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Capitolo 38

A volte la ragione non capisce
ciò che sussurra il cuore

[Pov's Sofia]

Dalla mia bocca al vederli, ma sopratutto a vedere Tania nella stanza del collage, non uscì neppure un suono. Rimasi bloccata come se le forti raffiche di vento assorbite dal mio corpo mi avessero ghiacciato in quella posizione con la mano poggiata sulla maniglia abbassata.

Era uno dei sogni stravaganti che macchinavo nella notte invece di dormire come le comuni persone.
Il sogno, un desiderio vitale, che un giorno aprendo la porta mi trovassi dinanzi la mia ex migliore amica che mi aveva abbandonato nel momento del bisogno come un cane che non si vuole più.

Quanto la coscienza e il mio cuore lo avevano bramato, e talmente intenso era risultato, che alla fine avevano finito per arrendersi.

Tania era divenuta estranea, come le tante persone che incrociavo nelle viuzze della mia Petrarelle e che poi non ero nemmeno in grado di riconoscere quando le incontravo settimane dopo in qualche bar della piazza frequentato da gran parte dei casertani.

Essendo un paese il mio tutti bene o male si conoscevano, ma solo poche persone lasciavano un'impronta forte e decisa.

Tania era stata una di queste.

Dal nostro primo incontro, quando entrambe cominciammo a frequentare le medie, non diventammo subito amiche.
Lei se ne stava in disparte, silenziosa, in un banco doppio delle ultime file, insieme ad Ale, colui che alle superiori avrebbe iniziato ad interessarle non più come amico ma qualcosa di molto profondo. Io lo stesso, aspettando di trovare il momento più opportuno per intavolare un discorso decente dinanzi alle nuove conoscenze.

Alessio Baldi, un nostro futuro coetaneo della combriccola, capitò anche lui nella stessa classe di me e Tania e fu così che si plasmò il nostro trio di scemi sempre pronti a sostenersi a vicenda nei momenti più duri e a gioire in quelli belli. Sempre insieme, inseparabili, inscioglibili, eterni.

La ragazzina impacciata sedeva sulla sedia ritta allo schienale come un palo della luce, mentre Alessio Baldi, secondo in appello, ordinava gli accessori scolastici come a creare una barricata dinanzi a sé.
«Chissà cosa si staranno dicendo quei due.» formulò la mia testa mentre adocchiavo i timorosi gesti della presentazione di quel banco, allineato perfettamente alla mia fila di destra. In realtà era Ale che aveva fatto la prima mossa, e si era voltato verso la ragazza, per presentarsi con scioltezza e stringerle la mano. Tania non aveva fatto nulla, non aveva aperto bocca, rimanendo ad ascoltarlo con gli occhi blu scuro fissi su quel fisico già a quel tempo sciupato, e alla fine allungò la mano per accogliere la stretta.
La sua riservatezza balzava agli occhi pur non essendo ancora laureati in Psicologia. Lasciò la mano di Alessio, schiodandosi dalla visione utopica del ragazzo maniacale, e trascinò la sua attenzione verso il professore Svorzetti che alle medie ci aveva impartito italiano per tre anni consecutivi. Quel signore anziano e diversamente allampanato ci augurò di trascorrere in armonia le medie, perché il percorso andando avanti sarebbe risultato scosceso e irto di ostacoli.
Ci comunicò che avremmo trattato di argomenti facili e non molto complicati, ma alla fine la preoccupazione del primo giorno di scuola fu un vano ricordo e tutti ci rilassammo e ci alzammo a turno per presentarci alla classe.

Al trillo della campanella del cambio dell'ora il professore recuperò la borsa contenente un mucchio di scartoffie e uscì per dare posto a quello di tecnica.

Quando il gatto non c'era i topi ballavano la samba, come si suol dire dalle nostre parti italiane.

In pochi brevi attimi di libertà quella marmaglia di ragazzi e ragazze si alzarono dal posto assegnatogli iniziando a trafficare nella stanza.
Fermandosi a chiacchierare ad alta voce, e tutte quelle voci, quelle parole unendosi diedero vita alla confusione del Lunedì, giorno in cui in un parcheggio si allestivano le bancarelle del mercato.
Solo Tania rimase rigida come un pezzo di legno ad assistere passiva al brusio sfociato in un clamore insostenibile. Notai Alessio issarsi in piedi e con una sola falcata raggiungere il mio banco.
«Ciao.» Alzai il volto e lo guardai negli occhi. «Sono Alessio e-»
«Lo so, ti sei presentato prima in classe quando il professore ti ha chiamato.»
«Oh.» si grattò la nuca imbarazzato. «Comunque, felice di fare la tua conoscenza.. Sofia.»
«Il piacere è tutto mio.» e gli strinsi la mano nella mia con una lieve oscillazione del polso.
Alessio mi riservò un altro suo sorriso radioso, ostentando la sua dentatura ben allineata in contrasto col rosso porpora delle gengive e se tornò a sedere.

Se io non avessi fatto quel primo passo, io e Tania non avremmo stretto una forte amicizia al pari di due sorelle con lo stesso sangue.

Mi sentivo a disagio, ero introversa quando si trattava di trovare nuove amicizie in un ambiente diverso, da quello che fino a poco tempo fa era stata la scuola elementare con le sue regole sui grembiuli rosa e azzurri, e ora aboliti, potevamo indossare ciò che volevamo escluse le gonne e i capi scollati eccessivamente perché a scuola si doveva possedere un certo rispetto e contegno. Senza pensarci più, misi da parte la mia riservatezza e mossi qualche passo verso il banco ultimo della fila di destra, fermandomi proprio affianco ad Alessio. «Ehi ragazzi.» esordii, e ottenni il risultato sperato, Tania spostò lo sguardo dal quaderno ancora vuoto di informazioni al mio volto esaminandomi con calma come un ricercatore che vede una navicella extraterrestre di luce aurea nel cielo proiettandola verticalmente sulla zona sottostante.

Gli extraterrestri esistono-, non c'è l'ha scritto in fronte con la penna,- ma penso che mi abbia preso per quella categoria.

«Nuovo piano, te ne torni a posto così dimentichi questa storia. Marsh!» mi ordinò la coscienza.

Non l'ho ascoltata per fortuna.

«Ciao Sofi.» esclamò Ale dissipando le remore venutasi a creare tra noi. «Ri-ciao Alessio.»
«Ri-ciao Sofia cara.» ripeté, e girò il volto verso la sua compagna. «Tania guarda chi è venuto a trovarci!» Lei chiuse in un rumore sordo la prima pagina di un quaderno con ancora l'imballo di plastica.
«Ciao.» mi salutò con un lieve accenno di labbra dischiuse.
«Ciao.» e le allungai la mano per una terza volta nella sua direzione, che lei studiò attentamente prima di stringermela. «Piacere, Sofia Baglietti, ma niente convenevoli. Per voi Sofi.»
«Perfetto, io preferisco Sofi.» si intromise Ale.
«Io sono Tania Bergazzi, il piacere è mio e ricambiato Sofia.»

Quello segnò l'inizio della nostra amicizia. Da quel momento la sua presenza fu costante in ogni cosa che la vita mi potesse regalare, nelle situazioni belle e brutte, sempre lì a stringermi la mano e a darmi la sua forza e il suo sostegno.
Era la sorella che avevo chiesto e mai avuto. Ben presto il nostro gruppo divenne il più unito, invidiato da tutti.
Non eravamo mai in lotta fra noi, salvo casi eccezionali. Ci volevamo bene, non ci pugnalavamo alle spalle solo per apparire migliori e conquistare il primato. Ognuno aveva le sue passioni, i suoi sogni, i suoi progetti che rispettavamo come un comandamento biblico.

Era forse la nostra un'amicizia reale, duratura, utopica, difficile da trovare in un mondo come il nostro. Continuavamo a percorrere insieme quella strada che ci eravamo proposti senza mai abbandonare la stretta delle nostri mani, e allo stesso tempo, coltivamo ed emergevano le nostre passioni; Tania il disegno, forse un giorno sarebbe diventata un'artista al pari di Michelangelo, Ale voleva entrare nella scuola nazionale di basket e giocare a livello agonistico, io prendevo parte alle lezioni del nostro vicino di casa che possedeva un bellissimo pianoforte della Yamaha, e in quel periodo iniziai a convincermi che in me era nato un profondo amore per la musica e tutto ciò a cui essa era collegata fino a giungere all'idea di abbandonare il classico e trasferirmi in Minnesota, dove non sapevo ancora che avrei conosciuto il mio amico scemo Josh e il ragazzo che avrebbe completamento cambiato la mia vita in meglio Alan.

Ovviamente fu quella l'unica ragione per cui Tania si era allontanata da me. Le sue parole taglienti, cariche di odio, mi bruciarono dentro come gli angoli delle pagine di un libro dato alle fiamme che li divoravano.
Compresi che il nostro rapporto di complicità era giunto alla sua fine, che eravamo al bivio e che dovevamo separarci senza più rivederci, senza poter scusarci per le parole di troppo che erano volate dalle nostre labbra, anche non volendo, perché mosse dalla frustrazione della separazione imminente. Dopo la tempesta di furore che aveva sconvolto i nostri cuori si era depositato sul discorso un velo di silenzio.

«Avrei voluto vederla un'ultima volta, non chiedevo poi molto, per guardarla negli occhi lucidi e sussurrarle 'scusa' ma i rancori mi si erano radicati nel petto anche dopo essermi voltata verso il futuro che mi aspettava. Una parola, Minnesota

Ora, come i miei deliri notturni, lei era in camera mia con Josh.
Stavo sognando.
Non poteva essere vero che lei aveva preso quel maledetto aereo, ed era venuta qui dopo un mese di silenzio e buio devastante.
Stavo sognando e presto tutto sarebbe svanito, trascinando le sequenze della diapositiva nuovamente al drastico risveglio mattiniero dove lei non c'era.
Non c'era mai stata.

Stropicciai gli occhi perché volevo che quel sogno svanisse al più presto, perché oltre a rinvenire in un bagno di sudore percepivo il cuore compiere una sola gittata e finire a pezzi, sgretolato dal dolore. Ma questa volta, la fottuta scena restava senza confondersi, e i due fermi al letto di Hendrik come statue mi fissavano con le iridi dilatate. «Ehm.» mormorai in balia di un tornando di confusione, mentre fulminavo colui che aveva architettato tutto questo a mia insaputa.

«Vorrei una spiegazione.» lasciai la mano scivolare inerte al mio corpo abbandonando la sicurezza della maniglia. Ero arrabbiata, incazzata, un misto di tutto, volevo spaccare la faccia a uno stronzo, possibilmente quella di Watson.
«Prima che ti arrabbi, a mia difesa, ho fatto tutto questo per regalarti un momento di pace.»
Sgranai le pupille.
«Pace? Pace! Certo.. portando qui Tania volevi rilassarmi. Posso farti un piccolo appunto: le sorprese non sono il tuo forte Watson!»
Lui con una falcata mi venne vicino, mentre Tania aveva la colpa del complice stampata sul volto. Mi agguantò un braccio.
«Grazie tante.» mi ringraziò, ma con un tono sarcastico. «Io faccio questo per te e così vengo trattato con la freddezza di un iceberg.»
«Non è questo! Hai sbagliato sorpresa, tu sai benissimo che non volevo vedere Tania ancora, per quello che mi ha fatto. Sei stato carino Josh, ma hai calcolato male la mia reazione.» gli risposi, mentre Tania dietro di lui al sentire le mie parole avanzò di un passo con la rabbia che le accecava gli occhi.
«Cosa! No aspetta.. tu ti trasferisci in Minnesota, mi lasci a Caserta da sola e saresti quella che si è sentita tradita dalla sua migliore amica?»
Mi puntò il suo indice contro.
«Sì. Tu non sei venuta nemmeno all'aeroporto prima della mia partenza. Ti ho aspettata, e con la morte nel cuore, sono andata via.»
«Non potevo venire. Ero arrabbiata, cazzo. Mi hai detto due giorni prima di questi tuoi progetti americani, quando poi non ne avevi mai parlato con me e Ale, che ti vogliamo bene come a una sorella. Mi sono sentita tradita!»
Alzai le mani in alto.
«Io non vi ho detto nulla perché non ero sicura di voler lasciare tutto per la musica. Ti ho mandato messaggi in Facebook, non mi hai risposto, non rispondevi manco alle chiamate cazzo! Ho pensato che era finita, e infatti è stato così.» cominciai a parlare e a singhiozzare mentre le lacrime mi scivolavano sul volto.
«Avevo perso la mia sorellina del cuore.. e mi ha fatto male, era come perdere una parte di me. Come se fossi precipitata all'inferno senza passare dal Purgatorio.» mi fermai, e nella penombra della stanza notavo quanto fossero duri i suoi tratti mascellari. «Era come essere sola, quando invece tutti ti sono vicini, ma hai l'impressione di aver dimenticato una persona..»
«Okay, ragazze. Mi dileguo e vi saluto. Tra lei e lei mai mettere il dito.» si intromise Josh scostandosi, ma io lo fermai per un braccio ostinata. «Dove vai tu!»
«Via, non centro nelle vostre cose.» e provò a liberarsi strattonando.
«E invece tu resti. Hai messo lo zampino nelle nostre questioni di alto pericolo e ora accetti e ti prendi le conseguenze.»
«Tu sei pazza!» esclamò.
«Lo hai voluto tu.» feci, dimostrando di volergli fare un dispetto per divertirmi.
Sembrava un lepre finita nella trappola di qualche cacciatore.
«Non sei affatto brava a dissimulare Sofia. Se volevi vendicarti ci sei riuscita benissimo.»
«Non era vendetta, volevo una rivincita.» affermai con una punta di sicurezza in più. «Come è bello prenderti in giro e lo è anche di più utilizzare le stesse armi.»
Tania rideva senza farsi vedere.
«Ah bene, brava ridi, di nuovo!» osservò Josh lanciandole un feroce sguardo assassino, come se poco prima del mio arrivo quei due avessero combinato qualcosa insieme. «Come se poco prima non avessi riso abbastanza della mia disgrazia.»
Fissai Tania. Vendicativa, testarda in ciò che ordinava, e quindi automaticamente pericolosa quando nelle ore buche a scuola giocavamo a Verità o Obbligo, una piaga per tutti noi visto che lei vinceva sempre e con molta facilità.
«Siamo pari, Watson.» rispose sollevando il mento con superiorità. Lui accennò un sorrisetto e un gesto col dito.
«Josh, abbassa questo dito!» lo rimproverai come se fossi sua madre.
«Okay, che palle!»
«Modera i termini signorinello.» ribadii verso mio figlio acquisito.
Josh arrossì vistosamente.
«Sono contenta che sei tornata più ironica di prima dalla gita col tuo 'A'.»
Tania all'oscuro della storia alzò un cipiglio, inclinando il volto nella mia direzione.
Sarebbe stato il momento più consono per ridurre la sua splendida faccia da rimorchiatore in pappe per neonati, ma non davanti a Tania che sicuramente avrebbe contratto un trauma.
Da dolce ragazzina, posata, sempre diligente a spietata assassina di cretini col complesso di Adone e accalappiatrice vincente di uomini di otto anni più grande di me, con cui instauravo relazioni segrete per non rovinare la loro reputazione.

L'America mi aveva cambiato.
Quel mondo multietnico non poteva permettere una timidezza eccessiva né innocenza. Bisognava essere forti, sicure dei propri limiti e dei propri obiettivi, ma sopratutto smettere di essere infantili e crescere, crescere per divenirlo.
Deboli si veniva schiacciati e arrostiti come gli Hot dog delle piastre ambulanti.

«Chi è sto..» mi chiese, e la rabbia svanì dagli occhi intrisi di nuovo dal blu e dalla complicità ritrovata.
«Oh, quindi non sei ancora al corrente degli ultimi acquisti della tua migliore amica in fatto di 'ragazzi'?» enfatizzò con indice e medio piegati. Lo avrei voluto sparare e simulare un omicidio come gli assassini esperti e gelidi.
«No.» Tania si voltò verso di me. «Lei, quella mia amica italiana, si è dimenticata di confessarmelo.»
Avvertii il cuore fermarsi.
«O forse non ha voluto.» si corresse, e il dolore pervase ogni tratto del mio corpo in una fitta agghiacciante.
Josh ridacchiò. «Non preoccuparti, questa qui è una novità del momento.»
«Bene, sono molto curiosa di sapere, spara!»
Lui si sporse da un invisibile parapetto, ancorandosi al mio braccio per non farmi fuggire via, per tenermi inchiodata lì a sorbirmi tutta quella delusione che avrebbe accusato Tania per quella rivelazione che aveva virato i miei passi verso Alan.
Alan non era vicino a me, a sostenermi dal non cadere a terra.
La sua assenza mi rendeva fiacca, incapace di librarmi nel cielo come avrei voluto; ero come un uccellino ferito a un'ala che non poteva riprendere quota, senza che venisse aiutato e curato.

La mia cura era Alan.
I miei pensieri furono condizionati per un secondo dal suo volto, i suoi occhi, le sue mani avvinghiate ai fianchi e le sue labbra che urtavano con delicatezza sulla mia spalla scoperta, ma nel momento in cui gli occhi si chiudevano la medicina scompariva e mi trovavo di nuovo a fronteggiare quella situazione, sola e vittima dei miei stessi sbagli. Una situazione che mi devastava nel profondo e che poteva peggiorare al culmine della depressione.

«Alan dove sei.»
Il suo nome mi provocò un nuovo piacevole brivido di piacere.
«Beh, questo Alan le ha paradossalmente rapito il cuore. Ora vive nel mondo delle favole con il vissero felici e contenti, ma dopotutto chi sono io per proibirle di sognare.» finì Josh in cinque minuti un discorso che era molto più lungo, ma che abbreviato, poteva cogliere le cose importanti che Tania aveva afferrato al volo.
«Questo è tutto
Diedi una gomitata al fianco di Josh, che protestò con un gemito strozzato. Ora che le aveva rivelato con velocità la mia sbandata per Alan, poteva anche proseguire con il resto. «In realtà no.» dissi, e mantenni per poco un ostinato silenzio. «Però quanti segreti.. ora salterà fuori qualche altro dettaglio che la mia ex amica non mi ha voluto raccontare.» urlò con disprezzo, che il mio cuore si spaccò in due pezzi e si staccò inabbissandosi nello stomaco.
«Vabbene. Ma non pensare che non ti ho voluto mai contattare per dirtelo Tani.»
«Solo scuse, patetiche scuse.»
«Non è vero. Non essere così gelida nei confronti di Sofia.» mi difese Josh a spada tratta.
Alle volte un babbeo si rivelava un vero vantaggio.
«Come dovrei comportarmi!» si scompigliò la massa di capelli con smania. «Lei mi ha escluso dalla sua vita, dalle sue vicende, e ora mi viene pure a predicare che me lo avrebbe detto in seguito
«Tu però non rispondevi nelle conversazioni, quindi lei ha automaticamente smesso di provarci.» continuò Josh.
Gli lanciò una saettata.
«Ma tu chi cavolo credi di essere? Un giudice! Ti manca la toga.»
«Difendo chi deve essere difeso.» e con una manata mi premette verso il fianco. «La mia amica Sofia che ha sofferto come un cane da quando tu non ti sei fatta più viva.»
«Ci ho visto giusto.»
«Eh?» chiedemmo Josh e io in coro. «Che intendi?» proseguì lui.
«Che sei un cretino, ma non un cretino qualunque, uno di quelli con la licenza.»
«Tu una scema che non sa niente di quello che ha dovuto patire per colpa tua e di quello stoccafisso di Baldi!» sbottò.
Non era stata un'impressione, una lettura imprecisa e non c'entrava nemmeno la questione della nostra amicizia rovinata con la mia partenza, Josh aveva preso di petto quella questione per un motivo a me sconosciuto.
«Ale?» ridacchiò Tania. «Cosa c'entra Alessio! Ora la questione è fra me e Sofia, lui non è entrato in questa storia, non sa nemmeno che sono in Minnesota.»
«Siete stati voi due a rovinare la vita alla mia scema.»
Battei le palpebre. Ale... loro due cosa era accaduto? Mi ero persa troppe cose, non ci capivo assolutamente niente di quello che Josh stava rinfacciando a Tania.
Si ringhiavano contro come due cani, anche se a litigare e ad abbandonarsi da un giorno a un altro, non erano stati loro.
Urgeva che mi cacciassi fuori da quella storia per lasciarli azzannarsi alla gola in pace. Magari potevo andare a trovare Alan, mi aveva trascritto l'indirizzo del suo appartamento, e non distava nemmeno molto dal college. Avevo tanta voglia e impazienza di farmi coccolare nelle sue braccia, piuttosto che rimanere in quel putiferio e prendere parti come se stessi alla presenza di una sentenza del tribunale.. e per cosa.. la gelosia?
«Noi due cosa? Ma che ti prende!» gli sussurrai tirandogli un lembo delle maniche.
«Chiedilo a Tania che si mette a civettare con tutti i ragazzi.» mi disse Josh, alludendo a una cosa accaduta tempo fa a cui non ero stata presente.
Tania si illuminò come la scritta di un'insegna.
«È questo
«Questo cosa! Siete irrazionali.»
Josh tacque calmando il suo istinto di darle addosso.
Nell'aria si spandeva un silenzio tombale, di quelli che potevi percepire persino il fremere dei due cuori. Sospirai, altro che cammmomilla, ci voleva un barile di ansiolitici da somministrare a entrambi. Che inferno sarebbe stato convivere con loro nella stessa camera, e ogni giorno subire i continui litigi e battibecchi. Meno male che Alan mi avrebbe fatto ingoiare facilmente la pillola amara, grazie ai momenti piccanti da amanti.
«Tu non dici niente Sofi!» mi interpellò nervoso, schiacciando i ricci che gli cascavano sul volto.
«Che posso sapere io, cosa avete combinato in mia assenza!»
«Te lo spiego, se permetti.» replicò lei con fermezza.
«Bene, Tani per favore.» la supplicai perché la mia testa sembrava un pentolone sul fuoco.
«Josh allude al mio arrivo qui, quando mi ha portato a bere la cioccolata in un bar rinomato.
Abbiamo incontrato un suo amico, che mi ha invitato a uscire una sera di queste.» mi voltai verso il diretto interessato e notai quanto ogni poro della sua pelle si tingesse di rosso a parlare di Tony.
«Vuoi dire Tony
«Lo conosci?» domandò Tania stupita. Conosco quel cialtrone, Josh mi ha parlato di lui e non bene, gli ha dato filo da torcere quando frequentavano il liceo.
«Sì, abbastanza per dirti che lui non ha buone intenzioni su quelle che frequenta.»
Josh scosse il capo.
«Allora, non lo conosci bene Sofi. È più gentile dell'idiota geloso, e se non lo sai si chiama Josh Watson.»
«In apparenza.» aggiunsi.
«È uno scarafaggio.» disse Josh.
«Meno di te Watson.» gli si avvicinò. «Che cosa c'è playboy, sei geloso per caso?» lo sfidò.

Lui non si lasciò cogliere alla sprovvista, e le agguantò un polso.
«Mettimi alla prova.» lento e profondo come una condanna.
«Ti ho già spiegato-»
«E io ti ho chiesto di mettermi alla prova e vedere se sono più bravo di quel tuo Tony che tanto difendi.» e accennò un sorrisetto. «Che c'è hai paura di non poter resistere ai mio fascino?»
Lei si liberò.
«Nei tuoi sogni.» era sicura di poter superare quella sfida su quel pallone gonfiato.
«Ho paura di una cosa soltanto.» Lui sostenne con caparbietà la durezza di quella ragazza.
«Che la stupidità infetti anche me.»

Volevo tanto sgusciare via dalla discussione su chi era più geloso dell'altro e andare a riposare per qualche oretta sul caldo petto di Alan, che rispetto a quei due, era mille volte più decrittabile.
«Io vado via.» annunciai.
«A quest'ora.» rispose subito Josh, sostenendo ancora gli acuminati occhi della mia amica Tania.
«Sì, vado dal mio 'A' così starò più tranquilla.»
«Cosa dirò a Dickens se dovesse entrare da quella porta?» mi indicò senza guardarmi l'uscita da quel pandemonio alle mie spalle.
«Hai un bagaglio zeppo di menzogne e hai il cervello per inventarne di nuove. Menti.»
«Tipo?»
«Sono indisposta
«Sei stata rapita dagli alieni e sei stata portata con forza nell'universo Alan Taylor.» sollevò le sopracciglia. «Va bene?»
«Pessimo. Impegnati di più.»
«Non fare tardi, ricordati che A domani avrà il corso di musica.»
«Si, mamma!» esclamai scherzando.«Tornerò per il coprifuoco.»
Josh rise.
«Che è scaduto mezz'ora fa.»
Aprii uno spiraglio di porta e mi voltai appena fuori all'uscio.
«Voi due non uccidetevi a vicenda.» mormorai, ammonendoli, prima di richiudermi la porta alle spalle.

****

Salve, carissimi fan della mia storia sui Solan e Taniosh, voi per chi tifate? Bene, rispondetemi se volete nei commenti al di sotto.

A quanto pare avete avuto un primo assaggio di gelosia di Josh Watson, il playboy della 'La tua Canzone' e a quanto pare Tania ha deciso di sfidarlo per vedere se preferisce Tony Tomlison, che rivedrete prestissimo nei prossimi aggiornamenti per portare scompiglio nella storia ancora instabile dei Taniosh.
Nel frattempo Alan rimasto chiuso in ascensore con la sua vecchia fiamma Elly sta per ricevere la visita della povera Sofia.
Cosa accadrà quando troverà il suo segreto fidanzato flirtare, chiuso, nella cabina del palazzo insieme a una ragazza bionda e ben più affascinante di lei?

Si arrabbiarà col povero A che non ha colpa e lo lascerà? O Alan riuscirà a spiegare il misfatto?

Cosa ancora dovrà ancora accadere nella storia prima che i nostri protaganisti raggiungano il finale tanto sperato, quindi per non rimanere arretrati, seguite attentamente il filone della storia e lasciate tante stelline e commentini. Votate nei concorsi la storia se vi piace, sopratutto quelli di Benedetta_Colecchia ILoveMyCrazyAngel

Ci rivediamo nel prossimo.
La vostra amata Jo, si spera.

Non dimenticate di seguire, mettere stelline e commentare il nuovo romanzo romantico:

~ Innamorato di una Sfigata.

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