-11. Non sono un mostro -
24 febbraio
"Devi essere sincero con me Andrey." Continuava a ripetere l'ispettrice, irritandolo come non mai. Avevano parlato per circa venti minuti e non aveva detto nemmeno mezza parola che non corrispondesse alla verità. Perché gli risultava così difficile essere credibile?
"Le ho già detto tutto, a Evan servivano centomila dollari. Aveva un debito credo, anche se non so con chi o per quale motivo, sembrava una cosa abbastanza urgente." Aveva spiegato calmo, per l’ennesima volta. "Mi ha implorato, così io ed Emil abbiamo deciso di aiutarlo, avevamo paura che potesse succedergli qualcosa se non avesse recuperato i soldi. Ma a quanto pare non è servito a un cazzo..." Guardava il muro, cercando di immaginare in quale guaio si fosse cacciato Evan per finire in quello stato. Non sembrava avere problemi con la droga, né con il gioco d'azzardo. Di solito debiti simili li avevano persone coinvolte nella criminalità organizzata o in qualche circolo poco raccomandabile, ma nulla di tutto ciò gli appariva verosimile. Né a lui, né alla polizia, che di conseguenza non era incline ad ascoltarlo.
"Secondo noi, tu, Emil ed Evan avete deciso di fare questa bravata, con l’intenzione di dividervi i soldi equamente, ma poi tu e tuo cugino avete cambiato idea. Ascoltami Andrey, se confessi e ci racconti quello che è successo potresti avere uno sconto o...." Andrey rise rumorosamente, cercando di muovere in qualche modo le braccia ammanettate dietro alla sua schiena. Trovava quella situazione ridicola e scomoda. Desiderava soltanto poter tornare a casa sua, stendersi sul suo divano e rimanere lì più tempo il possibile, magari in compagnia di Ivy...
"Se fosse così, avreste trovato tutti i soldi nelle nostre mani, no? Un terzo lo avevamo noi e lo avete requisito, un altro era sotto il letto di Evan e gli altri cinquanta mila? Sono volati via?" Il suo tono era sarcastico, arrogante, e questa cosa alla Keller non piaceva.
"Li avrete spesi, o nascosti da qualche parte." Rispose tranquilla, mentre il ragazzo si dimenava come un animale ferito. Si trovava lì soltanto perché era lui. Perché aveva la faccia, la nazionalità e il curriculum del criminale. Aveva commesso molti furti, era stato coinvolto in numerose risse, aveva dato fuoco alla mensa, aveva fatto esplodere la vetrina di un negozio, aveva provato a drogare Ivy... ma non aveva ucciso nessuno. Non avrebbe mai avuto il coraggio e il cinismo necessari a togliere la vita ad una persona. Soprattutto non ad un a ragazzo della sua età, che aveva una vita intera davanti. Secondo lui soltanto una bestia poteva pensare di fare una cosa del genere. Negare il futuro ad un ragazzo di appena diciotto anni, che aveva una famiglia, degli amici, dei progetti, una fidanzata, un figlio... Davvero credevano che lui ed Emil fossero in grado di compiere una simile atrocità?
"Non sono un mostro." Continuava a ripetere sentendosi sempre più sopraffatto dalla situazione. Sapeva che non sarebbe finita bene per lui e suo cugino. Se non avessero trovato il vero assassino, avrebbero pagato loro al posto suo.
Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo ed eliminare dalla sua vita quella maledetta notte. Ma lui era sempre stato così, non appena la sua vita raggiungeva una parvenza di serenità e calma, in qualche modo, mandava tutto a puttane, ricacciandosi nei guai. Finalmente era riuscito ad uscire dal riformatorio, aveva ricominciato a studiare e aveva pure trovato un lavoretto part time. Aveva degli amici, aveva ritrovato Ivy, e poteva iniziare a progettare un futuro normale. Ma, come da manuale, aveva fatto un casino. E ora si trovava in una situazione più grande di lui, a subire l’interrogatorio di un altro, senza avere nemmeno più il sostegno della sua unica vera amica.
31 dicembre
Non erano in tanti in quel salotto, ma la serata sembrava già aver preso una bella piega. Lui non aveva mai amato i luoghi affollati. E in quel momento, a casa di Albert, non si stava affatto male.
Evan e Clarissa erano in un angolo intenti ad amoreggiare e lo stesso valeva per Rebecca e quel suo strafottente ragazzo dai capelli rossi. Liam era già ubriaco, nonostante fossero solo le dieci e quell’idiota di suo cugino era già alle calcagna di due ragazze, Lydia e Jade, le quali sembravano essere abbastanza lusingate da quell’interessamento. Lui invece aveva un obbiettivo ben preciso quella sera: sapeva che Ivy aveva sempre avuto un debole per lui e aveva deciso che, quell’anno, lo avrebbero iniziato insieme. Continuava ad osservarla, mentre scherzava con Albert ed Ethel. Non c’era nulla di più appagante del suo sorriso.
La ragazza indossava un abito bordeaux che fasciava alla perfezione quel corpicino grazioso e apparentemente così fragile. I capelli neri le ricadevano morbidi sulla schiena diafana. Tutto in lei era stupendo, anche più del solito. E ogni volta che quel francese si avvicinava a lei sentiva l’impulso di spaccargli la faccia.
“Facciamo un gioco?” Liam si sedette sul divano richiamando l’attenzione degli altri invitati. Andrey si avvicinò entusiasta. Negli anni del riformatorio non aveva avuto molte occasioni per divertirsi e quelle cazzate adolescenziali gli erano mancate più di quanto volesse ammettere. Svuotò in due sorsi una bottiglia di sambuca e la mise in mezzo a quella sottospecie di cerchio che avevano formato. Il collo della bottiglia indicò Ivy per prima, la quale applaudì entusiasta, scegliendo "Obbligo". "Bacia Rebecca." Rispose il russo ammiccando. "L'altra volta me lo sono perso." Le due ragazze, senza esitare, si sollevarono sulle ginocchia e avanzarono l'una verso l'altra, scambiandosi un bacio appassionato, accompagnate da applausi scroscianti e urla di divertimento.
La bottiglia volteggiò molte altre volte e il gioco si faceva sempre più intrigante. Dopo circa un’ora, Liam era a petto nudo, con la camicia legata in testa e un disegno poco elegante, fatto col rossetto, sopra l'ombelico, Emil aveva baciato sia Lydia che Jade, Albert aveva le labbra dipinte di vermiglio e indossava una strana parrucca, mentre Francois aveva bevuto sei shots di tequila in meno di un minuto ed ora barcollava come non aveva mai fatto.
Tutti ridevano, Helia non era mai stato così simpatico e non aveva nemmeno protestato quando a Rebecca venne chiesto di dimostrare che la sua biancheria fosse rossa come da tradizione. Anche Ethel si stava divertendo, sebbene avesse inizialmente chiesto di non giocare. Alla fine si era fatta convincere e aveva raccontato loro alcune storie imbarazzanti della sua infanzia, finendo poi per ballare una specie di danza del ventre in piedi sul tavolino.
Quando le idee terminarono, Albert accese la musica e lasciò che i suoi amici si scatenassero. Avevano bevuto tutti moltissimo e la situazione stava iniziando a farsi interessante. Andrey fece l’occhiolino ad Albert, mentre quest’ultimo prendeva Ethel per mano, accompagnandola al piano di sopra. “Bravo ragazzino, non ti facevo così audace.” Mormorò sebbene lui non potesse sentirlo. Si voltò verso la pista da ballo improvvisata e sorrise nel vedere Rebecca ed Ivy che si strusciavano l’una contro l’altra a ritmo di musica. Ma la sua espressione mutò quando notò che la sua amica e Francois si scambiavano un’infinità di sguardi. I suoi timori si stavano avverando e lui non poteva accettarlo.
Quel ragazzo non aveva fatto altro che rendere la vita di Ivy un inferno per anni, e ora lei lo guardava in quel modo? Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa per allontanarla da lui e riprendersela. L’alcool lo rendeva più sentimentale del solito e in quel momento ne era convinto: lui e quella ragazza si appartenevano, erano nati per stare insieme. Fin da bambini avevano avuto una connessione speciale e non poteva lasciare che quel verme gliela portasse via.
1 gennaio
La mezzanotte era scoccata e tutti uscirono per guardare i fuochi d’artificio che avrebbero presto colorato il cielo di Heston. Andrey si avvicinò ad Ivy, le afferrò i fianchi e nel buio di quella prima notte la baciò. Lei non oppose resistenza e finalmente Andrey era riuscito ad avere nuovamente il suo sapore sulle labbra. Erano passati anni ma c’era riuscito e quella volta non aveva intenzione di fermarsi. La voleva e sentiva che lei voleva lui, ma nonostante questo sapeva che per farla sciogliere ci sarebbe voluto un piccolo aiuto.
“Che diavolo stai facendo?” La voce di Francois spezzò quel suo angolo di paradiso e i due si separarono bruscamente. Ivy si guardò attorno confusa, mentre il francese spingeva Andrey lontano da lei. “Che cazzo le hai messo nel bicchiere?”. Come aveva fatto ad essere così imprudente? Era ovvio che quel guastafeste li stesse osservando.
“Andrey? Di cosa sta parlando?” Il viso di Ivy era solcato da una delusione che il ragazzo sperava di non vedere mai. “Del fatto che stava cercando di drogarti!” Andrey avanzò in direzione di Francois, pronto ad ucciderlo con le sue stesse mani. Ma Ivy si mise in mezzo tra i due.
“Tu stanne fuori, non ho bisogno di essere protetta da nessuno, tantomeno da te. Andrey, è vero?” Sembrava che tutto l’alcool che aveva ingerito fino a quel momento l’avesse abbandonata, era risoluta e decisa, come mai l’aveva vista prima di allora. Lui sospirò. “Ma andate al diavolo. Volevo solo che ti divertissi e che la smettessi di scoparti con gli occhi questo sfigato. Ti ha trattata di merda per anni, e ora fa il principe azzurro… Non pensavo fossi così cretina da cascarci.”
Nel frattempo gli altri ragazzi li avevano raggiunti e assistevano increduli a quella scena surreale, temendo di dover fermare una rissa. “Avevi detto di essere cambiato…” La voce della ragazza tremava mentre i suoi occhi si spostavano tra i suoi due pretendenti. “Basta, andatevene tutti e due. Tanto è inutile che litighiate tra voi, mi fate schifo entrambi.”
Detto questo rientrò in casa, e Andrey ubbidì, scavalcando il cancelletto della villetta e lasciandosi quella stupida festa alle spalle. Era stato così stupido, per non dover aspettare aveva bruciato tutte le sue possibilità. Mentre camminava maledicendo sé stesso, udì dei passi veloci dietro di sé. Si voltò, convinto di trovare Francois, e si preparò a riempirlo di botte. Ma con sua grande sorpresa, ad inseguirlo era Evan.
“Che vuoi?” Chiese a denti stretti. Lui e il capitano della squadra di football non avevano mai avuto un bel rapporto, effettivamente Andrey non era mai stato amico di nessuno in quella scuola.
“Ho bisogno di un favore…”
24 febbraio
Non avrebbe mai dovuto accettare di aiutarlo. Doveva dirgli di arrangiarsi, probabilmente Evan sarebbe morto comunque, ma almeno lui ne sarebbe rimasto fuori. “Va bene Andrey, questa era la tua ultima possibilità per confessare. Presto le prove porteranno a te e a tuo cugino e nessuno vi risparmierà l’ergastolo.”
Quelle minacce non gli facevano né caldo né freddo. A cosa gli serviva la libertà se la donna che voleva non riusciva nemmeno più a guardarlo in faccia? L’unica cosa che lo preoccupava era che un vero assassino sarebbe rimasto libero di colpire nuovamente.
Lui non rispose e venne scortato fuori dalla stanza, e quando uscì, vide Ivy che lo stava aspettando. I loro occhi si incrociarono per un istante che al ragazzo parve infinito. Glielo disse con gli occhi. “Non sono stato io, non sono un mostro.” Sperando che lei potesse sentirlo e credergli.
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