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18.

Mi strinsi nella felpa e guardai fuori dalla finestra. La neve riempiva strade e marciapiedi, e non faceva eccezione neanche per il giardino di Harry. Era completamente innevato e la panca era quasi sparita.
Mi piaceva guardare la neve cadere, a Parigi la neve era un evento straordinario.
Continuai a sorseggiare la cioccolata calda che avevo preparato e concentrai lo sguardo su Harry. Era accanto a me e non avevo la minima idea di cosa stesse facendo; era chinato a terra e continuava a maledire ogni cosa gli passasse per la testa.
«In cosa ti stai dilettando oggi? Cucito? Oppure stai raccogliendo ogni granello di polvere che c'è sotto il divano?» gli domandai, cercando di essere divertente. Anche se quel giorno, per me, era uno dei più brutti dell'anno.

«Ah ah ah, molto divertente Emily.» mi guardò con uno sguardo a dir poco sfinito, anche se io lo trovavo dolcissimo. «E tu in cosa ti diletti oggi? A fare la finta depressa?»

Diventai seria. «Non è divertente. Volevo solo aprire una conversazione.» incrociai le braccia e mi voltai verso la finestra per guardare ancora la neve, forse sarei riuscita a calmare i nervi.
Quel giorno non ero in vena di prese in giro, anzi, non ero in vena di fare niente. Era come se mi fosse passata la voglia di fare tutto, come se le energie si fossero completamente prosciugate; cosa per me molto strana, visto che di solito non riuscivo a stare ferma un secondo.

Con la coda dell'occhio vidi Harry accennare un sorriso e tornare in posizione eretta con il busto. «Vuoi parlarne?»
Scossi la testa.
«Oh mio dio, sei veramente depressa.» lo guardai e gli diedi una pacca sulla spalla. «Ahi!» esclamò. «Se non mi dici cosa ti prende, non saprò come aiutarti.»

«A me non serve il tuo aiuto, domani passerà tutto, credimi.»
Presi un altro sorso di cioccolata calda e sospirai profondamente. Era ammirevole il modo in cui Harry si preoccupava per me, ma sapevo benissimo come sarebbe andata a finire la giornata: avrei passato le ore successive a bere cioccolata calda, poi sarei andata a letto, avrei pianto e mi sarei addormentata. E il giorno seguente, sarebbe tornato tutto normale.

«Stai dicendo che dovrò passare altre nove ore con una Emily depressa? Non ci penso proprio.» poi sospirò. «Ok... allora, proviamo in un altro modo.» raccolse una cosa da terra e me la mostrò. «Stavo facendo una foto tattica da sotto il divano, ecco perché stavo imprecando contro tutti. Sì, credo di essere molto strano, le foto sono venute bene, ma non le pubblicherò da nessuna parte. E... lo sai che c'è, non mi piace proprio vederti in questo stato; sei pallida e continui a bere cioccolata calda da tutto il giorno, mi spaventi, davvero. Non sono abituato a vederti così.»

Accennai un sorriso e lui sembrò quasi sorpreso. «Sei davvero adorabile quando ti preoccupi.»
Riguardo ai miei sentimenti, la confusione regnava. Volevo bene ad Harry e sapevo che anche lui ne voleva a me. Ma sapevo che c'era qualcosa in me che trasformava il mio voler bene in qualcosa di più.

«Non hai messo del rum insieme alla cioccolata, vero?»

Alzai gli occhi al cielo, afferai il telefono di Harry e iniziai a guardare le foto che aveva scattato da sotto il divano. Erano venute bene, e la casa sembrava ancora più bella di quanto non lo fosse già. «Dovresti fare il fotografo.» ridacchiai, ma lui non sembrava per niente divertito. «Smettila di guardarmi in quel modo, non mi piace quando hai quello sguardo, ti fa sembrare un quarantenne.»

«Non è vero!» alzò la voce e si toccò il viso con entrambe le mani. «Ho solo due anni in più di te, non sono un quarantenne!»

Restituii il telefono ad Harry e mi alzai da divano, dirigendomi poi verso le scale. Ne salii un paio e per un attimo mi ero illusa di aver sentito Harry seguirmi, ma in realtà stava parlando al telefono.
Sapevo che avrebbe fatto di tutto per rendere la mia giornata migliore, ma non ci sarebbe riuscito. Negli anni scorsi, questa era la mia routine giornaliera e non l'avrei di certo cambiata.
Arrivata nella mia camera, aprii le tende e mi sedetti sul letto per godermi il panorama.
Non mi disturbai a prendere la foto che avevo nascosta nel cassetto, sarebbe stato ancor più doloroso.
La sensazione che avevo nello stomaco non era delle migliori, ma cercai di resistere e deglutii il groppo bloccato in gola.

All'improvviso la porta si aprì e vidi Harry raggiungermi. «Mi è venuta un'idea!»

Alzai le sopracciglia. «Sai che non sono in vena oggi...»

«Verrai in palestra con me!» esclamò più felice che mai. Sembrava un bambino che aveva appena trovato delle caramelle sul tavolo.

Dalla mia bocca uscì una risata nervosa. «Assolutamente no.»

***

«Precisamente, cosa siamo venuti a fare qui?» chiesi ad Harry, mentre cercavo di mettere apposto la maglietta. Harry mi aveva dato una maglietta e dei pantaloni a vita altra. Erano stretti e la maglietta arrivava fin sotto l'ombelico; troppo corta per i miei gusti.
E come se non bastasse, la maglietta era a maniche corte e stavo letteralmente morendo dal freddo.
L'unico dettaglio che mi era sfuggito e che Harry mi aveva comunicato durante il viaggio, era che la roba che stavo indossando, comprese le scarpe, erano di Carlyn. Spesso lei ed Harry andavano a fare palestra insieme, ma io non ero stupida e sapevo che dopo essere arrivati nei camerini, non aspettavano un secondo di più per fare tutt'altro che palestra.

Mi guardò storto. «Cosa si dovrebbe fare in una palestra secondo te?»

«Tutto quello che tu non facevi insieme a Carlyn.» borbottai prima di fare qualche passo avanti.
Non volevo stare lì, non avevo voglia neanche di muovere un dito.

«Faccio finta di non aver sentito.» canticchiò Harry. Poi mi afferrò per il polso e mi trascinò in un'altra stanza. Era molto più piccola e c'erano attrezzi ovunque. «Qui non potrà vederci neanche il più bravo dei giornalisti.»
Appoggiò il borzone a terra, accanto alla porta. Mi prese il polso e iniziò a fasciarmi la mano con una specie di garza di colore bianco. Non eravamo molto distanti, anzi, riuscivo a sentire perfettamente il suo respiro. E riuscivo a vedere come il suo sguardo fosse concentrato su quella garza.

«Cosa dovrei fare con quella garza intorno alla mano?»

«Non iniziare a lamentarti di ogni gesto che farò.» mi rimproverò. «E non preoccuparti, non ti farò fare addominali, o cose del genere. Faremo box.»

«Box?»

«Sì, box.» accennò un sorriso e infilò la mia mano nel guantone. Era di colore rosso e pesava da morire, ma di questo non mi lamentai. Harry prese l'altra mano e fece la stessa identica cosa. «Sarà divertente. Non dovrai fare altro che dare pugni a un sacco appeso al soffitto.»
Restai seria. Poi sentii un formicolio provenire dal polso, abbassai lo sguardo e mi resi conto che Harry stava sfiorando il pollice contro mia pelle. Quando si rese conto che lo stavo guardando, ritirò subito la mano. «Scusami.» sussurrò prima di mordersi il labbro inferiore.

Feci scontrare i guantoni l'uno contro l'altro, poi guardai Harry negli occhi. «Perché lo fai? Perché mi hai portata qui?»

Lui tirò indietro una ciocca di capelli e sospirò. «Vedere te in questo stato, mi ricorda me ogni volta che si avvicina l'anniversario della morte di Robin. Non bevo cioccolata calda, ma il comportamento che ho è lo stesso e la box, mi aiuta a sfogarmi. Di solito vengo qui con Simon, e credimi, mi ha aiutato molto dopo la morte di Robin. Oggi voglio provare io ad aiutare te. E non fraintendermi, se vorrai andartene non sarò io a fermarti. Non sei obbligata a farlo se non vuoi.»

«Ti manca?»
Sapevo che sensazione si provasse a perdere qualcuno. Sapevo quanto fosse doloroso e straziante.

«Non puoi immaginare quanto...»

«Be', che devo fare?» cambiai discorso. Ripensare a quello che gli era successo lo avrebbe intristito ancora di più e non volevo che accadesse.

Lui si avvicinò ad un sacco appeso al soffitto, proprio al centro della stanza. «Con quei guantoni dovrai semplicemente colpire questo sacco. Tutto qui. Destro, sinistro, segui sempre questo ritmo.»

«E se ti colpissi in faccia?»
Il mio pessimismo era alle stelle.

«Non dare conclusioni affrettate, ok?» annuii. «Ricorda: destro, sinistro e non sbaglierai niente.»

«Ok...» sussurrai, nell'intento di farmi coraggio. Saltellai sul posto un paio di volte e sferrai il primo pugno contro il sacco. Harry sorrise e mi invitò a continuare. Colpii di nuovo il sacco con il guanto che circondava la mano sinistra e continuai. Destro, sinistro. Destro, sinistro. Harry aveva ragione, stava diventando divertente. Quest'ultimo mi guardava e sorrideva.
Quando ero sua fan, credevo che non lo avrei mai incontrato. Riflettere su tutto quello che pensavo da adolescente, questo mi sembrava un sogno.
Ero lì, con lui. Avevo una stanza tutta mia nella sua enorme villa. Ero la sua stilista e anche sua amica. Anche se dentro di me, qualcosa era accaduto, ma non ne ero completamente sicura. Era qualcosa di strano. Era più che affetto, lo sentivo.
Ero stata sua fan e forse stavo tornando ad esserlo, ecco il perché di quelle strane sensazioni. Dovevo solo avere conferma di quello che stavo provando, ma non sapevo come.
Poi vidi Harry cadere a terra. Restai impietrita per qualche secondo e ripensai a quello che avevo detto poco prima. Forse, mentre ero immersa nei miei pensieri, gli avevo dato uno di quei guantoni in faccia.
«Harry!» esclamai, ma lui restò in silenzio e non mosse un muscolo. Mi tolsi i guantoni e li buttai a terra. Raggiunsi Harry. Non sapevo cosa fare, lui era lì, a terra. Sembrava svenuto.
Mi inginocchiai accanto a lui e gli afferrai il viso con entrambe le mani. «Harry, mi senti? Andiamo, apri gli occhi!» non avendo risposta, mi alzai e mi guardai intorno. Aveva portato un borsone con sé e quando lo adocchiai, gli corsi incontro e lo aprii. Presi una bottiglietta d'acqua e raggiunsi nuovamente Harry. «Ok, ho una bottiglia d'acqua. Potrei buttartela in faccia, ma rischierei di soffocarti, quindi proviamo in un altro modo.» mi concentrai.
Mi morsi il labbro superiore con i denti e cercai di pensare a un'altro modo per svegliarlo, ma non mi veniva in mente niente.
Lo guardai e afferrai nuovamente il suo viso con entrambe le mani. Gli accarezzai le guance con i pollici. Aveva le labbra leggermente arrossate e i capelli spettinati per via della caduta. «Ti prego Harry apri gli occhi...»

«Buh!» gridò lui prima di aprire di scatto le palpebre e di puntare le sue iridi verdi contro le mie. Sussultai per lo spavento.
Mi aveva solo presa in giro e per un attimo ne fui sollevata.

Accennai un sorriso e mi allontanai. «Mi hai fatto prendere un colpo, lo sai?» alzai la voce. Incrociai le gambe e posai una mano sul cuore. Batteva a mille, come quella notte.

«Almeno ti ho fatto sorridere.» ridacchiò prima di prendere la bottiglietta d'acqua in mano. «Oh e grazie per avermi portato l'acqua.» ne bevve un sorso.
Aveva approfittato della mia distrazione per fingersi svenuto, bella strategia, dovevo ammetterlo.

«Non è stato affatto divertente.» borbottai.

Si mise a sedere. «Non mi piace vederti triste. Lo so, mi hai detto che domani passerà tutto, ma io voglio che tu sorrida, ci siamo capiti?»
Annuii e puntai lo sguardo sulle mie mani. Le bende circondavano ancora il palmo e mi davano prurito, così iniziai a toglierle.
«Lo sai che hai un destro spaventoso?»

«Ne vuoi uno in faccia?» gli chiesi prima di tirare su la mano destra e formare un pugno.

«Non ci tengo, ma grazie lo stesso.» ridacchiò lui. «Aspetta ma... tu stai piangendo.» si avvicinò e cercò il mio sguardo. «E da quando Emily Morel piange davanti a qualcuno? È per qualcosa che ho detto?»
Era tutto così stano, la mia vista era stata annebbiata dalle lacrime. Mi sentivo, debole, indifesa, ma sapevo di dover buttare fuori tutto quello che avevo tenuto nascosto per tutti quei mesi, una volta per tutte.

«No, no, tu non c'entri niente.» mi asciugai una lacrima. «Ma ti prego non fare domande, lasciami piangere e basta.»
Lui annuì e lasciai che le lacrime prendessero il sopravvento. Mi sentivo a disagio come non mai, ma sapevo di potermi fidare di Harry.
Abbassai la testa. «Sono tremendamente a disagio, sappilo.» ridacchiai e asciugai altre lacrime.

Sapevo di essere diventata rossa come un pomodoro, ma ad Harry non sarebbe importato. Se ne stava lì a guardarmi mentre piangevo.
Poi la sua mano sfiorò la mia guancia.
Lo guardai. Lui mi asciugò una lacrima e successivamente mi sorrise. Avrei voluto sorridergli anch'io, ma non avevo la forza neanche di muovere i muscoli facciali.
Ripensando a tutto quello che era successo, l'unica persona che mi era rimasta, era lui. Piegai la testa da un lato e feci aderire ancor di più il suo palmo alla mia guancia.
Lo guardai negli occhi e mi sentii subito meglio, era l'unico che poteva aiutarmi in quel momento, l'unico che poteva sostenermi e sapevo che l'avrebbe fatto anche senza il mio consenso.
Harry si avvicinò ancora e allargò le braccia. «Vieni qui.»
Portai avanti il busto e lo abbracciai forte. Le sue braccia mi avvolsero e mi fecero sentire al sicuro, perché era quello che sentivo quando mi abbracciava o quando mi sorrideva. Era sé stesso, sempre. E lo adoravo per quello che era.
Chiusi gli occhi e strinsi il suo corpo ancor più forte. La sua mano mi accarezzava la schiena e potevo sentire il suo respiro sfiorarmi il collo. E il suo profumo, ma non avrei mai capito perché lo avesse messo, visto che sarebbe scomparso a causa del sudore. Ma era buono e sicuramente costosissimo.
L'odore era dolce, proprio come lui.

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