Capitolo 8
Quella mattina, non mi aspettai di trovare Megan nella mia sala da pranzo. Stava parlando con mia madre di qualcosa, mentre la colazione veniva servita. Mi avvicinai e loro, notando la mia presenza, si voltarono entrambe guardandomi.
«Buongiorno cara, Megan è venuta a trovarti. Suppongo andrete a scuola insieme.» Mise la sua borsa in spalla pronta per andare al lavoro.
«Suppongo di sì.» Risposi, ancora confusa nel vedere li la mia amica.
Mia madre si avvicinò salutandomi con un bacio sulla guancia, ma solo per sussurrarmi qualcosa. «Quando io e tuo padre torniamo, dobbiamo parlare.» Non disse nulla di più e se ne andò. Questa frase mi confuse maggiormente e non sapevo se dovevo preoccuparmi.
Guardai Megan bere il caffè latte che le avevano portato e mi sedetti accanto a lei. «Buongiorno.»
«Bella, come stai?» Chiese allegra facendo una foto alla colazione da poter mettere sulle storie di Instagram.
«Bene. Cosa ci fai qui?» Non volevo sembrare scortese o altro, ma non mi aveva nemmeno avvisata del suo arrivo.
«Mi sono svegliata presto oggi e ho pensato di passare da te per andare a scuola insieme.»
«Potevi chiamarmi o mandarmi un messaggio, così andavamo al Luxury.»
«Anche casa tua va bene, è meglio qui che al Luxury!» Mosse un po' la mano e si bloccò subito dopo come se le fosse venuta in mente qualcosa. «Effettivamente, andando al bar avremmo potuto invitare Andrew, Matt e gli altri ragazzi.»
«Mm... no.» Pressai le labbra e presi la mia brioche dandole un morso, anche se avrei tanto voluto i pancake di Jane in quel momento.
«Non capisco perché tu non dia una possibilità a quel ragazzo. Dai... Andrew è tra i più carini della scuola.» Si spostò i capelli dietro le spalle e prese il cellulare iniziando a mandare una serie di messaggi a qualcuno.
«Non mi piace, basta con le solite domande.» Sospirai cercando di capire se mi stesse ascoltando, ma sembrava troppo presa dal cellulare. Forse era per quello che dovevo ripeterle le cose mille volte.
«Uh quasi dimenticavo!» Abbassò finalmente l'iphone riportando l'attenzione su di me. «Alla fine mia madre ha deciso di non candidarsi.» Disse alzando gli occhi al cielo seccata.
«Come mai?»
«Ne ha discusso con mio padre e in conclusione ha deciso di continuare a fare l'avvocato. Che stupidaggine.» Sbuffò e io rimasi un po' spiazzata al suo ultimo commento.
«Non credo ci sia qualcosa di male.»
«E invece sì, perché ho detto a Susan Hunt che mia madre si sarebbe candidata. Invece, a quanto pare, all'ultimo ha deciso di ritirarsi. Patetica.»
«Io dico che ha fatto bene invece. Queste elezioni credo saranno più truccate del solito e, spietati come sono, rischiava di farsi rovinare la reputazione con qualche notizia falsa o pettegolezzi... non ne vale la pena.»
«Dovresti essere dalla mia parte.» Disse in tono di rimprovero.
«In realtà, dovrei essere in macchina.» Dissi guardando l'ora. Se non partivamo subito, avremmo beccato il traffico arrivando tardi a scuola. Presi la borsa e corsi con Megan alla macchina, dove Jason ci aspettava in piedi. Aprì la portiera dietro guardandomi con un piccolo sorriso che ricambiai e dopo averlo salutato, entrai spostandomi dietro il sedile di Jason per lasciare libero l'altro lato a Megan.
«Il tuo nuovo autista è carino.» Sussurrò al mio orecchio e sorrisi.
«Sì, non è male.»
«Peccato che sia solo un autista.» Accavallò le gambe e tornò a concentrarsi sul cellulare. Non risposi nemmeno al commento perché preferivo evitare di litigare con lei, sapeva come la pensavo ma sembrava non importarle. Le volevo bene, ma quando faceva così la sopportavo poco. Guardai verso lo specchietto e in quel momento mi ricordai della sera precedente. Jason era venuto a casa mia, si era arrampicato fino alla mia finestra ed era rimasto con me tutta la notte. O almeno così credo, ricordo fosse ancora accanto a me nel momento in cui chiusi gli occhi, poi non sapevo se fosse rimasto li o se ne fosse andato subito dopo. Glielo avrei chiesto, ma in presenza di Megan non potevo.
«Andiamo a fare shopping oggi?» Domandò all'improvviso. «Tanto ora hai di nuovo l'autista.»
«Non lo so Meg, ultimamente ho trascurato troppo lo studio e domani abbiamo il test di fisica.»
Alzò gli occhi al cielo sbuffando e si passò una mano tra i capelli. «Ti preoccupa il test? Possiamo copiare da quelle sfigate della fila accanto. Sai quante volte mi hanno passato le risposte?»
«Ma cosa dici Meg? Non ho intenzione di copiare.»
«Oddio Bella, dovresti proprio rilassarti ed essere meno perfettina. Fossi in te pagherei qualcuno per farmi fare i compiti tutto l'anno.»
Jason parcheggiò e Megan scese subito non appena vide Matt al portone parlare con Andrew.
«"Dai Bella, rilassati".» Jason imitò Meg e risi tirandogli un piccolo schiaffo sulla spalla. «Non sembri il tipo di ragazza che frequenterebbe persone come lei.» Si voltò guardandomi dopo aver spento la macchina.
«Non è sempre così...» Sospirai guardando verso l'ingresso e notai Andrew puntare lo sguardo nella mia direzione, forse, aspettando di vedermi uscire dall'auto. «Devo andare.»
«Alla fine hai fatto matematica?»
«Sì! Mi sono svegliata presto e ho fatto tutti gli esercizi.» Aprii la borsa e iniziai a frugare per fargli vedere il mio quaderno perfetto con gli esercizi completi, ma non lo trovai. Sbiancai quando partì un flash nella mia mente dove riuscii a vedermi mentre chiudevo il quaderno e lo lasciavo sulla scrivania nella mia stanza. Jason mi fissò sventolandomi una mano davanti al viso.
«Tutto bene?»
«Ho lasciato il quaderno a casa... oddio...» scesi dall'auto ed iniziai a fare avanti e indietro con le mani tra i capelli. Come avevo fatto a dimenticare il quaderno? Mi ero svegliata prima apposta per fare quegli esercizi e ora erano a casa.
Jason scese subito dopo di me e poggiò le mani sulle mie spalle. «Ora calmati, l'insegnante ti perdonerà per una volta.»
«No, non lo farà!»
«Quando hai matematica?»
«Alla seconda ora!» Risposi agitata.
«Ok, facciamo così... vado a casa, prendo il quaderno e te lo porto al cambio d'ora.»
«Riusciresti?» Lo guardai unendo le mani e lo pregai con lo sguardo. Avevo assolutamente bisogno di quel quaderno o l'insegnante mi avrebbe messo l'insufficienza.
«Certo, sono qui per questo. Lavoro per te, ricordi?» Rise dandomi un piccolo colpetto sulla punta del naso.
«Grazie!» Tirai un sospiro di sollievo e presi la borsa. «Ora corro in classe, terrò in cellulare vicino, ci vediamo dopo.»
Corsi dentro scuola superando Andrew ma, percorrendo il corridoio sentii i suoi passi e girandomi lo notai intento a raggiungermi. Entrai in classe e la sua mano si poggiò sulla mia spalla facendo in modo che mi fermassi.
«Cosa aveva da dire il tuo autista? Vedo che sta prendendo confidenza.»
«Non ti riguarda.» Mi scansai dalla sua presa e mi illuminai vedendo Diana, la ragazza nuova con cui avevo fatto conoscenza il giorno prima, seduta ad uno dei posti in prima fila. Decisi così di avvicinarmi. «Diana?» Richiamai la sua attenzione e in quel momento mi affiancò Megan.
«Vieni, mettiamoci qui con i ragazzi.» Megan indicò Andrew che aveva lasciato il posto accanto a se vuoto apposta per me, mentre Matt si era seduto dietro.
«No, oggi volevo mettermi qui.» Dissi indicando il posto accanto a Diana che mi guardò sorpresa e a cui rivolsi di nuovo la mia attenzione. «Posso? O è già occupato da qualcuno?»
«Oh, no no! Siediti pure...» sorrise e ringraziandola poggiai il mio libro sul banco.
«Stai scherzando Isabel?» Megan mi guardò a braccia conserte.
«Voglio seguire la lezione tranquilla.» Spiegai e mi misi seduta guardando Diana, mentre Meg andava a sedersi accanto a Andrew. Sapevo che avrebbero parlato di me, ma in quel momento mi importava ben poco. «Grazie per il posto, finalmente abbiamo una lezione insieme.»
«Sì! Questo è il mio orario definitivo.» Tirò fuori un foglio dall'agenda mostrandomelo.
«Abbiamo anche letteratura inglese insieme! Io adoro quella materia.»
«Anche io, la trovo affascinante.» Mi sorrise e ricambiai felice di aver trovato qualcuno apparentemente con i miei stessi gusti. «Autori e poeti insegnano sempre qualcosa, ed è curioso scoprire il loro modo di vedere le cose o le persone.»
«Esatto! Deduco quindi che ti piaccia leggere?» Domandai curiosa.
«Sì, molto. Ho tanti di quei libri a casa che non so più dove metterli!» Rise e tirò fuori dallo zaino un libro. «Ora sto leggendo "Orgoglio e Pregiudizio", è davvero bello.»
«Concordo! Personalmente, trovo il personaggio di Mr. Darcy curioso e affascinante.» Dissi sfogliando alcune pagine per poi tirare fuori un libricino dalla mia borsa. «Io ho finito da poco "Il Grande Gatsby", l'ho trovato fantastico.»
Ad interromperci fu l'insegnante che, entrando in classe, si scusò per il ritardo e non perdendo altro tempo, iniziò a spiegare.
•••
Al suono della campanella misi tutto nella borsa guardando ogni tanto il cellulare in attesa di un messaggio da parte di Jason. «Devo andare a recuperare il mio quaderno di matematica, ci vediamo alla prossima lezione?»
«Certo!»
Salutai Diana uscendo dalla classe alla velocità della luce, girando l'angolo mi scontrai contro qualcuno che mi afferrò subito per non farmi cadere.
«Quanta fretta, era per me o per il quaderno di matematica?» Jason rise porgendomi il quaderno che afferrai felice mettendolo nello zaino.
«Sei stato la mia salvezza, sai?»
«Lo so, lo so. Sono il migliore.» Si pulì la spalla con una mano dandosi delle finte arie e scossi la testa sorridendo.
«Ora devo andare in classe, grazie ancora per il quaderno.»
«Entra pure nella nostra scuola come se nulla fosse.» Andrew mi affiancò guardando male Jason. «Cosa vuoi? Sei venuto a riprendere i tuoi vestiti?» Disse riferendosi all'episodio accaduto a casa mia.
«Andrew... smettila.» Lo fulminai sperando mi ascoltasse e Jason mi guardò come se avesse compreso quello che era successo la sera prima. «Avevo lasciato a casa il quaderno e Jason me lo ha semplicemente riportato.»
«"Jason" eh?» Poggiò un braccio attorno alle mie spalle ma io mi spostai subito.
«Faccio il mio lavoro.» Rispose a Andrew in tono freddo e distaccato.
«Forse fai anche troppo, ma non sei alla sua altezza, quindi puoi smetterla di andarle dietro.»
La cosa stava degenerando e non sapevo cosa fare. Jason si avvicinò con sguardo minaccioso a lui, aveva le mani strette in due pugni lungo le braccia. «Quello non all'altezza qui, sei tu. Non meriti nemmeno di rivolgerle la parola.» Sussurrò a denti stretti e lo guardai con le labbra socchiuse non aspettandomi quella risposta. La gente passando li guardava cercando di capire cosa stesse succedendo. Andrew gettò a terra lo zaino e prese Jason dal colletto spingendolo contro il muro. Sussultai coprendomi la bocca con le mani mentre tutti in corridoio si bloccarono guardando la scena.
«Pensi di potermi parlare così? Hai idea di chi sono io?»
«Andrew basta!» Lo spinsi indietro mettendomi tra lui e Jason nel tentativo di tenerli lontani.
«Vuoi fare la sua sgualdrina?» Sbraitò fissandomi.
A quelle parole, Jason fece un passo avanti pronto ad andargli contro ma lo fermai. «Ripetilo.» Dissi guardandolo negli occhi mentre mi avvicinavo.
Lui rise e sembrò non avere problemi a fare ciò che avevo chiesto. «Cosa? Che fai la sgualdrina?»
Lo schiaffo che gli tirai, riecheggiò per tutto il corridoio e la gente iniziò a bisbigliare tirando sospiri sorpresi. Andrew girò di nuovo il viso verso di me lasciando sfuggire dalle labbra una risata che mi fece rabbrividire e si avvicinò al mio orecchio. «Questa la paghi cara Isabel.» Detto ciò, raccolse lo zaino e allontanandosi, guardò male tutti. «Non c'è nulla da vedere!» A quelle parole, le persone distolsero lo sguardo e ripresero a sparpagliarsi.
«Mi dispiace per quello che ti ha detto...» guardai Jason e lui scosse la testa.
«Tranquilla, non do peso a quello che dicono persone come lui.»
«Ma non può trattarti così.»
«L'importante e che non metta le mani su di te.»
«Grazie... davvero.» Accennai un sorriso e lui ricambiò.
«Vai, l'insegnante sarà già in classe. Ci vediamo all'uscita.» Mi salutò e dopo averlo osservato mentre si allontanava, corsi in classe sotto lo sguardo di chi ancora era rimasto in corridoio.
•••
Durante il tragitto da scuola a casa, restai tutto il tempo con mia madre al cellulare. Continuava a parlarmi delle elezioni ma non ero poi tanto attenta a quello che diceva, la questione non era di mio interesse. In questo modo non riuscii nemmeno a parlare con Jason perché, appena arrivata a casa, dovetti correre a studiare per il test. Tra quello che era successo e lo studio, ero stressata. Volevo prendere libri e quaderni per poi buttarli fuori dalla finestra o nel camino al piano di sotto. Dopo aver passato ore sulle formule, scesi di sotto dove mia madre era entrata con le braccia piene di cartelle.
«Isabel, ricordi che stamattina ti ho detto che avremmo dovuto parlare? Bene, siediti.» Disse velocemente facendomi sedere sulla poltroncina mentre lei si sedeva sull'altra.
«Ok.» Non capivo tutta la sua agitazione, ma potevo scommettere fosse riguardo alle elezioni.
«Dobbiamo parlare di Lisa Wolgren. Per caso Megan ti ha detto cosa intende fare per la candidatura?»
«Mamma, stai scherzando? Lei è tua amica.» La guardai sconcertata, doveva aver perso la testa negli ultimi giorni.
«Tesoro, quando capirai che gli amici non esistono?» Alzò gli occhi al cielo prendendo il suo iPad e scrisse qualcosa. «Quindi? Sai qualcosa?»
«Non si candida.»
«Oh, ma è perfetto!» Afferrò il taccuino che aveva nella borsa e restai a bocca aperta quando la vidi cancellare il nome di Lisa da una lista. «Così sarà ancora più facile, sappiamo già chi vincerà.»
«Chi?» Chiesi mentre mia madre prendeva di nuovo in mano le cartelle andando verso l'ufficio di mio padre.
«Bart Larson naturalmente!» Sparì dietro la porta mentre io, senza parole, andai verso le scale. Quel giorno però, sembravano avercela tutti con me.
«Isabel Evans.» Sussultai al suono della voce di mio padre che mi chiamava. Era appena entrato in casa e il suo sguardo era così freddo da far raggelare il sangue. «Vai in camera tua e non ti muovere. Io arrivo tra cinque minuti.»
Si allontanò e lo sentii chiamare il personale, mentre io correvo di sopra e andavo a sedermi alla scrivania con il cuore che batteva a mille dall'ansia. Il mio cellulare suonò ma staccai senza neanche guardare chi fosse, alla seconda chiamata staccai ancora mettendo il silenzioso e lo nascosi da qualche parte. Non ero agitata, di più. Quando mio padre faceva così, voleva dire solo una cosa.
Guardai verso la finestra e intravidi il personale andare via. In quel momento, entrò nella stanza mio padre sbattendo la porta infuriato.
«Che cosa hai fatto oggi?»
Ero confusa, non sapevo di cosa stesse parlando, sapevo anche che questo lo avrebbe fatto infuriare di più ma non potevo farci poi molto. «Nulla, sono andata a scuola... poi sono tornata a casa e ho studiato.»
«Andrew mi ha chiamato prima.» Si avvicinò stringendo le mani a pugno e il mio cuore perse un battito dalla paura. «Ti sembra normale alzare le mani su un ragazzo?! Davanti a tutti per di più!» Mi tirò uno schiaffo tanto forte da farmi girare il viso. «E non è tutto. Mi ha anche detto che eri attaccata ad un ragazzo.» Mi prese per i capelli e mi guardò ma io abbassai subito lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare. «Lo hai invitato in casa nostra senza dire nulla a nessuno. Io non voglio nemmeno sapere chi è o che faccia abbia... ma stai alla larga da lui. Hai capito?»
«Non ho fatto nulla di male...» la mia voce tremò e le parole morirono in gola. Alzò di nuovo la mano e chiusi di scatto gli occhi mentre colpiva il mio viso. Sentii il labbro bruciare ma non ebbi il tempo di sfiorarlo che arrivò un altro colpo che mi fece cadere per terra.
«Nulla di male? Tu non li devi neanche guardare gli altri ragazzi. Andrew si era avvicinato a te per aiutarti e tu come lo hai ripagato?» Potei immaginare il disprezzo nel suo sguardo, forte come nelle parole. Io non riuscii nemmeno a guardarlo, le lacrime mi offuscavano la vista scendendo poi veloci e calde lungo il mio viso. «Spero almeno che con quel ragazzo tu non abbia fatto niente. Saresti una vergogna, più di quanto lo sei adesso. Il tuo comportamento è stato inaccettabile... Andrew avrebbe dovuto reagire. L'ho detto che era anche troppo buono per te.» Mi alzò di forza prendendomi dal braccio e lo strattonò facendo si che alzassi lo sguardo. «Non rivedrai più quell'altro, voglio vederti solo con Andrew. Hai capito? E guardami in faccia quando ti parlo!» Urlò facendomi sussultare e incrociai il suo sguardo annuendo. Poco dopo mi lasciò e uscì dalla mia stanza sussurrando qualcosa che non capii. Andai velocemente a chiudere a chiave e singhiozzai appoggiandomi alla porta tremante, per poi scivolare a terra tirando le gambe al petto. Non potevo credere a quello che Andrew aveva fatto, era davvero spregevole. Sentii un sapore metallico e passai il dito sul mio labbro inferiore notando del sangue. Mi alzai e andai in bagno, ma non riuscii ad alzare lo sguardo verso lo specchio. Poco dopo però, mi costrinsi a farlo e ciò che vidi fu un occhio rosso, quasi viola... Le guance rosse e il lato sinistro bel labbro sanguinante. Aprii l'acqua del rubinetto e mi sciacquai il viso con l'acqua fredda, dopodiché lo asciugai. Uscita dal bagno, presi il cellulare e andai verso la portafinestra che aprii subito per poter uscire sul balcone. Il cielo stava iniziando a diventare blu e l'aria fredda mi pizzicava le guance e la punta del naso. Sedendomi a terra guardai le chiamate perse di Jason e alcuni messaggi che mi aveva mandato. "Sei arrabbiata per oggi?" Chiedeva il primo. "Va tutto bene?" Chiedeva nel secondo messaggio, mentre il terzo lo aveva mandato qualche minuto prima. "Ero di passaggio e ho visto il personale uscire, è successo qualcosa?"
Qualche minuto dopo, decisi di rispondere per non farlo preoccupare. "Va tutto bene, scusa se non ho risposto ma ero immersa nello studio." Non volevo dirgli cosa fosse successo davvero, anche se il giorno dopo avrebbe fatto molte domande. Non sapevo come fare, il trucco faceva miracoli ma fino ad un certo punto. Ci pensai su qualche istante prima di digitare un altro messaggio: "Domani hai la giornata libera, devo andare con mia madre a fare delle commissioni." Rientrai quando iniziai a sentire troppo freddo e guardando l'ora, notai che era ora di cena. Quella sera però non mi sarei mossa dalla mia stanza, per volere mio e perché mio padre ad ogni modo non mi avrebbe permesso di scendere. Andai a cambiarmi e mettendomi a letto sentii il cellulare vibrare tra le coperte, prendendolo restai a fissare il nome a lungo. Forse speravo staccasse ma non credo si sarebbe arreso, così risposi.
«"Ti manco già?"» Domandai utilizzando le sue stesse parole e accennai un sorriso. Mi aspettai una delle sue solite risposte, invece restò in silenzio per un po'.
«Non ti conosco da molto, ma so che stai mentendo.»
Le sue parole mi spiazzarono. «Cosa vuoi dire?»
«Non ci credo che domani vai a fare delle commissioni con tua madre.»
«Invece sì, abbiamo un po' di cose da fare per via delle elezioni.» Cercai di inventare qualcosa sul momento sperando mi credesse.
«Puoi fare di meglio, inventane un'altra Isabel.» Il suo tono era serio, ma non sembrava arrabbiato.
«Perché credi io stia mentendo?»
«Non salteresti mai scuola. Impazzisci se rischi anche solo di arrivare in ritardo o se non consegni un compito. Domani per di più hai un test.» Calò il silenzio dopo che Jason finì di esporre la sua teoria e fu sempre lui a romperlo alcuni istanti dopo. «A quanto pare ho ragione io.»
«Ok Sherlock, quindi non lo vuoi il giorno libero?»
«No, l'unica cosa che voglio è la verità. Perché non vuoi che ti porti a scuola domani?»
«Non è che non voglio...»
«Allora cosa?»
«Nulla, pensavo solo di camminare domani.»
«Tu vuoi andarci a piedi?» Lo sentii ridere dall'altra parte e alzai gli occhi al cielo. «Sai che a piedi è un bel po' di strada? E non sei una che cammina molto, da quel che ho potuto notare.»
«Stai dicendo che non ci riuscirei?»
«Non l'ho detto. Comunque domani ti porto io a scuola, puoi prendertelo tu il giorno libero se vuoi.»
Risi passandomi la mano tra i capelli e guardai fuori. «Quanto sei rimasto ieri notte?»
«Qualche minuto, finché non ho visto che dormivi tranquilla. Non volevo rischiare di svegliarti o darti fastidio.»
«No tranquillo, non hai dato fastidio.» Risposi in un sussurro pressando poi le labbra.
«Come mai non sei a cena? O hai già finito?» Domandò improvvisamente.
«Ho mangiato qualcosa alla veloce e sono tornata a studiare.»
«E ora hai fame?» Domandò.
Avevo davvero tanta fame, ma avrei dovuto aspettare il mattino seguente. «Non molta.» Mentii.
«Se vuoi andiamo a mangiare una pizza.»
«"Mi stai invitando?"» Risi imitandolo ancora una volta. Mi stava facendo quasi dimenticare quello che era successo poco prima e lui non era nemmeno qui, o almeno, c'era ma non fisicamente.
«Sei davvero incredibile. E non imitarmi di nuovo dicendo qualcosa come "lo so" o "me lo dicono spesso"!» Lo sentii ridere.
«Ok ok, la smetto. Comunque non posso uscire ora...»
«Potrei passare io da te.» Propose.
«Mi dispiace ma è la serata sbagliata, i miei fanno avanti e indietro...» sospirai, mi sarebbe davvero piaciuto passare del tempo con Jason, ma al momento non potevo rischiare. «Sarà per un'altra volta, promesso.»
«Attenta, hai appena promesso. Le promesse si mantengono, altrimenti succedono cose brutte.»
Risi ascoltandolo. «Del tipo?»
«Non lo so, dipende. Potrebbero derubarti, rapirti, o peggio... potresti perdere il tuo autista preferito.»
«Ronald? Lui è andato in pensione.» Mi trattenni dal ridere mentre Jason rimase in silenzio.
«Allora sei stronza! Non pensavo ne fossi capace... stavolta mi hai colpito.»
«Ogni tanto tutti lo sono.»
«I tuoi amici lo sono sempre.» Borbottò. «Senza offesa.»
Aveva ragione e dalle mie labbra uscì un sospiro stanco. «Sono gli unici che ho.»
«Non è vero, ora hai anche me.»
«Giusto, ho te...» sorrisi anche se non poteva vedermi e guardando l'ora sul comodino, notai che si stava facendo tardi. «Sei tornato a casa?»
«Sì, dato che una certa ragazza non voleva cenare con me.»
«Ma...»
«Scherzo principessina. Domani però alzati presto.»
«Io mi alzo sempre presto, ora infatti credo andrò a dormire così domani mattina non farò fatica ad uscire dal letto.»
«Che brava ragazza, allora buonanotte.»
«Buonanotte Jason.»
«Pensavo di essere "occhi di ghiaccio".» Lo sentii ridacchiare mentre io, restai a bocca aperta pensando si fosse ormai dimenticato di quella storia, ma evidentemente non era così.
«Oddio non ci posso credere, basta!»
«Cosa? Non ero io?»
«Beh, io pensavo di essere "principessa".»
«Lo sei, notte principessa.» Staccò e sapevo che lo aveva fatto apposta per far si che io non rispondessi di nuovo. Sorrisi poggiando il cellulare sul comodino e mi accoccolai tra le coperte al caldo cercando di dormire. Forse era per via della fame, ma non avevo molto sonno. Volevo fare qualcosa, uscire, andare in qualche posto, ma ero bloccata qui.
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