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Capitolo 41

Punto di vista di Isabel

Ci eravamo seduti di nuovo. Jason era confuso e sembrava riflettere su quello che gli avevo rivelato. Era qualcosa che mi tenevo dentro da diversi mesi ormai e dirlo a lui era stato liberatorio e spaventoso allo stesso tempo. Avevo paura di quello che avrebbe detto, non volevo perderlo di nuovo. Il fatto che avesse scelto di sedersi e ascoltarmi era un buon segno, almeno avrei potuto dargli una spiegazione. «Perché lo hai fatto? E...» guardò qualche istante un punto indefinito a terra impressionato. «Come hai fatto?» Domandò.

«L'ho fatto perché ti hanno rovinato la vita, Jason. Hanno rovinato le vite di tutti... quella di Jane, Ralph, tuo padre, la mia...» sospirai. «Avevate ragione tu e i ragazzi la notte che siete entrati in casa mia. Vi stavate riprendendo ciò che era vostro, ma io ve l'ho impedito. Così ho ripreso da lì...»

«Il primo furto è avvenuto nella casa dei tuoi...» rifletté mentre annuivo.

«Ho disattivato le telecamere e ho messo sottosopra un po' di cose. Ho rubato i gioielli di mia madre, i soldi dalla cassaforte e qualcosa di mio. Poi ho rubato in alcuni ristoranti dei Larson e all'hotel di mia madre. In quel caso è stato più difficile, ho dovuto imparare a fare un po' di cose con il computer per disattivare gli allarmi e accedere alle telecamere. Nessuno ha mai sospettato di me o del personale. Prima di "attuare un colpo" mi assicuravo che avessero tutti un alibi per quell'ora specifica. Non volevo mettere nessuno nei guai.»

Jason era ancora immobile con le labbra socchiuse. «Hai idea del rischio che hai corso? Potevano beccarti e chissà cosa avrebbero fatto i tuoi.»

«Non devi preoccuparti.» Cercai di tranquillizzarlo ma scosse la testa.

«Stai scherzando? Certo che mi preoccupo.» Mi prese le mani stringendole piano nelle sue. «Isabel... capisco perché lo hai fatto, ma non voglio che tu finisca nei guai.»

«Lo so, non lo farò più.» Mi sentivo una bambina ma sapevo che aveva ragione.

«Che ne hai fatto di tutti quei soldi?» Domandò all'improvviso.

«Ho dato qualcosa in beneficenza, mentre il resto...» pressai le labbra e Jason continuò ad ascoltare. «Volevo mandarlo a Jane in anonimo, ma sarebbe stato strano e complicato.»

A mia sorpresa, Jason si fece sfuggire una risata. «Per quanto le tue intenzioni fossero buone, penso si sarebbe spaventata.» Disse facendo ridere poi anche me. Ero sorpresa ma felice per il fatto che l'avesse presa bene.

«Sì è vero. Per quello ho evitato per ora.» Sospirai e lo osservai alcuni istanti. «Non sei arrabbiato con me?»

«Arrabbiato? No. Ma sono scioccato, impressionato... e colpito. L'ultima cosa che mi sarei aspettato... era questa.» Rise scuotendo la testa.

«Se lo sono meritati. Mi dispiace per tutto quello che avete passato a causa di mio padre e di Andrew.»

Mi abbracciò subito tirandomi sulle sue gambe e ricambiai senza esitare un attimo. «Non sei tu a doverti scusare.» Restai appoggiata a lui e quando mi prese la mano, sorrisi giocandoci. Avrei quasi voluto dire altro in quel momento, anche se non sapevo esattamente cosa. Guardai l'ora e sussultai.

«Ti sto facendo fare tardi. Jaden non ti ha scritto?»

«Sì, ma gli ho detto che avrei ritardato un po'.» Rise e mi alzai con lui.

«Digli che mi dispiace e che è colpa mia.» Trattenni una risata e accompagnai Jason alla porta. Lui mi guardò alcuni istanti e si avvicinò incerto, poi mi baciò la guancia.

«Ci sentiamo, ok?» Chiese e io annuii. «E non metterti nei guai. Wow... non avrei mai pensato di doverlo dire io a te.» Mi fece l'occhiolino sorridendo e gli diedi una spinta scherzosa.

«Notte, Peter.»

«Buonanotte Wendy.»

•••

Al mattino, Sam mi aveva svegliata gettandosi sul mio letto per farsi raccontare quello che era successo la sera prima con Jason. Mi scosse per interi minuti finché non aprii gli occhi. Raccontai parte della serata escludendo il finale, di cui ad ogni modo ero felice. Jason non era arrabbiato, aveva reagito meglio di quanto mi aspettassi e mi ero ritrovata qualche suo messaggio al risveglio. Qualche ora dopo invece ero andata al lavoro. Il pronto soccorso era pieno ed era stata una giornata faticosa. Dovetti fermarmi di più e tornando a casa, avevo così tanto da studiare che mi ero messa sotto con lo studio, senza nemmeno toccare cibo. Dovevo prepararmi per un esame difficile, ma non ne avevo assolutamente voglia. Il pomeriggio sembrava eterno e l'unica cosa che avevo davvero voglia di fare... era ritirarmi dall'università. Ogni giorno mi rendevo conto dello sbaglio che avevo fatto nel lasciar decidere ai miei genitori. Ogni tanto mi arrivavano una serie di notifiche sul cellulare, ma cercavo di ignorarlo. Peccato che non avessi abbastanza forza di volontà. Lasciai cadere la penna sul quaderno e lessi i messaggi di Jason con il sorriso sulle labbra. Ma non c'erano solo suoi messaggi, anche Andrew purtroppo mi aveva scritto. Voleva uscire a cena e la sua non era una richiesta, ma ad ogni modo la rifiutai. Non capivo perché si ostinava ancora a passare del tempo con me se non riuscivamo a sopportarci. Suonarono il campanello e andando alla porta, guardai dallo spioncino. Aprii e il portinaio mi tese una busta. «Signorina Evans, è arrivata questa per lei.»

«Grazie mille.» Presi quello che sembrava essere un invito e rientrai. Girai la busta chiusa da un timbro dorato per vedere chi la mandava, ma c'era scritto solo il mio nome in corsivo, apparentemente con una penna stilografica. Tirai fuori l'invito e leggendolo sorrisi.

"Cara Isabel,
sono lieta di invitarti alla mia festa di compleanno che si svolgerà questo venerdì sera. La tua presenza sarebbe davvero gradita. Ho deciso di scriverti personalmente questo invito per dirti che puoi portare un cavaliere. Sappiamo entrambe a chi mi riferisco.
La festa inizia alle 19:30 a casa mia.

-Sylvia L. Districk

P.S. Spero davvero di poter conoscere quel giovanotto."

Non finiva mai di sorprendermi, adoravo la signora Districk. Era una donna energica, piena di vita e dalla mentalità molto aperta, che per la sua età era una cosa fantastica. La ammiravo, e al suo compleanno avrei portato volentieri Jason se non fosse stato un rischio. Ero quasi certa del fatto che tra i suoi invitati ci sarebbero stati sia i Larson che i miei genitori. Andrew non sapeva che Jason fosse tornato e i miei non mi volevano vedere accanto a lui, neanche per sbaglio. Qualcuno si presentò di nuovo alla porta bussando e dopo aver dato il permesso, Sam entrò. Aveva ancora addosso la giacca e le scarpe, quindi era appena rientrato dal lavoro. «Ehi Sam.»

«Ehi Bella, vuoi cenare da noi stasera? Pensavamo di ordinare del sushi.»

«Sushi? Assolutamente sì!» Confermai subito la presenza. Andavo matta per il  sushi, non rifiutavo mai.

«Cos'è quello?» Domandò Sam indicando la busta tra le mie mani.

«Un invito. Non so se ti ho mai parlato della signora Districk.» Accennai qualcosa di lei e gli lasciai leggere l'invito. «Se non sbaglio è il suo ottantaduesimo compleanno e da quello che ha scritto, vuole conoscere Jason.»

«A quanto pare è una donna sveglia.»

«Voi due andreste d'accordo.» Risposi divertita. Avrebbero avuto molto su cui spettegolare.

«Quindi che farai? Inviterai Jason?»

«Vorrei, ma se i miei e Andrew lo vedono, potrebbe non finire bene.» Sospirai guardando il soffitto pensando a una soluzione. «A meno che...» sorrisi e Sam mi guardò confuso. «È come se lei avesse invitato Jason alla festa. Io posso dire di averlo "casualmente" incontrato lì.»

«Mi piace questa rielaborazione.» Annuì e andò alla porta. «Allora sabato te li sistemo io i capelli. Oh... e voglio venire con te a cercare l'abito.»

Uscendo si scontrò quasi con Andrew che entrando, chiuse la porta con una spinta. Tolse la giacca mettendola sull'attaccapanni e si sfregò le mani per scaldarle. «Ciao Isabel.»

«Andrew. Ciao, cosa ci fai qui?»

«Ero di passaggio e volevo vedere come te la cavavi con lo studio.» Accennò un sorrisino falso e nascosi l'invito in camera prima di ritornare da lui. «Hai l'esame?»

«Sì, per quello c'è quest'invasione di libri e quaderni in salotto.» Risposi mostrando il leggero disordine.

«Un'ora fa mi è arrivato l'invito della signora Disrtick.» Disse e trattenni qualche secondo il fiato guardandolo.

«Ci andrai?» Domandai cercando di sembrare indifferente alla cosa.

«Non lo so. Non mi piace quella donna... poi il fine settimana sono sempre al locale. Tu invece?»

«Non lo so nemmeno io, sai... con tutte queste cose da studiare...» inventai. Se Andrew non veniva alla festa, avevo più possibilità di invitare Jason. Ora dovevo solo vedere cosa avrebbero fatto i nostri. «I tuoi genitori invece?»

«Mia madre ci va, mio padre invece no. Ha cose più importanti da fare, infatti ha già avvisato la settimana scorsa. A loro gli inviti sono arrivati prima.»

«Ah capisco.» Guardai l'ora e iniziai a raccogliere dei fogli sparsi. «Andrew, non vorrei mandarti via, ma ho davvero un sacco di cose da fare.»

«Ma certo.» Alzò gli occhi al cielo alzandosi. «Sai, Isabel? Presto non mi eviterai più.» Non capii cosa intendesse dire. Riprese la sua giacca e se ne andò via senza aggiungere altro. Decisi di lasciar perdere e prima di andare a infilarmi sotto la doccia, presi il cellulare chiamando mia madre, ma non rispose. Così, dopo sette tentativi, chiamai mio padre che invece rispose subito.

«Dimmi Isabel, è urgente? Perché ho da fare.» Disse annoiato.

«Volevo solo sapere se andavate alla festa della signora Districk.»

«No, io devo andare a New York quel giorno. Ora devo chiudere.» Lo salutai al volo prima che staccasse e feci un salto di gioia. Ora però dovevo fare un'altra chiamata, stavolta a Jason. Presi un respiro profondo e chiamai aspettando mentre il cellulare continuava a squillare.

«Ehi!» Dopo un po' Jason rispose, sembrava avere il fiatone.

«Ciao! Ti disturbo? Sei in giro?»

«No, no! Mi sono appena preso una pausa. Stavo giocando a basket.»

«Volevo chiederti una cosa. Ma non sono sicura accetterai.» Risi e potrei immaginare la sua espressione confusa e curiosa.

«Vediamo.» Disse divertito.

«Ti ricordi la Districk? Ti ho accennato ogni tanto di lei.» Ero quasi agitata nel porgli la domanda.

«Sì, me la ricordo vagamente. Una volta credo anche di averle servito dello champagne quando servivo alla cena dei Larson.»

«Probabile, ma al tempo non sapeva-» mi bloccai arrossendo. «Voglio dire...» sospirai. «Ok. Allora... è il suo compleanno questo venerdì e mi ha invitata. Tecnicamente posso portarmi qualcuno... mi chiedevo quindi, se volessi accompagnarmi?» Il cuore mi batteva veloce nel petto e mi sentivo un po' stupida. Era un semplice invito e sembrava avessi corso una maratona.

«Certo, va bene.» Disse tranquillamente. «Suppongo dovrò vestirmi bene.»

«Già. Dovrai essere elegante Mr. McCann.»

«Ok, prometto che sarò all'altezza.» Rispose ridendo.

«Ne sono sicura. Grazie mille Jason!»

«Figurati principessa, è un piacere.»

Dopo esserci salutati, staccai la chiamata e corsi elettrizzata a casa dei ragazzi. Clyde mi guardò confuso smettendo di scrivere al computer e Sam si bloccò con il cellulare in mano. «Gliel'ho chiesto... e ha detto di sì!» Dissi e Sam tirò un piccolo urlo correndo ad abbracciarmi.

«Sono così felice! Vedrò quello schianto in smoking!» Io e Clyde lo guardammo alcuni secondi e lui rise nervosamente tornando al suo posto facendo finta di nulla. «Scherzavo amore.» Disse a Clyde. «Comunque tu continuerai a negarlo, ma sei sempre più cotta di lui.»

«Smettila.» Risi e mi sedetti accanto a lui controllando il foglietto su cui aveva segnato il cibo da ordinare. Gli sfilai la penna dalla mano e aggiunsi alcune cose mentre Sam si preparava a chiamare. Il mio cellulare segnò l'arrivo di alcune notifiche e guardandolo, vidi che Jason mi aveva mandato delle foto di noi due ricoperti di farina. Non riuscii a smettere di sorridere.

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