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5

L'incontro con quel ragazzo mi ha un po' scossa, e quando entro nell'ufficio della preside, vado nel panico più totale; resto ferma alla porta non sapendo che fare.
<< Collins, prego, siediti. >>
La preside della mia scuola è una donna sulla cinquantina - una bella donna - e non è la stessa dell'anno scorso.
Ha due enormi occhi grigi, e folti e ricco capelli neri che gli ricadono sulle spalle, coprendo parte del viso.
Faccio come dice e mi siedo sulla sedia di fronte a lei.
Mi sorride, << Puoi respirare, non sei qui per un richiamo, tranquilla. >>
Deve essersene accorta che sono parecchio agitata.
<< O- Okay. >> Balbetto torturandomi le unghie.
Poggia i gomiti sulla scrivania e unisce le mani.
<< Volevo parlati delle attività al di fuori degli orari scolastici... >>
Mi tranquillizzo. Se è solo per questo... << Puoi scegliere tra: coro, banda, teatro, danza e il consiglio
studentesco. >> prende tempo e poi continua: << Puoi anche frequentare il club degli studenti... >>
Annuisco: << Si, lo so. >> la interrompo.
Mi sorride. << Bene... E cosa vorresti scegliere? >>
Ma perché devo impegnare tutta la mia giornata?
<< Fotografia. Credo di voler scegliere fotografia. >>
Sospira e annuisce: << Va bene. Allora da domani resterai fino alle 16:30, poi potrai tornare a casa. >>
Già... E io non avrò più un po' di tempo per me!

È da ieri che non faccio altro che pensare a quell'incontro...
Quel ragazzo non era della scuola, era più grande.
Non capisco perché sono tanto curiosa, cosa vuoi che mi importi di uno sconosciuto, eppure, non faccio che pensarci.
Continuo a chiedermi cosa ci facesse qui, nella scuola, e provo anche a immaginare che nome potesse avere.
Deduco che una bella persona abbia un nome altrettanto bello...
"Ma cosa dici Alexa? Cosa sei stupida?"
Una voce nella mia testa ai prende gioco di me.
<< Collins puoi svolgere questo esercizio? >> La voce del professore di matematica mi riporta alla realtà.
Strizzo gli occhi e annuisco.
Un momento... Cosa devo fare?
Svolgere un esercizio? Aiuto! Non credo ne sarò capace.
<< Bene, allora vieni alla lavagna. >>
Lentamente sposto la sedia dal mio banco, fino a farla toccare con lo schienale a quello di Camille - dietro di me - e mi alzo.
Con le mani lungo i fianchi e lo sguardo basso, cammino tra i banchi della classe e a ogni passo il panico mi assale.
Il cuore ha preso abbattermi all'impazzata, e quando arrivo alla cattedra e il professore mi indica l'esercizio da svolgere, per quanto batte forte, ho paura che mi scoppi nel petto.
Guardo l'esercizio.
<< Me lo puoi leggere? >> Chiede.
Almeno questo sono sicura di riuscire a farlo.
<< Numeratore: 2x-5. Denominatore: 4x+1. Tutto minore uguale di zero. >> Dico spostando lo sguardo dalla lavagna al professore.
Incrocia le braccia al petto: << Bene. Sapresti svolgerlo? >>
Con la testa accenno a un leggero "no".
<< È semplice Collins, so che puoi farcela. >>
Sospiro rumorosamente.
<< Professore vengo io! >> Mi volto di scatto e vedo Connor con la mano alzata e un ghigno sul volto.
<< No, deve farlo Alexa. So che può farcela. >>
<< Ma professore non vede... >>
<< Silenzio Perez! Lo farà lei! >> Dice con tono alto e brusco.
Okay, se il professore ha fiducia in me, non posso deluderlo, devo sforzarmi di riuscire a fare l'esercizio.
Con la mente torno a quando ho studiato la teoria. Questa è la più semplice...
Okay! Forse ci sono!
2x la pongo minore uguale a 5; ma deve rimanere solo la x, quindi diventerà: x minore uguale a cinque mezzi, e faccio lo stesso con il denominatore.
Il professore mi sorride soddisfatto:
<< Sapevo che ne eri in grado. Puoi tornare a posto, grazie. >>
Accenno a un sorriso e annuisco.
Orgogliosa di me stessa me ne ritorno al mio posto.
"Okay Alexa, non essere così felice. Adesso arriva il bello. Quello era semplice, ma più avanti si andrà, peggio sarà."
Sempre la stessa voce nella mia testa mi fa pensare che è proprio così.
È stato un caso se sono riuscita a svolgere quell'esercizio; ma adesso che andremo avanti, arriverà il peggio.
Il professore comincia a spiegare, e io mi concentro sulla lezione. Se non voglio essere bocciata in matematica, devo impegnarmi. Molto...

A fine lezione, esco dall'aula per andare in bagno, quando incontro di nuovo Blake.
<< Ciao Alexa. >> Mi saluta con tono gentile. << Ciao... >> Ricambio il saluto con lo stesso tono.
Si posiziona davanti a me bloccandomi il passaggio. Mi si avvicina e mi prende la mano.
Lo guardo allibita: << Blake... >> dico con un filo di voce. Cosa vuole?
<< Alexa. Volevo dirti che sono felice che tu sia tornata. Mi dispiace per quello che è successo... >>
Tiro via la mano dalla sua, faccio un passo indietro prendendo le distanze, e faccio per andarmene.
<< Ti prego non andartene. >> mi ferma di nuovo, ma questa volta mi afferra un braccio.
<< Lasciami ti prego... >>
Per fortuna senza che io debba ripeterlo di nuovo, mi lascia il braccio e se ne va superandomi.
Non mi volto per guardarlo andare via - non lo faccio più - ed entro in bagno.
Mi avvicino al lavandino e poggio le mani su di esso. Apro l'acqua, ma poi la richiudo subito: << Alexa è diventata molto bella, avete notato? >>
È la voce di Claire; la riconoscerei fra mille altre.
<< Si, è vero... >> Questa è Vera.
<< Io non la conosco quanto voi, ma è una bella ragazza. >> Questa deve essere per forza Camille.
Perché stanno dicendo questo di me?
<< Non la sopporto. >>
Vorrei tanto sapere cosa le ho fatto, tralasciando quello che mi è capitato e il non averglielo detto.
Era la mia migliore amica e non sapeva niente. Glielo avevo tenuto nascosto...
La porta del bagno si apre ed escono tutte e tre, e quando mi vedono si bloccano guardandosi tra di loro.
Io non apro bocca, e resto immobile dov'ero.
Claire scoppia a ridere. << Non montarti la testa per quello che hai sentito, tesoro. >> scandisce bene quest'ultimo nomignolo.
<< Sei bella, ed io non ti sopporto. Ti renderò quest'anno un'inferno. >> sghignazza.
Sposto lo sguardo da lei a Camille che non appena incrocia il mio, abbassa la testa.
Non mi conosce. In realtà nemmeno loro mi conoscono più. Non sono quella di una volta; certe cose non vale faccio più. Sono cambiata.
<< Non mi monto la testa, tesoro. >> dico con il suo stesso tono.
<< Quella montata sei tu. >> Le faccio notare; anche se credo lo sappia, ma a quanto pare le sta bene così.
<< Tieni il tono basso con me. Tu sei una nullità in confronto a me. >> questo lo so, sono una nullità. Nella mia vita nulla è perfetto. Io non sono perfetta; ma lei non è nessuno per dirmi che sono una nullità.
<< Non eri così un tempo Claire. Sei cambiata. Non mi piace la persona che sei diventata. >> s'irrigidisce e mi guarda male, però nei suoi occhi vedo anche un po' di tristezza.
Mi chiedo cosa l'abbia portata a diventare quella che è oggi.
<< Tu non sai niente... >> sbotta.
Incrocia le braccia al petto: << Nemmeno tu sai niente. >>
Scoppia a ridere: << So esattamente perché hai fatto quello che hai fatto Alexa. Ero la tua migliore amica, te lo ricordi questo? >>
Annuisco: << Infatti, eri la mia migliore amica, avresti potuto starmi vicina, invece come gli altri ti sei allontanata e ora mi odi. >>
Inarca un sopracciglio: << Io non faccio quello che fanno gli altri. >> Ribatte.
Annuisco: << Si invece. >>
Sposto il peso da una gamba all'altra:
<< Sai davvero il perché? Sai perché sei arrabbiata con me? >> chiedo.
Voglio vedere cosa è in grado di rispondere.
Guarda le sue amiche e poi me, di nuovo le sue amiche. Serra la mascella, sospira nervosamente e aggrotta la fronte.
<< Non ho nulla da dirti. Ti odio. >>
mi supera e se ne va, seguita dalle sue amiche, o meglio, dovrei dire le sue "oche".
È come pensavo... Questo però mi fa stare male. Perché deve odiarmi se non è così? Perché deve seguire la massa?

Le lezioni sono terminate, e io non posso andare via.
Devo riferire alla preside quale attività ho deciso di fare. Non so quale scegliere; preferirei tornarmene a casa, ma dato che sono costretta a farlo, tra tutte, credo mi piaccia di più teatro.
Mi piace recitare, ma sono sempre stata timida, non sono mai riuscita a farlo, chissà! Forse questa è la volta buona!
<< Alexa. >> Mi sento chiamare e mi volto di scatto. Ecco appunto...
<< Preside, salve. >> Le sorrido.
<< Cercavo proprio te, per fortuna che ti ho trovata. >>
Raddrizzo le spalle: << Si... >>
Si? Cosa intendi dire con "si" Alexa?
<< Mi chiedevo... Cosa hai scelto? Per le attività... >>
<< Teatro. >> La interrompo.
Annuisce: << Bene. Sono contenta. >>
Annuisco. << In palestra sono riuniti. Buona giornata. >> dice e se ne va, ma non prima di avermi sfiorato affettuosamente la guancia e sorriso.
<< Grazie preside. >>
In palestra un gruppo di ragazzi e ragazze - abbastanza numeroso - è riunito in cerchio e parlano tra di loro.
<< Vieni. Sei qui per le attività di teatro? >> Un signore di mezza età mi sorride. Indossa un berretto nero con la visiera. Ma non stiamo all'aperto! Perché non lo toglie?
"Fatti gli affari tuoi Alexa!" La voce nella mia testa mi rimprovera.
È vero... Cosa vuoi che mi importi? Vuole tenere il berretto? Lo tenga...
Annuisco lievemente e lui mi fa segno di avvicinarmi e unirmi a loro.
Mi avvicino e mi guardo intorno.
Tutti mi fissano; sanno chi sono?
C'è chi mi lancia occhiatacce, chi invece non mi presta per niente attenzione.
Forse con loro posso tentare di stringere amicizia...
<< Come ti chiami? >> Il signore col berretto interrompe i miei pensieri.
<< Alexa. Mi chiamo Alexa. >>
Mi sorride: << Alexa, io sono il professore Patrick Benson. Insegno storia, e mi occupo anche di organizzare le recite di teatro. >>
Annuisco. << Molto piacere. >>
<< Bene. Cominciamo con le presentazioni... >> Guarda un ragazzo di fronte a lui: << Io mi chiamo John. >> mi lancia un'occhiataccia, e questo mi fa capire che non posso azzardare a un avvicinamento.
Si presentano tutti e il professore Benson comincia a parlare.
Lo ascolto poco. Ho passato la maggior parte del tempo a immaginarmi sul palco a recitare. Mi piace l'idea, ma ho paura di essere presa di mira e presa in giro.

Torno a casa esausta. Giornate come queste mi stremano. Appena metto piede in casa, saluto mia nonna che è in cucina a fare non so cosa, la sento parlare, - forse è al telefono con qualche sua amica - e vado dritta in camera. Lascio la borsa a terra e mi butto sul letto.
<< Che giornata... >> Sussurro.
È stata pesante, però mi è piaciuto.
Credo mi piacerà fare teatro...
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Hola! Nuovo capitolo!

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