Capitolo 18 - SEGRETI SVELATI
Quello che provava Sirius Black in quel momento era un dolore insopportabile.
Era stato avventato. Remus gliel'aveva detto, lo aveva avvertito e, come sempre, lui non gli aveva dato ascolto. Nonostante i dodici anni passati ad Azkaban, Sirius persisteva nel fare di testa propria.
Credeva che entrare nella Torre di Grifondoro e uccidere quel viscido traditore sarebbe stato facile, una volta in possesso della parola d'ordine. Ma non aveva fatto i conti con le conseguenze. Non aveva considerato quello che avrebbe pensato la sua piccola principessa.
L'aveva vista urlare contro Remus. Sentire quelle parole da sua figlia fu straziante, non se lo sarebbe mai aspettato.
"Mio padre è un assassino... Ho smesso di convincermi del contrario".
L'aveva ferita. Delusa. Solo per vendetta!
Come aveva potuto?
Quando la vedeva vicino al Lago Nero, non osava avvicinarsi come aveva fatto le volte precedenti. Temeva che lo respingesse.
Si limitava ad osservarla da lontano chiedendosi perché la mala sorte avesse deciso di vivere a stretto contatto con lui sin da quando era nato.
Cosa aveva fatto per meritarselo? Non aveva già pagato abbastanza?
Ginevra rispecchiava inconsapevolmente i sentimenti del padre. Ma era anche combattuta.
Non sapeva cosa pensare di lui.
Doveva odiarlo? "Certo che no!" fu l'immediata risposta che si diede a quella domanda. Era pur sempre suo padre e lei lo amava troppo. Ma non riusciva proprio a spiegarsi il perché fosse entrato nel cuore della notte nei dormitori di Grifondoro e avesse attaccato uno dei suoi migliori amici.
Per quasi due giorni, pur di evitare gli sguardi indiscreti o le frecciatine che le lanciavano gli studenti, aveva trascurato i pasti. Poi erano intervenuti Fred e George che trovarono un metodo molto efficace per farla "resuscitare", come aveva detto George: la trascinarono di peso fino alla Sala Grande e - dopo averla privata della sua bacchetta - la obbligarono a mangiare qualcosa, minacciandola di sbandierare i suoi segreti più imbarazzanti.
Così, passarono le settimane e lei si abituò a quello che ormai, per alcuni studenti, era diventato una specie di rito. Il menefreghismo era la sua maschera e aveva imparato a non toglierla mai.
Gli unici studenti ai quali sembrava non importare che lei fosse figlia di un assassino o meno - a parte i suoi amici - erano i Tassorosso. Poteva avere un terzo occhio ma loro avrebbero comunque fatto finta di niente, considerandola un'amica.
Si sentì in qualche modo confortata da questo, almeno non doveva sentirsi a disagio quando era nella loro sala Comune in compagnia del suo ragazzo come in quel momento.
Ginevra e Cedric erano abbracciati l'uno all'altra su un comodo divano giallo e nero, le loro mani intrecciate.
Lui le lasciava dei piccoli baci sulla fronte e le accarezzava i morbidi capelli corvini mentre lei veniva trasportata da mille pensieri su suo padre. Le capitava spesso negli ultimi tempi e Cedric se ne accorgeva anche ad occhi chiusi.
- Sei distante - sospirò. - Ne vuoi parlare?
Ginevra rispose senza distogliere lo sguardo dalle loro mani intrecciate.
- Preferirei non pensarci, in realtà.
Cedric le posò una mano sotto il mento, facendola voltare con delicatezza verso di lui. - Come devo fare con te? - sussurrò, guardando gli occhi della ragazza che in quel momento erano di un intenso verde foglia.
Poco dopo le sollevò le labbra alla sua altezza. Lei chiuse gli occhi ma, prima che quel contatto avvenisse, vennero interrotti dal migliore amico di Cedric, Paul.
- Ehi, sapevo che ti avrei trovata qui - esultò quando vide Ginevra. - Ho per caso interrotto qualcosa? - chiese poi, notando l'espressione irritata dell'amico.
- No, no, no, no, no. Assolutamente no.
- Ced, hai una briciola di sarcasmo, proprio qui - commentò Paul indicandosi il labbro inferiore.
Cedric si passò una mano sul viso e borbottò in direzione dell'amico. - Che vuoi?
- È così che tratti un amico? - chiese fingendosi ferito da quelle parole, poi si sedette accanto a Ginevra. - Davvero, amore, - disse alla ragazza - come fai a stare ancora con lui?
Ginevra rise. Amava l'umorismo frivolo di Paul.
Paul era un ragazzo vivace, gioioso e a volte un po' infantile. Alto, bello, moro, muscoloso e con due occhi così azzurri e meravigliosi da far svenire gran parte della popolazione femminile della scuola. Peccato che fosse omosessuale... ma nonostante le ragazze lo sapessero, continuavano a sbavargli dietro e alcune ci provavano sfacciatamente con lui. Questo lo divertiva la maggior parte delle volte ma essendo troppo buono e gentile, cercava sempre di respingerle il più delicatamente possibile.
- L'amore è cieco - rispose Ginevra con un alzata di spalle, scatenando l'ilarità di Paul.
Volse lo sguardo verso Cedric che sfoggiava un sorriso ironico, lei gli scoccò un bacio sulle labbra, dopodiché lui poggiò nuovamente le labbra sulle sue, intensificando il bacio.
- Siete così dolciosi da farmi venire una carie - squittì Paul con occhi dolci, facendoli ridere. - Oh, quasi mi dimenticavo. Ti cercavo per dirti che il professor Lupin vuole parlarti - disse alla ragazza. - Sembrava importante - aggiunse.
Ginevra annuì e, dopo aver salutato i due, si diresse verso l'ufficio di Remus.
Da quando avevano litigato non avevano avuto occasione di parlarsi, anche a causa dei G.U.F.O. che si erano conclusi quel giorno. Sapeva di doversi scusare ma non sapeva da dove cominciare.
Quando raggiunse l'ufficio bussò alla porta, incerta. Non ricevette risposta ma pochi secondi dopo Remus apparve sulla soglia.
- Finalmente sei qui! - commentò lasciandosi andare un sospiro di sollievo.
Lei era confusa e ancor prima che potesse aprir bocca, Remus la invitò ad entrare. Marciò verso la sua scrivania prendendo una pergamena che mostrò alla ragazza. Sfoderò la bacchetta, si schiarì la voce e pronunciò una frase che lei riconobbe subito. - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
Ginevra sgranò gli occhi e iniziò a sudare freddo quando vide che sottili righe d'inchiostro disegnavano un intreccio che invase tutto il foglio. Le si seccò la gola.
"Come faceva ad averla lui?".
- Sai cos'è questo, non è vero? - le chiese Remus fingendosi indifferente, lei trattenne il respiro. - Ne riparleremo dopo - disse per poi mostrarle un punto preciso della Mappa.
Lei, titubante, guardò il punto indicatole. All'interno della capanna del guardiacaccia Hagrid c'erano Harry, Ron, Hermione e... Peter Minus.
Ginevra sentì il sangue ribollirle nelle vene. Finalmente riusciva a capire. Tutto tornava.
Come aveva potuto dubitare di suo padre?!
Guardò Remus che teneva gli occhi fissi sulla Mappa e disse: - Andiamo a prendere quel verme schifoso.
Non passò molto tempo dopo che i due varcarono il passaggio segreto che portava alla Stamberga Strillante dove, secondo la Mappa, era lì che Harry, Ron e Hermione erano entrati insieme a Peter e Sirius.
Ginevra non sapeva spiegarsi cosa provasse in quel momento. Era talmente confusa che temeva di svenire su quelle scale decadenti.
Poi sentì delle voci provenire dalla stanza in cima alle scale. Salì di corsa e quando varcarono la soglia, videro Harry puntare la bacchetta al collo di Sirius. Remus lo disarmò.
Notando la presenza di Ginevra, Harry si pietrificò. - Gin... io... - mormorò, lei lo guardò negli occhi e abbozzò un sorriso.
- Lo so - disse, provando uno stretto nodo alla gola.
"Cosa avrebbe pensato una volta scoperta la verità?", si chiese, sentendosi come se un treno dovesse travolgerla da un momento all'altro.
La prima figura ad attirare la sua attenzione fu quella di suo padre.
Non appena incrociarono i loro sguardi indietreggiarono. Per la prima volta dopo dodici anni Ginevra guardò suo padre. Non era come lo ricordava, bensì sembrava molto più vecchio di quanto si aspettasse. Sembrava distrutto.
Per un attimo credette di non sapere chi fosse.
Sirius, invece, stava per cedere all'impulso di gettarle le braccia attorno alle spalle e stringerla a sé, come quando era bambina, ma non voleva spaventarla o distruggere quel poco che credeva fosse rimasto del loro rapporto padre e figlia.
Vedendolo irrigidirsi, Ginevra si sentì tremendamente stupida per il suo comportamento. Avanzò incerta verso di lui e alla fine non riuscì a trattenere le lacrime di gioia.
Lui era lì. Davanti a lei, finalmente! Cosa diamine aspettava ad abbracciarlo?
Sirius le sorrise titubante e quando furono a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altra, lei lo abbracciò. Forte.
- Mi sei mancato, papà - disse affogando in quelle lacrime silenziose.
- Oh, amore mio - mormorò lui, baciandole il capo. - Perdonami se puoi.
- L'ho già fatto - gli sorrise, poi un suono stridulo infranse quel momento d'amore tanto agognato dei due.
Lo squittio irrefrenabile e irrequieto di un topo riecheggiava senza sosta nella stanza.
Entrambi si voltarono verso Ron, seduto su un divano vecchio e logoro, con la gamba sanguinante che teneva il topo tra le mani. Lo guardarono con sguardo assassino.
Ginevra impugnò la sua bacchetta e la puntò contro il topo. Ignorò la paura che si era impadronita del suo amico e con un abile movimento del polso fece tornare il topo alle sue sembianze umane, senza neanche formulare l'incantesimo ad alta voce.
Tutti si voltarono verso l'uomo che continuava a squittire.
La vendetta stava persuadendo i due Black ad agire subito ma vennero bloccati dall'urlo di dolore che quel "mollusco" di Peter Minus provocava al povero Ron, che si trovava schiacciato dal suo peso.
- CHI SEI?! LEVATI DI DOSSO!!! - gli urlò Ron, buttandolo a terra con una spinta.
- Ron, ti presento Crosta - disse Ginevra con voce priva di espressione, indicando quello che fino a poco prima fingeva di essere un topo. - O dovrei dire Peter Minus?
L'uomo squittiva spaventato sotto lo sguardo carico d'odio e sdegno di lei. Si alzò da terra e i suoi occhi saettarono verso la porta, nella remota speranza di poter scappare. Ginevra se ne accorse e gli puntò la bacchetta contro. - Provaci e io ti ammazzo seduta stante, hai capito, feccia? - sibilò e lui annuì impercettibilmente.
- Oh, Peter - disse Remus in tono affabile. - È bello rivederti, non ti sei più fatto vivo, come mai? - chiese e Ginevra represse un sorriso divertito per la battuta.
- R-Remus... S-Sirius... I miei vecchi amici!
La mano di Sirius, quella armata di bacchetta, si alzò, ma Remus gli rivolse uno sguardo di avvertimento.
- Ma che significa tutto questo? - esclamò Harry, confuso, rivolgendosi a nessuno in particolare.
- Oh, ti spiego subito la vicenda, Harry - disse Sirius con tono pacato e cominciò a camminare avanti e indietro, per smaltire la rabbia in qualche modo. - Il buon vecchio Peter veniva a scuola con noi e tuo padre, ed eravamo molto amici. Dico bene, Codaliscia?
Quest'ultimo si limitò a squittire e Sirius continuò. - Quando i tuoi genitori capirono di essere segnati si nascosero. Gli unici a sapere dove si trovassero eravamo solo noi tre e, per salvaguardare le vostre vite, Silente decise di rafforzare la sicurezza con l'Incanto Fidelius.
- E che cos'è? - chiese Harry, in preda alla confusione totale.
- Permette di riporre un segreto nella custodia di una persona fidata - rispose Ginevra distrattamente.
Sirius sorrise, ammirato dalla bravura di sua figlia e ricominciò a spiegare cosa fosse successo dodici anni prima. - Dunque, James propose me come Custode ma io, essendo una scelta prevedibile agli occhi di Voldemort, proposi Peter. Un errore che non mi perdonerò mai - aggiunse in tono amaro, guardando i due fratelli.
"Sarebbe la copia esatta di James, se non fosse per gli occhi", pensò avvertendo un groppo alla gola quando il ragazzo gli chiese cosa fosse successo in seguito.
- Pochi giorni dopo la loro morte... io e mia figlia Ginevra raggiungemmo un vicolo babbano, dove Peter mi aveva chiesto di incontrarci. Io sapevo che li aveva traditi e quando mi sono trovato davanti a lui ero pronto ad ucciderlo - fulminò Peter con lo sguardo.
- Lascia continuare il resto a Ginevra - disse Remus, facendo sobbalzare la sua figlioccia. - Ricorda ogni singolo dettaglio - continuò quando Sirius lo guardò confuso.
Dopo un breve attimo di esitazione, Ginevra continuò il racconto lasciato in sospeso dal padre. Raccontò di essersi nascosta dietro un muro, obbedendo alle parole del padre, di averlo visto sguainare la bacchetta quando Peter aveva fatto altrettanto. Parlò di quella ragazza che sacrificò la sua vita per proteggerla da quell'esplosione provocata da Peter poco prima che si trasformasse in un topo.
- Non è vero - squittì Minus all'improvviso, indicando Sirius. - Lui ha ucciso tutti quei Babbani... e ora ucciderà me... devi aiutarmi, Remus... La ragazza è sua complice... sarà sicuramente sotto il controllo della maledizione Imperius. Non può ricordare l'accaduto, era solo una bambina... Lui ha ucciso James e Lily...
- Come osi? - Ginevra urlò, avanzando pericolosamente verso di lui, puntandogli nuovamente la bacchetta contro. - Sei stato tu ad uccidere mia madre!
- Tua madre? - chiese Ron sconvolto.
E in quel momento lei si sentì priva di forze, pronta a cadere nel baratro che sperava squarciasse il pavimento.
Guardò Harry. Se aveva dei dubbi, quelli si erano trasformati in certezze non appena vide che riflesso nei suoi occhi c'erano rabbia, incredulità, incertezza, confusione...
Dagli occhi di Ginevra fuoriuscirono delle lacrime silenziose.
Lo aveva detto davanti a lui: L'avrebbe odiata per sempre, come minimo.
- Sì, sua madre era Lily Evans - la voce di Sirius s'incrinò. - Siete fratelli, Harry.
Ginevra mantenne lo sguardo basso, non voleva vedere ancora l'espressione dipinta sul volto del ragazzo.
- Io... io non capisco... Come... - lo sentì mormorare ma venne subito zittito da Remus.
- Perdonami, Harry, ma è meglio rimandare le spiegazioni a un secondo momento.
I due fratelli si scambiarono una fugace occhiata, poi Ginevra concentrò la sua attenzione su Peter che non smetteva di piagnucolare.
Remus gli aveva puntato la bacchetta contro, accusandolo di aver venduto i Potter a Voldemort.
- Non intendevo farlo! - gemette Peter. - Il Signore Oscuro mi ha minacciato. Che cosa avresti fatto al mio posto, Sirius?
- Sarei morto piuttosto che tradirli! - ringhiò Sirius rincorrendolo per tutta la stanza.
Se non fosse stato per Harry, che si era piazzato davanti alla porta, Peter avrebbe tentato la fuga.
- Harry! - esclamò il traditore. - Assomigli tanto a tuo padre... James non mi avrebbe voluto morto... avrebbe avuto pietà.
- COME OSI RIVOLGERTI A HARRY? - ruggì Sirius spingendolo lontano dal ragazzo. - COME OSI PARLARE DI JAMES DAVANTI A LUI?
Lui e Remus erano pronti a porre fine a tutto, le bacchette levate contro quello che una volta ritenevano amico.
- No! - urlò Harry. Corse verso di loro, facendo da scudo a Peter e il suo gesto stupì molto i presenti.
- Che stai facendo! - urlò Ginevra. - Merita di morire!
- Lo so. Ma non morirà per mano di nessuno di voi. Lo porteremo al castello, dopodiché toccherà ai Dissennatori.
Nessuno si mosse né emise un fiato, tranne Peter che iniziò a piagnucolare.
Erano diretti verso l'uscita del tunnel. Harry e Sirius sorreggevano Ron. Ginevra e Hermione erano dietro di loro, mentre Remus era in fondo alla fila legato a Peter con un incantesimo, in modo tale che non potesse scappare.
- Scusa per il morso - disse Sirius a Ron. - Immagino ti dia qualche fitta.
- Qualche fitta? - domandò il rosso, scandalizzato. - Qualche fitta? Mi hai quasi staccato una gamba!
- Stavo puntando al topo - si scusò Sirius, nuovamente. - Di solito ho un temperamento molto mansueto, come cane. Infatti, più di una volta James mi consigliò un cambiamento permanente. Alla coda ci si abitua, ma le pulci ti uccidono.
Scoppiarono tutti in una grassa risata, tranne Ron che era adirato con lui per il morso.
- E dai, Ron. Ti ha già chiesto scusa - disse Hermione, notando la sua reazione.
- Sì, sì, sì...
Ginevra sbuffò. - Lascialo perdere, papà. I bambini come lui è meglio non trattarli.
Sirius sorrise, avvertendo un moto di pace e felicità invaderlo. - Sai, è bello sentirti dire di nuovo quella parola.
- Quale?
- Papà! - affermò lui ampliando il suo sorriso, che venne ricambiato da sua figlia.
Uscirono dal tunnel emergendo nell'oscurità del parco. L'unica luce proveniva delle lontane finestre del castello.
Harry e Sirius fecero sedere Ron su una sporgenza e poi si allontanarono, iniziando a parlare tra loro. Ginevra rimase con Ron e Hermione, indecisa se seguirli o lasciarli un po' da soli. Da una parte aveva paura della reazione di Harry, dall'altra non desiderava altro che stargli vicino.
Guardò la gamba del suo amico Ron e si trovò molto dispiaciuta per lui ma non glielo avrebbe mai detto.
"Troppo orgoglio Grifondoro!"
Spostò lo sguardo verso suo padre e Hermione parlò.
- Vai pure, non ti preoccupare. Qui ci penso io.
- Sei sicura? - chiese voltandosi verso di lei fin troppo pronta.
Hermione le sorrise, ripetendole di non preoccuparsi. Lei annuì e si avvicinò a Harry e Sirius.
- Ehi! - mormorò attirando l'attenzione dei due.
- Ciao... principessa - la salutò suo padre esitante. Non era abituato a parlare con lei e chiamandola "principessa" come faceva quando era piccola, temeva di aver commesso un errore. Invece Ginevra gli sorrise e si avvicinò a lui, intrecciando le loro mani.
- Non... non so se lo sapete - disse rivolgendosi ai due fratelli. - Ma quando sei nato, Harry, James e... Lily mi hanno nominato tuo padrino - pronunciare il nome di Lily gli costò un certo sforzo e sperò che non se ne fossero accorti. Ma a Ginevra non sfuggì di certo e non poté non notare che i suoi occhi si erano fatti lucidi.
- Sì, lo so - rispose Harry.
- Be', ti capisco benissimo se scegli di rimanere con i tuoi zii... ma se tu volessi una casa diversa...
- Come? Venire a vivere con te? Cioè, con voi?
"Ecco che arriva un vagone carico di disprezzo nei miei confronti", pensò Ginevra, ormai certa che il ragazzo la odiasse per avergli nascosto la verità.
- Be', era solo un'idea. Ti capisco, se non vuoi... - continuò Sirius ma venne subito interrotto.
- Stai scherzando, vero? - sbottò Harry. - Certo che vengo a vivere con voi! Dimmi quando e faccio le valigie - disse con fare impaziente che divertì Ginevra.
- Davvero? E per te va bene, amore? Insomma, vivere tutti insieme... - disse Sirius.
Dalla sua espressione si poteva dire che sprizzava felicità da tutti i pori!
- Non c'è bisogno che tu lo chieda - rispose lei, abbracciandolo per poi tirare anche Harry.
Si strinsero forte a lui. Harry le sorrise e mimò un "ti voglio bene" che riuscì a commuoverla.
Finalmente erano una famiglia.
- Harry! - gridò Hermione facendoli voltare.
Indicava il cielo dove una nuvola passò oltre, rivelando la luna piena.
Anche Remus guardò la luna e quando Ginevra lo vide irrigidirsi, e gambe e braccia presero a tremargli, venne invasa dalla paura.
- Remus! - gridò pronta ad andargli incontro, ma il braccio di suo padre le impedì di farlo.
- Correte - sussurrò. - Tornate al castello!
- Io non ti lascio! - ribatté lei con i piedi saldamente a terra.
Harry guardò quello scambio di battute, confuso. Non capiva cosa stesse accadendo e iniziava ad arrabbiarsi. Perché nessuno gli diceva niente?!
Sembrava che Remus, in preda a un tremore violento, stesse per cadere in avanti.
Con un rumore di strappo violento, esplose.
Dalla sua pelle spuntò una pelliccia bronzea, che tratteggiò una sagoma differente.
- Dovrai farlo - riprese Sirius. - Ora va! Andate via, tutti! - disse, dopodiché si trasformò nell'enorme cane nero e prese a correre verso il lupo mannaro.
Nella confusione, Peter prese la bacchetta di Remus e con essa riprese le sembianze di un topo e scappò via.
Ginevra rivolse la sua attenzione verso il lupo mannaro e il grosso cane nero che guaì, a causa di un attacco subito.
Il lupo scopriva i denti e dal suo petto salì un ringhio.
Fissava i quattro ragazzi dinnanzi a sé, dando loro la sensazione di leggergli nel pensiero: "Uccidere! Uccidere!", ecco cosa pensava Ginevra incrociando i suoi occhi non più color miele.
- Remus... - mormorò, facendo un passo incerto verso il lupo mannaro. - Remus? Sono io... Ginevra.
Il lupo le si avvicinò lentamente. Lei sapeva di aver commesso un errore che le sarebbe costato molto, ma preferiva sacrificare la sua vita piuttosto che mettere in pericolo suo fratello e i suoi amici.
Chiamò Harry, flebilmente. - Al mio segnale, correte! - disse. Lui stava per ribattere ma Ginevra si affrettò ad agire, seguendo il suo istinto. E il suo istinto le diceva di correre abbastanza lontano da permettere agli altri di scappare.
Partì di corsa verso la parte opposta del gruppo e il lupo la seguì. Con gli occhi fissi sull'erba, accelerò la sua corsa avvertendolo sempre più vicino. Gli alberi della Foresta Proibita si dissolsero in un mare nero che l'avvolgeva. I suoi muscoli si contraevano e rilassavano con un ritmo naturale, ma sapeva che non avrebbe potuto correre all'infinito.
Inciampò, cadde a terra e non appena si voltò verso l'animale che la inseguiva, ebbe solo il tempo di coprirsi il viso in un gesto istintivo. Un dolore acuto squarciò il suo braccio alzato davanti al volto.
Sentì un urlo agonizzante e, con sorpresa, si accorse che veniva da lei. Guardò il braccio sul quale c'era un graffio profondo e il sangue iniziò a sgorgare.
Al sovrapporsi del dolore che saliva dal braccio, sentì bruciare tutte le ossa e credeva che la testa le andasse letteralmente in fiamme. Poi avvertì un forte latrato, profondo e selvaggio, provenire alla sua destra e subito dopo il grosso cane nero saltò alla gola del lupo mannaro e, dopo aver attirato l'attenzione su di sé, corse verso il lago.
Ginevra cercò di alzarsi ma il dolore che provava glielo impediva.
La sua vista iniziò ad annebbiarsi e si lasciò cadere sull'erba, avvolta dal buio.
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