Capitolo 48
Entrai nell'appartamento seguita da Diana che si sarebbe fermata da me per la notte vista l'ora. Durante il tragitto ero rimasta in silenzio e i ragazzi avevano notato che qualcosa non andava, ma avevo preferito non parlarne, non in quel momento. Cercavo ancora di realizzare l'accaduto, perché il fatto che Andrew mi avesse messo davanti un anello di fidanzamento, mi pareva ancora surreale. Mi domandavo come facesse l'amore a contare così poco per lui. Era disposto a sposarsi per convenienza e questo non riuscivo proprio a capirlo. C'erano davvero persone che lo facevano? Perché io lo trovavo assurdo. Presi un cambio per Diana e lo portai in camera, trovandola seduta sul letto a mandare un messaggio. Vedendomi entrare, si alzò e accennò un sorriso. «Grazie per il pigiama.»
«Figurati.» Accennai un sorriso e mi sfilai i tacchi per poi sfilare la cintura del cappotto.
«Isabel? Che succede?» Domandò guardandomi a braccia conserte. «Sei silenziosa da dopo la conversazione con Andrew.»
«Te lo dico, ma rimane tra noi per il momento...» dissi e lei annuì subito mettendosi di nuovo seduta, come se avesse avvertito che che si trattava di qualcosa di grosso. Misi la mano nella tasca del cappotto prendendo il cofanetto di velluto e aprendolo, lo lasciai cadere sul letto. Diana sembrò trattenere il fiato e sgranò subito gli occhi alla vista dell'anello.
«Oh mio dio.» Fu l'unica cosa che riuscì a sussurrare. Aprendo la borsa, presi il regalo di Sylvia e lo misi accuratamente nel cassetto del comodino accanto al letto. Dopo qualche minuto, Diana sembrò riprendersi. «Non te lo avrà chiesto davvero...?»
«Più che chiedere, me lo ha imposto. La mia risposta è stata 'no', ma lui dice che quell'anello finirà al mio dito.»
«Ma chi si crede di essere?» Mi guardò scioccata e chiuse subito il cofanetto. «Non può obbligarti, tu non lo ami.»
«Già, è quello che dico anche io. Sinceramente però ho paura di quello che potrebbe fare. Sai com'è Andrew, quando vuole una cosa, cerca di ottenerla a costo di ferire la gente.»
«Lo dirai a Jason?»
«No...» sospirai passandomi le mani sul viso. «Non lo so.»
«Credo sia meglio dormici su. Domani mattina, se vuoi, pensiamo a qualcosa.» Propose e annuii.
•••
Nei giorni successivi, avevo evitato quasi tutti con la scusa di qualche esame. Avevo staccato i dati e ignorato anche i messaggi in segreteria che mi aveva lasciato mia madre sul telefono di casa. Continuava a dirmi quanto fosse delusa per il fatto che non avessi accettato la proposta di Andrew, "ti ha dato l'anello di sua nonna!" ripeteva e diceva anche che non mi meritavo la festa che aveva organizzato. Diana ogni tanto mi video-chiamava quando avevo il computer acceso e mi vedeva online, era l'unica con cui avevo parlato. Le avevo detto che avrei visto di nuovo Andrew e che gli avrei riconsegnato l'anello, perché io non ci volevo avere a che fare. Sentii il timer del forno suonare e corsi a tirare fuori i muffin con gocce di cioccolato che avevo preparato a causa dello stress. Nello stesso istante, suonarono il campanello e levando i guanti da forno, andai velocemente ad aprire.
«Ehi.» Jason mi guardò accennando un sorriso mentre io trattenni il fiato.
«Jason...» sorrisi spostandomi di lato. «Ciao... vieni, entra.»
«Che buon profumo.» Guardò verso la cucina e si levò la giacca.
«Ho fatto i muffin, spero abbiano un buon sapore... ora li sto lasciando raffreddare.» Spiegai e voltandosi, Jason mi osservò attentamente sfiorandomi poi la guancia.
«Eri sporca di farina.»
«Oh, grazie...» accennai una risata e mi sedetti con lui sul divano. Mi sentivo un po' strana davanti a lui e non capivo il perché.
«Va tutto bene Isabel? Ti ho chiamata in questi giorni, ma usciva sempre la segreteria.»
«Mi dispiace, ho perso da qualche parte il caricabatterie e il mio cellulare è morto. Mi toccherà chiedere a Sammy o Clyde di prestarmelo finché non ne comprerò uno nuovo, non ne posso più del telefono di casa, ha una suoneria fastidiosa.» In fondo era una mezza verità quella che avevo detto.
«Mm... capito.» Non sembrava crederci molto, purtroppo per me, era troppo bravo nel captare le bugie. «Com'è andata la festa?»
«Abbastanza bene.»
«Immagino che Megan abbia ancora la guancia rossa.» Curvò le labbra in un sorriso divertito e lo guardai di scatto.
«Come lo sai?»
«Kady mi ha accennato qualcosa. In realtà ha passato più tempo a parlare della tua cabina armadio.» Rise e anche io non appena ricordai le facce che avevano fatto lei e Sam.
«Tu e Jaden che avete fatto quella sera?»
«Siamo usciti con Ethan e Mike, abbiamo giocato un po' a basket e poi nulla di che, siamo andati a casa. Serata tranquilla.» Disse con un'alzata di spalle.
Annuii guardandolo. «Ti avrei tanto voluto alla festa, anche se non era granché.»
«Hai preferito quella che ho organizzato io?» Domandò lasciandosi sfuggire una risata.
«Assolutamente sì! Non c'è paragone.» Sorrisi abbracciandolo e lui mi strinse subito facendomi sentire al sicuro da qualsiasi cosa.
«In questi giorni pensavo mi stessi evitando.» Disse improvvisamente. «Credevo fosse proprio per quello che è successo la sera prima del tuo compleanno.»
«Oddio, no... è stato tutto fantastico e tornerei indietro per rivivere il momento altre mille volte.» Il fatto che avesse pensato mi fossi pentita, mi fece provare tenerezza nei suoi confronti. «Mi dispiace averti fatto pensare questo.»
«Allora, visto che è tutto ok, ti va di uscire? Possiamo mangiare qualcosa fuori se ti va.» Propose.
«Va bene, volentieri.»
•••
La sera, dopo aver girato a lungo in macchina e a piedi, ci ritrovammo a mangiare in centro all'aperto. «Questa pizza è deliziosa.» Jason mangiò subito la sua ultima fetta e risi guardandolo.
«Per forza! La pizzeria è gestita da una famiglia tutta italiana.» Spiegai. «Un tempo venivo spesso a mangiare qui.»
«Con Megan?» Domandò e io lo guardai confusa. Perché aveva pensato a lei? Anche se in effetti era vero, ci venivo con lei, Andrew e altri del vecchio gruppo di scuola.
«Perché me lo chiedi?»
«L'ho appena vista entrare dentro.» Fece un cenno verso la vetrata dove si riusciva a vedere Megan parlare con un cameriere e che presumibilmente la accompagnò al suo tavolo.
«Ci ha visti?»
«No. Perché? Non vuoi che sappia che ci vediamo?»
«Non è questo.» Sospirai e lui sembrò spegnersi un po'. «Temo che faccia la spia con Andrew.»
«E quindi? Che t'importa di lui?» Appena sentì il suo nome, tese la mascella. Non potevo raccontare proprio in quel momento quello che era successo la sera del mio compleanno, così dissi una mezza verità.
«Lui potrebbe dirlo ai miei.»
Nei minuti successivi, l'atmosfera era cambiata. Jason sembrava esserci rimasto male e io mi sentivo una stupida per aver detto quelle cose. Insistette per pagare la cena e subito dopo ci incamminammo per le vie del centro, uno accanto all'altra. Mise le mani in tasca guardando avanti con aria pensierosa e sospirando silenziosamente, mi avvicinai di più a lui. «Mi dispiace, non dovevo dirlo.»
Si fermò voltandosi verso di me e parlò. «Lo trovo deludente.» Aprii bocca per dire qualcosa, ma continuò. «Trovo deludente il fatto che tu ancora ti preoccupi di quello che pensano i tuoi genitori. Dopo tutto quello che abbiamo passato, ma soprattutto che tu hai passato, pensavo avessi imparato a fregartene visto che questa è la tua vita.»
«Lo so...» sussurrai distogliendo lo sguardo. Jason aveva ragione, ero deludente.
«Se lo sai, perché non cambi le cose?»
«Non è facile, ma ci sto provando. Sto vivendo da sola, ho iniziato a lavorare, a fine anno ho preso la decisione di lasciare l'università...»
«Aspetta, cosa?» Chiese incredulo guardandomi con le sopracciglia alzate.
«Non fa per me quel posto, voglio studiare qualcosa che mi piaccia veramente. Non dovevo permettere ai miei di scegliere per me. Ho praticamente perso un anno.»
Jason restò a fissarmi diversi istanti per poi annuire e sfiorarmi la guancia. Avvolse il braccio attorno alle mie spalle e mi lasciò un bacio tra i capelli mentre riprendevamo a camminare. «Credo sia la decisione giusta.» Annuì ma io non riuscii a levarmi le sue parole dalla testa, "lo trovo deludente". Odiavo quella parola, ci ero rimasta male, ma era vero... in più mi sentivo davvero in colpa per quello che avevo detto. A me non dispiaceva che la gente ci vedesse insieme, ma da un lato avevo paura potesse succedere qualcosa di brutto. Conoscevo Andrew e conoscevo i miei genitori, avrebbero usato qualsiasi mezzo per separarci. Loro mi volevano con Andrew, che la sera del mio compleanno mi aveva fatto la proposta con il vecchio anello di famiglia. «Isabel?» Mi risvegliai dai miei pensieri e guardai Jason, non mi ero nemmeno resa contro del fatto che ci fossimo fermati. «A cosa pensi?»
«Nulla, scusami. Ti va un frappè?» Indicai la gelateria poco più avanti e lui mi guardò alcuni istanti prima di annuire. «Vado io, che gusto ti va?»
«Scegli tu, mi fido.»
Annuii ed entrai in gelateria guardandomi intorno. C'era un po' di coda e passò qualche minuto prima che venissi servita. Presi due frappè alla nocciola tornando poi da Jason che si era seduto ad una panchina dall'altro lato della strada. Mi sorrise e guardò quello che avevo preso non appena lo raggiunsi. «Nocciola.» Dissi sedendomi accanto a lui.
«Mi piace.» Annuì dopo averne bevuto un sorso e mi guardò. «Ora mi dici a che pensavi prima? So...»
«"...quando menti."» Finii la frase con lui mescolando il frappè con la cannuccia. «Lo so...»
«Allora dimmi, è per quello che ho detto prima?» Domandò. Quando non risposi, ne ebbe la conferma e si lasciò sfuggire un sospiro dalle labbra. «Isabel...»
«Va tutto bene.» Lo interruppi.
«No, non è vero, non va bene. Non volevo ferirti.»
«Lo so, non ce l'ho con te... è che ho sempre odiato la parola "deludente".» Era qualcosa che avevo sentito per anni in casa dei miei genitori. Odiavo essere una delusione, forse era per quello che trovavo difficile combattere contro i miei genitori. Avevo sempre cercato di renderli orgogliosi di me, senza successo perché, per loro nulla era abbastanza evidentemente.
«Mi dispiace, non sei deludente, davvero... ero solo un po' arrabbiato per quello che avevi detto. Sai come la penso, non voglio che tu sia prigioniera dei tuoi genitori.»
«Lo so, grazie.» Accennai un sorriso e mi strinse a se con un braccio per non far rovesciare il frappè. Mi appoggiai a lui giocando con la cannuccia e dopo aver finito di bere ci alzammo di nuovo riprendendo a camminare. «Stanotte vuoi fermarti da me? Si sta facendo tardi.» Per qualche motivo, porgli quella domanda mi imbarazzava ancora anche se non era la prima volta. Lui invece, come tutte le altre volte, sembrava divertito.
«Va bene.» Tenendomi la mano mi trascinò davanti a una macchinetta per fare le foto e, sorridendo, me la indicò con un cenno della testa. «Ti va di fare delle foto?»
«Sì, mi piace l'idea!» Sorrisi entrando dopo di lui sedendomi tra le sue gambe. Chiusi la tenda mentre Jason inseriva qualche moneta. Dopo aver premuto il tasto, partì il conto alla rovescia e mi misi in posa con lui facendo una prima foto normale, dalla seconda in poi iniziammo a fare delle facce buffe. Rimaneva un ultimo scatto, dove Jason sfiorandomi il mento con le dita, mi fece voltare il viso stampandomi un dolce e delicato bacio sulle labbra. Quando mi staccai, sorrisi guardandolo diversi secondi, era tenerissimo. Uscii fuori con lui e una volta uscite le due striscioline, le presi porgendone una a Jason. «Sei buffissimo ma sempre fotogenico, non è giusto!» Alzai gli occhi al cielo sorridendo e dopo aver riguardato le foto, le misi nella borsa.
«Non è vero.» Rise mettendo le sue nella tasca interna della giacca. «Isabel?»
«Mm?» Lo guardai e prendendo entrambe le mie mani, mi tirò piano a se. Sorrise guardandomi e avvicinando lentamente il viso al mio, sfiorò le mie labbra prima di catturarle in un tenero bacio. Sentii le mie guance scaldarsi e le farfalle svolazzare nel mio stomaco, intrecciai le dita alle sue e mi alzai istintivamente in punta di piedi. Con una mano mi strinse di più a se approfondendo il bacio. Lasciandogli anche l'altra mano, portai le mie dietro il suo collo accarezzandolo prima di arrivare al suo viso. Una volta staccate le labbra dalle sue, sorrisi. «Oggi sembri particolarmente tenero.»
«Non sono tenero.»
«Sì che lo sei.» Risi mentre lui scuoteva la testa.
«Ok, forse un po'... ma solo con te. Rimarrà un segreto.» Disse guardandosi intorno furtivamente avvicinandosi poi al mio orecchio. «Ho una reputazione da difendere.» Scherzò.
«Che stupido.» Risi scuotendo la testa e nel momento in cui stavamo per riprendere la nostra camminata, entrambi guardammo avanti immobili. Ci aveva visti. Andrew era alcuni metri distante da noi e ci guardava visibilmente arrabbiato, con i pugni serrati al lato del corpo.
«Andiamocene.» Disse semplicemente Jason prendendomi per mano. Ci voltammo dalla parte opposta andando via e anche se poteva sembrare strano, mi dispiaceva peril fatto che Andrew ci avesse visti. Non perché avrebbe potuto dirlo a qualcuno, ma perché lui mi aveva fatto una proposta importante... e sapevo che lui non provava nulla per me, ma per qualche motivo mi dispiaceva lo stesso.
•••
Rientrammo a casa tardi ma nessuno dei due sembrava troppo stanco. Andai in camera seguita da Jason e togliendo la giacca, la posai sul pouf. Jason fece lo stesso sedendosi sul letto e mi guardò. «Stavolta ho un cambio per te.» Dissi sorridendo portandogli dei pantaloncini da basket e una t-shirt.
«Quindi avevi già intenzione di invitarmi qui.» Sulle sue labbra spuntò un sorrisino divertito e alzando gli occhi al cielo, gli diedi una leggera spinta scherzosa.
«Mi lavo i denti e arrivo, se vuoi ho qualche spazzolino nuovo in più.»
«Anche lo spazzolino? Potrei trasferirmi qui già che ci sono.» Scherzò e io incrociai le braccia trattenendo un sorriso.
«Ho qualche spazzolino in più perché quando li ho comprati c'era un'offerta.»
«Certo, certo.» Rise e alzai gli occhi al cielo divertita andando in bagno a cambiarmi. Socchiusi poi la porta appena finii e Jason mi raggiunse lavandosi i denti al lavandino accanto al mio. «Perché c'è una valigetta degli attrezzi dietro il divano?»
«Ho un ripiano da appendere al muro, solo che non so usare il trapano e ho paura di metterlo storto, quindi continuo a rimandare.»
«Se vuoi, lo faccio io domani mattina.» Propose.
«Mi faresti un favore enorme!» Risi finendo poi di lavare i denti e tornai in camera afferrando il mio cellulare che non smetteva di suonare. Esitai prima di accettare la chiamata, sapevo che non sarebbe stata bella. «Ehi Andrew...»
«"Ehi Andrew"? Davvero Isabel?» Il suo tono di voce, come immaginavo, era arrabbiato. «Non posso credere a quello che ho visto. Non che da un lato non me l'aspettassi... ma dopo il tuo compleanno...»
«Senti, possiamo parlarne un'altra volta di persona? Lo preferisco che parlare al cellulare.»
«Certo che ne parleremo di persona.» Staccò subito la chiamata e sbuffai mettendo via il cellulare.
«Tutto bene?» Domandò Jason rientrando nella stanza.
«Sì, tranquillo.» Sorrisi e presi dalla borsa le foto che avevamo fatto alla macchinetta. «Mi passi il libro di Peter Pan?» Jason annuì facendo come avevo chiesto e inserii la striscia di foto tra le pagine. «Ora ho un nuovo segnalibro preferito.» Salii sul letto e mi infilai sotto le coperte. Jason restò a guardarmi in piedi con espressione felice e ridendo, gli sventolai una mano davanti. «Ti sei incantato?»
«Un po'.» Si levò la maglia gettandola in fondo al letto e si stiracchiò. Lo squadrai insultandomi mentalmente per quello a cui stavo pensando e distolsi forzatamente lo sguardo. Anche lui si infilò sotto le coperte e poggiò la testa sul cuscino guardandomi. «Sei buffa.»
«Perché?»
«Perché arrossisci sempre.» Accarezzandomi la guancia rise e anche io sapendo che aveva ragione. Il mio sguardo cadde poi sul tatuaggio della bussola che aveva sul braccio e che puntava ad est, dove sorgeva il sole. Solo in quel momento notai vicino alla bussola, due stelle.
«Oh mio dio... ma certo! Il sole sorge ad est.» In quel momento realizzai il significato. «Seconda stella a destra e...»
«...dritti fino al mattino.» Continuò Jason con me. Mi guardò portando le braccia dietro la testa e accennò un sorriso. Restai semplicemente lì sorpresa, senza parole, con le labbra socchiuse. Sorrisi non riuscendo a smettere di guardare il tatuaggio e mi coricai. Jason allungò la mano spegnendo la luce e qualche secondo dopo mi tirò a se facendomi appoggiare la testa alla sua spalla. «Buonanotte Wendy.» Sussurrò al mio orecchio facendomi sorridere come sempre.
«Buonanotte Peter.»
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