Capitolo 37
Aprii gli occhi con un mugolio e capii subito che qualcosa non andava. Socchiusi le palpebre e girai la testa verso il mio compagno.
Peccato che lui non ci fosse.
Alzai una mano e me la passai sul volto, cercando di scacciare gli ultimi stralci del sonno.
《Richard?》chiamai con voce roca, senza ottenere risposta.
Mi misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e notai un piccolo post-it sul cuscino: era giallo e vi era una breve frase scritta sopra.
Scusami, dolcezza, sono dovuto uscire per lavoro. Tornerò il prima possibile. Aspettami
《Oh》mormorai, non sapendo bene cosa provare.
Da un lato, mi avrebbe fatto piacere svegliarmi accanto a lui. D'altra parte capivo che il suo lavoro occupava una grande fetta della sua vita.
Indecisa su cosa fare, mi alzai e mi stiracchiai, avvertendo i muscoli piacevolmente indolenziti. Un pigro sorriso mi incurvò le labbra e, nuda, mi avviai in direzione del bagno.
Il locale aveva un'impronta mascolina data dai tappetini blu scuro e dai prodotti per la barba posti sul lavello. Scoprii anche che Richard possedeva più flaconi di shampoo e balsamo di me e la cosa mi fece ridacchiare gioiosa.
Mi feci una rapida doccia e utilizzai il suo bagnoschiuma al sandalo. E quando mi ascugai, realizzai di avere un altro problema: non avevo alcun vestito di ricambio.
Rimettermi quelli della sera prima non mi allettava come idea quindi decisi di usufruire dell'accappatoio di Richard. Almeno per il momento.
Mi spazzolai i lunghi capelli e li asciugai un poco col phon affinché non sgocciolassero in giro.
Dopodiché tornai in camera da letto e controllai il cellulare: nessun messaggio o chiamata.
In ufficio non ci sarei dovuta andare prima del pomeriggio quindi decisi di preparare la colazione. Magari quando sarebbe tornato, avrebbe avuto fame.
Tirai la tenda coi papaveri che fungeva da porta e camminai a passo leggero verso l'angolo cucina. Si vedeva che Richard cucinava spesso perché i cassetti erano pieni di attrezzi professionali e i ripiani zeppi di arnesi tecnologici, che poteva possedere soltanto uno chef capace e appassionato.
《Allora, potrei fare i pancake》riflettei a voce alta, aprendo un pensile dietro l'altro per cercare tutto l'occorrente.
Trovai una ciotola di vetro nel terzo stipetto a destra del lavandino mentre frusta e cucchiai erano nel primo cassetto a sinistra. Dopodiché passai al frigo: mi servivano le uova, il latte e il burro per ungere la padella.
Curiosare nel frigorifero di Richard fu un'esperienza fantastica. Trovai un bel po' di ingredienti che non avevo mai assaggiato come il petto d'anatra oppure quello che immagini essere un sedano rapa. Per fortuna, l'aveva rifornito di recente così recuperai tutto il necessario per i pancake.
Disposi i "ferri del mestiere" sul ripiano della cucina e dopo mi misi all'opera.
Prima di tutto separai gli albumi dai tuorli per poi montarli a neve. Presi un'altra ciotola e vi misi dentro, assieme ai tuorli, l'olio, preso dalla dispensa sotto il lavello, e il latte. Come penultimo passaggio, unii al composto la farina, lo zucchero e un pizzico di lievito per dolci -Richard prendeva la stessa marca che compravo io- e mescolai il tutto senza fare grumi.
Infine vi aggiunsi gli albumi montati a neve e li amalgamai per bene, con gesti lenti, finché non ottenni un composto fluido e corposo.
Fatto ciò, misi tutti gli attrezzi sporchi nel lavandino e andai a caccia di una padella dove cuocerli. Avevo ormai capito com'era organizzata la sua cucina quindi la ricerca durò pochi istanti.
Accesi il gas, ci misi sopra la padella antiaderente, sulla quale passai il burro per far sì che i pancake non si attaccassero al fondo.
Dal cassetto delle posate presi un mestolo in acciaio e, appena capii che la padella era calda, lo usai per versare un poco di impasto. Abbassai la fiamma e, aiutandomi con una spatola, cucinai il primo pancake della giornata.
Ovviamente uscii sbilenco e sbruciacchiato ai bordi. Ma il primo mi riusciva sempre male quindi non ci feci caso.
Presi un piatto piano dallo scolapiatti sopra il lavello e ci depositai il dolce amorfo. Dopodiché misi a cuocere il secondo che già mi riuscì molto meglio dello scarabocchio di prova che avevo tolto dal fuoco qualche momento prima.
Cucinai senza fretta, con gesti meccanici derivati dalla quotidianità. Dopotutto i pancake li preparavo ogni domenica, anche se soltanto per me.
Mi sarebbe piaciuta che questa consuetudine diventasse parte della mia relazione con Richard.
《Che sciocca che sono》borbottai, scuotendo la testa per liberarmi di quegli stupidi pensieri, mentre deponevo l'ennesimo pancake sul piatto.
《Io direi bellissima e dolce. Di certo non sciocca》intervenne una voce maschile, facendomi cadere la spatola dalle mani.
Ansimai dallo spavento e mi voltai con un movimento repentino. Richard era sulla soglia di casa: era entrato ed aveva richiuso la porta senza che mi accorgessi di nulla.
Più che un detective mi pareva un ninja.
《Maledizione》imprecai, recuperando la spatola da terra e correndo a lavarla《mi hai spaventata a morte. Non ti ho sentito arrivare.》
《Scusa dolcezza》Richard venne in mio soccorso in un battibaleno《non l'ho fatto apposta. Ma vederti cucinare era uno spettacolo mozzafiato e non volevo interrompere. Almeno finché non hai cominciato a parlare coi pancake.》
Ridacchiò piano e mi aiutò a cucinare gli ultimi per poi mettere tutto nel lavello e portare il piatto sul tavolino davanti al divano assieme a uno bottiglietta di sciroppo d'acero, recuperato da un mensola.
《E aggiungo che il mio accappatoio ti sta da Dio》disse con voce arrocchita dal desiderio, facendomi arrossire e bagnare allo stesso tempo.
《Scusa, però non avevo nulla da mettere e così...》gli spiegai, sedendomi accanto a lui sul sofà.
Aveva un'espressione triste e tormentata in volto. I capelli erano raccolti in una bassa coda e la bocca era una linea dritta e severa.
《Cos'è successo?》domandai, preoccupandomi immediatamente e prendendogli una mano fra le mie.
《Non so come dirtelo》iniziò lui, scuotendo piano la testa《ti ricordi la cameriera del Waffle Cafè? È stata ritrovata morta in un vicolo.》
Mi portai la mano libera alla bocca. Ero inorridita. Certo che mi ricordavo di quella ragazza: era giovane e gentile.
Chi mai poteva avercela con lei tanto da ucciderla?
《Io... non so cosa dire》commentai, infine《come... com'è successo? Lei... ha sofferto?》
Richard mi fissò con un'espressione indecifrabile e non mi rispose. La sua tristezza era palpabile e volevo fare qualcosa per lui, volevo farlo stare meglio.
Mi avvicinai pian piano a lui e posai le mie labbra sulle sue, baciandolo dapprima lentamente per poi diventare più esigente.
Volevo farlo sciogliere e cancellare la sofferenza dai suoi occhi.
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