26. Passato - Nico
Quando sua sorella tornò a casa Nico la stava aspettando sveglio, come ogni notte.
Stava seduto sul vecchio divano a strisce bianche e blu con metà delle molle rotte.
E aspettava, al buio, tenendo lo sguardo fisso sull’orologio alla parete che ticchettava ogni secondo.
Bianca tornava sempre dopo le tre.
Ormai non gli diceva più nulla, non ne aveva neanche la forza, semplicemente sospirava e apriva le braccia.
-Vieni qui- sussurrava dopo e Nico non si faceva pregare.
Non diceva neanche una parola, semplicemente si alzava dal divano e correva a gettarsi tra le sue braccia, stringendola forte, ringraziandola mentalmente per essere tornata da lui e non averlo abbandonato.
Nico aveva solo ricordi vaghi dei suoi genitori, delle immagini talmente sfocate che potevano essere benissimo sogni.
Sapeva solo che un giorno erano scomparsi, andati via.
Nico non parlava mai, era un bambino abbastanza inquietante per avere solo sei anni.
A scuola gli altri gli stavano alla larga, erano quasi terrorizzati, il suo silenzio e la sua immobilità gli faceva paura.
Era anche un bambino abbastanza intelligente per avere solo sei anni, ma alla fine tutto era dovuto al fatto che fosse cresciuto troppo in fretta.
Le rare volte che parlava lo faceva con Bianca, un giorno le chiese perché loro non avessero un papà e una mamma come tutti i suoi compagni.
La ragazza non gli diede una vera risposta, mentre continuavano a mangiare del pane duro e raffermo rispose con una sola frase “Perché ci hanno abbandonato”.
Nico non seppe mai, in futuro, se alla fine i loro genitori erano morti o fossero fuggiti di casa, non gli interessava saperlo.
Perché gli sarebbe dovuto importare di qualcuno che in un qualsiasi modo li aveva abbandonati?
Ma alla fine era pur sempre un bambino e anche se faceva finta di non importargli, il terrore dell’abbandono era sempre presente dentro di lui.
Bianca lavorava di notte per portare quei pochi soldi che li facevano sopravvivere e Nico l’aspettava sveglio proprio per questa paura.
Non riusciva ad andare a dormire fino a quando sua sorella non tornava.
Nico non sapeva cosa facesse sua sorella, non aveva neanche provato a chiederglielo, sapeva che non gli avrebbe risposto.
Ma non poteva non notare come almeno tre sere a settimana Bianca tornava con dei lividi visibili.
Poi una notte tornò combinata nel peggiore dei modi, aveva il naso che perdeva sangue e un occhio pesto. Quando Nico corse ad abbracciarla alla ragazza uscì una lacrima che le percorse il viso.
Non dissero nulla, quella notte però Nico dormì con lei.
Fu l’ultima notte, Nico non la dimenticò mai.
Il giorno dopo, alle dieci di sera, la ragazza si preparò per uscire, come al solito.
Nico non voleva che se ne andasse, il terrore lo invadeva, non voleva che qualcuno le facesse del male.
Poi la ragazza si abbassò per salutarlo, come faceva sempre, ma quel movimento le causò una smorfia di dolore.
Nico scattò afferrandole la maglietta –Non uscire questa sera- la supplicò con la sua voce infantile.
Lei si limitò a stringere le labbra e arruffargli i lunghi capelli neri –Tornerò presto, promesso.
Poi si rimise in piedi e andò via.
Quando la porta fu chiusa alle sue spalle la casa scese nel silenzio più assoluto, quello che per Nico non doveva essere una novità, ma quella sera era più assordante del solito.
Senza neanche mettersi il giubbotto si mise in punta di piedi e aprì la porta, poi corse fuori da quello squallido condominio e cercò sua sorella.
La trovò, una semplice figura nera in fondo al vicolo a destra, la riconobbe grazie al cappello floscio che aveva tra i capelli.
La seguì.
Ma la seguiva da lontano e comunque aveva le gambe molto più corte di Bianca, così a un certo punto la perse di vista.
Il cuore iniziò ad accelerare e la paura tornò prepotente, il bambino iniziò a correre senza meta, doveva solo ritrovarla.
Si ritrovò in uno dei quartieri più squallidi di quella città, anche più squallido di quello dove abitavano loro.
Il moro si bloccò di scatto quando sentì delle risate e dei lamenti.
Si avvicinò lentamente al vicolo dal quale provenivano.
E poi la vide, Bianca era li con tre uomini, la ragazza era mezza nuda e si stava lamentando, mentre quelli sembravano più divertiti.
Nico non sapeva, non capiva cosa stesse succedendo, ma era consapevole che a sua sorella non piaceva, le stavano facendo male.
-Bianca!- Urlò con tutto il fiato presente nei suoi polmoni correndo da lei.
La ragazza strabuzzò gli occhi e boccheggiò il nome del fratello.
Nico intanto era arrivato da loro, si era aggrappato all’uomo più attaccato alla sorella e aveva iniziato a prenderlo a calci.
-Lasciala! Lascia la mia sorellona! Le stai facendo male! Lasciala!!
L’uomo sorrise divertito, lo spintonò con un solo braccio e il bambino cadde a terra.
Però in effetti Nico era riuscito a far staccare quell’uomo da Bianca, perché questo si interessò totalmente a lui, mentre gli altri due tenevano ferma la ragazza.
-Chi abbiamo qui? Ci hai portato anche il tuo fratellino? In effetti è molto carino, ha dei lineamenti quasi femminili.
-Non ti avvicinare a lui! NICO SCAPPA!
-No, non lo farà.
L’uomo lo tenne fermo a terra e gli strappò i pantaloni.
Nico non sapeva cosa stesse succedendo, non riusciva a capire, ma i suoi occhi gli si riempirono di lacrime e disperato cercò il volto della sorella.
-Bianca- miagolò con voce rotta –Mi sta facendo male… fallo smettere…
Sua sorella lo fissava impotente, uno sguardo disperato in volto mentre tentava di liberarsi.
-Mi fai male! Smettila! Bianca… per favore…
-Sei uno stupido Nico! Non dovevi seguirmi!- Gli urlò contro sua sorella ormai in preda alla disperazione distogliendo lo sguardo da quella scena.
-Scusa! Scusa non lo faccio più, te lo giuro, non lo farò mai più… Ma fallo smettere, mi fa tanto male!
E poi non disse più nulla, semplicemente iniziò a urlare.
Per Bianca fu troppo, riuscì a liberarsi mordendo e scalciando, corse da suo fratello e prese a calci l’uomo che gli stava sopra.
Gli spaccò qualche dente, perché sputò un grumo di sangue dalla bocca mentre un rivolo rosso gli scendeva lungo il mento.
Era anche riuscito a distrarlo, infatti l’uomo smise di giocare con Nico e le si avvicinò con uno sguardo inquietante.
-Hai davvero superato il limite puttanella. Sei morta.
Poi iniziò a picchiarla.
Nico non riuscì a fare nulla era immobilizzato dal dolore, rimase a singhiozzare sdraiato in quella sudicia strada.
Lasciarono la ragazza più morta che viva buttata a terra, poggiata contro il bidone della spazzatura.
Nico per un attimo pensò sul serio che era tutto finalmente finito, ma non aveva nessuna idea che la parte peggiore dovesse ancora arrivare.
Lo fecero alzare con la forza e lo misero di fronte alla sorella, poi gli misero in mano qualcosa di freddo e pesante.
Nico vide sua sorella strabuzzare gli occhi e fissarlo terrorizzato.
Il bambino abbassò lo sguardo su ciò che continuavano a fargli stringere fra la mano.
Era una pistola, non troppo grande, ma a lui sembrava enorme e pesantissima.
Iniziò a tremare e cercò di allontanarsi e lasciarla andare, ma era tutto inutile.
L’uomo gli fece alzare la mano e gli posò l’indice sul grilletto, insieme al suo dito, si avvicinò al suo orecchio e sussurrò –Dì addio alla tua sorellona.
Poi lo costrinse a premere il grilletto.
Bianca sorrise a Nico, quasi come a rassicurarlo, come a volergli dire che andava tutto bene, che non era colpa sua. Poi morì.
Tutto quello che avvenne dopo era solo confusione nella sua mente, non sapeva quanto tempo dopo quei uomini se ne fossero andati, forse subito, forse dopo ore, Nico non l’avrebbe saputo dire.
L’unica cosa certa erano gli occhi di sua sorella, spenti, vitrei, che lo fissavano senza vederlo realmente.
Nico l’aveva uccisa.
Era un bambino cattivo.
Sapeva che alle persone cattive facevano cose brutte, aveva già fatto una monelleria uscendo di casa e seguendo sua sorella anche se questa gli aveva detto di non farlo, così per punirlo quell’uomo gli aveva fatto molto male.
Ora aveva ucciso Bianca, Nico sapeva che questa era una cosa che facevano le persone molto cattive e sapeva anche che se qualcuno l’avesse trovato gli avrebbe fatto molto più male di quello che aveva fatto quell’uomo. E Nico non voleva.
Così, semplicemente, scappò.
Era un bambino abbastanza intelligente, riuscì a sopravvivere per tre mesi vivendo nelle strade di Venezia. Vivendo di quello che riusciva a rubare, anche senza mangiare per interi giorni.
Non aveva nessun contatto con nessuna persona, il terrore di quello che gli avevano fatto e che gli potevano fare era sempre vivo nel suo petto.
Il suoi unici amici erano i gatti randagi che popolavano quelle strade. Con loro Nico ricevette anche solo quell’1% di affetto che non aveva mai ricevuto.
Poi loro lo trovarono.
Quando Nico capì di essere seguito iniziò a correre, conosceva tutte le scorciatoie di quella parte di città, aveva un bel vantaggio.
Ma anche quei due uomini erano abbastanza bravi, si muovevano sinuosamente e facevano dei salti da invidia, o almeno, questo fu il pensiero di Nico che aveva ormai quasi sette anni.
Riuscirono a bloccarlo.
Non appena il bambino si sentì toccato, anche se solo nel braccio, tutti i ricordi di quella sera gli tornarono in mente e iniziò a urlare di lasciarlo.
L’uomo che lo stava tenendo lo lasciò di scattò, ma non gli lasciò libera la via di fuga.
Nico si ammutolì e iniziò a scrutarli da cima a fondo, per capire quale sarebbe stata la loro prossima mossa.
L’altro uomo fece un passo in avanti alzando le mani in segno di resa.
-Non vogliamo farti nulla- gli disse con un italiano dal forte accento straniero –vogliamo solo proporti una cosa.
Nico non rispose, ma la sua attenzione fu maggiore.
L’uomo continuò –Se prenderai una cosa per noi ti ricompenseremo.
-Perché non lo fate da soli?- Sbottò insolente.
L’uomo fece un sorriso vedendo che aveva la piena attenzione del ragazzo –Perché è in un posto dove non arriviamo, ci serve qualcuno di piccolo e veloce come te.
Nico non disse nulla.
-Ti daremo dei soldi in cambio, molti soldi.
Il moro ci pensò su per qualche altro istante, poi rispose di getto.
-Va bene. Ma non voglio dei soldi.
I due uomini si fissarono confusi –E cosa vorresti?
-Voglio che mi insegniate tutte quelle cose che avete fatto prima!
L’uomo che precedentemente l’aveva afferrato si morse un labbro –Dove sono i tuoi genitori?
-Non li ho. Non ho nessuno.
Quelle due semplici frasi non gli fecero provare nulla, era quasi diventato apatico.
I due uomini tornarono a guardarsi, indecisi sul da farsi.
-Bè, il potenziale lo ha…
L’altro annuì –E non ha nulla da perdere, sono abbastanza certo che non ci deluderà. Possiamo addestrarlo come si deve.
Tornarono a fissarlo.
-Affare fatto.
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