Capitolo 52
Mi accoccolai al petto di Jason sospirando. Non volevo aprire gli occhi, ero troppo comoda e sentire i battiti del suo cuore, era rilassante. Avevamo finito con l'addormentarci entrambi sul divano dopo aver mangiato sacchetti di patatine e chiacchierato per ore. Sentii le sue braccia avvolgermi la vita e poco dopo, bussare alla porta. Ignorai il rumore fingendo non esistesse, ma dopo un po', capii che chiunque ci fosse dietro la porta, non aveva intenzione di andarsene. Lamentandomi, mi alzai ridendo dopo essere riuscita a tenere le mani di Jason ferme. «Arrivo!» Mi trascinai assonnata e guardando dallo spioncino, sussultai prima di correre velocemente verso il divano e scuotere Jason. «Jason! Svegliati!» Sussurrai imprecando poi mentalmente.
«Torna a dormire principessa...» mugugnò girandosi dall'altra parte tenendomi una mano.
«Non posso, perché Andrew è dietro la porta!» Dissi facendogli sbarrare gli occhi. «Corri in camera mia!»
«Ma perché deve rompere di prima mattina?» Sbuffò passandosi una mano tra i capelli già scompigliati correndo in camera. Nel frattempo tornai velocemente alla porta e aprii accennando un sorriso.
«Perché ci hai messo tanto?» Sbottò squadrandomi.
«Non trovavo le chiavi, poi mi sono ricordata di averle lasciate nella borsa.»
«E perché sei vestita come ieri?»
«Sono tornata a casa tardi e mi sono addormentata sul divano.» Spiegai con un'alzata di spalle passandomi una mano tra i capelli spettinati.
Andrew mi afferrò subito per il braccio stringendo la presa. «Stai mentendo. Non ci credo che non ti sei nemmeno cambiata.» Si guardò intorno andando poi verso la camera.
«Andrew!» Lo seguii velocemente afferrandogli il braccio, se avesse visto Jason, ero sicura avrebbe dato di matto... ma la stanza, era vuota. «Quanto sei paranoico.» Sospirai alzando gli occhi al cielo e tornai in cucina, anche se il mio era più un sospiro di sollievo. Andrew mi seguì dopo aver chiuso la porta della camera e si avvicinò.
«Mi sembrava solo strano.» Posò lo sguardo sulla poltroncina e imprecai mentalmente. «E quella giacca?»
«Clyde l'ha lasciata qui.» Risposi in fretta. «Comunque non entrare così in camera mia, a volte lascio la roba in giro...»
Rise squadrandomi. «E quindi?» Poggiò le mani sui miei fianchi e nel frattempo mi versai del succo cercando di non farci caso.
«Non mi piace che la gente veda le mie cose in disordine, tutto qui.»
«Certo.» Mi strinse i fianchi poggiando le labbra sul mio collo e poco dopo sfuggii alla sua presa per mettere il succo di nuovo in frigo.
«Cosa ci fai qui comunque?»
«Ero di passaggio, perché? Non ti va di vedermi?»
«Non ho detto questo, è che devo ancora farmi la doccia e cambiarmi. Tu dove devi andare comunque?» Domandai sedendomi.
«Vado al Journals. Megan ha contattato un giornalista informandolo su una mia donazione ad un'ente benefico.»
«Ma di cosa parli?» Risi non credendo a quello che aveva detto.
«Megan ha avuto l'idea. Le ultime due settimane in cui il locale è stato aperto, i clienti hanno lasciato una libera offerta e anche io ovviamente.»
«Generoso, non ne avevo idea. Tanto meno mi aspettavo partisse da Megan quest'idea.» Alzai gli occhi al cielo facendo una smorfia.
«Sei gelosa?»
«Di lei?» Lo guardai divertita con le sopracciglia sollevate. «Ma per favore.»
«Come vuoi. Io devo andare.» Disse guardando l'ora. Lo accompagnai alla porta e subito dopo sentimmo un rumore che mi fece perdere un battito. «Cos'è stato?»
Mi tirai uno schiaffo sulla fronte sbuffando. «Scommetto che sono i libri che ho lasciato sul comodino... devo proprio andare a sistemare.» Feci per chiudere la porta salutando Andrew, ma lui mi afferrò il mento guardandomi con sospetto.
«Ci sentiamo, Isabel.»
«Certo.» Forzai un sorriso baciandogli la guancia prima di lasciarlo andare via. Una volta chiusa la porta, presi fiato e corsi in camera da letto. «Jason?»
«Sono qui.» Sbucò da dietro la porta con in mano dei libri, facendomi sussultare dallo spavento. Gli tirai qualche schiaffo sul braccio facendolo ridere. «Smettila!»
«Ti sei quasi fatto beccare! E mi hai spaventata.»
«Scusa.» Rise posando di nuovo i libri sul comodino.
«Stasera vado da lui.» Mi spostai i capelli di lato pensando, mentre Jason si fece improvvisamente serio.
«Perché?»
«Voglio scoprire cosa tiene nella cassaforte, poi so che da qualche parte tiene la copia delle chiavi del locale.» Spiegai scompigliandoli i capelli. «Sei geloso?» Domandai ridendo.
«No... è che non voglio ti tocchi. Non sopporto quell'idiota.» Alzò gli occhi al cielo.
«Gelosone.» Sussurrai ridendo per poi ricevere un pizzicotto da parte sua. «Ahia!»
«Ti ho sentita.» Mi fulminò accennando un sorriso e guardò l'ora. «Credo andrò a casa, ho proprio bisogno di fare una doccia.»
«Puoi farla qui.» Proposi andando a prendere un pacchetto di biscotti dalla dispensa. «C'è anche il tuo spazzolino e il cambio, ricordi?»
«Hai ragione, grazie principessa.» Sorrise e sfilandosi la maglia, la appoggiò tranquillamente su una spalla. «Vado.»
Annuii chiudendo la bocca e mentre iniziava ad incamminarsi, bussarono di nuovo alla porta. Jason guardò dallo spioncino per poi aprire come se nulla fosse. «Jason!» Corsi accanto a lui e vidi Sam con un'espressione spaesata.
«Rilassati, è Sam. Vado a fare una doccia.» Salutò sparendo verso in bagno e girandomi verso Sam, gli diedi un colpetto leggero sotto il mento.
«Chiudi la bocca Sammy, entrano le mosche.» Ridacchiai facendolo entrare.
«E come si fa? Hai visto quanto ben di dio?» Scosse leggermente la testa cercando di riprendersi. «Ad ogni modo... cosa cavolo sta succedendo? Perché lui è qui? Pensavo aveste litigato dopo il fidanzamento con Andrew.»
«Già, è una storia complicata. Ma non farne parola con nessuno... teoricamente, nemmeno tu avresti dovuto vedere Jason qui.»
«Beh... io sono felicissimo di averlo visto.» Disse con una mano sul petto. «Cioè... sono felice di vedere che avrete fatto pace. Avete fatto pace, giusto?» Domandò confuso facendomi ridere.
«Credo di sì.»
«Avete fatto sesso?»
Sgranai gli occhi arrossendo violentemente a quella domanda. «Cosa? No! Perché?»
«Avete entrambi i capelli da sesso, lui era a petto nudo e tu hai il vestito spiegazzato.»
«Ci siamo solo addormentati sul divano.» Spiegai sentendo le guance calde per l'imbarazzo e il cuore battere veloce.
«Certo...» mi squadrò e senza aggiungere altro, se ne andò cercando di nascondere il sorrisino sulle sue labbra.
Dopo un po' tornai in camera da letto e sfilandomi il vestito, indossai una maglia lunga e dei pantaloncini. Presi il diario nel cassetto e mi gettai sul letto iniziando a scrivere. Sorrisi spontaneamente scrivendo di Jason e subito dopo, afferrai il mio libro preferito riguardando le foto che avevamo fatto alla macchinetta e che usavo come segnalibro. In quel momento, Jason entrò con addosso solo un'asciugamano intorno alla vita e i capelli leggermente bagnati. Sam aveva tutte le ragioni per restare a bocca aperta, era veramente un ben di dio. Attirava lo sguardo come una calamita, per non parlare del suo sorrisino compiaciuto nel vedermi in quel modo. Abbassai lo sguardo sul mio diario quando lo vidi avvicinarsi al suo cambio. Lo sentii far scivolare l'asciugamano a terra e indossare i pantaloni che aveva prima. «Cosa scrivi?» Domandò gettandosi accanto a me ancora senza maglia.
«Cose.» Sorrisi chiudendo il diario per poi spostarlo sul comodino insieme al libro.
«Cose su di me?»
«Che impiccione.» Risi dandogli una leggera spinta. «Non ti dirò cosa scrivo nel mio diario.»
«Come vuoi.» Rise appoggiando la testa sul cuscino. «Parlami del tuo piano di stasera e dimmi se posso aiutarti.»
•••
Quella sera, dopo aver recuperato l'auto, andai a casa di Andrew. Salii le scale imprecando mentalmente per aver indossato i tacchi e arrivata davanti alla porta, suonai il campanello. Aspettai qualche minuto, ma nessuno venne ad aprire, così suonai un'altra volta e finalmente Andrew aprì. Aveva i capelli leggermente scompigliati, ma era vestito bene. «Isabel, a cosa devo la tua visita?»
«Ero di passaggio.» Risposi usando le sue stesse parole di quella mattina. «Cosa facevi?»
«Mi stavo vestendo, pensavo di uscire... vieni con me?» Domandò sistemandosi il colletto della camicia.
«Quanta fretta. Restiamo un po' qui.» Entrai andando in salotto e sedendomi sul divano, lo guardai. Sembrava leggermente teso. «Va tutto bene?»
«Benissimo.» Annuì toccandosi poi il petto. «Ho scordato la cravatta, andresti a prendermela in camera?»
«Ok.» Si comportava in modo un po' strano ma decisi di ignorare la cosa. Subito dopo il suo cellulare segnò l'arrivo di una notifica e andò verso la porta.
«Devo scendere un attimo, c'è una persona a cui devo consegnare dei fogli per lavoro.»
«Fai pure.» Andai nella sua stanza e quando dopo diversi secondi, sentii la porta d'ingresso chiudersi, ne approfittai per frugare in giro. Andai a cercare tra le chiavi appese dietro la porta controllando le etichette e non appena trovai quella di riserva del locale, la sfilai mettendone un'altra al suo posto. Corsi un'altra volta nella camera da letto e aprendo l'armadio, spostai i vestiti, toccai la parete di legno e sbuffai cercando qualcosa, nemmeno io sapevo esattamente cosa. Finché non riuscii a farla scorrere di lato rivelando la cassaforte. Esultai cercando poi di pensare ad un codice... Andrew era talmente egocentrico che avrebbe potuto mettere la data del suo compleanno, ma era fin troppo banale. Avvicinai il dito ai numeri e prima ancora che potessi digitare un codice, sentii la porta chiudersi. Sussultai chiudendo velocemente tutto rimettendo i vestiti come prima e chiusi l'armadio afferrando la cravatta a terra. Nel mentre però, notai qualcosa... sempre a terra, vicino al comodino, c'era un braccialetto di diamanti. Guardai il letto disfatto e mi sfuggì un sorriso ironico così, senza dire nulla, lo misi nella borsa insieme alla chiave che avevo preso prima.
«Eccomi.» Si avvicinò con aria più rilassata e sorrisi.
«Non avevi voglia di rifare il letto oggi?»
«Non lo faccio mai io. Oggi è il giorno libero della domestica, per quello c'è un po' di disordine.» Spiegò facendomi sfuggire un sorriso. Era bravo quasi quanto me a mentire in certi momenti. Tese la mano per prendere la cravatta ma avvicinandomi, gliela misi io attorno al collo sistemandogliela.
«A cosa pensi? Da quando sono arrivata, non sembri essere a tuo agio.»
«Certo che sono a mio agio.» Avvicinò il viso al mio ma poggiando una mano sulla sua spalla, lo feci sedere sul letto stringendogli il nodo della cravatta. «Piano, Bella.» Rise allentando leggermente il nodo.
«Quindi sei proprio intenzionato ad uscire. E io che pensavo di passare parte della serata qui...»
«Dovevi avvisare.» Rispose alzandosi tenendo gli occhi fissi ai miei.
«Allora me ne vado.» Andai verso la porta a passo deciso ma Andrew mi afferrò subito il polso.
«Non ho detto di andartene.»
«Ok.» Mi scansai andando in salotto e sedendomi sul divano, presi il cellulare aspettandolo. Accavallai le gambe mettendo la borsetta dietro la schiena e Andrew si sedette accanto a me con un bicchiere di bourbon.
«A chi scrivi?»
«A nessuno. Sto pensando ad una password, devo cambiarla perché ormai la mia la conoscono tutti. Sei cifre, qualche idea?»
«Metti una qualche data importante, ad ogni modo è un cellulare, che t'importa se qualcuno conosce la password?» Alzò le spalle sorseggiando il suo bourbon.
«Tu non hai il codice sul cellulare?»
«No, perché non lo lascio in giro, quindi non mi preoccupo.»
«Io invece lo lascio ovunque, quindi aiutami. Hai detto che metteresti una data?»
«Sì.» Confermò guardandomi un po' confuso. Annuii mettendo via il cellulare e incrociai lo sguardo con il suo. «Non mi offri da bere?»
«Cosa vorresti?»
«Decidi tu, qualcosa di leggero.»
Alzandosi, Andrew andò a prendere del vino. «Ecco la cosa più leggera che ho.» Si sedette di nuovo accanto a me passandomi il bicchiere.
«Grazie.»
«Tua madre ti ha aggiornata sulla festa?»
«No, non mi dice mai niente fino al giorno prima.» Alzai gli occhi al cielo.
«Voleva farla la prossima settimana, ma visto che non ci sono, si sposta.» Spiegò.
«Meglio così. Non avevo voglia di festeggiare.»
«Eppure sembrava ci stessi facendo l'abitudine ad essere la mia fidanzata.» Sussurrò vicino al mio viso.
«Effettivamente è così.» Avvicinai le labbra alle sue, ma non lo avrei baciato davvero. Mi versai il vino sulla camicetta per poi fingere un sussulto staccandomi. «Sono davvero maldestra. Non ho macchiato anche il divano, vero?»
«No, ma la tua camicia ha una bella macchia.» Disse posando lo sguardo sul mio seno.
«Posso prendere una tua maglia?»
«Sì, guarda nei primi cassetti.»
Annuii andando in camera sua per poi chiudere silenziosamente la porta a chiave. Cercai di essere il più veloce e meno rumorosa possibile nel momento in cui, aprendo l'armadio, iniziai a frugare spostando i vestiti appesi. Feci scorrere la piccola e sottile parete di legno inserendo subito un primo codice, ma era sbagliato. Sospirai sentendo il cuore battere a mille e tentai con la data d'apertura del suo locale. Scattò e, sorpresa ma felice del fatto che fosse stato tanto facile, aprii controllando dentro. C'erano diverse mazzette di soldi e una busta gialla come quella dell'ultima volta, ma dentro non c'erano le foto dell'auto di Jason. Feci velocemente le foto ad ogni foglio per poi rimettere in ordine e continuare a cercare. «Isabel?» Andrew provò ad aprire la porta ed imprecai chiudendo subito tutto alla velocità della luce. Mi sfilai la camicia e infilai una maglietta a caso pescata dal primo cassetto.
«Ho fatto!» Corsi ad aprire la porta dopo aver infilato il cellulare nella tasca dietro dei pantaloni. «Scusa, mi sono persa a guardare la macchia cercando di capire come toglierla.» Spiegai mentre Andrew si guardò velocemente intorno come per assicurarsi che fosse tutto in ordine.
«Non c'era bisogno di chiudere a chiave.» Rispose serio.
«Se non avessi chiuso, saresti entrato senza bussare.» Feci spallucce e lui mi squadrò.
«Tu non mi convinci.» Si avvicinò di più facendomi finire con la schiena contro il muro. «Cosa stavi facendo?»
«Te l'ho detto.»
«Fammi vedere il cellulare.»
Lo guardai incredula incrociando le braccia al petto. «Stai scherzando?»
«Proprio per niente.»
«Sei ridicolo.»
«Aspettami in sala.» Disse guardandomi freddamente. Lo superai fulminandolo e andai a recuperare la mia borsa. Non avrebbe trovato nulla fuori posto, dunque non ero eccessivamente preoccupata, ma iniziai comunque a fare avanti e indietro. Una volta tornato, Andrew si avvicinò. «Tutto ok.»
«Nascondi qualcosa?»
«No.»
«Allora perché quella messa in scena?» Domandai seccata. «Io me ne vado.» Alzai gli occhi al cielo andando alla porta ma Andrew mi strinse il braccio facendomi voltare.
«Ho le mie ragioni.»
«Sì, beh... potresti essere meno stronzo.» Sbottai.
«Non parlarmi così.» Disse a denti stretti. «Porta rispetto.»
«Inizia a portarlo tu.»
Mi tirò uno schiaffo e portandomi una mano sul viso, lo guardai con disprezzo. Uscii velocemente sbattendo la porta e a passo svelto, scesi le scale andando alla macchina. Andrew era spregevole e presto avrebbe avuto ciò che si meritava.
•••
Jason ascoltava mentre gli raccontavo quello che era successo a casa di Andrew. Subito dopo essere uscita, lo avevo raggiunto alla casa sull'albero e gli avevo mostrato le foto dei fogli che c'erano nella cassaforte. «Lui ha fatto cosa?» Domandò non appena arrivai allo schiaffo.
«Gli ho dato dello stronzo.»
«Credo sia la prima volta che ti sento dire una parolaccia, se così possiamo chiamarla.» Rise e si avvicinò sfiorandomi il viso. «Ad ogni modo, quando lo vedo, lo stendo. Non deve osare toccarti.»
«Non ti preoccupare... piuttosto, hai letto i fogli? Andrew e Megan non hanno davvero intenzione di dare in beneficenza quei soldi. Hanno mentito e qui c'è la conferma.»
«Possiamo rimediare al posto loro però.» Jason sorrise. «Ruberemo le offerte e l'incasso per poi darlo realmente in beneficenza.»
«Esatto.» Sorrisi afferrando una manciata di popcorn mentre Jason apriva un altro pacchetto di patatine. «Jason?» Richiamai la sua attenzione e mi guardò. «Non hai detto nulla a Jaden, vero?»
«No... ma ho pensato di farlo, se devo essere onesto. Lui è il mio migliore amico, gli dico sempre tutto.» Confessò passandosi una mano dietro il collo.
«Stavolta non puoi, è rischioso... mi fido di lui, ma non penso sia il caso di coinvolgerlo.»
«Non ti preoccupare.» Mi fece appoggiare a se e tirando il portatile sulle mie gambe, trasferii le foto che avevo fatto con il cellulare. «Con l'allarme come facciamo?»
«So che modello usano, non sarà un problema disattivarlo. Ci metterò alcuni minuti forse, ma meglio che niente.»
«Non me lo sarei mai aspettato da una principessa. Mi hai sorpreso.» Sorrise guardandomi e mi baciò la fronte mentre io gli diedi una leggera gomitata. «Ehi! E questo per cos'era?»
«Ti ho già detto che non sono una principessa, ricordi?» Sorrisi mentre lui alzò gli occhi al cielo abbracciandomi come se fossi un orsacchiotto.
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