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Capitolo 29

I miei erano tornati qualche giorno dopo l'inizio dell'anno nuovo. Non si erano accorti della serratura, perché lo zio di Diana aveva fatto un lavoro davvero eccellente ed era tornata come nuova. Anche io ero finalmente tornata a dormire a casa mia, ero stanca di stare da Andrew, ma mi sentivo più al sicuro lì. Megan a scuola aveva raccontato a tutti della sua splendida vacanza e ne parlava così tanto che qualche giorno dopo, la gente aveva iniziato ad evitarla, tranne le solite ragazze pettegole che le ronzavano intorno. Andrew mi stava meno attaccato e passava più tempo con i suoi amici. Tutto era tornato normale, tutti sembravano felici, cosa che invece io non ero per niente. Nella mia testa c'era la solita persona ed ero sommersa da domande che avrei voluto porgli ma che forse non avrei mai fatto... e pensare a lui, mi portava di conseguenza a pensare al fatto che il Maple Leaf aveva definitivamente chiuso, il che mi spezzava il cuore. Non sapevo cosa avrebbe fatto ora Jane, non sapevo nemmeno come contattarla per chiederle come stava e se c'erano novità.
Infilai i libri nello zaino e andai nell'aula vuota al piano superiore, dove vidi Diana già seduta da sola nelle prime file. «Sono arrivata.» Dissi attirando la sua attenzione mentre mi mettevo seduta accanto a lei. «E qui ho quell'articolo di cui ti ho parlato sulla festa di Halloween. Anche se saranno valutati come test e, ne ho fatto uno anche sulla gita al museo dell'altro ieri che è qualcosa di più recente.»

«Fantastico! Li farò avere ai membri del giornalino, così potranno leggerli. Quello sul museo potrebbero anche pubblicarlo essendo recente.» Prese i fogli che le avevo consegnato e lesse il primo articolo sulla festa. «Isabel, è strepitoso. Personalmente lo adoro e scommetto che piacerà anche agli altri!»

«Lo spero.» Incrociai le dita e spostai poi lo sguardo sull'ora. «Devo scappare, ma prima... come va con Colson?» Domandai e la vidi arrossire subito mente un sorriso appariva sulle sue labbra.

«Direi bene, usciamo spesso. Mi porta al cinema stasera.» Spiegò giocando con la matita che teneva in mano.

«La cosa si fa sempre più seria e interessante.» Sorrisi e lei annuì.

«Lui mi piace davvero... ci penso spesso quando sono da sola, come se non riuscissi a stare lontana da lui.»

«Capisco.» Sussurrai senza pensarci e Diana mi guardò. «Oddio devo andare, l'autista mi aspetta. Comunque scrivimi poi come va stasera!» La salutai e lei annuì sorridendo mentre uscivo veloce per andare alla macchina.

•••

Non ebbi il tempo di salire nella mia stanza, che mio padre mi bloccò all'ingresso tenendo dei fogli in mano. «Prendi la macchina e porta questi fogli a Andrew, è fuori da quella locanda che ha comprato.»

«Perché devo andare io?» Chiesi prendendo il plico di fogli leggendo quello che c'era scritto.

«Perché te lo sto ordinando e io non ho tempo.»

«Ma questa è l'autorizzazione per demolire il Maple Leaf.» Sfogliai le pagine leggendo qualche riga prima di richiudere. «Non ho intenzione di portargliela, sai che non sono d'accordo su questa cosa.»

Mi lanciò un'occhiataccia afferrandomi per il braccio. «La devi smettere di contraddirmi.»

«Sei tu che devi smettere di comandarmi.» Dopo quella risposta, chiusi di scatto gli occhi prima di essere colpita. Non ero sorpresa, sapevo sarebbe successo, me l'ero cercata. Mi sfiorai lo zigomo e passai le dita sul lato del mio occhio sentendo parecchio male. Guardai la mano di mio padre e il nuovo anello al suo dito che spiegava il dolore maggiore del solito che avevo sentito.

«Non voglio sentire un'altra sola parola, ora vai.»

Tornò verso il suo ufficio e stringendo i fogli tra le mani, presi un respiro profondo prima di cercare le chiavi della Range Rover e uscire di nuovo di casa. Salii in auto gettando i fogli sul sedile del passeggero e dopo aver allacciato la cintura, partii accendendo la radio. Ormai conoscevo quella strada a memoria, non avevo bisogno di guardare le indicazioni stradali sul cellulare come ero solita fare, talvolta anche a piedi. Ricordavo a quanti semafori sarei dovuta fermarmi e sapevo quanto tempo ci mettevano a diventare verdi, ricordavo le scorciatoie che prendeva Jason in caso di traffico o semplicemente per evitare troppi incroci. Vedendo la strada libera, accelerai e qualche minuto dopo arrivai al parcheggio del Maple Leaf. Dovetti però stare lontana, perché il posto era circondato da operai e una macchina demolitrice. Andrew era l'unico vestito elegante e non era stato quindi un problema trovarlo. Doveva essere uscito prima da scuola apposta per essere li e tutta quella situazione spiegava perché oggi fosse così energico e felice. Presi i fogli e scendendo dall'auto mi avvicinai a lui a passo svelto. «Larson.»

Si voltò verso di me e sorrise. «Isabel, che bello vederti. Vedo che hai ancora la divisa, hai preferito venire direttamente qui per goderti lo spettacolo?»

«Sicuro.» Risposi ironica. «Ho qui l'autorizzazione per...» mi bloccai non appena vidi fuori dal parcheggio i volti familiari di Jane, Jason e gli altri ragazzi. Lasciai in sospeso la frase e andai da loro ignorando i richiami di Andrew. Jason distolse lo sguardo dal mio ma lo riagganciò neanche due secondi dopo, mentre io mi soffermai su Jane che con gli occhi lucidi guardava il luogo dove aveva lavorato per anni. «Jane...»

«Isabel, ciao...» accennò un lieve sorriso e sospirando la abbracciai.

«Mi dispiace tanto.» Le accarezzai la schiena staccandomi poco dopo.

«Non devi, non è colpa tua...» si asciugò la guancia e prese un respiro profondo. «Ma cosa ti è successo?» Domandò sfiorandomi lo zigomo.

«Oh, ho sbattuto. Sono molto maldestra...»

«Bella!» La voce di Andrew ci fece voltare tutti. «Dammi quei fogli così possiamo iniziare.»

Ora, gli occhi di tutti si posarono su di me. Strinsi i fogli tra le mani tentata dal strapparli in mille pezzi. «No...» sussurrai, ma non così piano da non farmi sentire. Andrew inarcò un sopracciglio incredulo.

«Isabel, non ho voglia di discutere ancora con te. Dammi subito quei fogli e poi potrai andare.» Tese la mano ma io scossi la testa tornando verso l'auto. Non sapevo esattamente cosa stavo facendo, ma era certo che avrei passato dei guai. Andrew mi fermò cercando di togliermi i fogli dalle mani ma io strinsi la presa. «Isabel, lascia subito.»

«Perché vuoi demolirlo? Non c'è nulla che non vada, se proprio devi... ristruttura, ma non buttarlo giù.» Lo pregai ma fu tutto inutile. Con uno strattone mi sfilò i fogli e mi spinse contro l'auto lanciandomi un'occhiata.

«Se non cambi atteggiamento, ti ritroverai in una marea di guai Bella.» Scosse la testa tornando dagli operai ed entrando in auto, colpii il volante.

Avrei urlato, non volevo stare qui a guardare il Maple Leaf mentre veniva demolito, ma non sapevo che altro fare per salvarlo. Chiusi gli occhi facendo dei respiri profondi ma non servì. Strinsi le mani attorno al volante e ci poggiai la fronte pensando. Subito dopo bussarono al finestrino e alzando lo sguardo mi ritrovai Jason che, nonostante la sorpresa, decisi di ignorare. Ma lui sembrava voler parlare a tutti i costi, perché fece il giro ed entrò in auto sedendosi al posto del passeggero. «Scendi dall'auto Jason.»

«No, ora guardami.»

«Non voglio, ora scendi. Perché non vai a rubare le chiavi della macchina demolitrice?» Dissi ironica ma quando calò il silenzio lo guardai. «Ci stai pensando davvero?»

«Si potrebbe fare.»

«Toglitelo dalla testa Davies.»

«Vista la scena di prima pensavo volessi aiutarci.»

«L'unica persona che voglio aiutare, è Jane.» Guardai avanti e in quel momento pensai che, in fin dei conti, la mia non era una pessima idea. Non completamente almeno. Potevo prendere davvero le chiavi e far si che i lavori venissero interrotti. «Ok.»

«Cosa?»

«Prendiamo le chiavi.» Dissi e le sue labbra si curvarono in un sorrisino. «Per la cronaca, questo non vuol dire nulla, sono sempre arrabbiata.»

«Ok, tanto non pensavo a nulla.»

«Ah, quindi non ti importa.» Scesi dall'auto seguita da lui e mi guardai intorno pensando a come attuare il mio piano inesistente. Gli operai si stavano preparando ma sulla macchina non c'era ancora nessuno e le probabilità che le chiavi fossero già inserite erano dell'80% non mi restava che sperare di trovarle davvero lì. «Dimmi se arriva qualcuno.» Facendo il giro mi guardai intorno prima di salire sulla macchina e cercare. Non avrei mai immaginato di ritrovarmi a fare una cosa del genere, se me lo avessero detto mesi fa, non ci avrei creduto. «Abbiamo un problema, le chiavi non sono qui.»

«Perfetto.» Disse Jason ironicamente mentre scendevo affiancandolo. «Dobbiamo scoprire quale operaio dovrà usare sta cosa.»

«Credo lo scopriremo presto visto che qui stanno per demolire tutto.»

«Chiediamo in giro.» Jason sparì e io chiesi ad alcuni operai se sapevano chi avrebbe azionato la macchina. Sembrava una catena, mi mandavano da una persona all'altra ed ero quasi certa del fatto che non ascoltassero davvero le mie domande. Vidi gli amici di Jason raggiungerlo, sicuramente confusi nel vederlo girare li intorno, ma dopo aver parlato corsero vicino alla macchina. Non sapevo cosa avessero in mente, ma sapevo che se c'erano di mezzo tutti loro, si sarebbe scatenato il caos.

«Isabel, fai subito sparire i tuoi amici dei bassi fondi.» Andrew si avvicinò a passo svelto e guardai verso la macchina demolitrice circondata dai ragazzi che bloccavano tutti dal salire.

«Che cosa vuoi che faccia? Non li comando io.»

«Sono in minoranza, si faranno male. Gli operai non si faranno problemi ad usare la forza se glielo chiedo.»

Alzai gli occhi al cielo e raggiunsi i ragazzi facendo cenno a Jason di raggiungermi. «Andrew vuole che ve ne andiate.»

Mi guardò indifferente facendosi sfuggire una risata. «E allora?»

«In breve, se non vi levate vi farà pestare dagli operai anche se non si potrebbe. Ma...»

«Sì sì, lo so. Con i soldi...»

«No!» Scossi la testa alzando gli occhi al cielo. «Non volevo dire quello. Ma invece di stare lì, potreste fare occupazione.» Dissi indicando il Maple.
In meno di un minuto, Jason aveva avvisato i suoi amici che erano corsi all'ingresso della tavola calda, la porta però era chiusa con delle catene e un lucchetto. Li raggiunsi cercando un modo per aiutarli, ma Jason non sembrò avere problemi, perché chiudendo la mano in un pugno la appoggiò al vetro. «Cosa fai?» Non mi rispose nemmeno, colpì invece forte il vetro lasciandomi spiazzata. «Jason!» Dissi al'unisono con Jane che ci aveva appena raggiunti, ma non ci ascoltava. «Ti romperai una mano!» Diede un'altro paio di pugni mandando in frantumi il vetro facendo fare a tutti qualche passo indietro. La mano di Jason sanguinava, si scompigliò i capelli levando i pezzetti di vetro ed entrò seguito dai ragazzi.

«Si metteranno nei guai, vero?» Jane mi guardò preoccupata con una mano sul cuore.

Non sapevo cosa dirle, avrei detto di sì, ma non volevo farla preoccupare maggiormente. «Non lo permetteremo.» Andai da Jason prendendogli la mano e la osservai. Era gonfia, le nocche spaccate e sporche di sangue. «Tu sei pazzo, non potevi trovare un altro modo invece di romperti la mano?»

«Non credo sia rotta.» Disse gemendo non appena premetti lievemente sul gonfiore.

«Io credo tu ti sia rotto almeno un dito. Devi andare all'ospedale.»

«Non è esattamente il momento giusto.»

Andrew si piazzò davanti alla porta in frantumi incrociando le braccia al petto. «Siamo sempre punto e a capo. Mi costringerai a chiamare tuo padre Isabel... e la polizia.»

«Fai pure, noi non ci muoveremo di qui.» Disse Ethan in tono freddo.

«D'altronde, voi siete abituati a passare il vostro tempo dietro le sbarre, vero?» Andrew sorrise in modo beffardo e Jaden scattò in avanti ma fortunatamente i suoi amici lo bloccarono. «Andatevene, state rallentando un lavoro che non potete impedire. Questo posto ha i minuti contati.» Detto questo, si allontanò facendo una chiamata.

Jane si passò le mani sul viso facendo avanti e indietro qualche minuto per poi fermarsi attirando l'attenzione di tutti su di se. «Ascoltate ragazzi... quello che state facendo è davvero dolce ma folle. Io vi ringrazio per il supporto, ma è ora di lasciar andare. Anche io sono triste, ho tirato su questo posto con mio marito diversi anni fa e voi siete praticamente cresciuti qui dentro. Vederlo crollare...» non riuscì a finire la frase che scoppiò a piangere e Jason corse ad abbracciarla. Quella scena mi spezzava il cuore, Jane non meritava tutto quel dolore e onestamente ero confusa. Il suo legame a questo posto, mi faceva pensare al fatto che non avrebbe mai deciso di venderlo senza una ragione più che valida. Doveva esserci sotto qualcosa e avrei voluto scoprire cosa, ma non mi sentivo di farle domande personali in un momento simile. «L'ultima cosa che voglio ora, è vedervi finire in qualche guaio, quindi lasciate stare, vi prego...»

«Va bene...» i ragazzi sembravano riluttanti ma lo stavano facendo per lei. In quel momento, alzando lo sguardo vidi delle auto fermarsi e dei poliziotti avvicinarsi a noi.

«Dovete venire tutti fuori e allontanarvi, o saremo costretti a portarvi via con la forza.»

«Quello stronzo ha davvero chiamato gli sbirri. Io lo stendo.» Ethan uscì andando verso Andrew e i ragazzi lo seguirono subito per fermarlo.

«Ethan non fare cavolate o qui ci sbattono dentro per tutto il giorno.» Jaden poggiò una mano sulla sua spalla e lo tirò indietro insieme a Mike.

Sospirai sollevata al pericolo di rissa scampato e mi allontanai con Jane fuori dal parcheggio. A quel punto avrei davvero voluto farle la domanda che mi frullava per la testa, eravamo sole e forse ne avrebbe parlato, ma non volevo risultare una ficcanaso. «Jane, so che non è un buon momento ma... vorrei farti una domanda.» Mi guardò aspettando e pressai le labbra. «Ma vorrei fossi sincera, quindi... se non vuoi rispondere, dimmelo semplicemente. Ovviamente sono cose tue e devi decidere tu.» Dissi e annuì. «Perché hai venduto il Maple Leaf?»

Seguì un silenzio così lungo che pensai non me lo avrebbe detto, invece stava solo prendendo del tempo. «L'ho fatto per salvare...» non terminò la frase, scosse subito la testa.

«Chi?» Ero confusa, l'unica cosa certa però era che Andrew aveva usato uno dei suoi sporchi metodi. Seguii lo sguardo di Jane e a quel punto mi ritrovai ancora più confusa.

«Quel ragazzo, Andrew... la prima volta che mi ha chiesto di vendergli il posto, ho detto di no.» Spiegò. «Ma la seconda volta che si è presentato, oltre ad offrirmi una somma più alta, ha detto che se non lo avessi venduto a lui, avrebbe fatto una cosa che dovevo assolutamente impedire, non posso dirti cosa perché potrebbe venire a sapere che l'ho detto a qualcuno.» Mi strinse la mano e io la guardai a bocca aperta, avevo una voglia irrefrenabile di urlare. Non sapevo cosa c'era in ballo, ma Andrew aveva praticamente ricattato Jane. «Non devi dire niente... e comunque, in fondo forse è stato meglio così. Avevo anche un debito da pagare... era giunto il momento.» Nel frattempo i ragazzi tornarono e Jason abbracciò di nuovo Jane nel momento in cui sentimmo la macchina demolitrice azionarsi. Sollevammo tutti lo sguardo e sentii una stretta al cuore appena vidi l'insegna crollare. Nessuno fiatò, si sentivano solo le mura crollare e i singhiozzi di Jane che teneva una mano davanti alla bocca cercando di trattenersi e farsi forza.
Quando non rimase più nulla in piedi, scossi la testa e con passo svelto e deciso, andai verso Andrew che invece di guardare le macerie, aveva gli occhi fissi su di noi, come se le nostre espressioni fossero state un premio per lui. «Tu, schifoso e spregevole ricattatore.» Nonostante la bassa temperatura, avevo caldo ed ero arrabbiata, anzi, furiosa. Quando mi ritrovai davanti ad Andrew, la mia mano si sollevò e senza pensarci due volte, lo colpii così forte da fargli girare il viso lasciando un segno rosso sulla sua guancia.

Dalle sue labbra uscì una risata sarcastica e dopo essersi massaggiato la guancia, mi guardò. «Tu ami metterti nei guai, non è vero?»

«Vuoi vedere?» Andai verso le macerie e presi da terra un bastone di ferro, dopodiché mi diressi verso l'auto di Andrew, parcheggiata poco distante dalla mia. Ero più decisa che mai, in quel momento non mi importava delle conseguenze, volevo solo fargliela pagare.

«Isabel, non ti azzardare.» Andrew mi seguì bloccandomi da dietro con la forza. «Tu sei uscita di testa!»

«L'hai ricattata!» Urlai cercando di staccarmi dalla sua presa. L'ultima persona che avrei immaginato di vedermi soccorrere, riuscì a dividerci e mi prese da parte levandomi il bastone dalle mani.

«Lascia perdere, è meglio evitare. C'è anche la polizia adesso e potresti finire per crearti troppi problemi. Anche io gli sfascerei l'auto oltre che la faccia ma cerco di trattenermi.» Ralph poggiò una mano sulla mia spalla e mi portò vicino alla mia auto.

«Non puoi capire, lui è...»

«Spregevole e insensibile? L'ho notato, ma questa non è la tua battaglia. Onestamente non pensavo tenessi anche tu così tanto a questo posto quindi ti ringrazio. Ma da qui ci pensiamo noi, quindi per favore non intrometterti più. Evita di metterti inutilmente nei guai, torna a casa.» Si voltò tornando dagli altri e in quel momento pensai: "riecco il solito Ralph".

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