20. Passato - Will
Will stava dormendo, quando venne svegliato non proprio delicatamente da uno scossone alla spalla.
Fu seguito da un –Dai Will, svegliati- svogliato di suo fratello.
Il bambino mugugnò infastidito e cercò di sotterrarsi sotto le coperte. Ma queste volarono letteralmente via, spinte dalle mani di Austin.
-Ma ho sonno…- si lamentò Will.
-Smettila di fare il bambino e alzati, non abbiamo tempo per i tuoi capricci.
Will borbottò un semplice –Ma io sono un bambino…- Poi però fece come gli aveva chiesto suo fratello.
Si vestì indossando gli stessi vestiti che aveva indossato quella mattina per andare a scuola. Un sotto di tuta pesante nera e una felpa blu con topolino disegnato sopra.
Lanciò una breve occhiata all’orologio digitale che aveva sul comodino mentre si allacciava le scarpe.
Erano le 02:36 di notte.
Sospirò nell’esatto momento in cui suo fratello entrò in camera –Allora? Ce l’hai fatta? Dai su…
Si chinò e finì di allacciargli lui per bene le scarpe.
Quando finì lo prese per mano e lo portò fuori dalla stanza, gli infilò il giubbotto pesante chiudendoglielo fino al mento, gli mise cappello e sciarpa e se lo trascinò fuori, chiudendosi la casa buia e silenziosa alle spalle.
In macchina, seduto nei sedili posteriori, il bambino si riaddormentò nuovamente.
Il tragitto non era molto lungo, ma anche 20 minuti di sonno in più facevano molto.
Quando Will venne svegliato da un nuovo scossone e si mise a sedere, quello che vide non appena mise a fuoco quello che gli stava intorno gli fu quasi più familiare di vedere la sua scuola elementare, posto dove passava ogni mattina da tre anni.
La strada era piena di macchine.
Non macchine qualsiasi, ma macchine belle, modificate, colorate e molto particolari.
Macchine che dovevano essere ricordate, dopo una loro vittoria.
Era pieno di uomini e ragazze.
Erano tutte persone che Will odiava, perché erano persone cattive e crudeli, senza neanche un minimo di gentilezza. Questo il bambino lo sapeva bene, aveva imparato a conoscerli quasi tutti quanti.
Poi c’erano le donne. Loro erano frivole e stupide.
Erano poche quelle che gareggiavano, tutte le altre avevano il solo scopo di stare li, mezze nude, a fare il tifo urlando con quelle voci fastidiose. Per poi farsi toccare dal vincitore di turno.
Will aveva imparato a conoscere meglio questa categoria.
Perché ogni notte, Austin lo lasciava nelle mani di una di loro. Per fargli da babysitter.
Queste accettavano sempre di buon grado, suo fratello aveva un certo fascino ed era impossibile dirgli di no, ma poi loro non adempivano al loro compito totalmente.
Facevano sedere il bambino accanto a loro, sopra il cofano di una macchina o su un muretto e, dopo avergli detto di non muoversi, lo ignoravano per il resto della serata. Comportandosi da oche senza cervello.
Will arrivò ad odiarle così tanto che forse fu principalmente per questo che da grande si interessò a relazionarsi principalmente con i ragazzi.
Litigò spesso con suo fratello, gli diceva che sarebbe stato meglio a casa, a dormire. E gli prometteva che non avrebbe mai detto nulla ai loro genitori.
Ma Austin era irremovibile, rispondeva che a casa potevano succedere mille cose, che invece li con lui era più al sicuro.
Entrambi sapevano che non era la verità, potevano succedere molte meno cose a casa, mentre dormiva nel suo letto tranquillo, che in un posto del genere. Ma era inutile discutere con quel ragazzo. Era irremovibile e Will era solo un bambino, non aveva nessuna voce in capitolo.
Inoltre il biondo sapeva che il problema era solo uno.
Austin non si fidava di lui.
Quella sera sembrava una come tutte le altre.
Will aveva mani e faccia quasi del tutto nascosti dentro il giubbotto per proteggersi dal freddo, era seduto sopra un muretto non troppo alto, la schiena appoggiata al muro dietro e la testa inclinata di lato, gli occhi socchiusi e già quasi totalmente nel dormiveglia.
Era stato affidato a una ragazza rossa, non ricordava neanche quale fosse il suo nome ad essere sinceri.
Ragazza che al momento si trovava a diversi metri di distanza, attaccata a un uomo che stava cercando qualcosa dentro le sue mutande, dalla faccia che aveva doveva essere qualcosa di molto importante.
Will stava per addormentarsi del tutto, quando sentì la presenza di qualcuno che si avvicinava.
La paura e la circospezione gli fecero aprire entrambi gli occhi, vigile.
Vide un uomo che barcollava nella sua direzione, Will si innervosì e la sua mente lavorò veloce, cercando un modo per reagire.
Ma l’uomo, semplicemente, si fermò a pochi passi da lui, si aggrappò al muretto, si piegò su se stesso e iniziò a vomitare.
Will si rilassò e fece una faccia disgustata al contempo, scese dal muretto con un salto e si avvicinò alla ragazza che doveva tenerlo d’occhio.
Era così impegnata in quello che stava facendo con quell’uomo che neanche si accorse del bambino fino a quando Will non le afferrò un braccio e iniziò a tirare verso il basso, attirando la sua attenzione.
Era infastidita, il suo sguardo poteva ucciderlo.
-Che vuoi, marmocchio? Sparisci. Non vedi che siamo impegnati?
A rispondere fu l’uomo.
Will lo guardò con aria di sfida, poi tornò a rivolgersi alla ragazza.
-Uno sta vomitando dove era seduto, io li non ci torno.
-Senti tesoro- parlò finalmente la donna –Non vedi che siamo occupati? Va a giocare da qualche altra parte!
Will strinse i pugni e gonfiò le guancie indispettito, quei due neanche lo notarono tornando alla loro principale attività e Will iniziò a farsi un giro li intorno.
Non era certo di avere una meta, ma non appena vide suo fratello chinato sul cofano aperto della sua macchina, insieme a un suo amico a parlare, gli si avvicinò spedito.
-Quando andiamo a casa?- Domandò senza neanche annunciarsi una volta che gli fu accanto.
-Pensavo che avessi detto che tuo fratello stava buono in un angolo senza rompere le palle a nessuno- commentò il suo amico senza neanche alzare gli occhi su di lui.
Austin sospirò esasperato, poi si girò verso suo fratello –Ancora ce ne vuole un po’. Potresti metterti da qualche parte, buono, senza dar fastidio a nessuno e smettendola di comportarti come un bambino?
Will strinse ancora di più i pugni, a denti stretti borbottò –Ma io sono un bambino.
Il fratello maggiore sembrò ignorarlo di nuovo, Will fece di nuovo per andare via, quando una nuova figura attirò l’attenzione di entrambi.
-Vediamo se ho capito bene- disse il nuovo arrivato con un sorriso divertito in volto –Si inizia a vociferare che tu stia diventando anche più bravo di me. Tu che ti porti il fratellino dietro per fargli da babysitter?- Rise, di nuovo.
-Hai bisogno di deridermi per sentirti migliore?- Rispose a tono Austin, mettendosi davanti a Will come riflesso involontario, per proteggerlo.
La risata del nuovo arrivato si smorzò e un lampo crudele passò nei suoi occhi.
-Io so di essere migliore. E posso provarlo. Ti sfido, domani. Una gara ufficiale, la posta in palio la sai.
Se ne andò senza neanche aspettarsi una risposta, sapeva che avrebbe accettato, come lo sapevano tutte le persone li presenti che avevano assistito a quello scambio di battute.
Anche Will lo sapeva, poteva avere solo sette anni, ma aveva capito come funzionavano le cose li. Suo fratello non avrebbe potuto rifiutare, ma sapeva anche che non avevano tutti quei soldi che richiedevano. Come l’avrebbero pagato?
Il bambino allungò una sua piccola mano e si aggrappò alla schiena del fratello –Austin…- piagnucolò pianissimo. Quella voce fece risvegliare il ragazzo in questione che si girò verso di lui e lo strinse tra le braccia –Va tutto bene- gli sussurrò in risposta per tranquillizzarlo.
Poi lo prese in braccio, disse al suo amico che si sarebbero rivisti il giorno dopo, che adesso andava via per prepararsi meglio alla sfida, chiuse il cofano, sistemò il fratellino nei sedili posteriori e partì per tornare a casa.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso, esattamente come l’andata, ma questa volta Will non dormiva. La sua mente lavorava veloce, sapeva come poter aiutare suo fratello, doveva solo capire se avrebbe sul serio funzionato o meno.
Quando rientrarono, la casa era silenziosissima, esattamente come l’avevano lasciata. Segno che anche quella volta erano rientrati prima dei loro genitori.
Come sempre, una volta che si chiusero la porta alle loro spalle, Austin si chinò su di lui e l’aiutò a togliersi il giubbotto, di solito Will era così intontito dal sonno che non diceva neanche una parola, si faceva spogliare e rivestire senza problemi e, come uno zombie, si gettava sul suo letto addormentandosi all’istante.
Ma quella notte era diversa.
-Posso aiutarti- annunciò il bambino, con un tono serio e convinto.
-No, non puoi- rispose il più grande freddo, usando un tono che non ammetteva repliche.
-Perché, per una volta, non puoi fidarti di me!?- Esplose il bambino.
-Perché sei un bambino! E questo non è un gioco! Non avevi sonno!? Va a dormire e non rompere più.
Lo lasciò li, solo in mezzo al corridoio, mentre lui si andava a chiudere nella sua stanza sbattendo la porta.
Dopo qualche secondo di indecisione anche Will si avviò nella sua, ma non lasciò perdere.
Ormai era diventato un fatto personale, avrebbe fatto capire a suo fratello che meritava la sua fiducia.
Quando la mattina seguente la madre lo chiamò per andare a scuola, lui si finse malato.
Disse che gli faceva male la testa e fece un po’ di tosse. Will non aveva mai fatto capricci per alzarsi la mattina, quindi la madre non insistette troppo, gli diede un bacio sulla fronte e andò a coricarsi nella sua stanza, riposandosi dopo aver fatto la notte.
Will attese svariati minuti, il tempo di essere certo che la madre si fosse addormentata profondamente.
Poi sgattaiolò per la casa, munendosi di tutte le cose che potevano servirgli. Passò dall’insetticida all’acetone che sua madre teneva nella borsa dei cosmetici.
Quando alle due del pomeriggio suo fratello tornò da scuola e sua madre si alzò per preparare il pranzo, Will aveva già fatto sparire tutte le prove, aveva nascosto quello che aveva creato sotto il suo letto ed era tornato a essere il bambino dolce e gentile con il suo grande sorriso.
Anche quella sera sua madre lavorava, quindi Austin doveva tenersi Will, come la maggior parte delle notti. Per la prima volta il biondo esultò internamente.
Quella notte Austin chiese al suo amico di tenere d’occhio Will, almeno nel tempo della gara. Aveva paura che gli potesse succedere qualcosa, o che scappasse per “aiutarlo” e sapeva benissimo che le troiette che stavano li in giro non sarebbero state in grado di tenerlo davvero d’occhio.
Il suo amico rispose che non c’erano problemi, ma prima che la gara iniziasse lo aiutò a mettere a punto le ultime cose alla sua macchina. E a calmarlo.
Fu a quel punto che Will agì.
Sgattaiolò veloce, era pur sempre un bambino, nessuno lo notava, non sul serio.
Si nascose sotto la macchina del ragazzo contro cui doveva gareggiare Austin e rimase li, fermo, aspettando che il lato che gli serviva fosse libero per quei pochi secondi dei quali aveva bisogno. E pregando soprattutto perché non decidessero di mettere a moto la macchina e fargli fare qualche giro di riscaldamento.
Ma tutto andò secondo i piani, non appena l’area vicino al serbatoio della benzina fu libera Will scivolò fuori, prese la boccetta che teneva sigillata in tasca, la svuotò totalmente li dentro e fuggì di corsa, non visto da nessuno, o almeno era quello che credeva.
Tornò da suo fratello mentre questo aveva iniziato a cercarlo.
Non appena lo vide sospirò di sollievo e si lasciò andare seduto al suo posto di guida.
-Quante volte ti ho detto di non scappare così!?- Si lamentò non appena il bambino gli fu di fronte.
-Scusa- rispose semplicemente abbassando lo sguardo.
Il ragazzo più grande portò una mano alla guancia paffuta del bambino e con il pollice cercò di pulirgli una striscia di sporco –Cosa hai combinato?
Will non fece in tempo ad aprir bocca per rispondere che la macchina del suo avversario saltò letteralmente in aria. Non ci furono morti o feriti gravi, ma ormai il mezzo era inutilizzabile.
Da quel momento per Will tutto si svolse come in un sogno.
L’avversario che se la prendeva con suo fratello dicendo che era stato lui a fare qualcosa, ma tutti gli altri non gli permisero di iniziare una rissa perché avevano visto che Austin non si era mosso dalla sua macchina, non poteva essere stato lui.
La rabbia di quell’altro che, a tutti i costi, decise di dover comunque fare quella gara. Prese in prestito la macchina di un suo amico, ma non era ritoccata come aveva ritoccato la sua… E perse.
Austin vinse e Will fu fiero di quello che aveva fatto.
Sembrava che tutto fosse finito, stavano tornando a casa, quando due uomini e una donna li fermarono davanti il vialetto di casa.
Will si nascose dietro di fratello e questo alzò i pugni, pronto per fare a botte, ma gli uomini lo fermarono, uscendo il loro tesserino e mostrando che facessero parte della CIA.
-Ci serve solo sapere chi ti ha venduto l’esplosivo che hai fatto mettere al bambino nella macchina di quel tizio.
Will tremò mentre Austin era sempre più confuso.
Dopo una lunga discussione Will urlò, mettendo a tacere tutte le loro parole –Sono stato io! L’ho fatto io! Lasciate stare il mio fratellone.
Tutti e quattro lo guardarono scettici. Non gli credevano, non si fidavano… Era ovvio.
Will allora li portò dentro e rifece tutto quello che aveva fatto quella mattina, davanti ai loro occhi.
Era ormai l’alba quando consegnò loro il nuovo esplosivo liquido, messo dentro una bottiglia vuota di vetro che precedentemente doveva contenere olive sott’olio.
Gli uomini la presero, la fissarono per un po’ per poi decidere di andare, non dissero neanche una parola, solo la donna gli fece una semplice domanda: la sua età.
Rimasti soli, Austin fissò il fratello come se fosse un alieno, poi si ritirò nella sua stanza senza dirgli più neanche una parola.
Il giorno successivo Will trovò quelle stesse persone in casa sua, a parlare con i suoi genitori.
Il giorno dopo ancora stava facendo le valigie per andare in un campo dove, parole di sua madre, avrebbero sviluppato le sue capacità.
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