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Capitolo 58

Un mese era passato in fretta lasciando spazio alle novità. Con i soldi che avevo tenuto nascosto parecchi mesi, avevo avviato un progetto insieme a Jane, ovvero quello di ricostruire il Maple Leaf. Ralph da quel momento sembrava avesse iniziato a provare un po' di simpatia nei miei confronti il che mi rese felice, non volevo essere antipatica al fratello del mio ragazzo.
Ogni tanto la sera, Jane si sbizzarriva preparando deliziose cenette, così invitavamo Jaden, Sam, Clyde e Diana per mangiare tutti insieme in giardino. Era anche un modo per distrarre Jaden dalle sue giornate senza Kady che era partita per andare a trovare i parenti.
Io non avevo più sentito i miei genitori e nemmeno Andrew. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che ormai mi avevano tagliata fuori, mi sembrava quasi surreale, eppure era così. Ma una famiglia ce l'avevo ancora, erano i miei amici, Jane e persino Ralph.
Raggiunsi Jason al frutteto, non troppo lontano da casa. Ci andai trascinando dietro la bici e quando Jason mi vide, scoppiò a ridere fermando il suo lavoro. Stava costruendo una grande staccionata intorno al frutteto e aveva chiamato alcuni giardinieri per rimettere in sesto il posto. Fulminandolo, mi avvicinai e lo schivai mentre cercò di darmi un bacio. «Questo è perché ridi di me.»

«Rido perché ti porti sempre dietro la bici ma non ci sali.» Disse incrociando le braccia al petto.

«Sai che non ci so andare! Io ci provo, ma poi mi sale la paura e finisco per trascinarmela dietro... prima sono caduta.» Alzai il ginocchio sbucciato facendo labbruccio come i bambini e Jason scosse la testa ridendo prima di stamparmi un bacio veloce sulla guancia. «Sei rimasto solo tu, perché non ti fermi e torni a casa a riposarti?»

«Non mi ero reso conto dell'ora, metto un attimo a posto e arrivo.»

Annuii e nel frattempo salii sulla bici un'altra volta provando a guidarla senza sbandare. Ma non riuscivo a non appoggiare a terra un piede dopo neanche un secondo. Mi diedi una spinta e dopo una pedalata sbandai di nuovo cacciando un urlo ma Jason, corse afferrandomi appena in tempo. «Mio eroe.» Dissi in modo teatrale portandomi una mano al cuore. Jason rise tenendo la bici da dietro e mi guardò.

«Ti tengo io, tu pedala ma non guardare in basso. Devi tenere gli occhi fissi in lontananza.»

«Ci provo...» sospirai e al suo via, iniziai a pedalare piano guardando avanti. «Tu però non azzardarti a lasciarmi come fanno i genitori con i bambini! Sono tutti dei bugiardi, dicono che non ti lasceranno, di fidarti di loro... e poi? Boom! Ti ritrovi per terra sanguinante mezza morta con dei genitori bugiardi.» Sospirai guardando avanti. «Mi stai ascoltando?» Mi voltai indietro e sussultando frenai bruscamente cadendo quasi a terra. Jason era in fondo alla strada che rideva divertito guardandomi. «Jason McCann!» Urlai incrociando le braccia al petto. Scesi dalla bici lasciandola sul bordo della strada, volevo picchiare Jason ma optai per fare altro. Corsi verso di lui che mi prese in braccio ridendo per poi stamparmi tanti baci sulla guancia. «Sei cattivo e bugiardo! Ma ti voglio bene.»

«Mi farò perdonare.» Ridacchiò mettendomi giù e andando a recuperare la bici, ci salì sopra. «Sali dietro.» Annuii facendo come aveva detto e, restando in piedi con le mani sulle sue spalle mentre partiva, sorrisi guardando avanti con il vento che mi scompigliava i capelli.

•••

Una volta a casa, andai nella biblioteca grande, cercando qualcosa da leggere. C'erano così tanti libri, alcuni anche molto vecchi, che spesso impiegavo un'ora solo per scegliere. Chiudendo gli occhi, scelsi a caso e afferrando il libro mi sedetti sulla poltroncina accendendo la lampada che avevo accanto. Jane entrò e appena mi vide si scusò avvicinandosi. A detta dei ragazzi, da quando era tornata in città il suo umore era migliorato e il fatto che stavamo ricostruendo il Maple Leaf, probabilmente aumentava di più la sua gioia. Solo una cosa l'aveva resa triste, non aver potuto conoscere Sylvia. «Non volevo interromperti.»

«Jane figurati, non interrompi mai.» Sorrisi facendole cenno di sedersi.

«Sono solo passata a chiederti se hai preferenze per la cena.»

«No, mi va bene tutto. Comunque, qualsiasi cosa tu faccia. chiamami che ti do una mano e ne approfitto per imparare qualcosa di nuovo.»

«Va bene.» Rise annuendo per poi fissarmi qualche istante. «Come stai?»

Riflettei un momento sulla sua domanda, prima di rispondere. «Bene.» Sapevo perché me lo stava domandando, Jason le aveva raccontato cosa era successo con i miei genitori e sapevo che si era dispiaciuta. Chiusi il libro cercando di cambiare discorso. «Comunque devi fare un discorsetto a tuo figlio.» Scherzai. «Oggi mi ha insegnato finalmente ad andare in bici ma mi ha mentito.» Quando le spiegai cos'era successo, si mise a ridere.

«Andrò a dirgli qualcosa.» Si alzò sorridendo e dopo avermi dato una stretta gentile alla spalla, uscì dalla biblioteca. Feci per riprendere il libro ma la foto che Sylvia mi aveva lasciato, attirò il mio sguardo. Perché lasciare una foto in eredità? Allungando la mano verso la cornice, la presi guardando attentamente lo scatto in bianco e nero. La porta della biblioteca si aprì di nuovo e stavolta entrò Jason con i capelli leggermente spettinati e bagnati, aveva appena fatto la doccia e si sentiva il profumo del dopobarba che mi fece subito ridere.

«Dai illuminami, perché ridi adesso?» Domandò con un sorrisino mentre alzava gli occhi al cielo.

«Ti sei fatto la barba quando nemmeno ti cresce.»

«Certo che a volte sei cattiva!» Mi pizzicò un fianco baciandomi poi la guancia. «Dovrai farti perdonare, sono offeso.» Scosse leggermente la testa poi sorrise sedendosi. «Comunque volevo parlarti di una cosa.» Sembrò farsi serio e mi misi sull'attenti. «Il frutteto è piuttosto grande, quindi pensavo di ridurlo.»

«In effetti ci sono tanti alberi e tutta quella frutta sarebbe troppa persino per il Maple Leaf... Jane dovrebbe preparare un'infinità di torte e macedonie.» Risi al pensiero. «Tutto qui? Volevi chiedermi questo?»

Jason ci pensò e accennando un sorriso, annuì. «Sì, solo questo.»

Lo guardai poco convinta avvicinando il viso al suo. «Tu...» lo indicai, «nascondi qualcosa.»

Non rispose, si limitò a stamparmi un lungo bacio sulle labbra prima di alzarsi. «Ti lascio alla lettura.»

«Jason, aspetta.» Mi alzai afferrando la foto di Sylvia e Arthur. «Volevo ringraziarti.»

Lo vidi sorridere e allungando la mano, mi sfiorò la guancia. «Ancora?»

«Non sarà mai abbastanza. Mi stai ospitando in casa tua da un mese ormai, se non fosse stato per te non so dove sarei finita. Quindi sì, ti ringrazio, ancora.» Accennai un sorriso guardando poi il retro della cornice che tenevo in mano.

«E io ti ripeto, ancora, che a me piace averti qui.» Sorrise assumendo poi un'espressione confusa. «Cosa guardi?»

«Guarda qui, sembra gonfio.» Dissi toccando il retro della cornice.

«Quella cornice è vecchia, forse è normale... prova ad aprirla.» Jason si sedette facendomi poi mettere sulle sue gambe. Nel frattempo aprii la cornice e da essa, saltò fuori un foglietto piegato che Jason afferrò al volo aprendolo.

«Cos'è?»

«Sembrano... coordinate?» Sussurrò incerto mentre prendevo il foglio leggendo ad alta voce quello che c'era scritto.

"Chissà se mi ricorderò di aver scritto questo biglietto. Probabilmente lo metterò nella cornice e me ne dimenticherò. Lo troverà sicuramente un'altra persona, oppure andrà direttamente perduto... nel caso mi presento, sono Sylvia."

Mi sfuggì una risata, era proprio una lettera da lei. Scossi la testa e ripresi la lettura ad alta voce.

"Non so nemmeno io perché sto scrivendo questo biglietto, ne avevo semplicemente voglia. Con me c'è il mio fidanzato Arthur, non so se ti interessava saperlo, ma io te l'ho detto lo stesso... che poi, a pensarci, se non ti interessava non avresti nemmeno continuato a leggere e invece eccoti qui. Tornando a noi, o a me, oggi io e Arthur siamo stati al frutteto e abbiamo seppellito una capsula del tempo. La apriremo insieme quando saremo vecchi, sarà divertente! Ho scritto le coordinate perché conoscendoci, a ottantacinque anni non ci ricorderemo nemmeno dove si trova il bagno. Accidenti, ho quasi riempito il foglio, dovevo scrivere più piccolo... non importa, un saluto a chiunque stia leggendo.
Baci, Sylvia McCann - Districk."

Dalle mie labbra uscì un sospiro sorpreso. «Hanno seppellito una capsula del tempo vicino alla casetta sull'albero. Sono sicura che è li che portano le coordinate.»

«Domani possiamo andare a cercarla.» Propose Jason.

Annuii ripiegando la lettera e guardando la foto, ripensai alle parole di Sylvia. Doveva riaprire la capsula con suo marito, ma lui l'ha lasciata prima del dovuto. Non osavo immaginare quanto avesse sofferto, l'amore che provava per Arthur era speciale e puro, si poteva percepire dai loro sguardi. Rimisi la foto a posto e la guardai accennando un sorriso. «Erano bellissimi, ora saranno insieme.»

«Certo che lo sono.» Sussurrò Jason appoggiando il mento sulla mia spalla.

«Poco prima che se ne andasse, sai cos'ha detto?»

«Cosa?» Domandò Jason con un sorriso divertito, come se già si aspettasse qualcosa di buffo.

«Che appena avrebbe raggiunto Arthur, gli avrebbe fatto una lavata di capo per essere andato a divertirsi all'Isolachenoncè senza di lei.»

«Povero Arthur.» Jason rise giocando con la mia mano.

«Anche io lo avrei sgridato, ma solo un pochino.»

«Ma non è colpa sua.»

«Lo so, ma... è complicato.» Alzai le spalle e Jason mi guardò pensieroso.

«Se io...»

«No.» Lo interruppi subito intuendo quello che stava per dire e mi alzai.

«Volevo solo...» provò a parlare di nuovo ma lo zittii.

«Jason, no! Non voglio che tu faccia supposizioni, non mi va.» Gli diedi le spalle non appena sentii gli occhi lucidi e puntai lo sguardo verso il soffitto facendo un respiro profondo.

«Ehi...» mise le mani sulle mie spalle ma non mi voltai. «Non volevo farti arrabbiare.»

«Non mi piace pensare alla mia vita senza le persone a cui tengo, non lo trovo fattibile. Non riesco nemmeno a realizzare il fatto che Sylvia non ci sia più.» Non volevo reagire male e mi ero subito pentita, voltandomi verso Jason sospirai. «Mi dispiace.» Dissi a tempo con lui e ad entrambi sfuggì un sorriso.

«Non pensiamoci più, ti va di andare in cucina?» Domandò Jason cambiando argomento.

«Sì, ho anche detto a tua madre che l'avrei aiutata. Vi raggiungo tra due minuti.» Spensi la luce uscendo con Jason dalla biblioteca e subito dopo, andai in camera a cercare la piccola scatola con il fermaglio che Sylvia mi aveva regalato il giorno del mio compleanno. Una volta trovata, l'aprii ripensando alle sue parole... "conserva anche la scatola". Se c'era una cosa che avevo imparato, era che Sylvia non diceva mai nulla a caso, così, dopo aver spostato il fermaglio, alzai il cuscinetto. Una piccola foto era nascosta proprio lì... una foto di lei, che si guardava allo specchio con l'abito da sposa e tra i capelli, aveva proprio quel fermaglio. Sorrisi rimettendo di nuovo tutto a posto prima di scendere dagli altri che mi aspettavano. Continuai a pensare alle foto e alla lettera, chiedendomi cosa mai avessero messo Sylvia e Arthur nella capsula del tempo. Avrei dovuto aspettare solo un giorno per scoprirlo, ma ero talmente curiosa che probabilmente non avrei chiuso occhio quella notte.

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