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Capitolo 29

Vi avevo promosso che avrei ripreso ad aggiornare dopo aver ultimato ciò in cui ero impegnata da ormai molti giorni, e fortunatamente è andata bene, quindi non aspettate ulteriore tempo per il ventinovesimo capitolo perché finalmente lo posto e nelle vacanze natalizie potrete visionare anche il famoso trailer con Matt Bomer, Nina Dobrev, Jane Levy e Colby Melvin come protagonisti principali.

Vi auguro una buona lettura ci si vede sotto, nello spazio autrice.

29.

[Pov's Tania]

Nella macchina del padre dell'idiota notturno stavo per giungere al college di musica.

Non sapeva ancora cosa sarebbe accaduto quando avrei incontrato quella persona. Non riuscirò a guardarla in volto senza provare una forte rabbia per averla trascurata in tutti questi giorni. Avevo dato ascolto al mio orgoglio, la parte negativa che i miei genitori mi avevano consigliato di mettere da parte in queste particolari questioni.
All'inizio il mio arrivo all'aeroporto sembrava come un sogno che si stava materializzando davanti ai miei occhi, come se con un pizzicotto avrei sfiorato solo la dimensione irreale e sarei piombata nella calda imbottitura delle mie coperte, di quel dolce profumo di brioche e cappuccino, prima della scuola che suggeriva un luogo sicuro.
Invece quando mi ero trovata a camminare nella moltitudine di persone, il sogno combaciava perfettamente la dimensione terrestre braccata dalle regole.

Ero davvero in America.

La mia mente cominciava a razionalizzare il luogo, anche se percepivo una scia di paura trapassarmi il petto, mentre i battiti triplicavano paurosamente e rieccheggiavano come un eco nella camera cerebrale.
Curvai il capo in avanti come un vecchio rachitico e mi osservai puntigliosa lo stato dei miei jeans stretti, con qualche strappo e strass disperso nel tessuto, mentre le mani grondanti di sudore si incastravano nella parte alta del cavallo dei pantaloni. Sentivo il tremore aggrapparsi dai piedi e risalire veloce e nonostante fossi accomodata sul sedile mi sembrava di non riuscire a sorreggerne il peso, mi sembrava di precipitare a terra sulle ginocchia. L'ansia mi bloccava il corpo a contatto con lo schienale, era come una mano potente e invisibile che stringeva all'altezza del collo, serrandolo fin quando nessun piccolo respiro avrebbe potuto accedervi.

Non volevo pregiudicare ancora una volta la nostra amicizia.
Perderla sarebbe stato il colmo, non me lo sarei mai perdonato, nemmeno tra un milione di anni.
Sofia è la mia amica, la mia quasi sorella, anzi forse bisognerebbe parlare al passato, non dopo quello che ho fatto. Sono stata una persona ignobile, sono stata solo in grado di ascoltare la me stessa che mi suggeriva di giudicarla per le sue scelte, di allontanarla come se fosse in quarantena, solo perché cercava di dare una svolta alla sua vita diventata ordinaria.

Non era così che si comportava una migliore amica. Non importava se il mio viaggio sarebbe andato a vuoto o se lei non avesse voluto nemmeno vedere la mia ombra, io dovevo chiarire con lei, dovevo spiegarle le ragioni per cui ho fatto le mie sciocchezze, ho bisogno di redimermi. Devo esaminarmi, altrimenti con questo peso che mi tenevo dentro non mi sarebbero bastate le sedute del psicologo.
Dovevo pensare al dosaggio, alle parole più consone che sintetizzassero tutto, ma non sarebbe bastato quel poco tempo che mancava alla destinazione per riuscire a mettere in ordine le idee. Avvertivo dentro di me un tumulto, mentre la strada ci ricorreva dietro, con le strisce dei margini deformati dalla velocità dei sessanta chilometri dell'andatura di Josh Watson.

Chissà perché avevo ancora qualche riserva a fidarmi completamente della sua idoneità alla guida. Sembrava un pazzo spericolato, temevo per la mia povera condizione fisica e se sarei giunta al college tutta intera.
Posizionai una mano al di sotto del mento, mentre una guancia combaciava da un lato col vetro del finestrino semiaperto, da cui proveniva un venticello sferzante di inizio inverno.
«Speriamo in bene.» bofonchiai dentro di me, guardando con un'occhiata il conducente del grosso fuoristrada sterzare.
La macchina sembrò perdere tenuta di strada per un momento, le ruote da un lato rimasero per due millisecondi in equilibrio, ma poi si riassestarono. La guancia scivolò dalla superficie, e a causa della forte velocità la tempia destra vi urtò con un rumore secco e il dolore vi si irradiò, creando un piccolo ematoma.
Josh cacciò il volto fuori dal finestrino e imprecò con un paio di gesti verso un uomo alla guida di una Panda che lo aveva sorpassato senza rispettare le comuni norme previste, e poi rifilò la testa all'interno dell'autovettura.
«Ma certi tipi..» farfugliò visionando la panoramica della strada. «Chissà dove diamine hanno preso la patente.»
«E tu dove l'hai presa?» domandai, alludendo alla sterzata di prima.
Lui mi guardò con un solo occhio, come se avessi detto qualcosa di straordinario, come un alieno che non è capace di decifrare il linguaggio terrestre.
Sospirai e girai il bacino, allungando un dito verso la parte alta contusionata dove un rigonfiamento iniziava a diventare viola scuro.
«Per colpa tua
Lui ridacchiò.
«Beh, così impari ad appoggiarti al finestrino senza la dovuta cautela.» precisò con aria da maestrello.
Roteai gli occhi al tettuccio, possibile che non esistesse un idiota che avesse la probabilità di essere dotato di materia grigia.

La cosa sicura? Josh Watson no.

«Tu, secondo mio parere.» cominciai diminuendo la distanza dal suo volto compiaciuto.
Josh non lo evitò, non ignorò i miei occhi azzurri, sembrò intavolare una sfida che credeva di poter vincere. In poco tempo le sue iridi dilatate si specchiarono nelle mie e nessuno dei due se ne distaccava come se fossimo stati colpiti da un incantesimo. I suoi occhi profondi e scuri sortivano ancora uno strano effetto nel mio corpo, che cercavo di dimenticare. Erano luminosi, forse era solo la luce di un pomeriggio che si apprestava a finire, ma quel nocciola mi confondeva come non mai.
Ne avevo visto tanti. Piccoli, grandi, schiacciati, storti, ma mai così dannatamente perfetti, sembravano l'emblema della divinità. Mentre continuavamo a fissarci come due cretini in conflitto, uno dei riccioli trattenuti dal gel gli finì davanti, sfiorandogli la guancia.

Anche così era straordinario. A dire il vero ci sarebbe una questione che fugge dalla mia compresione, il motivo per cui un ragazzo tanto affascinante fosse un emerito imbecille, montato e ossessionato dalla sua bellezza.
Perché un ragazzo perfetto non può semplicemente ringraziare la natura per averlo creato?

Orgoglio, ecco cosa.
Solo adesso mi stavo rendendo conto di quanto quelle iridi pericolose mi stessero ammansendo come un cagnolino, e la mia rabbia stesse sfumando via dal mio corpo.
Avevamo in comune molte cose. Stavamo scoprendo i risvolti che non conosciamo o che fingiamo di misconoscere perché mostravano la realtà, non eravamo poi agli antipodi. A entrambi piaceva saltare a conclusioni troppo affrettate, condannare con le nostre parole un imputato che in realtà era innocente.
L'orgoglio era l'arma dei nostri continui sbagli, dei nostri errori, ciò che ci complicava le cose e che avremmo dovuto correggere.
Ma parlandoci chiaro l'orgoglio era radicato in noi, nemmeno con anestesia totale avremmo potuto estirparlo alla radice.

«Tu, secondo tuo parere?» ripetè canzonatorio, spingendosi verso di me mentre la macchina procedeva a passo spedito. D'istinto cercai di fuggire dal suo ipnotico sguardo di playboy, ma alle mie spalle avvertii la chiara presenza del vetro infrangibile e le portiere erano state bloccate alle nostra partenza.
«Vediamo cosa hai da dire sul mio modo di guidare eh?»
Mi puntò il suo indice contro, mentre sentivo il suo respiro depositarsi sulla pelle. La faccia iniziò a diventare accaldata e il nodo in gola tornò a dare segni.
«N-niente.» tartagliai fingendomi indifferente ai suoi effetti.
«Mi dispiace ma dovrai sopportare, baby. Non puoi scappare dalla macchina, nemmeno se tu lo volessi.»
Lo odiavo quando faceva l'arrogante. Costrinsi il volto a ritrovare il biancore che mi faceva somigliare a uno di quei cadaveri de La Sposa Cadavere e lo infilzai a mia volta con graffiante tono.
«Figuriamoci se voglio scappare da te. È l'ultima cosa che mi verrebbe in mente.»
Josh alzò un sopracciglio in segno di sufficienza.
«Se lo dici tu.» fece lui, smettendo di volgermi i suoi occhi per fissare serio la strada. Rimasi in silenzio, spingendomi con forza verso lo schienale regolabile, mentre davo uno sguardo allo scomparto, trattenuta dalla cintura.
«Punch?» domandai all'idiota.
«Yes, originali.» mi rispose con perfetta pronuncia inglese. «Ne vuoi una, tanto ho il pacchetto intero di venti e l'ho comprato poche settimane fa.» mi spiegò mentre leggevo il retro del piccolo pacchetto notando quanti problemi arrecasse il semplice mettere una sigaretta in bocca.
Problemi gravi che mi astenevano da quella pratica paradisiaca, come se non ne avessi già abbastanza. Come se tutto si potesse dimenticare nel momento in cui l'orribile sapore del fumo misto a nicotina ti annebbiava il cervello. Alzai la testa e lo guardai con il latente desiderio di voler incontrare nella vita quei pozzi scuri misteriosi e impenetrabili e lui era rimasto girato di poco verso la gracile figura. Quegli occhi cercavano di scavare a fondo nell'intento di poterci trovare qualcosa, sentivo la loro pressione come un incudine schiacciarmi.
«Se ti va, puoi prenderne una.» dichiarò mentre governava la macchina sulla carreggiata.
«Stavo giusto cercando una compagna per riuscire a 'soddisfare il mio desiderio'» puntualizzò con quella voce che sentivi tua dal primo istante.
«Ma nessuna è stata all'altezza.» continuò, mentre la mia coscienza decifrava in modo incoerente quel messaggio. Senza volerlo deglutii un fastidioso groppo in gola.
«Uhm, intendo nel fumare.»
Divenne color peperone, mentre mi faceva il segno con le due dite dinanzi al suo naso, che quello a cui stavo pensando era sbagliato.

-Ma che razza di figuraccia!

Prontamente la coscienza ritenne il momento giusto di rimproverarmi. Ottimo tempismo, in quanto a tempo il mio io inconscio non lo batterà nemmeno il più veloce. Dovevo sicuramente essere apparsa come una povera sciocca senza cervello, o peggio ancora come una perversa che non faceva altro che girare intorno all'argomento tabù del giorno.
Lo sei stata, ma non per questo lui ti giudicherà.
Fai bene a ricordarmelo coscienza.

La mia faccia si scolorì da rosso a giallo canarino, mentre un silenzio tombale si diffondeva nel veicolo.
«Ma perché non chiudo la bocca?»
Forse perché ero troppo ingenua.
«Ora penserà che vivo solo per quello. Perché lui avrà fatto quel genere di esperienze, come alcuni fanno intendere. Tania perché prima di parlare non conti fino a cinquecento mila eh?»
Il silenzio fu spazzato via come da una grossa folata di vento e l'abitacolo si riempì di risate isteriche. Josh teneva con un mano il volante, mentre si tratteneva una pancia che a furia di sghignazzare si stava spappolando. Mi sentivo doppiamente una stupida ingenua ragazzina, senza un straccio di esperienze, perché convinta che esistesse la minima possibilità di un principe col mantello azzurro a cavallo, magari non nel ventunesimo secolo, ma un uomo con cui una prima volta fosse quella giusta.

Uno solo, ma che fosse importante.
Una relazione basata sulla fedeltà, la stabilità e soprattutto sull'amore reciproco era forse essenziale.

«I-idiota notturno!» esclamai per richiamare un poco di ordine.
«Non mi è mai una capitata una ragazza così stupida su certe cose. Non lo so se si deve ridere o piangere. Preferirei piangere.» aggiunse, seguito da due brevi pause per annuire. «Ma.. su una cosa ti do ragione, se pensi che un playboy abbia avuto relazioni lunghe e importanti, ti sbagli.»
«Beh, non conosco nessuno Latin Lover che si rispetti che faccia di una sua conquista ciò che vuole.»
«Uhm, siamo sempre portati a fare questo per principio, ma io non ho mai voluto somigliare a quel tipo.»
Ascoltai ogni sua parola per filo e per segno riscontrando nel suo discorso un indivisibile collegamento che iniziava ad accomunarci. Tutto l'imbarazzo si stava dissolvendo.
«Ma nella tua vita di playboy sei stato mai innamorato?» gli chiesi stringendo la cintura di sicurezza.
Lui mi osservava con gli occhi spalancati.
«Scusa, ho fatto una domanda stupida e personale. Se vuoi, non sei tenuto a rispondere.»
«Non è una domanda stupida, anzi più che altro è dolorosa.» rispose mentre accennava un piccolo sorrisetto, che era una banale smorfia, un patetico tentativo.
«Dolorosa?» puntualizzai.
«Sì, però non voglio annoiarti con la mia peripezia amorosa.» ma io lo fermai prima che potesse continuare. «No, non mi dispiace.. anche io sono innamorata.» gli dissi abbassando lo sguardo, sentivo il suo posarsi su di me, mi scrutava, camminava su ogni tratto di pelle, una scia di tremolii percorreva tutto il mio corpo, di nuovo questa strana sensazione.
«Ho sofferto tanto per un ragazzo che non mi corrispondeva affatto.»
«E chi era questo stupido?»
Ridacchiai. Lui teneva ben saldo il volante e con un solo occhio mi fissava, mentre ritrovava il suo atteggiamento da strafottente.
«Non aveva gli occhi questo stupido.» continuò.
I nostri occhi si scontrarono per qualche minuto, e incassando lo sguardo nelle scapole cominciammo a ridere insieme.
Non era male l'idiota notturno, credevo fosse peggio che stare con un diavolo all'inferno. Era come se parlassi con un amico di vecchia data, era piacevole, lui non mi faceva sentire a disagio, con lui stavo bene nonostante quel viaggio si stesse prolungando il più del dovuto e sentivo le gambe anchilosate, parlare dei nostri problemi, dei nostri cuori infranti e scoprire di aver avuto una storia analoga non mi faceva sentire più sola contro il mondo. Anche Josh si era scontrato con le mentalità tradizionaliste delle persone, aveva curato le sue escoriazioni da solo, entrambi avevamo solcato delle strade diverse, ma che ci avevano portato a incontrarci come uno scherzo del destino.

Era stato uno scherzo della vita, o semplicemente una coincidenza.

Perché sembrava così simile la nostra storia?

Sembrava che avessimo vissuto le stesse esperienze, belle e brutte, gli stessi incidenti di percorso, lo stesso cuore infranto più e più volte ma avevamo avuto il coraggio di rialzarci quando tutti ci ignoravano con le sole nostre forze. Per una volta avevo trovato chi riusciva a capire che cosa significasse innamorarsi e non essere calcolata.

Josh Watson.

«È strano che le più brutte vengano scelte e le più belle restano fuori.»
«Di solito è il contrario, Josh.» feci io con voce melliflua, mentre mi schiacciavo i pollici con movenza nevrotica. «Le più belle vengono subito scelte, ma nella lista io non ci sono mai stata.»
Josh tenne premuto il pedale sinistro, lasciando quello di destra mentre la macchina diminuiva la sua andatura in corrispondenza di un semaforo rosso.
Trovò l'occasione per fissarmi, i suoi occhi erano di nuovo l'unica cosa immobile, rispetto al traffico cittadino del Mid West.
«Tu saresti nella lista come numero uno. Sei bellissima.» precisò mostrando un sorriso a trenta due denti. Assottigliai la linea delle labbra alzando un sopracciglio verso l'alto.
«Menti come i playboy di mia conoscenza.» feci, dandogli un piccolo pugno sul braccio.
«Io non sono bella, ci sono gattine al mio liceo che sembravano essere uscite da una rivista di moda. Bionde, vanitose, maniche di scope senza materia. Tutto fisico, marce dentro fino in fondo.» spiegai, incrociando le braccia al petto, mentre un pedone ci passava dinanzi velocemente.
Più in là una grossa insegna bianca ci avvisava che eravamo appena giunti in Minnesota e a circa cento metri avremmo trovato il parcheggio del college.
Josh rilasciò il piede e ripartimmo.
«Io invece penso che tu sia una bella ragazza e quello stupido sia veramente cieco.»
«È un mio amico.» annunciai sicura, visto che non mi vergognavo di essermi invaghita di Alessio Baldi, nonostante lui abbia finito per non prendermi mai seriamente, preferendo Monica che era molto più sexy di una ragazza semplice e trasandata come Tania Bergazzi, quella ragazza che gli stava vicino in ogni singolo momento perché ogni attimo fosse conservato nel suo cuore. Il mio cuore non aveva smesso mai di battere nel petto.
Sembrava un bimbo capriccioso che non si capacitava di come il suo 'gioco' fosse capitato nelle mani di un altro bambino, una testa dura, che non riusciva ad arrendersi anche se il tempo era giunto il termine. Un cuore malato che palpitava da tempo immemore per una persona che nemmeno lo prendeva in considerazione.
Per un momento mi ero persa negli assurdi meandri della mia disperazione, il male d'amore che tutti dovevano provare almeno una volta per fortificare lo spirito.
Una frenata di Josh mi fece perdere per una frazione di secondi la sicurezza dello schienale, ma il mio corpo non fu proiettato contro il parabrezza perché trattenuto dalle cinture, tornò indietro con la velocità di un boomerang.
«Un mio grande amico e anche di Sofia.» continuai reprimendo la frustrazione che pulsava come lava incandescente. «Lui però è fidanzato con una modella italiana e io sono sempre rimasta una semplice amica
«Che canaglia!» borbottò infastidito. «Non ha proprio rispetto. Certi uomini sono insensibili, sopratutto..» lasciò il cambio per posare una mano sulla mia gamba sinistra al che sussultai, mentre sentivo i brividi invadere come un fiume che ha rotto gli argini il mio corpo. Abbassai il capo con le guance che somigliavano a due tizzoni.
«sopratutto..» farfugliò, schiarendo di tanto in tanto la sua voce greve.
«Se ha l'opportunità di stare con una bella ragazza.» la sua mano destra lasciò il volante, mentre con un dito mi alzava il mento, costringendomi a specchiarmi nei suoi meravigliosi occhi.
«Ha perso lui, non te. Tu non sei la sua seconda scelta, starai molto meglio senza un manichino al tuo fianco.»
Fui colta improvvisamente da un rossore repentino delle guance, la sua mano era grande, calda e mi sfiorava delicatamente la parte bassa del collo, mentre i miei amici ghiacciati mi salivano su.
Avrei voluto ascoltare la mia coscienza, quella vocina interiore, ma preferii non continuare perché ero arrivata lì per un preciso scopo e non certo per romantici incontri. Dovevo parlare con Sofia, chiarire, riprendere da zero la nostra amicizia.

Oppure dimenticare Alessio e il tuo passato e darti una sola opportunità per essere felice.

Coscienza, io non sono qui per prenotare un viaggio nel treno dell'amore, quindi calma i miei ormoni perché non né ho intenzione.

Vuoi farti suora di clausura?

Forse è meglio che ti vai a far benedire, prima che ti mandi a calci, detto questo chiudo.

Smisi di effettuare quel collegamento intracerebrale e allontanai quella mano dalla mia guancia. Lui rosso in viso girò in un lungo piazzale, dove si ergeva imponente una struttura rosso scuro, con vetrate intarsiate da disegni antichi che rappresentavano i vari strumenti musicali, e parcheggiò in uno dei posteggi liberi. Sbloccò le portiere con apposito comando e scese dalla macchina, invitandomi a fare lo stesso. Feci un piccolo balzo in avanti dallo schienale e per poco non mi trovai a contatto col caldo asfalto, se non fosse stato per l'idiota che prontamente mi aveva salvato in calcio d'angolo prendendomi in braccio come se fossi stata una delle principesse e lui il mio principe, mancavano solo gli gnomi e la strega cattiva.
Detestavo fare figuracce che mi mettessero in cattiva luce, ma nel sangue dei Bertazzi vi era almeno un componente che fosse o un emerito imbecille o un memonato.
Josh mi tratteneva con le sue grosse braccia. Una mano portata dietro, combaciava con la schiena, l'altra al di sotto delle gambe congiunte. D'istinto mi aggrappai alla camicia, venendo inebriata dalla stessa fragranza maschile, acqua di colonia molto probabilmente mentre lui sghignazzava. Avrei voluto dargli un ceffone ora che non eravamo in contatto telepaticamente, ma la posizione in perfetto stile sposini me lo impediva. Lui strinse di più la presa, mentre io prima immobile inserivo la mia testa nell'incavo della sua scapola stringendo in piccoli lembi nella mia mano grondante di sudore la camicia che gli rivestiva quel corpo appena uscito da un mese di serrato allenamento.
«Allora principessa incapace.»
La coscienza stava ridendo, prendendosi gioco del mio atteggiamento ammansito.
«Se non ti prendo in braccio mi conbinerai qualche guaio.»
Ma come si può permettere di darmi dell'imbranata, so che non l'ha detto in modo esplicito ma comunque lo stava pensando.
«Che nervi!» sembrai gridare a me stessa.
Alzai un cipiglio, smettendo di aggrapparmi come un koala al suo albero e mi staccai da quella posizione. Il piazzale era vuoto, ma mi sentivo comunque osservata da una miriade di occhi che intravedevo in ogni dove mi girassi. «Vabbene principino dei miei stivali, adesso mettiti giù altrimenti te ne do di santa ragione.»
Josh ragionò su, mentre mi avvilupava ancora più a sé, come se non volesse permettere a nessuno di impossessarsi di me come un comune animale in vendita. Si voltò e con la felicità in ogni poro mi mostrò la sua lingua.
«Se ti dicessi che voglio giocare ancora a fare il principino?»
«Ah davvero?»
Lui annuì e i capelli ricci gli ricaddero dinanzi a un occhio spalancato.
«Bene, dovrai farlo con le sciacquette che ti porti ogni volta a letto e che conquisti con le tue arti che su di me non hanno alcun effetto.»
Odiavo Josh nel vero senso della parola mentre mi teneva nelle sue braccia a una minima distanza dal suo petto così simile a quello di mio padre, così uomo, così perfetto ma anche in una minima parte uno stupido di prima categoria.
«Guarda che rischi un pugno, quindi..» mi interruppi e lui sospirò. «Devo metterti giù.»
«Bravo, baby.» gli accarezzai la testa come se fosse stato un comune animale domestico, insinuando le dite in quei riccioli morbidi, definiti e profumati di shampoo. Lui si chinò e scesi goffamente, fortunatamente avevo il pantalone a vita alta ad impedirgli lo spettacolo dell'intimo. Poggiai le suole delle ballerine sull'asfalto e inspirai a pieni polmoni il nuovo ambiente del Mid West, mentre avvertivo uno spiffero dalla parte di dietro dei pantaloni. Josh provvedeva ad aprire il vano bagaglio per recuperare quell'unica valigia che mio padre aveva consigliato di portare per la capienza.
La trascinò con forza e la sollevò come se stesse portando dei pesi in una palestra, portandomela vicino.
Continuavo ad avvertire delle sferzate attraversare il pantalone di strass, quando mi voltai verso Josh che si portava una mano alla bocca per reprimere una risata sul momento, tentativo che fallì miseramente visto che sgusciò fuori quando se la liberò.
Lo uccisi con uno sguardo carico di odio, mentre lui additava un punto dietro il mio fondo schiena.
Sarà perché balzando dalla vettura avevo finito per cadere, e intendo non proprio cadere ma in braccio a lui ed ero arrossita al pari di un peperone arrostito al forno.

Ecco, una seconda figura di niente nel giro di poco. Poteva andare peggio di come stava andando?

Certo, può eccome se quello stupido non la smette di spaccarsi in due per le risate.

«Ehi, Tania.» mi chiamò, mentre mi faceva segno di notare e fare attenzione a ciò che mi stava dietro non davanti, mentre continuava a ridere come un matto agitando le mani come un papera che spiccava il volo.
«Ma che ti prende!» lo rimproverai, tastandomi impaurita la parte che lui stava osservando come un ebete appena asceso in cielo.

Questo ha una rotella che non gli funziona bene, magari appena nato la ginecologa gli ho provocato seri disturbi mentali perché l'ha fatto cadere a terra o forse è diventato così crescendo.

«Beh, dovresti vedere cosa hai combinato tu, d-i-e-t-r-o.» fece un segno con l'indice, e velocemente portai una mano sul mio lato posteriore notando un anomalia.
«Oh no! Cavolo.. bene, terza figura.»

#spaziome

Scusate molte per il ritardo, purtroppo in questi giorni sono sparita perché sto conseguendo la patente e ho dato l'esame di teoria ovviamente superato con eccellente risultato. Finalmente tra qualche mese prenderò anche la guida, spero di aver spiegato la ragione. Adesso bando alle ciance!
Chissà cosa sarà accaduto alla povera Tania che finalmente è giunta al college con Josh, per scoprirlo non vi resta che mettere una stellina o un commentino.
Fatemi sapere i vostri pareri: ringrazio sentitamente [in ordine casuale]
-Giulii-
Autore-
carlanappo
CinziaBruzzo
crepesallanutella
DesireViglianisi
disiervi_alessia
ERIKUCCIA2704
Faby-meissa
feelingmyself_x
Ghadyna
giannac96
giuggiola800
GiulyLilly05
GiulyMimmiFashionPC
gracemary01
Grazya87
i_miss_my_self
Ilala90
Irislafleur
Kolors92
LaylasDreams
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MartaPaolini2
nuccittu
Nymphadora15
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orgolesa
PandacornoMEL
PiccolaHemmings03
princessofpink26
Pubblicizzo
Spicy_Bad
stellinanelblu
TeresaB01
ValeBurgio
yourdreamyeyes
23ottobre2013
_Ery06_
_Gulietta_
Alex9230
Annikforlove
Antar-Mayy-As

Vi ringrazio.
Ancora Buona Lettura e buona serata :)

Josh: ovviamente mancava il discorso finale del protagonista della storia. Grazie per aver letto, e se siete arrivati fin qui significa che vi è piaciuto almeno un pochino. Vi invito a leggere o prossimi per scoprire cosa si è fatta Tania hahahhahahaha io lo so ma non lo dico, no!
Siamo quasi a Natale :) siate con la storia molto buoni, vi amo!

#latuacanzone


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