Capitolo 8
Quello che avevo detto a Sofya era la pura e semplice verità: possedevo un ottimo autocontrollo, però, se fossi andato avanti, portando il bacio a un livello superiore, l'istinto avrebbe prevalso sulla ragione, facendo scappare la donna.
Se c'era una cosa che avevo capito su di lei, era che necessitava di tempo e spazio, motivo per cui non l'avevo abbracciata e stretta a me, qualche istante fa, in macchina.
Le era accaduto qualcosa di terribile, ne ero più che certo, che l'aveva segnata profondamente, cambiando anche il suo rapporto con le persone dell'altro sesso.
Lavorando per la polizia, avrei potuto benissimo cercare il suo incartamento e conoscere la sua spiacevole storia, ma non l'avrei fatto. Quello che desideravo, oltre a portarmela a letto, era che lei si fidasse di me tanto da condividere i suoi demoni interiori.
Attesi che il portone le si chiudesse alle spalle, prima di rimettere in moto l'auto e percorrere il chilometro che mi separava da casa mia. Quando arrivai al loft, parcheggiai la macchina dall'altro lato della strada per poi attraversare con passo spedito: a quell'ora della notte, ormai, non vi era più nessuno in giro.
Recuperai le chiavi dalla tasca dei pantaloni, aprii la porta cigolante ed entrai, allungando una mano per raggiungere l'interruttore e accendere le luci.
Come sempre, rimasi immobile per un momento ad ammirare il mio rifugio: l'abitazione era stata ricavata da una vecchia stamperia e possedeva una parete totalmente finestrata che mi piaceva parecchio. Il mobilio era giunto poco alla volta. Compravo solo pezzi che attiravano la mia attenzione e non mi interessava se, ogni tanto, cozzavano fra loro.
Volevo che quel loft portasse il mio marchio.
Un po' come Sofya...
Lo sguardo mi cadde sul sacco da boxe che avevo appeso in salone, poco lontano dal divano rosso: si trattava di un oggetto che apparteneva alla mia vita precedente ed era una delle poche cose che non rinnegavo.
Adoravo allenarmi quando avevo tempo libero oppure quando dovevo schiarirmi le idee.
Dato che il loft consisteva in uno spazio molto ampio, ma privo di divisori interni, avevo posizionato un'allegra tenda con papaveri stilizzati come "porta" alla mia camera da letto, l'unico ambiente a cui avevo dato un pizzico di privacy. Salone e cucina, infatti, costituivano un solo e vasto ambiente ed era uno degli aspetti che mi avevano attirato quando stavo scegliendo casa.
Mi riscossi dalle mie riflessioni e camminai fino alla cucina, dopodiché appoggiai chiavi e pistola, con la sicura inserita, sul bancone per poi gettare la giacca su una sedia. Dopo presi una bottiglietta d'acqua fresca dal frigorifero blu metallizzato e me la scolai tutta d'un fiato.
Sospirai e chiusi gli occhi mentre ripercorrevo tutti i fatti della giornata, soffermandomi soprattutto su quelli accaduti durante la serata al Rose Pub.
Tutto riconduceva a un nome: Sofya Killian.
Non avevo mai conosciuto una donna come lei, così limpida eppure così colma di segreti.
Possedeva il dolce sapore delle pesche mature e io avevo maturato una vera e propria ossessione per quei frutti succosi.
Erano bastati due baci e ce l'avevo duro come il marmo.
Lasciai i miei pensieri a briglia sciolta e mi ritrovai catapultato in un futuro dove io e Sofya condividevamo un letto, il mio per la precisione.
Peccato che il trillo acuto del mio cellulare interruppe le mie fantasie sul nascere. Riaprii di scatto gli occhi e trassi il telefonino dalla tasca: controllai il numero e accettai la chiamata senza indugio.
《Buonasera, Mel. Come stai?》esordii, sperando che la mia interlocutrice non notasse la mia voce arrochita dal desiderio per una bionda.
《Richard. Tutto bene, grazie. Sai che ho vita tranquilla》rispose la donna, che immaginai con un mezzo sorriso in volto《Volevo dirti che ho terminato l'autopsia di Speedy. E' stato ucciso da un proiettile alla nuca, stile esecuzione. Nessun segno di difesa o pestaggio. Un lavoro pulito, insomma.》
Espirai pesantemente e l'immagine del corpo senza vita del mio informatore mi ritornò prepotentemente in testa, scalzando quella tenera della signorina Killian. Speedy, il cui vero nome era Calvin Hayes, era soltanto un povero diavolo, innocuo quanto una mosca, che conosceva tutti in città. Ogni tanto mi faceva qualche soffiata, giusto per avere un pasto caldo oppure un posto dove dormire.
《Grazie, Mel. Questo vuol dire che non si è trattato di un omicidio involontario. Qualcuno voleva Speedy morto》ragionai a voce alta.
《E tu catturerai il suo assassino. Come fai sempre》commentò Melinda, in tono sicuro.
《Adoro la tua fiducia in me》replicai, ridacchiando, a dispetto della brutta situazione che stavo vivendo.
《Passa una bella serata》disse lei, prima di chiudere la chiamata.
Il medico legale mi aveva dato molti elementi su cui riflettere. Per stanare il colpevole, dovevo scavare nella vita privata di Calvin: forse aveva offeso qualcuno oppure aveva fatto una soffiata di troppo. Eppure nessuna ipotesi mi soddisfaceva pienamente.
Vi era qualcosa che mi sfuggiva.
Non riuscii ad appoggiare il cellulare sul tavolo che si mise a suonare nuovamente. Stavolta, però, quando controllai il numero, trovai un contatto a me sconosciuto.
Non faceva presagire nulla di buono.
《Wayland》pronunciai quell'unica parola con voce metallica mentre il mio istinto mi gridava all'impazzata di chiudere la chiamata immediatamente.
《Da quanto tempo, amico mio》esordì la persona all'altro capo del telefono.
《Darren》dissi il suo nome, con tono basso e denso di emozioni diverse.
《Sono davvero molto felice che ti ricordi ancora di me》commentò lui, ridacchiando《Pensavo fossero trascorsi troppi giorni dalla nostra ultima conversazione.》
《Invece ne sono passati così pochi che dovresti ricordarti che ti ho detto l'altra volta》ribattei, con voce dura, mentre impugnavo la pistola con la mano libera.
Dubitavo fortemente che Darren fosse appostato fuori dal mio loft, però mi rassicurava sentire il peso della mia arma d'ordinanza. Il respiro tornò regolare così come i battiti cardiaci.
《Come sei scorbutico》mi prese in giro l'uomo.
《Ti avevo detto di non chiamarmi più》gli ricordai, nonostante sapessi bene che non serviva a nulla.
Darren faceva ciò che voleva quando voleva.
《Può darsi》replicò sarcasticamente《Ma sai come sono fatto. E poi, la mia è solo una chiamata di piacere, diciamo. Volevo sapere come te la passi.》
Inarcai un sopracciglio nell'udire quelle parole palesemente false: Darren apparteneva a un passato che preferivo dimenticare.
《Sto bene. Grazie per l'interessamento》dissi succintamente, cercando di capire le oscure motivazioni che si celavano dietro quell'innocua telefonata《Tu, invece, che mi racconti?》
《Mah, nulla di particolare. Ho messo la testa a posto. Pensa che, forse, ho anche trovato una fidanzata》mi rispose lui, in tono sognante.
《Ottimo. Sono felice per te》ribattei, stringendo più forte la pistola《La vita va avanti.》
《Oh, certo. Non sono un tipo ancorato al passato. Io penso al futuro.》
Detto ciò, Darren chiuse la chiamata, lasciandomi addosso una strisciante sensazione di disagio.
Angolo dell'autrice:
Salve 🤗
Spero che Segreti vi stia piacendo 😉
E voglio farvi una domanda: preferireste un libro dedicato a Chad e Megan (la coppia che si è sposata in Scelte) oppure vorreste conoscere meglio il detective Carmichael? 🤗
Mi affido a voi 😁😃😄
Altra cosa: mi scuso con chi ha letto prima di questo capitolo quello su Sofya 😅 li ho invertiti e così ho dovuto rinumerarli 😅 chiedo perdono 🙏
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