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Capitolo 42

I giorni successivi li avevo passati tra i libri e gli appunti, mi ero sentita soffocare. Avevo fogli sparsi per tutta la casa, persino appesi al frigo. Schemi ovunque. Una mattina avevo persino trovato l'evidenziatore tra le posate. Jason mi aveva consigliato una pausa che però, non ero proprio potuta concedermi. Riuscii a vederlo solo una volta a pranzo, dopo l'esame. Ero uscita dall'università ed era passato a prendermi per andare in pizzeria. Avevamo parlato della festa che si sarebbe svolta venerdì e Jason aveva insistito per venire a prendermi la sera, mentre io preferivo non fargli fare il doppio della strada. Dopo un'ora, era rimasto fermo sulla sua decisione, quindi sarebbe passato lui a casa mia. Il giovedì pomeriggio, invece, Sam mi aveva accompagnata a fare shopping. Era agitato più di me per il fatto che mi fossi ridotta all'ultimo, ma con lo studio di mezzo, purtroppo, non avevo potuto fare diversamente. Dovevamo fare in fretta, ma alla fine, ci ritrovammo a provare un'infinità di vestiti che ci chiamavano ogni volta che passavamo davanti ad una vetrina. Sam aveva un sacco di borse e sentendosi in colpa, decise di prendere qualcosa anche per Clyde. Ero felice di aver trovato qualcuno peggio di me. Io negli ultimi mesi avevo imparato a controllarmi abbastanza dall'usare la carta di credito, infatti, presi solo il necessario per il giorno seguente. Concluse le compere, andai a ritirare il regalo della signora Districk da Tiffany. Adorava i loro gioielli, così le avevo preso degli orecchini classici ma molto belli. Impacchettarono il cofanetto nella solita carta regalo dal famoso color Tiffany, facendo poi un fiocco con un nastro bianco. Avevo definitivamente concluso le commissioni della giornata.

•••

Indossai l'abito argentato che avevo già preparato e lasciato sul letto. L'orlo arrivava qualche centimetro al di sopra del ginocchio. Tolsi la collana e la infilai nella pochette mentre Sam controllava se la piastra per capelli era abbastanza calda. Presi le scarpe nere con il tacco e le infilai prima di mettermi seduta davanti allo specchio. Sam era felice di potermi sistemare i capelli, Clyde invece ci aveva raggiunti qualche minuto dopo buttandosi sul mio letto. Guardavo l'ora in continuazione sperando di non fare tardi, Clyde si era alzato sfilandomi il cellulare dalle mani per non farmi stare in ansia e mise della musica. Qualche minuto dopo, i miei capelli cadevano mossi sulle mie spalle e guardando tra le mie cose, Sam afferrò l'eye-liner. «Fidati di me Bella.» Sorrise e a mia sorpresa, lo mise perfettamente.

«Sam... insegnami.» Dissi guardandomi allo specchio. Lui rise passandomi il mascara e un rossetto chiaro. Nel frattempo sentimmo suonare il campanello e io ebbi un sussulto. Sam corse a prendermi il cappotto lasciandolo poi sul letto e Clyde andò ad aprire. «Grazie per avermi aiutata Sam, ti adoro!»

«Di nulla sorella, divertiti.» Mi stampò un bacio sulla guancia e sorrise scappando via.Tolsi la musica e infilai il cellulare nella pochette, dopodiché presi l'invito che avevo nascosto nel cassetto.

Sentii dei passi e voltandomi trattenni il fiato nel vedere Jason vestito elegante. La giacca nera era abbottonata, le maniche tirate su lasciavano intravedere alcuni tatuaggi sulle braccia, sotto aveva la camicia bianca e la cravatta annodata male come al solito. Le mani erano infilate nelle tasche dei pantaloni e le scarpe erano di un nero lucido. I capelli perfetti e il sorriso smagliante. Mi squadrò e lo stesso continuai a fare io, era una visione paradisiaca. Si avvicinò e sfiorandomi la mano, mi fece fare un giro su me stessa. «Sei stupenda.»

«Anche tu sei davvero... wow.» Sorrisi e guardai la cravatta. «Non ti piace proprio, eh?» Lo guardai divertita e lui alzò le spalle sorridendo con aria colpevole.

«Però per te la metto.» Disse guardandola cercando poi di sistemarla, era dolcissimo. Risi sfiorando la cravatta, sciolsi il nodo e guardandolo, gliela sfilai gettandola sul letto. Lui mi fissò sorpreso con le labbra socchiuse. «Niente cravatta?»

«Niente cravatta...» risposi sistemandogli il colletto della camicia per poi arrotolargli bene anche le maniche. «Così stai meglio, sei più...» lo guardai pensando e sorrisi. «Tu.»

Mi sfiorò la guancia e tenendo gli occhi fissi sui miei socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma poi le richiuse guardando l'orologio al polso. «Andiamo?»

«Sì, andiamo.»

•••

Scesi dall'auto con Jason che mi porse il braccio. Mi strinsi a lui e ci avvicinammo alla grande villa fino ad arrivare all'ingresso, dove c'erano due maggiordomi che accoglievano gli invitati prendendo i loro cappotti. Porsi il mio ad uno di loro e all'altro, che in mano aveva una lista, dissi il mio nome. L'ingresso era grande quanto il mio e le pareti sembravano essere state dipinte tutte a mano. C'erano illustrati molti fiori di ogni tipo e in alto c'era un grande lampadario dall'aspetto antico. Jason si guardava intorno curioso e subito dopo ci dirigemmo nella grande sala dove erano presenti già diversi invitati. Dalla parte opposta della stanza, invece di una parete, c'erano grandi vetrate che davano sull'incantevole giardino. Passando tra gli invitati, notai che molti guardavano Jason, ma lui sembrò non farci caso. In un angolo, c'era un tavolo pieno di regali dove andai ad appoggiare anche il mio e in quel preciso istante, la voce della festeggiata, mi fece voltare. «Isabel, cara!» Si avvicinò sorridente. Indossava un abito azzurro a maniche lunghe che arrivava al ginocchio e alla mano destra, portava uno dei suoi anelli preferiti di Tiffany con una grossa pietra blu. Squadrò sia me che Jason, soffermandosi più su di lui.

«Buon compleanno Mrs. Districk.» Dissi all'unisono con Jason.

«Grazie! E cara, sai che puoi chiamarmi Sylvia. E anche tu!» Disse poi rivolta a Jason che le sorrise. «Sei davvero un bel ragazzo... eh sì! Proprio carino!» Annuì e io mi sentii arrossire.

«La ringrazio.» Jason rise continuando a tenere la mano sulla mia. «Anche lei è molto graziosa.» Disse facendole un piccolo inchino.

«Oh, adulatore...» mosse leggermente la mano ridendo. «Mi piace.»

«Si direbbe che lei mi conosca già.» Disse Jason spostando lo sguardo dalla signora Districk a me. «Isabel le ha forse parlato di me?»

«Vorrei lo avesse fatto. La bocca di Isabel è quasi sempre cucita, solitamente sono i suoi occhi a parlare.»

«Su questo, concordo con lei.» Sorrise e io strinsi leggermente la presa sul suo braccio.

«Sylvia, vedo che ha invitato parecchia gente. C'è anche sua nipote Margaret?» Domandai cercando di cambiare discorso. Ma lo capì e rise guardando Jason.

«Vedi che giochi fa?» Domandò a lui che trattenne una risata. «Comunque sì tesoro, è qui da qualche parte.» Disse, ma non servì, perché tornò a parlare con Jason. Iniziò a fargli domande su dove vivesse e così facendo, Mrs. Districk scoprì che in realtà, Jason era appena ritornato dopo diversi mesi e che aveva iniziato a lavorare in un'officina, la stessa in cui lavorava Jaden. Li lasciai parlare scusandomi, prima di staccarmi da loro. Superai alcuni invitati cercando di capire se ciò che avevo visto, fosse uno scherzo della mia mente ma, a mio malgrado, quello che avevo visto era proprio vero. Andrew aveva appena fatto il suo ingresso in sala con sua madre, che si staccò subito da lui per andare a salutare un gruppo di signore. Un maggiordomo, pochi secondi dopo annunciò che la cena stava per essere servita e gli invitati iniziarono così ad andare verso la sala da pranzo. Tutti tranne il giovane Larson, che mi aveva appena vista. Il mio cuore perse un battito quando lo vidi avvicinarsi. Lui non sapeva del ritorno di Jason e il solo pensiero che a poco lo avrebbe visto, mi spaventava. Mi avvicinai velocemente e lo feci voltare in modo che fosse di spalle a Jason e a Mrs. Districk.

«Andrew, non pensavo venissi.»

«Infatti vado al Classic. Ho accompagnato solo mia madre e già che c'ero, ho pensato di passare a fare gli auguri alla festeggiata.» Spiegò squadrandomi pensieroso. «Nemmeno io pensavo venissi, comunque.»

«Già... ho cambiato idea.» Guardai di sfuggita alle sue spalle Jason e la Districk che venivano verso di noi, ma Jason si bloccò nel vedere Andrew. Non sapevo come fare a tirare tutti fuori da quella situazione, ad ogni modo, Andrew sembrò notare una certa tensione e si girò lentamente. Piombò il silenzio e i due si guardarono negli occhi con disprezzo.

«Andrew! Tua madre mi aveva detto che ci sarebbe stata solo lei stasera.» La Districk notò la tensione tra i due e restò davanti a loro. Io mi avvicinai a Jason, ricevendo un'occhiataccia da Andrew.

«Davvero? Deve esserci stato uno sbaglio.» Accennò un sorriso falso quanto il tono di voce.

«Oh beh... possiamo benissimo aggiungere un posto a tavola. Andiamo.» Sylvia lo guardò appoggiandosi al suo braccio costringendolo ad accompagnarla alla sala da pranzo insieme agli altri. Una volta usciti dalla sala, guardai Jason sfiorandogli il braccio.

«Ti metterà in qualche guaio ora?»

«Sicuramente si arrabbierà, ma non farà nulla. Non glielo permetterò.» Porsi la mano a Jason e lui la prese stringendola piano. «Andiamo.»

La tavola era imbandita, tutti avevano preso posto, compresa la signora Districk che era a capotavola. Io invece mi sedetti dalla parte opposta, in fondo, con Andrew alla mia sinistra e Jason alla mia destra. I due si lanciavano sguardi freddi e sospirando, cercai di concentrarmi sull'argomento di cui stavano trattando ai posti più avanti. Nel frattempo i camerieri avevano servito il primo piatto e Jason aveva guardato le posate confuso. «Inizia dall'esterno...» sussurrai accennando un sorriso. Lui annuì e vidi Andrew scuotere leggermente la testa.

«Parlando di lavoro. Mio figlio sta gestendo molto bene il suo locale e pensate che nel frattempo studia.» Sentii dire dalla signora Larson che spostò lo sguardo fiero sul figlio.

«Sì, è vero. Gli affari vanno a gonfie vele, è sempre pieno gente. Il posto che c'era prima, scommetto che non faceva nemmeno un terzo dei miei incassi giornalieri.» Disse guardando male Jason che tese subito la mascella.

«Andrew.» Sibilai guardandolo, ma a lui non ci diede peso e piegò leggermente le labbra in un sorriso.

«So che anche Isabel studia e lavora.» Disse la signora Districk guardandomi sorridente. «Aiuta alla croce rossa, in ospedale.»

«Sì, lavoro quasi tutti i fine settimana. Gestisco gli orari in base allo studio e agli esami.»

«Tu invece cosa fai?» Domandò Andrew guardando Jason. Notai la signora Larson squadrarlo, come se non si fosse accorta di lui fino a quel momento.

Jason lasciò cadere le posate sul piatto e avvicinò di più la sedia al tavolo. «Lavoro in un'officina del mio quartiere.»

«Interessante. Abiti da solo?»

«Non credo che queste siano cose che ti riguardano.» Risposi sorridendo falsamente.

«Perdonatemi ma io non credo di conoscere questo ragazzo.» Disse la signora Larson guardando confusa Jason e poi suo figlio.

«Ma come? Non ricordi mamma? Lavorava nel catering un anno fa. Ha lavorato sia per te che per gli Evans.» Continuò Andrew sorridendo. «Era l'autista di Isabel.» Al tavolo iniziarono a bisbigliare e la madre di Andrew portò una mano davanti alla bocca. Jason aveva le mani strette in due pugni sul tavolo, sembrava stesse per alzarsi.

«Jason, hai davvero fatto tutti questi lavori?» La Districk lo sapeva già, ma lo guardò comunque curiosa.

«Sì. Ho sempre fatto tanti lavori diversi per aiutare la mia famiglia e me stesso.» Rispose e io sorrisi poggiando una mano sulla sua.

«Davvero ammirevole.» Sorrise e sentii la mano di Jason allentare la stretta.

«Concordo pienamente. Jason ha sempre lavorato sodo ed è una persona straordinaria e onesta.»

«Parli di onestà?» Andrew inarcò un sopracciglio.

«Oh scusa... vuoi sapere cosa significa?» Sussurrai e lui si irrigidì guardandomi male. «Ora comunque vorrei fare un brindisi.» Mi alzai e presi il bicchiere. «Alla meravigliosa Sylvia, dalla mente brillante, che oggi compie gli anni.»

«A Sylvia!» Dissero tutti all'unisono alzando i bicchieri. Tutti tranne Andrew, che ancora mi fissava.

Più tardi ci spostammo di nuovo in salone, dove misero della musica. Mrs. Districk parlava con una delle sue amiche più care che le stava consegnando un regalo. Io mi voltai verso Jason che si era slacciato i primi due bottoni della camicia. «Mi dispiace per come si è comportato Andrew.»

«Larson ha dei seri problemi.» Disse guardando verso di lui. «Ma farò il possibile per non picchiarlo.» Mi stampò un bacio sulla tempia e sorrisi.

«Mi piace il tuo autocontrollo.» Risi mentre lui avvolgeva un braccio attorno alla mia vita.

«Faccio del mio meglio.» Fece spallucce e notai lo sguardo della signora Larson addosso. Mi spostai con Jason e mi persi a guardare delle foto appese. Erano quasi tutte in bianco e nero.

«Guarda...» indicai a Jason alcune foto della signora Districk da giovane. Sembrava una diva del cinema. «Non trovi che sia bellissima? Sembra un'attrice.»

«Già.» Concordò Jason guardando poi un'altra foto. «Questo doveva essere suo marito.» Indicò un bell'uomo accanto alla giovane Mrs. Districk nella foto e guardai.

«Sì. So che si amavano molto. Pensa che i suoi occhi brillavano quando mi parlava di lui.» Sospirai e risistemai la foto. «Non so come faccia... è una donna davvero forte.» Guardai di lato e vidi la Districk ballare con un'altro dei suoi nipoti. Sentii poi lo sguardo di Jason addosso che subito dopo si abbassò lasciandomi un bacio sulla guancia. Alle nostre spalle sentimmo una risata fastidiosa e quando Andrew passò davanti, alzai gli occhi al cielo.

«Non posso davvero credere a quello che vedo.»

«Quello che vedo io, è che non hai smesso di essere geloso.» Disse Jason guardandolo mentre io trattenni una risata.

«Nessuno ti ha interpellato Davies... o McCann. Oggi chi sei dei due?» Chiese stuzzicandolo.

«Andrew, quanto sei fastidioso.» Alzai gli occhi al cielo sbuffando.

«Cosa penseranno i tuoi genitori quando scopriranno che sei qui con lui?»

«Ho invitato io il ragazzo.» Disse Mrs. Districk alle sue spalle. «E gli ho chiesto di fare da cavaliere alla cara Isabel.»

«Non deve proteggerla, Mrs. Districk. So come stanno realmente le cose.» Ci squadrò entrambi e si allontanò.

«Cara, parlerò io con i tuoi genitori nel caso dovessero dire qualcosa.» Disse poggiando una mano sul mio braccio.

«Non si preoccupi, davvero.» Le sorrisi cercando di tranquillizzarla. «Sa? Stavamo guardando queste bellissime foto. Lei sembra una diva del cinema.»

«Sei gentile tesoro.»

«Ma questo...» Jason si spostò prendendo una cornice un po' nascosta. «Questo è il frutteto.» Mi avvicinai per vedere ed effettivamente, sembrava proprio il suo frutteto. I Districk erano seduti sul prato a fare un picnic proprio vicino all'albero su cui Jason e suo padre, avevano costruito la casetta.

«Lo conoscete?» Domandò lei sorpresa. «Una volta era il frutteto di mio marito. Decise di venderlo anni fa.»

«Oddio... l'ha venduto a tuo padre allora.» Dissi a Jason che annuì.

«Oh... appartiene quindi alla tua famiglia?» Domandò subito per avere una conferma, toccandogli il braccio. Sembrava entusiasta e speranzosa.

«Temo che ora appartenga alla mia... anche se non meritano quel bel posto.» Pressai le labbra e lei annuì lentamente.

«Capisco.» Sembrava esserci rimasta male. «Oh... mi piace questa canzone.» Disse all'improvviso andando a passo svelto dalla sua amica.

«Ha cambiato umore in due secondi.» Jason la osservò sorpreso, poi mi tirò a se portandomi verso il centro della sala. Mi prese la mano e iniziai a ballare con lui facendomi sfuggire una risata. «Stavolta, entrambi senza maschera.»

«Già.» Sorrisi al ricordo e lo guardai. «Cosa vi siete detti tu e Sylvia a inizio serata quando mi sono allontanata?»

«Oh, nulla di che.» Rispose vago con un sorrisino. «Comunque credo di essergli piaciuto subito.»

«Non avevo dubbi.»

«Ho la sensazione che qualcuno le abbia parlato di me.» Sussurrò al mio orecchio prima di farmi fare in giro su me stessa e tirarmi a se.

«Beh, se fosse... hanno parlato sicuramente in bene.» Risposi.

«Onorato.» Jason fece scivolare le mani sui miei fianchi sorridendo e mi tirò su cogliendomi di sorpresa. Fece un veloce giro prima di rimettermi a terra e stringendomi a lui, risi.

«Non sapevo ballassi così bene.»

«Ho i miei talenti segreti.» Mi fece l'occhiolino e spostando lo sguardo, vidi Mrs. Districk sorriderci mentre ballava stavolta con un uomo anziano che poi capii essere il fratello di suo marito e che a quanto sembrava, era appena arrivato.

•••

Jason mi aiutò a mettere il cappotto e prima che potessimo uscire dalla villa, Sylvia Districk, ci raggiunse nuovamente nonostante l'avessimo già salutata. «Ragazzi, volevo ringraziarvi personalmente per essere venuti a questa piccola e semplice festa. E volevo ringraziare te Isabel per gli orecchini. Ho aperto il tuo regalo proprio un momento fa.»

«Mi creda, è stato un piacere.» Sorrisi e lei mi abbracciò qualche istante prima di staccarsi per poter guardare entrambi.

«Può non sembrare ma io so che, esclusa la mia cara nipote, la mia migliore amica e voi... in quella sala ci sono persone poco oneste con me.» Disse. «Riconosco le persone buone e quelle bugiarde... faccio semplicemente finta di niente. So che quasi tutti pensano che io sia svitata e che sia una persona facile da manipolare.»

«E si sbagliano di grosso. Lei è la donna più dolce, astuta e intelligente che io conosca.»

«Ti ringrazio.» Sorrise guardandoci entrambi. «Mi ricordate tanto me e Arthur da giovani...» i suoi occhi brillarono appena nominò il nome di suo marito. «E siete altrettanto testardi. Eh sì... sembra una storia che si ripete.» Rise divertita e tornò dagli invitati lasciandoci così. Jason accennò un sorriso e prendendomi per mano, mi portò fuori. Faceva più freddo rispetto a qualche ora prima, ma fortunatamente la macchina si trovava a due passi dalla villa.

«Isabel!» Sia io che Jason, ci voltammo nel sentire il mio nome. Andrew avanzava a passo svelto. «Lascia che te lo dica, da te non me l'aspettavo. Dopo tutto quello che ti ha fatto... e scommetto che c'è lui dietro tutti i furti e tu lo sapevi. Per quello non eri mai preoccupata.»

«Andrew! Come puoi fare un'accusa così grave?! Posso assicurarti che Jason non era qui quando sono avvenuti i furti, quindi non ti permetto di dargli del ladro. Dovresti scusarti.»

«Non ci penso neanche, non mi fido di lui.»

Jason lo guardò avvicinandosi. «Dato che sei stato così bravo in passato a pagare la gente perché trovasse le informazioni su di me di cui avevi bisogno... perché non ingaggi nuovamente qualcuno? Scoprirai che io sono tornato qualche settimana dopo l'inizio dell'anno nuovo e che non mi sono mai avvicinato alle zone in cui sono avvenuti i furti. Non ho nulla da nascondere Larson.» Gli accennò un sorriso compiaciuto e voltandosi mi tese la mano che afferrai subito allontanandomi con lui. Jason aveva mantenuto un notevole autocontrollo da quando era arrivato Andrew ed ero davvero colpita. Salii in auto e allacciai la cintura pensando, mentre Jason si metteva al posto del guidatore.

«Jason, c'è troppa strada da fare. Tu abiti a cinque minuti d'auto, non ha senso farti fare avanti e indietro. Posso prendere un taxi.»

«Non se ne parla. Sono o no il tuo cavaliere stasera? Sono venuto a prenderti io e sarò sempre io a riportarti a casa.» Sorrise e accese la radio prima di partire. Il viaggio di ritorno sembrò molto più breve, le strade erano anche più libere a quell'ora.
Quando arrivammo, Jason fece qualche giro intorno al palazzo prima di parcheggiare. «Vieni su?» Domandai. Guardando l'ora, Jason sembrò pensarci su, ma poi annuì. Il portinaio non c'era, così presi le mie chiavi e aprii. Andai con Jason all'ascensore che era già di sotto e salii con lui. «Pensavo avessi paura degli ascensori.»

«Sì, ma ci sei tu con me.» Premetti il tasto e mi appoggiai alla parete stringendomi nel cappotto. «Stavo pensando alla signora Districk. Era così felice di avere i suoi due nipoti alla festa. So che avrebbe tanto voluto avere dei figli.»

«Io inizialmente pensavo fossero quelli seduti accanto a lei a tavola. Sembrano volerle molto bene.»

«Sono i figli di suo cognato, l'uomo con cui ha ballato dopo cena. In realtà con loro non ha un legame strettissimo come con Margaret. Loro sono più legate.» Spiegai accennandogli un sorriso.

«Sembra tenere molto anche a te.» Disse Jason.

«Ci piace parlare. Inizialmente, a dire la verità, pensavo fosse solo una donna amante dei pettegolezzi. Ed è vero, le piace sentire cosa tutti hanno da dire, ma solo per vedere fino a che punto rigirano la verità. Perché ho scoperto che in realtà, lei sa sempre tutto. Praticamente lo fa per divertimento.» Risi e uscii con Jason dall'ascensore andando ad aprire la porta di casa. «Vuoi qualcosa da bere?»

«Solo un po' d'acqua.»

«Perfetto, anche io.» Mi sfilai il cappotto gettandolo sul divano insieme alla pochette e andai a riempire due bicchieri seguita da Jason che aveva anche lui tolto la giacca. «Oh, devo anche ridarti la cravatta, è in camera.»

«Giusto, anche se ne faccio a meno.» Rise bevendo il suo bicchiere d'acqua e subito dopo, lo accompagnai in camera. Afferrai la cravatta sul letto e lo guardai.

«Pensavo ad una cosa...» spostai i capelli di lato pressando qualche secondo le labbra mentre giocavo con la sua cravatta nera.

«Dimmi.» Si sbottonò la giacca e aspettò.

«Si è fatto tardi e pensavo che forse... potresti fermarti qui per la notte.» Sussurrai sentendo le guance scaldarsi. Lo guardai e vidi le sue labbra piegarsi in un sorrisino divertito.

«Se per te non è un disturbo.»

«Certo che no, o non te lo avrei chiesto.»

«E dove dormo?» Domandò con aria ancora più divertita, ma a questo non avevo pensato.

«Giusto...» sussurrai più a me stessa. «Dormi qui e io...»

«Non dire sul divano.» Rise incrociando le braccia.

«No, figurati, pensavo di dormire per terra.» Risposi sarcastica.

«Fai la sarcastica con me?» Domandò con le sopracciglia sollevate dalla sorpresa. Si avvicinò pericolosamente e iniziò a farmi il solletico.

«Jason!» Tirai un piccolo urlo e risi bloccandogli le mani mentre, indietreggiando, toccai il bordo del letto finendo seduta. «Una volta però ci abbiamo dormito per terra.»

«Ricordo. Il tuo tappeto era davvero morbido ma tu non lo saprai mai, perché hai dormito sul mio petto.» Lo guardai a bocca aperta arrossendo e lui rise. «Non fare quella faccia, è la verità.»

«Sarà, ma io non ricordo questo dettaglio.» Mentii guardando altrove per poi alzarmi di nuovo ritrovandomi attaccata a Jason.

«Che bugiarda.» Disse divertito prendendomi il viso tra le mani.

«Oh, taci McCann...» alzai gli occhi al cielo sorridendo e gli pizzicai il fianco. Andai a prendere il mio pigiama e lo gettai sul letto. «Per te non ho niente a parte una felpa, ma se i ragazzi di la sono svegli, posso chiedergli se ti prestano qualcosa.»

«Non ti preoccupare.» Iniziò a sbottonarsi la camicia e mi voltai scuotendo leggermente la testa. «Ti scandalizzai ancora?»

«Non mi scandalizzo.»

«Ok.» Lo sentii slacciarsi la cintura e pochi istanti dopo, tutto finì sul pouf. Io allungai la mano sul letto e afferrai il pigiama per andare a cambiarmi in bagno, ma Jason mi fermò. Sentii la sua mano sfiorarmi la schiena e con l'altra, abbassò lentamente la zip del vestito. Sospirai silenziosamente sentendo improvvisamente caldo e guardai avanti. «Fatto.» Sussurrò fermandosi a metà. Provai a ringraziarlo anche se dalle mie labbra uscì una parola poco comprensibile e andai in bagno a cambiarmi. Alzando lo sguardo verso lo specchio, potei notare la mia faccia completamente rossa. Mi cambiai velocemente e subito dopo mi lavai i denti e risciacquai più volte il viso con l'acqua fredda. Dimenticai di avere il trucco e dopo essere diventata un panda, lavai nuovamente il viso con il sapone. Sospirai pensando a quanto fossi un caso perso e tornai in camera, dove trovai Jason a letto, con le coperte che lo coprivano fino alla vita. Era appoggiato alla testiera del letto con il cuscino dietro la schiena e si passava una mano tra i capelli leggendo un libro. Notai che aveva aggiunto dei tatuaggi sulle braccia e avvicinandomi, mi sedetti accanto a lui che alzò lo sguardo. «Sempre accanto al letto.» Disse riferendosi al libro di Peter Pan.

«Sempre.» Accennai un sorriso e lo squadrai involontariamente. «Nuovi tatuaggi.»

«Visto?» Tirò giù il cuscino e si coricò sorridente guardandomi. «Ti piacciono?» Domandò.

Li sfiorai e annuii. «Li hai disegnati sempre tu?»

«Sempre.» Mi fece l'occhiolino e notai il tatuaggio di una bussola che puntava ad Est.

«Perché punta ad Est?» Domandai, ma lui mi guardò diversi secondi in silenzio spostando poi le braccia dietro la testa.

«Perché il sole sorge ad Est.» Rispose. Ma continuai a non capire il significato che c'era dietro.

«E...?» Domandai incitandolo a dirmi qualcosa in più, ma non lo fece. Sorrise tirandosi su con un braccio e mi guardò restando poco distante dal mio viso. Mi accarezzò la guancia e poggiò le labbra sulla mia fronte lasciandoci un bacio. Lo osservai e decisi di non fare altre domande in quel momento. Mi tirò a se facendomi appoggiare al suo petto e lo abbracciai accarezzandogli la pelle calda.

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