cominciato, e prevedevo che ci avrebbe messo un eternità per curare ogni minimo aspetto del suo corpo, mentre io ero rimasta in stanza con l'ordine di svegliare Sofia. Ero molto nervosa, non sapevo come comportarmi per non arrecarle alcun fastidio.
Non avevamo ancora chiarito, quindi sicuramente la mia presenza lì l'aveva profondamente provata, considerando che la malsana idea di farmi raggiungere il Minnesota era stata del genio idiota che si ritrovava come amico.
Se fosse stato per me sarei rimasta a Caserta, a rimuginare per la centesima volta se fosse giusto o sbagliato fare la prima mossa e alla fine rimanere segregata nel mio orgoglio tanto odiato. Cercavo con ogni mezzo possibile di mascherare il grande bisogno di ritrovare la mia sorella, la mia migliore confidente, persino a Giulia, ma ogni volta che aprivo la nostra vecchia chat e ricordavo di quello che mi aveva fatto tornavo al punto di partenza, al pallino fisso della sfiducia nei suoi confronti, della delusione, di ogni cosa che suicidava le mie sicurezze per cedere al ricatto delle insicurezze, che mi allontanavano di Sofia più di quanto non avessi voluto. Ora ero qui, con lei, nella sua stessa stanza. Bastava solo aprire il cuore, dirle quello che sentivo e tutto forse si sarebbe sistemato; saremmo tornare amiche come prima, ci saremmo potute confidare sui nostri rispettivi sentimenti - per Alan e Ale - e avremmo scherzato come prima, prima che lei prendesse la decisione sofferta di abbandonare il liceo per puntare a quello che qui chiamavano college, ma che in Italia prendeva il nome di 'Conservatorio Musicale'.
La scrutavo, tenendomi lontana dal letto come superman dalla kriptonite, e il suo volto illuminato dai fasci luminosi appariva stravolto, quasi sofferente per qualcosa e i suoi tratti mascellari improvvisamente si piegarono.
Presi posto sul ciglio del letto, che cigolò, ma fu sufficiente perché un suo occhio prendesse a guardarmi e poi richiudersi di nuovo.
«Cosa vuoi?» mugugnò, voltando il capo sul cuscino dalla parte opposta. «Non voglio parlare.»
«Io invece sì, e non mi riferisco solo a quello che è successo prima che tu partissi, ma anche a quello che è successo mentre io ero ancora a Caserta.» Lei mi ascoltava in silenzio. «Chiaro, Sofia?»
Passò a prendere il cuscino, e se lo sfilò da sotto, per spingerlo sulla faccia. «Hai fatto le ore piccole ieri.. non era una tua abitudine prima. Te ne restavi a casa tua, a studiare e a parlare con me.»
Sofia abbassò il cuscino piano, mostrandomi i suoi occhi vitrei, con la linea dell'eyeliner sciolta. Doveva aver pianto, si notava a un miglio di distanza. Il suo sorriso era spento. I suoi occhi corrosi dalle copiose lacrime precedentemente versate e io non avevo il coraggio di fare quella mossa che mi era mancata troppo.
Mi era mancato stare con lei. Mi erano mancati i suoi assurdi piani, le nostre serate per solo amiche, i nostri Halloween, la nostra pizza patatine, mozzarella e sugo fresco.. mi era mancato tutto di lei, ma cercavo il più possibile di non darlo mai a vedere a nessuno.
Per tutto il viaggio in aereo non avevo fatto altro che ripetere come avrei agito quando ci saremmo rincontrate - le avrei prima mormorato perdonami, poi avrei taciuto e ascoltato le ragioni per cui era arrabbiata, alla fine l'avrei abbracciata - ma niente era andato come volevo.
«Josh?» mi chiese, mentre si tirava a sedere debolmente, con il cuscino stretto sulla pancia.
«È andato a lavarsi e a rimuovere le imperfezioni del suo statuario corpo perfetto.» mimai gli atteggiamenti di Josh per cercarle di cancellarle quel broncio.
Camminai verso la porta del bagno, poi mi voltai di scatto.
«Come ti è sembrata questa?»
«Però sei molto brava ad imitare Josh.» nel mentre un piccolo sorriso scacciò via quel malumore iniziale.
«Lo so, mi hanno sempre proposto di partecipare ai Reality TV. Che ci posso fare? Sono troppo forte!»
«Quando si tratta di imitare sì.» aggiunse inoltre - «Dovresti provarci. Gli imitatori vanno di questo periodo e diventeresti ricca.»
Presi posto sul letto. «Nah.. a me piace fare l'artista, non il comico.»
Ero molto brava a disegnare, secondo il professore di arte, che mi aveva consigliato di iscrivermi ad Accademia di Belle Arti a Napoli, i miei disegni erano sublimi e molto espressivi.
«Tu sei brava. Io non saprei fare di meglio.» mi disse, tornando a sospirare languida guardando la finestra.
«Magari potrei disegnare Alan.» sgranò le palpebre, e come se qualcuno le avesse dato un grosso schiaffo che lei non aveva preso bene mi tuonò contro.
«No, non ti permettere. Lui no!»
«Perché? Josh mi ha parlato di voi.» sottolineai. «Mi ha detto che cosa c'è fra di voi.»
«Ti prego non voglio parlare di lui.» mi supplicò con vocina flebile, sollevandosi a gambe piegate sul letto. «Qualsiasi cosa, ma non voglio che Alan sia nominato.» congiunse le mani.
«Ma scusa perché non state insieme?» inarcai un sopracciglio.
«Tsk.» mi poggiò un dito sulla bocca. «Non più.» biascicò.
«Cosa?»
Si tolse le cuffie dalle orecchie e incassò il volto nelle scapole.
«In realtà.. non l'ho lasciato veramente, perché sono scappata.»
Era quasi incredibile che stessimo parlando come due amiche, che lei si stesse confidando con me e si stesse sfogando. Era come arrivare alla fine del buio e avviluppare la luce della salvezza con fatica.
«Sinceramente.. non so bene cosa abbia fatto Alan perché c'era confusione nell'ascensore!»
«Uhm.. vai avanti.» la incalzai e lei con un cenno del capo continuò.
«C'era una ragazza con lui.. non so bene chi fosse, perché Alan non mi aveva mai parlato di lei. Forse per lui non aveva più tutta quella importanza altrimenti me lo avrebbe detto Tania. Lui non è un bugiardo.»
«Bene. Cosa ha fatto questa tizia? Lo ha baciato? Lo ha spogliato?»
«No, ma lei è caduta su di lui.»
Ero rimasta delusa.
«Sì, ma.. che cosa facevano insieme nell'ascensore? Questo mi logora. Non so che cosa sia successo, se lei lo ha tentato in ascensore, se sono io che sono troppo paranoica.»
«Sei troppo paranoica cara amica. Dovresti rilassarti e parlare con Alan.» le risposi sincera.
«Parlare? Non ho il coraggio per guardarlo in faccia. Mi passa quella scena dinanzi agli occhi e tutta la mia buona volontà di metterci una pietra sopra va a farsi benedire.»
«Allora resta col rimpianto, che cosa posso dirti. Ma non è una buona idea restare col dubbio.»
Sofia mi sorrise.
«Come fu per noi.»
«Esatto. La miglior cosa è ascoltare Alan, e seppure è una scusa, almeno ti leva ogni dubbio su ciò che sia veramente successo nella cabina.»
«Credi sia una buona idea?»
«Ottima oserei dire.» Gonfiai il petto, ero sempre stata brava nei consigli, -«Voglio quella Sofia che non si abbatteva mai di fronte agli ostacoli del cuore. Quella che non gettava la spugna e si impegnava; non aveva paura delle sfide e sicura di sé camminava a testa alta senza avere dubbi sulla strada da seguire, perché la strada si trovava man mano che si avanzava.»
«Anche io la rivorrei ritrovare.»
«È dentro te.» le toccai il petto. «È nel tuo cuore, non dimenticarlo.»
Sofia asciugò lacrime e mi sussurrò. «Finalmente ci siamo ritrovate amica mia. Tani mi sei mancata tantissimo.» e si lanciò nelle mia braccia allargate per accogliere il suo minuto corpo scosso dai singhiozzi ripetuti.
«Mi sei mancata anche tu.» le accarezzai con una mano la schiena stringendola in quell'abbraccio desiderato da entrambe e avvertii il cuore palpitare di emozione, riprendere lentamente a vivere perché finalmente le nostre vite si erano ricongiunte pronte a non separarsi più, e seppure sarebbe accaduto un'altra volta eravamo pronte a combattere per non perderci.
La porta del bagno si spalancò e Josh uscì con il pantalone già infilato e la maglietta tra le mani.
Aprii gli occhi e lo vidi fissarci sbalordito. Non ci stavamo azzuffando come prima, il suo piano era andato a buon fine.
Si appoggiò al cornicione della porta con il torso nudo ben scolpito, - che dovetti sforzarmi per non affogare nel rossore di nuovo -, e ci fissò sbalordito, visto che non stavamo discutendo; passò la maglia sotto al braccio e applaudì forte.
«Quanto amore!»
Ci staccammo e lo guardammo a nostra volta.
«Santo cielo... che vi è capitato?» continuò staccandosi, e allargò la maglietta per indossarla.
Era così buffo. La sua testa sparì momentaneamente nascosta dal capo.
«Niente, ci siamo rese conto che eravamo sciocche a tenerci a quel modo il broncio. Vero Sofi?»
spostai il mio sguardo sulla ragazza sul letto e lei annuì.
Josh si infilò la maglietta e coprì i pettorali. «L'amicizia vince.»
«Già. Per una volta hai ragione.»
«Ho sempre ragione.» ribatté.
Le sue solite manie di sono tutto io, era davvero insopportabile.
«Fai meno lo spiritoso, idiota notturno.» gli suggerii.
Lui scrollò le spalle.
«Però se io non avessi mai fatto quella telefonata, voi avreste continuato a tenervi il muso come due cretine. Quindi ho un minimo di merito in questa storia.» si avvicinò al suo letto e calzò le scarpe e si allacciò le stringhe.
«Ragazze, muovetevi che abbiamo il corso di 'A'.»
Lanciai un'occhiata fugace a Sofia e le farfugliai un 'stai bene?'
Lei fece spallucce.
«Cosa mi nascondete voi due? Avanti parlate, non mi piacciono i segreti.»
Mi issai in piedi.
«Nulla che ti interessi.»
«Come sarebbe!?» provò a reclamare, ma io lo fermai prima che potesse aggiungere altro.«Voi uomini volete sempre sapere ogni cosa e pretendete che le donne rispettino i vostri spazi, ma non è così. Sono cose private, fra due amiche, chiaro idiota notturno?»
«Casomai diurno.»
Non gli dissi più niente, e mi recai verso la stanza del bagno. Josh mi guardava dal piccolo spiraglio confuso. «Tu sai cosa le prende?» chiese a Sofia, che riponeneva le cuffie nell'ultimo cassetto del mobile. La corvina alzò lo sguardo, incontrando gli occhi scuri del ragazzo e gli rispose no.
Josh si grattò la nuca, muovendosi verso la porta di uscita, mentre bofonchiava fra sé e sé.
«Donne, chi vi capisce è bravo.»
Io ridacchiai e chiusi definitivamente la porta del bagno per immergermi nel tepore della doccia.
****
Vi do il permesso di ammazzarmi per questo scadente capitolo, ma il bello verrà a partire dai prossimi quando Alan e Sofia dovranno avere un confronto su ciò che è accaduto e inoltre l'entrata in scena del nuovo personaggio 'Elly Hèrman' porterà scompiglio nei Solan molte altre volte quindi ancora vicende negative all'orizzonte.. mentre anche nella Taniosh ancora molte incomprensioni.
In ogni fronte la felicità sembra lontana..
Alla fine riusciranno le nostre coppie a consolidare il loro amore?
Oppure dovranno arrendersi perché esso è impossibile e non si potrà mai avverare.
Lo sapremo nei prossimi finali capitoli de 'La tua Canzone'
Seguitemi per scoprirlo
e mettete stelline e anche commentini.
La vostra Love vi dà appuntamento alla prossima.
Bacioni a voi tutti.
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