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33. Lettera

-Come si sente?
Hazel era ancora confusa, non si aspettava che Era gli venisse a fare una visita alle cinque del mattino, di solito venivano convocati.
Non che stesse dormendo, ma ebbe bisogno comunque di qualche minuto per connettere.
Si sfiorò la fasciatura che aveva nello stomaco, poi rispose –Meglio, molto meglio. La ringrazio, mi avete salvato all’ultimo minuto, sentivo che non riuscivo più a tornare.
Era annuì, solenne, come se riuscisse a capire e comprendere quello che stava dicendo.
Infine riprese a parlare, andando dritta al punto.
-Mi ha molto delusa, signorina Levesque.
Hazel si aspettava un commento del genere, sapeva anche il perché di quel commento anche prima che Era continuasse a parlare per spiegare.
-Le avevo detto di tenere sotto controllo Calypso e informarmi di tutto quello che stava succedendo, so per certo che lei era a conoscenza che la sua amica fosse incinta. Perché non me l’è venuta a dire?
Hazel rimase in silenzio. La donna continuò.
-Non potevo mettere i miei agenti a fare da badanti, non più dei quattro ragazzi che già vi tengono d’occhio. Non potevo chiedere a qualcuno di rinunciare a una missione in giro per il mondo per controllare e capire quali fossero i problemi di una ragazzina. Mi fidavo di lei.
-Mi dispiace…- mormorò allora la ragazza –Solo che…
Non sapeva neanche lei come continuare. Si rendeva conto che dire “è mia amica, se voleva mantenere un segreto aveva tutto il diritto di farlo” era infantile e stupido, considerando il loro stile di vita.
-Non me ne faccio nulla delle sue scuse, non ne ho bisogno. Voglio solo che lei si renda conto della gravità della situazione, di quello che ha fatto non venendomi a dire di quel bambino. I suoi amici stanno tornando, hanno fallito nella missione. Spero che questo le faccia da promemoria per il futuro. Siamo in guerra, non esistono segreti in una squadra, tutto quello che è una debolezza che il nemico può usare contro di noi, dobbiamo saperla subito. E’ chiaro?
Hazel annuì, lentamente.
-Bene, ora vada, può avvertire anche gli altri suoi amici, fra dieci minuti la squadra sarà qui.
La donna andò via così come era arrivata.
L’unica cosa che avrebbe voluto fare Hazel era piangere rannicchiandosi in quel letto, sapeva che per buona parte era colpa sua, ma sapeva anche che non avrebbe aggiustato nulla in quel modo.
Si alzò e indossò le scarpe, poi si avviò nella stanza di Annabeth, all’interno ci trovò anche Piper.
-Stanno tornando, hanno fallito.
Piper si alzò di scatto –Vado a chiamare Jason, ci vediamo sotto.
Hazel invece aiutò Annabeth con il suo gesso e la sua stampella ad andare al punto di incontro, non dissero niente lungo il tragitto, l’unica frase venne da Annabeth che si era accorta del suo turbamento interiore –Staranno bene.
E più che altro cercò di convincere sé stessa con quella frase.
 
-Jas!- La ragazza aprì la porta della loro camera senza neanche bussare, trovò il suo ragazzo seduto sul bordo del letto, completamente vestito. Come lei, non era riuscito a dormire neanche lui.
Si alzò di scatto e guardò la sua ragazza speranzoso.
-Andiamo, stanno arrivando- gli allungò una mano che il ragazzo afferrò all’istante, più i giorni passavano, più quella situazione si faceva complicata e più avevano bisogno di aggrapparsi a qualcosa.
Qualcosa che non li facesse uscire completamente fuori di testa.
Strinse forte la presa e quasi di corsa si avviarono al punto d’incontro.
Stava ormai albeggiando quando il furgone arrivò, non se lo aspettavano, ma capirono che avevano sicuramente avuto delle complicazioni con le macchine e nessuno fece domande.
I primi a scendere furono Percy e Clarisse, quest’ultima spintonò il moro che era ormai senza parrucca e con il trucco sbavato, ma lui neanche ci fece caso.
Chris corse ad abbracciare Clarisse, per la prima volta davanti a tutti, era stato così in ansia che non gliene importava nulla delle persone che li circondavano.
Clarisse tentennò nel suo abbraccio, poi spintonò via e cercò di nascondere le guancie rosse, mormorò come scusa –Mi fa male la spalla- e solo a quel punto il ragazzo si accorse della ferita.
Annabeth sospirò di sollievo non appena vide Percy, neanche si era resa conto di aver trattenuto il respiro, cercò di correre verso di lui, poi si ricordò della gamba ingessata e per poco non cadde a terra, Hazel continuava a tenerla stretta e l’aiutò a fare quei pochi passi che la separavano dal ragazzo, nonostante con lo stomaco fosse messa quasi nelle stesse condizioni.
Percy si riscosse solo vedendo lei, l’accolse tra le braccia, chiuse gli occhi e respirò il suo odore.
-Dov’è Frank?- li interruppe Hazel con un tremolio nella voce.
Percy gli indicò il furgone e la ragazza corse via, poi il moro riportò tutta la sua attenzione sulla bionda, aveva uno sguardo pieno di disperazione, Annabeth se ne accorse subito.
-Abbiamo solo peggiorato la situazione…
Nello stesso momento Will e Nico scesero dai posti del passeggero e la voce di Thalia che chiamava suo fratello si diffuse nel garage.
Jason si sentì meglio, lei era li, era tornata da lui. Non era andata come l’ultima volta.
Per poco non iniziò a piangere per la gioia, ma c’erano troppe cose da fare per permettersi quel lusso.
Thalia aveva bisogno di Jason per portare Luke, il ragazzo era di nuovo svenuto e aveva seriamente bisogno di essere controllato.
Will, dopo aver dato una rapida occhiata alla ferita di Clarisse, si rivolse a Jason –Me ne occupo io, Chris ti aiuterà a portarlo in qualche stanza. Clarisse vieni con noi, ti cucio la ferita.
Nessuno osò contraddirlo, quando entrava in “modalità dottore” riusciva a essere serio e deciso quasi quanto era.
Nico gli era accanto –controllati anche la tua ferita alla fronte- mormorò serio, poi gli disse che doveva fare delle cose e che non l’avrebbe raggiunto, stava per andare quando si accorse che Piper stava ancora cercando qualcuno sopra quel furgone, gli occhi sempre più lucidi per la consapevolezza di quello che poteva significare la sua assenza.
Il più piccolo sospirò, poi decise di dirglielo, di dirlo ad alta voce.
Percy lo stava raccontando ad Annabeth.
Frank l’aveva detto ad Hazel.
Ma nessuno aveva ancora avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, di informare tutti e di rendere quello che era successo totalmente reale.
-Non c’è.
Piper si girò subito verso di lui, una lacrima che minacciava di scendere e solcare la sua guancia.
-L’hanno preso, non siamo riusciti a salvare nessuno e non riusciremo a salvarli in futuro.
Fu quasi come una sentenza.
Nessuno disse nulla.
Nico aveva voglia di dire tantissime altre cose, tutto quello che gli aveva detto Leo.
Meritavano di saperlo.
Perché Piper aveva iniziato a piangere cadendo in ginocchio.
Perché Hazel stava piangendo tra le braccia di Frank.
Perché Percy continuava ad avere quello sguardo disperato.
Perché tutti loro erano una famiglia.
Ma Nico non poteva parlare, non poteva aggiungere nient’altro.
Andò via quasi di corsa, verso una meta ben precisa.
La stanza di Leo era in disordine come ricordava, fece finta di cercare qualcosa in giro sforzandosi di non lanciare neanche un’occhiata alle telecamere che sapeva essere nascoste in giro.
Poi si sedette sul letto, chinò la testa e poggiò la fronte su un suo pugno chiuso, come se fosse disperato. L’altra mano la poggiò sul materasso e pian piano la fece scivolare sotto il cuscino.
Qui ci trovò un pezzo di carta, esattamente come aveva detto Leo.
Lo afferrò e lo stropicciò nella sua mano finché non entrò tutto nel suo pugno chiuso.
A quel punto si alzò, diede un ultimo sguardo alla stanza e andò via.
Andò in camera di Will, il ragazzo non era ancora tornato.
Nico si spogliò, mentre si toglieva quei vestiti da donna che non avrebbe mai più messo in tutta la sua vita, infilò il pezzo di carta tra le mutande.
Rimase solo con questo indumento, si scompigliò i capelli, sospirò, fece come se non avesse nessuna fretta, poi si avviò in bagno.
Entrò dentro la doccia, chiuse dietro di se il vetro opaco, aprì l’acqua e, solo a quel punto, quando si girò per fissare il muro, prese il pezzo di carta tutto accartocciato e veloce iniziò a leggerlo.
 

Eros è nel nostro sistema informativo dall’inizio di tutta questa storia.
Legge le nostre e-mail, ci controlla dalle telecamere, conosce ogni nostra mossa.
Non abbiamo nessuna possibilità di batterlo se non giocare al suo stesso gioco.
Come disse una volta Nico, se il nemico crea un piano geniale, l’unica cosa da fare è quello di rubarlo.
La missione per salvare Calypso era destinata a fallire, ma non potevo informarvi, o lui l’avrebbe saputo.
Sono certo che non mi ucciderà, è troppo sadico per farlo ora. Lo farà solo dopo avermi fatto vedere mia figlia. Mi farò catturare di proposito, so come contattarvi, vi dirò io quando arriverà il momento di agire.
Non parlate più di piani e missioni.
Dovrete tenere tutto nascosto, niente internet, niente messaggi, niente discussioni ad alta voce.
Quando verrete lui non dovrà saperlo.
Annabeth saprà realizzare un piano geniale, lo so.
Dovete fare in modo di litigare, per tornare a prenderci, dividetevi. Fate casini, so di non chiedervi molto, alla fine è quello che sappiamo fare meglio.
Deve essere certo di star vincendo, che tutto stia andando secondo i suoi piani.
Mi fido ciecamente di voi, siete la mia famiglia, so che possiamo farcela, so che possiamo vincere.
Ci rivedremo presto,
Leo

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