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Capitolo 3


Alan Taylor.
Adesso sapevo il suo nome, mi ero resa conto che quel ragazzo che cercava disperatamente l'aula 43 era diventato il mio nuovo professore di musica.
Alan era carino, anche visto in disparte da lontano. La sua lezione, il modo con cui si poneva nei nostri confronti, immischiandosi nelle nostre marachelle giovanili, nei nostri sogni genuini, nelle nostre passioni più nascoste e in quelle già svelate.
La passione che traboccava dalle sue pietre che splendevano come due grandi diamanti, quella con cui da quando era entrato ci trasmetteva la voglia di produrre musica, di assistere in prima persona al rincorrersi delle note sugli spartiti. Non era uno di quei prof che aveva la puzza sotto al naso o che si metteva su un piedistallo, era un semplice docente che credeva di poter insegnare attraverso la sua esperienza il talento.
Alan era forse il primo professore che rideva con noi, gioiva con noi con quel sorriso perfetto che lo accompagnava sempre e che nei momenti duri della sua vita non l'aveva mai abbandonato, era disponibile, accettava come perle di saggezza i rimproveri e li rendeva costruttivi. Arrossiva molto flebilmente sulle guance quando delle nostre compagne gli riservavano complimenti e qualche sospiro allucinato.
Io non smettevo di domandarmi, mentre lui seduto sul bordo della cattedra di legno cercava di fare conoscenza con alcune ragazze che continuavano ad interrogarlo, perché proprio quel ragazzo che non faceva che appropriarsi di ogni mio pensiero fosse proprio il nuovo prof. Dannazione!
Josh stava con la testa piazzata nel suo zaino, in attesa di rileggere qualche messaggio di Hendrik o di Giulie, una ragazzina che gli andava dietro come un cagnolino da riporto, un'atteggiamento che non mi andava giù. Patetico, noi donne non eravamo cani che andavano ammaestrati.
<<Sei gelosa Sofi.>> Mi canzonava lui mettendo su un ghigno malvagio, io in protesta sbuffavo.
<<No, modestamente.>>
Stavamo avendo un diverbio improvviso quando fummo interrotti proprio dal prof Alan, che accortosi del nostro disinteresse si staccò dalla cattedra e salì quei cinque scalini.
Il mio cuore al vederlo giungere con quel suo volto celestiale prese a battere incontrollatamente tanto che se avessi continuato a quel modo avrei rischiato una sincope.
Josh si stava sbrigando a nascondere il cellulare, quando il prof senza chiedergli il permesso come un suo vecchio amico, glielò confiscò dalle mani.
<<Prof!>> reclamò lui.
<<Mh.. Giulie?>> recitò Alan leggendo le scritte sul display.
Josh morì d'imbarazzo, quando tutti e quarantotto alunni sghignazzarono. <<Chi è? La tua ragazza?>> continuò Alan, urtando la pazienza del mio compagno di banco, che faceva i capricci come un bimbo dell'asilo per riaverlo indietro.
<<Di norma Watson, non si dovrebbero utilizzare i telefonini durante il corso.>>
<<Era importante prof. >>
Alan fece un sorrisetto.
<<Capisco.>> e glielo ridiede. <<Hai litigato con lei perciò?>>
Josh balzò su dal bancone.
<<No, prof.>>
Alan fece intendere che aveva capito e gli sussurrò che avrebbe fatto finta di niente dinanzi al consiglio studentesco e che il preside ne sarebbe rimasto all'oscuro, ovviamente a patto che la prossima volta non si sarebbe fatto scoprire e che magari una mezz'ora l'avrebbe dedicata ad ascoltarlo. Non chiedeva poi molto e Josh acconsentì al tacito accordo.
Quel prof Alan era uno sballo e gli risultò subito simpatico e capace di capire anche gli studenti più scalmanati come lo era lui.
Alan si trattenne per poco sotto gli sguardi di tutti, e prima di tornare alla sua lezione indirizzò i suoi occhi cobalto sulla mia figura, scrutandomi, ma pronta a non farmi riconoscere abbassai il capo incassandolo fin dentro le scapole.
Sentivo che se avrei incatenato i miei occhi nei suoi avrebbero dovuto chiamare l'ambulanza per stato di shock emotivo!
I miei occhi non riuscivano a non bearsi della sua immagine, senza prima mangiarlo poco a poco, mentre il professore con un cipiglio alzato scendeva la scalinata con la vaga sensazione che un'alunna, al terzo banco, timida e impacciata potesse averla già incontrata da qualche parte e non essersi reso conto dove.
Si trascinò con passo sicuro verso la lavagna interattiva dove vi scrisse la parola 'musica'.

Alan dopo aver fatto una veloce conoscenza della sua nuova classe, iniziò a discutere di una cosa che a prima apparenza per tutti noi si rivelava pallosa, ma che poi divenne diversa. <<No, prof!>> ribatté Josh, che non era un tipo che sapeva scrivere correttamente senza sbagliare qualche doppia. <<Vi prego, non voglio fare il compito.>> protestò, cercando nel mio sguardo una certa complicità che non trovò. <<Ragazzi, tranquilli.>> <<Tranquilli prof?>> ripeterono sarcastici tutti quanti tranne io.

Io avevo speso quasi tutto il corso per conoscere i retroscena del suo pensiero ancora indecifrabile.
Di cosa quella sua mente stesse pensando e della mia lunga riflessione che sarebbe continuata fino all'eternità, ovviamente se questa esisteva.

<<Non voglio sommistrare già compiti Watson.>>
<<Ah prof vi stimo! >> <<Però una considerazione potremmo farla sul perché avete scelto questo collage, no ehm come ti chiami?>>
Lo indicò. <<Prof, Josh.>> rispose.

Tutti risero e sembrò che la lezione prendesse una piega più tranquilla.
<<Perfetto. Cominciamo.>>
<<Prof, in cosa consiste? >>
Alan rimase disponibile, nonostante Josh stesse diventando pesante.
<<Va bene, Josh.>>
Oltre che carino alcune bisbigliavano avesse una memoria di ferro.
<<Vorrei sapere che cosa voi credete sia la 'musica'>> sottolineò, mentre una mia compagna Monia si offrì per prima alzando l'indice.
<<Prego.>>
<<Prof io credo sia una serie di note che si susseguono sugli spartiti musicali, che si riproducono con strumenti.>>
Alan scosse il capo.
<<Certo, ma questo è quello che dicono tutti e noi non dobbiamo seguirli. Formuliamo un diverso significato.>>
Un'altra mia compagna alzò la mano.
<<Prof la musica è corretta performance di un'esibizione.>>
<<Non ci siamo.>> affermò lui. <<Qualcuno sa dirmelo?>>
Lo vidi alzare lo sguardo verso gli ultimi posti, fermandosi proprio su di me indicandomi.
<<Tu ragazza con gli occhi verdi e capelli neri, alzati!>>
Avevo quasi paura. Non poteva capitare proprio a me!
<<Io?>> domandai, puntandomi mentre lui scuoteva il capo in segno di affermazione.
<<C-certo.>> mormorai, alzandomi in piedi con le gambe anchilosate.
Lui sorrise. Di nuovo quelle bellissime fossette.
<<Allora, tu sei.>>
<<Sono Sofia, professore.>>
<<Bene, Sofia. Cosa pensi della musica?>> chiese lui.
Le mie idee sulla musica risultavano un po' confuse, adoravo cantare e fare musica, ma non sapevo esattamente quale fosse il termine più adatto per convincere Alan.
Guardavo in direzione di Josh e del tomo, ma capii che la risposta era solo mia e doveva nascere dal mio cuore e non da classiche scritte.
<<Musica, io la vedo come l'espressione dei miei sentimenti che esterno grazie al canto. Musica è amore, e amore è musica. >>
<<Questo è corretto. Non dovete mai vedere la musica come una semplice performance che fate assieme al vostro strumento, ma come dimostrazione di un diverso amore. La musica è la sposa di ogni artista che compenetri in essa. >>
Alan era saggio.
Era semplicemente sublime ascoltarlo, forse l'indomani avrei cambiato idea di vedere lui professore come una mia grande sfortuna.
<<Prof!>> Lo chiamò una ragazza dalla parte sinistra, interrompendolo.
Lui guardò nella sua direzione.
<<Sì?>>
<<Ma secondo voi, però non c'entra niente sulla musica.>> chiarì, ma Alan fece un gesto con la mano a far capire che era libera di esprimere ogni sua opinione.<<Esistono -secondo vostro parere - gli amori impossibili?>> Alan inarcò una sopracciglia. <<Bella domanda.>> esclamò portandosi una sotto al mento. <<Certo che esiste, Ramona.>> <<Ma se è impossibile, prof?>> ribatté lei.
<<Esistono gli amori impossibili solo perché possiamo e dobbiamo renderli possibili. >>

Tutti alla fine della lezione del prof Alan avevamo capito qualcosa di importante, qualcosa che riguardava la nostra vita, le nostre passioni che potevamo realizzare se ci credevamo davvero; quel professore di musica non era solo un docente che ci accompagnava nel percorso che ci avrebbe portato fama, ma anche un ragazzo che viveva come noi, amava come noi e si divertiva a provare amore solo muovendo dei tasti o prendendo fiato per produrre una dolce melodia. Al suono della campanella la classe velocemente si svuotò e tutti si accodarono alla porta di uscita, mentre Alan si trattenne in classe per riordinare i fascicoli. Josh mi disse che sarebbe andato in giardino a fumare, e io mi proposi di raggiungerlo, così lui se ne uscì insieme agli altri, mentre io rimasi quasi sola in classe. Alan era seduto alla cattedra e indossava degli affascinanti occhiali da vista dalla montatura nera e le spessi lenti. Notando la mia presenza alzò lo sguardo. Non ci voleva proprio!

Rimanere in classe con lui, chi mi avrebbe potuto salvare da Alan?
Alan tolse gli occhiali.
<<Sofia.>>
Dimenticavo che adesso quel ragazzo conosceva il mio nome.
<<Prof, adesso vado.>> scesi velocemente gli scalini e mi apprestai a uscire da quell'aula che mi stava rendendo accaldata.
<<Aspetta!>> si alzò improvvisamente dalla sedia; io sussultai e guardando i suoi occhi magnifici le guance mi si colorarono di rosso, assumendo la tonalità di un pomodoro maturo.
<<E... sì?>>
<<Ci siamo già incontrati da qualche parte? Ricordo vagamente che una ragazza simile a te mi abbia aiutato a ritrovare la classe nel corridoio.>>
Allora anche lui si era ricordato di me, però a quanto pare non ne era molto convinto. Io roteai lo sguardo alle imposte della finestra dinanzi a me, squadrando lui con la coda dell'occhio, che lasciava la cattedra spostandosi più verso la mia figura, che era pronta a schizzare via se sarebbe stato necessario.
<<Non mi sembra prof.>> gli risposi, non guardandolo direttamente negli occhi.

<<Scusa, probabilmente ho preso una svista.>> si scusò ma pareva seriamente deluso del fatto che non fossi io; mi morsi il labbro nervosa, facendomi uscire un po' di sangue di cui sentì un acido sapore metallico.
<<Però sembravi proprio lei. Ma mi sono sbagliato, capita.>>

Stupida! - mi dissi mentalmente sottovoce, e lo salutai rammaricata.

<<Prof ci vediamo dopo.. >> <<Sì Sofia. A dopo. >> Mi salutò anche lui quasi mormorando. Io mi ghiacciai dalla mia posizione e con grande coraggio abbandonai l'aula e il professore che ancora mi guardava desideroso di immaginarmi la ragazza che lui aveva incontrato.

[Pov's Alan]

<<Alan.. Alan.. che cosa ti passa per la testa? >> mugugnai sottovoce sedendomi al posto di prima non riuscendomi a togliere dalla testa l'immagine delicata di quella ragazzina che avevo incontrato, capelli lisci come la seta, neri come il carbone e gli occhi verde scuro, gracile come un giunco, ma forte al tempo stesso come una roccia. Non riuscivo a togliermi dalla testa quella ragazza, e Sofia purtroppo me la faceva ricordare in ogni cosa che faceva e che diceva e mi destabilizzava completamente.
<<Ma se fosse lei?>>

Salve amici!
Scusate il grande ritardo ;)
Ringrazio tantissimo voi che avete votato con la stellina e commentato, grazie mille.
Spero vi piacerà. Per favore se vi piace la storia mettete la ☆ o commentate.
#Love




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