Capitolo 13
Durante il tragitto in macchina, Richard non menzionò più letti e affini, ma tornò a essere giovale e giocherellone come prima del bacio, chiacchierando in maniera amabile degli argomenti più disparati, dalla musica al tempo.
Parlare con lui era molto semplice, quasi naturale, e la sua presenza non mi creava alcun disagio, anzi mi sentivo più viva accanto a lui.
Quando raggiungemmo il palazzo dove si trovava l'agenzia immobiliare McFarlan, Richard accostò e mi salutò con un casto bacio sulla guancia.
《Per favore, non attraversare alcuna strada, finché non sarò di ritorno》disse, scherzando solo a metà.
《Promesso》replicai, ridacchiando《Oggi devo soltanto sbrigare lavoro d'ufficio.》
《Ci vediamo più tardi.》L'uomo si protese verso di me e aprii la portiera.
Mi girai, gli scoccai un fugace bacio sulle labbra e poi smontai dalla macchina. Camminai velocemente e rallentai soltanto quando oltrepassai la porta del palazzo. Solo allora mi voltai e notai che l'auto del detective se n'era andata via.
Sospirai e mi lisciai il cappotto, lievemente stropicciato, dopodiché mi avviai in direzione degli ascensori. Odiavo quegli aggeggi infernali, però non potevo di certo farmi cento piani a piedi. Così mi misi in disparte e attesi che la maggior parte della gente fosse salita prima di avvicinarmi alle porte argentate: eravamo rimaste solamente io e una coppia di donne, forse segretarie in qualche studio di avvocati.
Quando entrammo in ascensore, mi appoggiai alla parete in fondo e tenni lo sguardo fisso sul display dove i numeri rossi cambiavano a ritmo sostenuto.
Non appena raggiunsi il centesimo piano, trassi un respiro di sollievo e rimisi a posto il mio sorriso professionale.
Come sempre, venni accolta dal saluto formale ma caloroso di Nicole, la segreteria di McFarlan. Quella mattina indossava una camicia viola scuro, che le stava d'incanto e accentuava la sia carnagione chiara, abbinata a una gonna nera a tubino. Il trucco, ovviamente, era leggero, dato che non le serviva: Nicole era una splendida donna, anche senza artifici.
《Buongiorno. Come va?》la salutai, fermandomi alla sua scrivania.
《Benissimo, grazie. Ho ricevuto alcune chiamate per lei. Mi sono annotata tutto》rispose la donna, passandomi un paio di post-it verdi.
《Mille grazie, Nicole》dissi, con un lieve sorriso, pensando già agli appuntamenti da spostare.
《È il mio lavoro》osservò lei, ridacchiando《Le auguro una buona giornata, signorina Killian》mi disse la donna per poi tornare al suo lavoro.
《Grazie, Nicole. Buona giornata anche a lei》le risposi, riprendendo a camminare in direzione del mio ufficio.
Stavo per raggiungere la mia agognata meta quando mi sentii chiamare per nome. Mi voltai e trovai Max Hartman ad attendermi, ritto in piedi appena fuori dal suo ufficio.
Indossava una polo chiara e un paio di jeans, un abbigliamento molto informale, però Max era fatto così: genuino e perennemente rilassato.
Non era preoccupato nemmeno quando rischiava di andare in galera.
《Ciao, Sofya. Potresti venire un attimo da me?》mi chiese in tono affabile e gentile.
La mia mente traditrice si mise subito all'opera, intasandomi la testa con mille e più domande.
Che volesse sapere cosa mi era successo la sera prima? Oppure si era offeso perché ero andata via, lasciando la cena a metà?
Titubante, lo seguii all'interno dell'ufficio, più grande e caotico del mio, e mi sedetti su una poltrona, solitamente utilizzata dai clienti, mentre lui prendeva posto dietro la scrivania, ingombra di documenti e caramelle colorate.
《Prima che tu inizi a parlare, volevo chiederti scusa. E' stato molto scortese da parte mia abbandonarvi e...》farfugliai e gesticolai, sperando che lui mi perdonasse.
《Ehi, calma Sofya. Non sono arrabbiato.》Max alzò le mani, cercando di arrestare il fiume di parole che continuava a sgorgare dalla mia bocca.
《Ah, no?》mormorai con un sospiro, posandomi le mani sul cuore.
《No》confermò lui, stemperando la situazione con un sorriso amichevole《Volevo soltanto sapere come stavi e se Wayland avesse fatto qualcosa di sconveniente.》
Sconveniente?
Non aveva fatto assolutamente nulla di sconveniente, a parte baciarmi, inserisci nei miei sogni e portarmi fuori a colazione.
《Nulla. Richard non ha fatto niente di niente》dichiarai, arrossendo ferocemente mentre mi alzavo in piedi.
《Richard, eh?》commentò Max, con tono da saputello《E come mai lo chiami per nome?》
A quella domanda non riuscii a partorire una risposta sensata ed esauriente così rimasi a boccheggiare come un pesce rosso all'interno di una boccia.
《Come non detto.》Max rise sotto i baffi e poggiò i gomiti sulla scrivania, tornando serio in un battibaleno《Scherzi a parte, mi sono accorto che ieri sera non stavi bene e volevo sapere se ti sei ripresa. Eravamo preoccupati per te.》
Sbattei le palpebre un paio di volte per ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di scendere.
《Mi dispiace avervi impensierito》dissi a bassa voce《Sto bene e Richard è stato davvero gentile. Mi ha accompagnata a casa e ha aspettato che entrassi prima di andarsene.》
《Ottimo. Così non dovrò fargli il discorsetto che mi ero preparato》osservò il mio collega, lasciandomi stupita per l'ennesima volta nel giro di pochi minuti.
《Discorsetto?》ripetei, strabuzzando gli occhi.
《Certo. Ti deve trattare bene, riportare a casa prima di mezzanotte e niente rapporti fino al matrimonio》elencò Max con voce paternalistica.
《Matrimonio? Rapporti?》Mi pareva di essere finita sul set di una sit-com degli anni ottanta.
All'improvviso, Il mio collega si mise a ridere in maniera scomposta, gettando la testa all'indietro e assaporando la gioia pure di aver preso in giro qualcuno.
《Dovresti vedere la tua faccia, Sofya》disse, dopo essersi asciugato le lacrime, scaturite dal troppo riso《E' impagabile. Tu e Wayland siete adulti e vaccinati: potete fare ciò che volete. Voglio solamente dirti due cose. La prima è che avevo ragione io quindi mi congratulo con me stesso. La seconda, anche se credo che tu già lo sappia, è che ti vogliamo bene, Sofya, e la nostra porta sarà sempre aperta per te. Io, Carson, Karim ci siamo per qualsiasi cosa tu abbia bisogno.》
Mi passai velocemente una mano sulla guancia per catturare una lacrima solitaria e rivolsi all'uomo un sorriso genuino.
《Grazie, Max. Vuol dire molto per me.》
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