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Sono giorni che penso alla conversazione avuta con Reby nel parcheggio della scuola. Sono giorni che penso a Ryan. Oggi torna e non vedo l'ora di rivederlo e abbracciarlo.
Dovevano fare solo due serate, potevano andare e venire da qui a New York, ma poi hanno preferito fermarsi lì per non perdere più tempo. New York è una grande città, e tutti sanno che è sempre trafficata è piena di caos, questo li avrebbe potuto far tardare e non hanno voluto rischiare.
Ieri sera quando Ryan mi ha chiamata per dirmi che oggi sarebbero tornati, mi sono dovuta trattenere per non fare i saluti di gioia. Alla fine quando poi ha riattaccato, sono salita sul letto in piedi e ho cominciato a saltare come una bambina.
Ridacchio all'idea che avrebbe potuto vedermi. So già cosa mi avrebbe detto:
<< Non sapevo avessi due anni. Sei proprio una bambina. >> e mi avrebbe riso in faccia.
Vorrei potergli dire ciò che sento quando sarò in sua compagnia.
Si, voglio farlo. Quando oggi dopo scuola andrò a casa sua, glielo dirò.
Gli dirò che quando è con me sono felice, che con lui mi sento al sicuro come non lo sono mai stata. Voglio dirgli che quando mi è vicino, o quando mi sfiora, il mio cuore comincia a battermi all'impazzata. Voglio dirgli che lo trovo bellissimo: che mi piace il suo modo di ridere, perché fa ridere anche me, che mi piacciono suoi occhi, di un verde intenso da far tremare persino la terra. Voglio dirgli che mi piace il suo sorriso, soprattutto quando sorride a me. Voglio dirgli...
<< Collins intende seguire o vuole continuare a sognare? >> la voce della professoressa di matematica interrompe i miei pensieri.
Scuoto la testa e mi sistemo meglio sulla sedia. Poggio entrambe le braccia sul banco e mi concentro a seguire la lezione, o almeno ci provo.
La professoressa mi lancia un ultima occhiata, poi riprende a spiegare; non so nemmeno di cosa stia parlando.
Non faccio che pensare ad oggi quando rivedrò il mio Ryan.
Cavolo, ho davvero detto il mio Ryan?
Per fortuna manca solo mezz'ora al suono della campanella che segna la fine delle lezioni e poi sono libera.
<< Collins, di nuovo immersa nei pensieri? >> la professoressa richiama di nuovo la mia attenzione.
Sussulto e scuoto la testa: << No, stavo seguendo. >> mento. Spero non se ne accorga.
Mi scruta attentamente socchiudendo quei suoi piccolissimi occhi cerulei fino a farli diventare ancora più piccoli di come già non lo siano.
Storce il naso, incrocia le braccia al petto e dice: << Se stavi seguendo come dici, allora saprai dirmi di cosa stavo parlando. >>
Oh, mio Dio!
Il mio respiro accelera e le mani cominciano a sudarmi. Detesto quando vado in ansia in questo modo.
Devo subito trovare una scusa, perché la verità è che non ascoltavo per niente.
Mi alzo di scatto dalla sedia e mi guardo intorno. I miei compagni di classe mi guardano divertiti. Si prendono gioco di me.
Claire e il suo gruppo di oche ridacchiano tra di loro. Camille mi guarda con un'espressione divertita, dice qualcosa all'orecchio di Vera e poi scoppiano a ridere.
Connor mi guarda semplicemente con un sorrisetto malizioso stampato in faccia.
Mi volto verso la professoressa che sta aspettando che parli, non lo faccio, ma dico la prima cosa che mi viene in mente.
<< In realtà stavo pensando se andare in bagno o trattenere per seguire fino all'ultimo la sua lezione. >> forse così mi crederà. Ma non appena termino la frase un boato di risate riempie la classe.
<< Silenzio! >> la professoressa comincia ad urlare a squarciagola e io vorrei sprofondare in questo stesso istante.
<< Tranquilla. Vai in bagno se è urgente. >> dice con tono calmo.
Per fortuna! Credevo avesse cominciato ad urlarmi in faccia.
Annuisco e la ringrazio, poi esco a testa bassa mentre i miei compagni continuano a ridersela.
La bugia del bagno mi ha salvata dall'interrogatorio della professoressa, ma non dall'umiliazione della classe.
Quando rientro dal bagno, mancano solo dieci minuti al suono della campanella.
<< Collins! C'era fila nel bagno? >> esclama infastidita.
<< Ehm... Ecco... No... Ma... >> comincio a balbettare.
<< Sono passati venti minuti! Si rende conto? >> fa segno con l'indice sull'orologio che porta al polso destro.
"L'orologio si porta a sinistra, stupida!" Le direi. Poi lei vuole fare la ramanzina a me e non sa nemmeno a quale polso si pietà l'orologio.
Si, è stupido pensare una cosa del genere, ma per una volta che fa qualcosa di sbagliato lei.
<< Avevo mal di pancia. >> invento.
Mi meraviglio di me stessa. Sono diventata brava a inventare scuse in poco tempo.
<< Ah, okay. >> si limita a dire.
La classe che aveva placato le risate, riprende dopo quello che ho appena detto.
<< Ragazze! Non entrate nel bagno! Di sicuro morirete soffocate! >> esclama Claire.
Vedo come se la ridono, poi tiro un forte respiro e vado a sedermi al mio posto, cioè avanti a Camille.
<< Davvero avevi mal di pancia, sfigata? >> Camille si sporge in avanti per arrivare al mio orecchio.
Non la rispondo e faccio finta di sistemare le mie cose nella borsa, dato che tra un po' usciremo tutti.
La professoressa urla di nuovo a tutti di fare silenzio per terminare la sua spiegazione.
Dieci minuti dopo, siamo tutti di fretta per arrivare al proprio armadietto.
Inserisco il mio codice e poso i libri, lo richiudo e poi mi avvio verso l'uscita.
Ancora poco e sarò fuori da questo inferno.
<< Collins! >> mi sento chiamare.
Mi volto ed è la professoressa di matematica che mi fa segno di raggiungerla in classe.
Sospiro rumorosamente e controvoglia ritorno indietro. La mia libertà dovrà attendere ancora qualche minuto. Spero pochi.
<< Si, professoressa? >>
<< Collins, può sedersi un momento? Sta arrivando la preside. >> mi informa.
Cosa?! Vado nel panico e il mio cuore comincia a tamburellarmi nel petto.
Cosa vorrà mai la preside da me?
Sentiamo bussare e io sussulto.
Chi mi trovo davanti non l'avrei mai creduto: la signora Wilson, la madre di Ryan e Camille. Lei è la preside del mio liceo? E Ryan non mi ha detto niente!
<< Signora Wilson... >> sibilo.
<< Porta rispetto, signorina. >> mi rimprovera la professoressa.
Cosa ho detto di male da mancarle di rispetto?
La signora Wilson mi sorride e scuote la testa guardando la professoressa.
<< È amica di mio figlio, è abituata a chiamarmi così e va bene. >> spiega.
<< Può lasciarci sole? >> chiede sempre rivolta alla professoressa.
Annuisce e va via chiudendo la porta.
Resto in silenzio decisamente in imbarazzo.
<< Alexa, posso chiederti cosa ti è successo oggi? >>
La guardo confusa.
<< È venuta da me. >> dice indicando la porta dove è appena uscita quella rompiscatole della mia professoressa di matematica che non sa farsi gli affari propri.
<< Io... >> abbasso lo sguardo.
<< Sono solo... Ecco... Contenta perché oggi vedrò suo figlio. Non vedo l'ora. Mi manca sempre quando è fuori per gli spettacoli. >> dico tutto d'un fiato.
Non mi era mai capitato di parlare così con qualcuno che non conosco.
Mi sorride dolcemente e poi annuisce.
<< Sei una brava ragazza, ma non distrarti dallo studio, okay? >>
Annuisco e le sorrido. Avrà capito.
Me lo si legge in faccia quello che sento per Ryan.
Mi lascia andare e finalmente sono libera di uscire da questo inferno.
Guardo l'ora sul mio cellulare: sono le 15:30.
Sorrido e comincio a camminare a passo svelto fino a correre.
Quando arrivo davanti casa di Ryan, vedo una macchina parcheggiata davanti il garage. Non l'ho mai vista prima, chissà di chi è.
Faccio spallucce e decido di bussare. Per fortuna ad aprirmi non è Camille, ma suo padre.
Il signor Wilson è un gentiluomo; ecco da chi ha preso suo figlio; oltre ad essere la fotocopia di Ryan. Cioè, Ryan è la fotocopia del signor Wilson.
Ridacchio al casino che è la mia mente; è che sono così emozionata di rivederlo che non connetto più.
<< Vieni Alexa. Ryan è di sopra. Sarà felicissimo di vederti. >> dice e mi fa segno con la mano di entrare.
Cammino a passo svelto e poi salgo di corsa le scale. Arrivo davanti la porta della sua camera che è socchiusa.
C'è qualcuno con lui, sento parlare. Forse è meglio se busso prima, ma proprio quando sto per farlo, mi blocco nel sentir pronunciare il mio nome.
<< Chi? >> La risata di Ryan riempie la stanza.
Cosa staranno dicendo di così divertente? Voglio sapere anche io.
Perché hanno nominato me? Come fanno a conoscermi? Forse Ryan prova quello che provo io e ne ha parlato con qualcuno!
Il mio cuore comincia a battermi all'impazzata per la gioia.
<< Non capite che per me quella ragazza è solo un passatempo? >> Adesso sono gli altri a ridere.
Eh?! Non credo a ciò che sento!
Sbircio un po': Ryan è con alcuni ragazzi, mai visti prima d'ora, forse saranno altri suoi amici.
Uno di loro, biondo con un orecchino all'orecchio destro gli si avvicina:
<< Ma almeno te la sei portata a
letto? >>
Spalanco gli occhi e mi porto le mani alla bocca.
Il mio cuore smette di battere.
<< No, ma non ci tengo. >> Scoppiano ancora tutti a ridere, compreso Ryan.
Le sue parole mi fanno tanto male, così tanto che mi viene voglia di ubriacarmi, di fumare, drogarmi! Qualsiasi cosa a costo di placare questo dolore.
Le lacrime hanno cominciato a bagnarmi il viso senza neanche rendermene conto.
Come ho fatto ad essere cieca? Lui si prendeva gioco di me! Non è mai stato mio amico! Sono un passatempo per lui, nient'altro.
Faccio un passo indietro, mi volto e scendo le scale di corsa, arrivo alla porta e la apro.
<< Alexa. Hai visto Ryan? >> il padre ignaro di tutto si avvicina a me che nel frattempo sono rimasta pietrificata davanti la porta d'ingresso.
Senza voltarmi scuoto la testa. Tossisco per cercare di far uscire una voce più o meno normale: << Mi sono ricordata che ho un impegno e non posso restare. Lo vedrò in giro. >> taglio corto e vado via.
<< Va bene. Se vuoi torna quando
vuoi!>> lo sento urlare per farsi sentire.
Sono stata una maleducata, non l'ho nemmeno guardato in faccia mentre gli parlavo e non l'ho nemmeno salutato.
Ma non volevo assolutamente farmi vedere in lacrime, quindi meglio così.
Cammino per la strada senza meta, ancora in lacrime.
Perché Ryan mi ha fatto questo? Perché i ragazzi giocano sempre con noi? Non hanno sentimenti?
Io non lo perdonerò mai per questo. Nonostante sia innamorata di lui.

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