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Capitolo 5

Accadde a metà serata, più o meno.

La cena stava andando a gonfie vele. Scoprimmo che la nostra cameriera si chiama Teresa e che la specialità della casa era costituita da un piatto enorme di carne di maiale speziata alla brace con contorno di patatine fritte e tre salse d'accompagnamento.

Scoprii, inoltre, il lato nascosto del  mio capo, che da burbero e distaccato si sciolse, diventando amabile e spiritoso.

Non riuscii a tenere il conto di quanto avevo riso, ascoltando gli aneddoti ridicoli di Max e le cause più bizzarre affrontate da Tara in tribunale.

Caroline, come me, rimase un po' ai margini, annuendo e spiluccando il cibo, eppure, in qualche maniera, lei partecipava più di me.

Carson la sfiorava spesso, sul dorso della mano o sulla guancia, gesti della durata di un battito di ciglia, come un amorevole fidanzato, mentre Tara la cercava sempre con lo sguardo, luminoso d'affetto.

Però, stranamente, non mi facevano sentire a disagio.

Ero consapevole di non appartenere al loro gruppo ed ero contenta che Max mi avesse invitata a quell'amichevole e rustica cena.

Così, quando dovetti recarmi in bagno, nessuno ci fece caso: avvisai con un cenno del capo Hartman e mi alzai, sciogliendo i muscoli un poco intorpiditi.

Ero rimasta seduta, rigida nella stessa posizione, per quasi un'ora.

Raggiunsi il bancone del locale per chiedere a uno dei bartender dove si trovasse la toilette e notai che la clientela era praticamente raddoppiata.

Tenni stretta la borsetta al fianco e seguii le istruzioni del giovane, che ringraziai con un cortese sorriso.

Il bagno si trovava dall'altra parte del locale, così dovetti farmi strada fra la calca sempre più crescente, zittendo il mio impulso a ritrarmi e fuggire dalla fiumana di persone che mi stavano attorno.

Ce la puoi fare, Sofya...

Continuai a ripetermi quelle parole, come fossero un potente mantra, finchè la mia mano non si posò sul pomello dorato della porta del bagno. La superficie fresca mandò un brivido alle mie dita e mi fece tornare al presente. 

Inspirai ed espirai un paio di volte prima di aprire la porta e varcare la soglia. L'interno era carino e caldo, dotato di due lavandini incassati in un mobile di legno chiaro e tre cabine, le cui porte in stile saloon erano, invece, di legno più scuro.

Entrando non udii alcun rumore, segno che ero da sola, e ne fui segretamente contenta.

Appoggiai la borsetta sul bordo del primo lavandino e aprii l'acqua, girando il miscelatore verso sinistra. Quando la sentii più che tiepida, misi le mani sotto il getto corrente e mi sciacquai un po' il viso, stando attenta al leggero trucco che avevo ancora in volto.

Alzai gli occhi e fissai la mia immagine riflessa nello specchio davanti a me: vidi una giovane donna dall'inquieto sguardo colmo di ombre.

Sospirai e mi asciugai mani e gote per poi fare una breve capatina alla toilette. Dopodichè tornai al lavandino e mi sistemai anche i capelli per dopo abbandonare quel rifugio provvisorio.

Riuscii solamente a fare due passi prima che una mano forte e callosa mi prese per il polso, stringendolo in una presa ferrea.

Ma cosa...?

Confusa e spaventata, mi voltai verso sinistra e mi trovai di fronte a un uomo basso e tarchiato, con la barba incolta, che non avevo mai visto nella mia vita: lo sconosciuto mi stava fissando con una strana luce negli occhi neri e un po' offuscati.

《Mi lasci》gli intimai, con voce sommessa, sperando che non si sentisse quanto mi tremava.

《Che bel bocconcino》commentò lui di rimando, accostandosi ancora di più a me.

Il suo respiro odorava di alcool e fumo e il suo sguardo era distante e vacuo, in maniera inquietante. Il mio corpo fu percorso da un brivido di paura mentre i ricordi, che avevo chiuso a chiave dentro di me, minacciavano di lacerarmi l'anima.

No... Non può succedere di nuovo...

《Mi lasci... la prego...》mormorai nuovamente, in tono basso, avvertendo le lacrime premere per uscire.

《Ha sentito la signorina. La lasci andare subito》ordinò una voce familiare e minacciosa.

Battei le palpebre un paio di volte per schiarirmi lo sguardo annebbiato e notai che si era aggiunto un uomo dai capelli lunghi e l'aria mortalmente seria: il detective Wayland mi aveva salvato la vita un'altra volta.

Lo sconosciuto girò la testa e scrutò il nuovo arrivato per poi mollare il mio polso, sussurrando frasi sconnesse e probabilmente condite da bestemmie.

Mi portai la mano al petto, in un gesto difensivo, e addossai la schiena alla parete. Il poliziotto si frappose fra me e l'uomo barbuto, che scosse nuovamente la testa e si allontanò, perdendosi nella folla.

《Sta bene, signorina Killian?》mi domandò il detective Wayland, calamitando tutta la mi attenzione su di lui.

Era vestito diversamente da quando l'avevo incontrato quella mattina. Pareva anche molto provato dalla giornata che ormai stava volgendo al termine nonostante celasse bene i suoi pensieri e le sue emozioni.

《Forse dovrei chiederlo io a lei》replicai, rimanendo totalmente sorpresa dalle parole che mi erano uscite di bocca《Cioè, mi scusi. Non sono fatti miei. Io...》

《Nessun problema》ridacchiò lui, scostandomi una ciocca bionda dal viso《In effetti, oggi è stata una giornata particolarmente impegnativa.》

Il volto dell'uomo ne portava i segni, dopotutto con il lavoro che faceva doveva affrontare situazioni pericolose e difficili ogni giorno.

Il suo sguardo era cupo e intenso eppure non riuscii a distogliere gli occhi dai suoi. Quelle iridi dal colore impossibile mi attiravano e mi facevano imporporare le guance.

《Allora, grazie dell'aiuto》mormorai, a voce bassa.

Il detective mi fissò le labbra schiuse, facendo accelerare i battiti del mio cuore. Non per la prima volta desiderai essere una donna più forte.

Abbassai lo sguardo, tentando di zittire le calde sensazioni che quell'uomo aveva risvegliato in me, e strinsi la borsetta con entrambe le mani, soprattutto per evitare di fare qualcosa di stupido o imbarazzante.

《Non c'è di che. Le avevo detto che ero a sua completa disposizione》ribattè Wayland, con un sorriso nella voce《È qui da sola oppure...?》

《Sono a cena col mio capo, un collega e le rispettive fidanzate》gli risposi, rialzando gli occhi.

《Posso riaccompagnarla al suo tavolo?》mi chiese l'uomo, incurvando le labbra in un mezzo sorrisetto.

Non dissi nulla e incrociai le braccia al petto. In realtà, non avevo molta voglia di tornare da Max e gli altri, d'altra parte non volevo nemmeno rovinare loro la serata.

《Veramente, io...》sussurrai, iniziando a sentirmi a disagio.

La strisciante sensazione di inadeguatezza, che mi aveva perseguitata da tutto il giorno, ritornò più prepotente di prima.

Mi portai una mano al collo quando avvertii i primi segnali di un attacco di panico: il respiro cominciò a farsi rapido e affannoso, il gelo invase lentamente le mie membra, il cuore pulsò così forte da assordarmi.

Non riuscivo neanche a udire la musica del locale.

Sentivo soltanto il suono della mia paura, intrisa delle tenebre dei miei ricordi.

La vista mi si appannò quando le prime lacrime iniziarono a scendere.

All'improvviso, due mani robuste mi afferrarono le spalle, facendomi barcollare in avanti, mentre una brezza calda al lieve aroma di whisky mi carezzò il volto.

Percepii distintamente le sue labbra determinate posarsi sulle mie tremanti: rimasi scioccata non appena realizzai che il detective Wayland mi stava baciando.

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