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Capitolo 26

Se c'era qualcosa in cui ero negata, quel qualcosa erano i regali. Avevo impiegato tutta la mattina a cercare un regalo adatto per Jason, ma non avevo trovato nulla che mi attirasse. Alla fine comunque un regalo lo avevo, anche se non era nulla di speciale come avrei voluto. Per i bambini invece era stato facile, avevo preso dei regali carini, o almeno speravo. Tornata a casa avevo nascosto le buste nella cabina armadio e successivamente ero scesa a cercare i miei genitori che teoricamente sarebbero dovuti partire. La casa era silenziosa, ma allo stesso tempo c'era tensione. Vedevo il personale girare per le stanze, intenti a fare il loro lavoro, ma qualcosa non andava e sembravano delle anime in pena. Volevo chiedere a qualcuno cosa stesse succedendo, ma il rumore dei passi di mia madre che scendeva dalle scale, attirarono la mia attenzione. Stava facendo portare le valige alla macchina parcheggiata proprio davanti a casa e Gabriel aiutava a caricare tutto. Sembrava dovesse star via per dei mesi vedendo quello che si stava portando dietro, ma non espressi la mia opinione. Francamente, mi bastava andassero via il prima possibile, così da poter stare tranquilla almeno per le vacanze. Mio padre pensava di farmi un torto lasciandomi a casa da sola senza nemmeno il personale, invece era proprio quello che mi serviva. L'unico problema sarebbe stato Andrew con le sue visite inaspettate, ma avrei resistito. Mia madre guardò l'ora e sbuffò guardando in direzione dell'ufficio di mio padre, poi si voltò verso di me. «Isabel, hai preso il cellulare nuovo?»

«Sì, proprio stamattina e ho recuperato il mio vecchio numero.» La informai mostrandole intanto l'iphone che avevo preso poche ore prima.

«Non hai badato a spese vedo.»

In quel momento, mio padre ci raggiunse infilando il cappotto e controllò l'ora al polso. «Direi che è ora di andare.» Disse a mia madre, seguendola fuori dove la macchina li aspettava. Io li seguii e mi strinsi nella felpa per il freddo, sperando si muovessero in fretta. «Isabel, il personale non ci sarà, ricorda. Sta a te tenere tutto in ordine, ho attivato le telecamere e prima di andare a dormire devi ricordarti di inserire l'allarme.»

«Sì.»

«Quando torniamo, vogliamo la casa in ordine e pulita. Vediamo se ne sei in grado.» Aprì la portiera della macchina lasciando entrare mia madre e subito dopo si girò. «Ah e già che ci sei, pulisci la Rolls Royce e la Range Rover.»

Mi morsi la lingua per evitare la litigata dell'ultimo minuto e quando mio padre salì in auto, rientrai in casa. Il personale si stava già preparando per andare via, ma quando vidi Gloria mettersi quasi a piangere, corsi da lei preoccupata. «Cosa sta succedendo? Perché oggi siete tutti così tristi?» Domandai confusa accarezzandole la schiena.

Ci mise un po' a rispondere, si asciugò le lacrime con un fazzoletto e fece un respiro profondo. «Sono anni... davvero tanti anni che lavoro qui e lei è stata la prima con cui ho legato.» Iniziò a dire, ma io continuavo a non capire dove volesse arrivare. «Non è per niente giusto, mi dispiace dover dire questo signorina, ma suo padre è davvero una persona ingiusta...»

La guardai sorpresa ma sempre confusa. «Gloria, non devi dispiacerti. Purtroppo sappiamo tutti che razza di persona è mio padre, ma continuo a non capire cosa sia successo.»

«Signorina Isabel...» mi guardò dispiaciuta prendendomi la mano. «Marisol è stata licenziata.»

•••

Piansi parecchio dopo la notizia e la cosa peggiore fu scoprire che era stata licenziata a causa mia. Secondo mio padre, Marisol aveva una cattiva influenza e non poteva più stare in questa casa. Avevo paura fosse arrabbiata con me, ma Gloria mi rassicurò dicendomi che mi sbagliavo. Marisol infatti, dopo essere stata licenziata, aveva chiesto a mio padre se poteva aspettare il mio ritorno così da potermi salutare, ma lui le aveva negato il permesso cacciandola all'istante. E io sapevo che lo aveva fatto apposta, aveva scelto il momento in cui non ero in casa così da fare un dispetto ad entrambe. Non riuscivo proprio a capacitarmi del fatto che avesse mandato via la donna che mi aveva cresciuta, non sapevo più cosa fare perché mio padre la smettesse di comportarsi così.
Ormai ero persa nei miei pensieri, quando un messaggio di Jason mi ricordò che tra un'ora sarei dovuta uscire. Così, anche se avevo mille nuove cose per la testa, andai a prepararmi il più velocemente possibile. Indossai un abito rosso e lasciai il cappotto pronto sul letto mentre andavo a mettermi un filo di trucco. Il cellulare iniziò a suonare ma decisi di ignorarlo quando vidi che a chiamare era Andrew. Mi spazzolai i capelli e mi assicurai di non aver dimenticato nulla. Mezz'oretta dopo ero pronta e iniziai a scendere con i regali, quando sentii un rumore verso la porta d'ingresso. Restai bloccata a metà scala guardando avanti a me e cercai di mantenere la calma quando vidi Andrew entrare.
«Non posso credere che ti abbia dato le chiavi.» Scesi veloce gli ultimi scalini e lasciai a terra le buste per poi avvicinarmi a lui che sorrideva.

«Ebbene sì, lo ha fatto.» Si rigirò le chiavi tra le dita, soddisfatto nel vedere la mia espressione arrabbiata.

«Perché sei qui?»

«Sono passato a trovarti.» Fece spallucce e mi squadrò. «Vai da qualche parte?» Chiese inarcando un sopracciglio.

«In realtà sì. Diana mi ha invitata a cena da lei. Ci saranno anche alcuni suoi parenti e...» indicai i regali, «dei bambini...» incrociai le braccia e lo squadrai io stavolta. «Tu come mai non sei andato in vacanza quest'anno?»

«Devo iniziare il progetto di lavoro per il mio nuovo locale, ricordi? E poi devo tenerti d'occhio Bella, tuo padre dice che stai diventando un po' troppo ribelle.» Rise avvicinandosi e mi accarezzò la guancia stampandoci un bacio. «Allora io vado visto che sei impegnata.»

«Bravo, ti accompagno al cancello.» Accennai un finto sorriso e dopo essermi messa il cappotto e la sciarpa, presi le borse con i regali seguendo Andrew fuori.

«Sei sicura che questa cena sia a casa di Diana?»

«Sicurissima.»

«E che mi dici di Megan? Non vi ho più viste insieme. Avete litigato?»

«Abbiamo smesso di parlare, ma non abbiamo proprio litigato.» In effetti, non ci eravamo nemmeno più scritte e un po' mi dispiaceva perché per quanto fosse... beh, Megan... era mia amica, o almeno credo.

«Ok.» Andrew si avvicinò alla sua auto e aprì la portiera, ma si fermò posando lo sguardo su di me. «Non fare sciocchezze Bella, rischi grosso. Vai alla cena della tua amica, sperando che sia davvero lei, e poi torna a casa.»

«Non ti preoccupare.»

Dopo esserci lanciati qualche sguardo di sfida, Andrew se ne andò. Fuori si congelava, ma fortunatamente, cinque minuti dopo Jason fermò l'auto proprio accanto a me e scendendo guardò le buste. «Ehi, tu devi essere la figlia di Claus! Piacere, sono Jason.» Mi tese la mano prendendomi in giro e io risi dandogli una lieve spinta. «Ma quante cose hai preso?»

«Ma c'è solo qualche regalo per i bambini, uno per Jane e per tutti gli altri ho preso dei cioccolatini. Sai, non conoscendoli non volevo rischiare, già sono una frana con i regali...» spiegai facendolo ridere.

«Ti ho detto che non dovevi fare nulla, non era necessario.» Sorrise aiutandomi a mettere le borse dietro e appena entrata in auto, portai velocemente le mani avanti lasciando che l'aria calda le scaldasse. «Allora, che mi racconti?» Domandò Jason partendo. A quella domanda il mio sorriso si spense e lui lo notò. «Isabel, che succede?»

Mi poggiai allo schienale e riflettei alcuni istanti, ma capii che non c'era un modo meno triste per dirlo. «Mio padre, mentre ero uscita stamattina... ha licenziato Marisol.»

Jason quasi inchiodò ma fortunatamente non c'era nessuno dietro di noi. «Che cosa? Ma perché?»

«A detta sua, aveva una cattiva influenza su di me. Non le ha nemmeno permesso di salutarmi.» Dissi con gli occhi lucidi e la voce spezzata. Jason si fermò ad un semaforo e slacciandosi la cintura, mi abbracciò.

«Mi dispiace, so che avevi un bel legame con lei...»

Annuii ringraziandolo e mi baciò la tempia prima di tornare seduto composto. «Marisol è praticamente mia madre, è stata sempre presente. Mio padre è una persona davvero orribile, farle questo dopo anni di lavoro... per aggiunta nel periodo natalizio e solo per fare un torto a me. Ma parliamo d'altro, non ho voglia di pensarci proprio adesso.»

Cambiai discorso e il viaggio tornò ad essere tranquillo. Jason iniziò a raccontarmi delle cene natalizie di Jane alle quali, a quanto sembrava, andava ogni anno. Era dolce il fatto che lui e i suoi amici avessero legato così tanto con Jane, da essere considerati praticamente parte della famiglia. Era un legame che quasi invidiavo, anche se non avrei dovuto perché quest'anno anche io ero stata invitata e dovevo ammettere che mi serviva, perché se non fosse per loro, adesso sarei stata a casa a deprimermi. «Fa dei dolci pazzeschi e... oh! Quasi dimenticavo, preparati perché ti regalerà probabilmente un qualcosa fatto a maglia.»

Risi guardandolo. «Come la signora Weasley?»

«Chi?» Domandò Jason confuso mentre io lo guardai scioccata.

«Non dirmi che non hai mai visto Harry Potter.»

«Ah! Sì, me lo hanno fatto vedere una volta forse, ma solo un pezzo. Parla del mago con la cicatrice che si è fatto chissà come e che non si leva mai più.»

Mi tirai una manata sulla fronte, sconvolta da tutto quello che stavo sentendo. «Ok, abbiamo altri film urgenti da aggiungere alla lista.»

Dopo aver parcheggiato, scesi con Jason e presi i regali facendomi aiutare. Dalla vetrata del Maple, si potevano vedere le luci colorate e delle persone con i cappellini di Natale in testa che stavano apparecchiando. Entrando, il campanellino suonò e tutti si girarono verso di noi. C'erano Jane, Ralph, Jaden e persino Ethan con gli altri ragazzi. Due bambine e un bimbo alto quanto l'orsacchiotto che avevo in camera, corsero verso di noi ridendo e urlando. «Ci hanno portato dei regali! Mamma, mamma! Guarda!» Disse la bambina dagli occhi color nocciola, saltellando felice mentre una donna si avvicinava.

«Chiedo scusa, Kate e Allie sono un po' vivaci. Piacere di conoscerti comunque, io sono Madison, la sorella di Jane.» Mi tese la mano che strinsi subito sorridendo.

«Non si preoccupi, è bello vedere i bambini così felici. Io sono Isabel, un'amica di Jason.»

«Allora bambine, come fate a sapere che i regali sono per voi? E poi non è così che ci si comporta, dovete presentarvi.» Disse alle figlie incrociando le braccia.

«Io sono Kate!» Disse la bambina che continuava a saltellare in attesa dei regali.

«E io sono Allie! Sono più grande di Kate!» Disse facendole di nascosto la lingua e sua madre la rimproverò subito scuotendo poi la testa.

«Solo di un anno!» Rispose la sorella poggiando le mani sui fianchi, poi si girò di nuovo verso di me. «I regali sono per i tuoi amici?»

«In realtà, questi sono per voi. Per gli altri ho preso dei cioccolatini...» non finii la frase che le bambine esultarono felici.

«Bambine calme! I regali li aprite dopo.» Madison sospirò con aria un po' disperata, poi rise guardandomi. «Grazie, non dovevi. Sei stata davvero gentile.»

«Non si preoccupi, è stato un vero piacere.» Sorrisi e appena Jane si avvicinò, la abbracciai forte. «Ciao Jane! Grazie di cuore per avermi invitata.»

«Cara, è un piacere averti qui. Ora scusami ma devo scappare un momento a controllare il dolce.» Corse verso la cucina e intanto sentii qualcuno tirarmi piano l'orlo del vestito. Abbassai lo sguardo e vidi il bimbo biondo con gli occhi azzurri guardarmi. Era davvero adorabile e abbassandomi, sorrisi prendendogli la manina.

«Ciao, tu devi essere il piccolo Michael!»

«Anche io... regalo?» Domandò con una vocina tenera che mi fece diventare gli occhi a cuore. Sentii Jason ridere dietro di noi e accarezzando le morbide guance del bambino annuii.

«Certo! Anche tu hai ricevuto dei regali.»

«Posso anche... anche...» Indicò la cioccolata guardandola come un tesoro proibito. «Cioccotini?»

Sentii Jason ridere di nuovo e a quel punto non riuscii a trattenermi, risi anche io e baciai la fronte del bambino. «Ma certamente, ce n'è per tutti.» Michael a quel punto rise contento quasi più per la cioccolata che per i giocattoli e scappò dalle sorelle. Mi rialzai e finalmente riuscii a raggiungere gli altri e salutarli con un abbraccio, Ethan compreso. Gli altri ragazzi sembrarono abbastanza scioccati nel vedere quella scena, ma non ci diedi peso andando poi a presentarmi al marito di Madison che era appena sbucato dalla cucina. «Salve, lei deve essere il padre di quei meravigliosi bambini, io sono Isabel.»

«Leonardo, piacere.» Sorrise stringendomi la mano e notai che aveva gli stessi occhi blu del bambino. «Sei la ragazza di Jason? Ci ha parlato di te per un'ora filata, prima di venirti a prendere.»

«Leo!» Jason lo fulminò e sembrò quasi imbarazzato mentre si avvicinava ai suoi amici per parlare.

Leonardo rise e io mi ripresi arrossendo lievemente. «Siamo solo amici.»

«Belle! Belle!» Il piccolo Michael corse in modo buffo verso di me e allungò le manine per farsi prendere in braccio. Io risi tirandolo su dopo aver posato il cappotto su una sedia e lo guardai dolcemente.

«Dimmi piccolo.»

«Con te...» disse indicandomi.

«Vuoi stare con me?» Domandai e lui annuì appoggiando la testa sulla mia spalla. Jason si avvicinò con i ragazzi e pizzicò piano la guancia a Michael.

«Ma guardate qui il furbetto che cerca di conquistare una ragazza più grande. Non dicevi di avere già la fidanzatina?»

«Shhh!» Michael si portò un dito alle labbra e fece ridere i ragazzi che me lo presero dalle braccia. Jaden lo fece sedere sulle sue spalle e il piccolo rise divertito battendo le mani.

«Vado ad aiutare Jane.» Disse Jason, ma io lo fermai.

«Ci penso io, tu stai pure qui con i ragazzi.» Corsi verso la cucina prima che potesse dire altro e mi avvicinai a Jane che stava coprendo il dolce per tenerlo caldo. «Jane?» Richiamai la sua attenzione dopo essermi assicurata che non ci fosse nessun altro.

«Dimmi tesoro.» Mi guardò sorridente, ma i suoi occhi avevano qualcosa di diverso, sembravano tristi ma era difficile da notare. Evidentemente era una donna che riusciva a nascondere bene le proprie emozioni. Non sapevo come iniziare, mi sentivo in dovere di scusarmi con lei per tutto quello che stava succedendo.

«Mi dispiace tanto...» mi avvicinai guardandola negli occhi. «Ho tentato di fargli cambiare idea... e all'inizio ci ero riuscita. Ma alla fine, senza dirmi nulla, ha agito facendo di testa sua e credimi, ho davvero tentato di salvare il Maple Leaf.»

Jane mi guardò alcuni istanti con gli occhi lucidi e dopo qualche minuto di silenzio in cui stava per prendermi il panico, mi abbracciò. «Ti ringrazio per aver tentato... e ricorda che non è assolutamente colpa tua.»

«Zia! Possiamo avere i biscotti?» Le bambine corsero improvvisamente in cucina e Jane si ricompose subito.

«Dopo. Ora filate a tavola che si cena!»

•••

Quella era stata sicuramente la cena più bella della mia vita. Tutti ridevano, scherzavano e raccontavano storie divertenti o riportavano a galla qualche ricordo raccontandolo a tutti. L'atmosfera era stupenda, non avevo mai assistito a qualcosa del genere a casa mia. Averi voluto far notare ai miei cosa si perdevano, tutti andavano d'accordo e, cosa importante, si volevano bene. Jane in cucina si era superata e lo dimostrava il fatto che i ragazzi si stavano divorando qualsiasi cosa, fu Madison a rimproverarli come dei bambini, cosa che fece ridere Michael.
Dopo cena, le bambine si erano avvicinate a me con aria timida. «Isabel?»

«Ditemi.» Sorrisi fermandomi dal raccogliere tutte le posate.

«Possiamo toccare il tuo vestito? È così bello...»

Risi annuendo. «Certo.»

I loro occhi si illuminarono e poggiarono le manine sulla gonna del vestito sentendo il tessuto. «Ne voglio uno anche io! A te piace Allie?»

«Sì! Anche io lo voglio!» Unì le mani con aria sognante e le guardai teneramente.

Appena finimmo di sparecchiare la tavola tutti insieme, Leonardo chiamò i bambini dando loro il permesso di aprire i regali. Le bambine sfrecciarono e Michael le raggiunse con calma mentre cercava di liberarsi da alcuni nastri che nessuno sapeva dove avesse trovato. Jason mi fece cenno di seguirlo insieme agli altri e andando a sederci vicino all'albero, guardammo i bambini spacchettare i regali contenti. Jane diede a tutti un pacchettino con il fiocco incitandoci ad aprirli e Jason mi lanciò subito un'occhiata divertita ricordandomi così la nostra conversazione in auto. Aprendo il mio regalo sorrisi nel vedere che Jane mi aveva fatto un cappellino bianco di lana ed era davvero grazioso. Jason aveva ricevuto anche lui un cappellino ma di colore nero, Jaden un maglioncino con la sua lettera davanti e Ethan una sciarpa. Ognuno aveva qualcosa di diverso e prendendo la mia borsa, tirai fuori una scatolina porgendola a Jane.
«Non sapevo chi ci fosse oggi a parte i bambini, quindi non ho potuto fare regali specifici a tutti, ma ci tenevo a farne uno a te Jane... per ringraziarti della tua gentilezza. Sei sempre disposta ad aiutare tutti e la tua bontà è infinita.»

«Tesoro, ma non dovevi farmi un regalo...» guardò sorpresa la scatolina con il fiocco e aprendola, socchiuse le labbra guardandomi con gli occhi che luccicavano. Si avvicinò abbracciandomi e io ricambiai subito felice lasciandole poi indossare la collana d'oro con il ciondolo portafoto. «Grazie infinite.»

«Jason quindi non ti ha detto che ci saremo stati anche noi?» Domandò Ethan.

«Che idiota che sei.» Jaden scosse la testa ridendo e si cambiò mettendo il maglioncino che gli aveva fatto Jane. «Ora sono un vero Weasley.»

«Grazie!» Mi illuminai a quelle parole e abbracciai Jaden che mi strinse sorpreso dalla mia reazione mentre Jason alzava gli occhi al cielo sorridendo.

«Staccati da lui e seguimi.» Jason si incamminò dietro l'angolo e lo seguii dopo aver preso un altro pacchetto dalla mia borsa. Lui girandosi fece per parlare ma si bloccò. «E quello?»

«Questo è il tuo regalo ovviamente. E ti avverto, io sono negata con i regali, non sono proprio capace! Non volevo fare qualcosa di esagerato, ma nemmeno di banale, però sono andata nel panico e ho girato per tutta la mattina.» Dissi parlando velocemente.

«Calma, prendi fiato.» Jason rise e notai che anche lui aveva un pacchetto in mano. «Facciamo così, apri prima il mio.» Sorrise e ci scambiammo i pacchetti. Iniziai a strappare la carta regalo mentre Jason mi spiegava perché lo avesse scelto.

«In realtà nemmeno io sono un granché in fatto di regali, ma so che a te piace leggere e scrivere...» disse guardandomi mentre sfogliavo un quadernino di pelle con il sorriso sulle labbra. «So anche che ti porti delle cose dentro, troppe in effetti... e non sempre ne vuoi parlare. Solo che, tenersi tutto dentro fa male, così ho pensato che magari potessi scrivere. Sai, non devi necessariamente scrivere i problemi come se fosse un diario. Puoi farci quello che vuoi, scrivere pensieri, fare domande di cui non hai risposta, o anche disegnarci su... anche questo è un modo per sfogarsi.»

Aveva appena letto i miei pensieri e le mie necessità come fossi un libro aperto. Lo abbracciai forte e gli lasciai un bacio sulla guancia. «Grazie Jason, è proprio quello che mi serviva.»

«Ti piace davvero?»

«Assolutamente e vorrei anche che mi facessi una dedica. Proprio in prima pagina.» Cercai velocemente una penna e poggiando il quaderno sul ripiano, lasciai il posto a Jason che senza nemmeno doverci pensare, iniziò a scrivere. Mise la mano di lato in modo che non potessi guardare e risi dandogli le spalle aspettando.

«Ok, puoi girarti.» Posò la penna e avvicinandomi, lessi la dedica.

"Credi in te stessa principessa, perché io lo faccio sempre, io credo in te.
Sorridi, perché quando lo fai... dio, sei davvero capace di conquistare il mondo.
E non smettere di sognare, perché un giorno ti porterò sull'Isolachenoncè."
- Jason

Non riuscii a smettere di sorridere e gli occhi luccicavano per l'emozione. Continuavo a rileggere e sentivo il cuore nello stomaco. Ero davvero al settimo cielo e non avevo parole per esprimergli la mia gratitudine, era il migliore amico che potessi mai desiderare di avere. «Grazie Jason, davvero.» Sorrisi e riprendendomi guardai subito la scatolina che aveva ripreso in mano.  «Ora tocca a te! Oddio... che ansia.» Guardai Jason spacchettare con aria divertita per via della mia agitazione e quando aprì il regalo sentii il mio cuore balzare da una parte all'altra. Il suo sorriso però si spense e iniziai a sentirmi male, sarei potuta svenire.

«Isabel...» prese l'orologio esaminandolo con cura. «Questo è un Rolex... non posso accettarlo.»

«Cosa? Perché?»

«Lo avrai pagato un occhio della testa.»

«Non azzardarti Jason Davies. Non provare a pensare neanche lontanamente al prezzo, questo è un regalo. E ad ogni modo, non potrei più restituirlo. Giralo.»

«Ma è davvero troppo...» disse e girandolo si bloccò alcuni istanti leggendo l'incisione dietro.

"Thanks for being my Peter Pan"

«Credo che quel povero uomo mi abbia odiata quando gli ho detto che volevo incidere una frase apparentemente così lunga, dietro un Rolex che per giunta , avrei ritirato in giornata. Non vorrai davvero farmelo portare indietro e rischiare che venga uccisa, giusto?» Dissi scherzando e Jason mi guardò con un sorrisino sulle labbra. Mise l'orologio al polso e mi prese per mano facendomi avvicinare a se.

«Sai essere testarda quando vuoi, vero?»

«Solo in occasioni speciali.» Feci spallucce intrecciando poi le dita alle sue.

«Sai cosa c'è qui sopra?» Domandò accarezzandomi le mani. A quel punto alzai lo sguardo confusa.

«Decorazioni natalizie?» Domandai a mia volta facendolo ridere.

«Sì, decorazioni. Ma sei mai stata sotto un vischio?»

Arrossii alzando di nuovo lo sguardo. «No...» guardai di nuovo Jason che sorridendo poggiò la fronte sulla mia.

«Ora ci sei.» Poggiò le mani sui miei fianchi e istintivamente poggiai le mie sul suo petto, risalendo piano fino ad arrivare dietro il collo. Mi tirò più vicina e guardandolo negli occhi mi sembrò di sentire il tempo fermarsi. Sentivo il suo respiro caldo e mentre i suoi capelli mi solleticavano la fronte, i miei occhi caddero sulle sue labbra. Riuscii a sfiorarle appena, che qualcosa mi riportò a terra, nel mondo reale.

«Belle! Isabel!!» Michael correva inseguito da Jaden e Ethan che cercavano di fermarlo.

«Michael vieni qui! Si stanno scambiando i regali!» gridò Jaden.

Io arrossi e mi staccai da Jason non appena tutti e tre si bloccarono in silenzio a guardarci. «Bugia! Vedi? No regali! Isabel!!» Michael corse verso di me e lo presi in braccio. «Guarda!» Mi mostrò una delle macchinine che gli avevo regalato.

«Ma che bella macchinina!»

«Sì! Ora vado a pache... a pa... paggiare.» Si zittì cercando di ricordare la pronuncia.

«Parcheggiare?» Chiesi ridendo mentre lo mettevo giù.

«Sì!» Corse via facendo il rumore della macchinina e guardai i ragazzi che nel frattempo si erano avvicinati a Jason.

«Wow Bella, il regalo che hai fatto a Jason è pazzesco, pensa che ne ha sempre voluto uno.»

«Davvero?» Sorrisi affiancando Jason. «Pensa che non voleva nemmeno accettarlo poco fa.»

«Ma sei matto?» Ethan scosse la testa e guardò l'orologio mentre Jaden sembrava si stesse preoccupando d'altro.

«Jason mi dispiace.»

«Per cosa?» Domandò confuso al suo amico.

«Devo baciare Isabel, sono sotto il vischio.»

«In realtà... tu e Ethan siete sotto il vischio.» Precisai e Ethan spinse lontano il suo amico facendo un verso di disgusto. Jason scoppiò a ridere beccandosi le occhiatacce di entrambi.

«Cos'hai da ridere? Tu l'hai baciata Isabel?» Domandò Ethan e a quel punto fu Jaden a ridere del suo amico, mentre io arrossivo in imbarazzo. Li lasciai litigare amorevolmente e prendendo il quaderno, andai a metterlo nella mia borsa. Vidi poi Michael in difficoltà, che si era di nuovo incastrato in mezzo ai lunghi nastri e girava con un fiocchetto attaccato al sedere. Risi inseguendolo e sedendomi a terra, lo aiutai a liberarsi. Lo presi in braccio nel momento in cui allungò le manine verso di me, poi si avvicinò al mio orecchio sussurrandomi di volere della cioccolata. Risi baciandogli la fronte e dopo aver chiesto il permesso a sua madre, andai con il piccolo ad un tavolo aprendo la scatola di cioccolatini. I ragazzi misero della musica e iniziarono a proporre dei giochi, nel frattempo Jason si era liberato, sedendosi accanto a me.

«A quanto pare Michael non riesce a starti lontano.»

«A quanto pare, nemmeno tu.» Scherzai ridendo. «Allora Davies, cosa farai durante queste vacanze?»

«Se tutto va bene, andrò a trovare i parenti con la mia famiglia. Tu?»

Ci pensai e per qualche ragione decisi di mentire, più o meno. «I miei hanno scelto di andare a Londra quest'anno.»

«Forte! Quando partite?»

«Il giorno dopo Natale... e si torna nella prima settimana dell'anno nuovo.» Dissi prendendo intanto il cioccolatino che Michael mi aveva offerto.

«Non sembri entusiasta, qualcosa non va? Ricorda che so quando menti.»

«No, è solo che sono certa mi annoierò. Londra è bella, ma stare sola non mi piace.» Spiegai e lo vidi annuire pensieroso.

«Chiedi loro di lasciarti qui. Jaden voleva andare in montagna, potrei rimandare la vacanza dai parenti e portarti a fare snowboard, vorrei proprio vederti.» Disse divertito all'idea e io scossi la testa.

«Non so pattinare, sciare, fare snowboard, niente di niente. Quindi scordatelo.» Risi e lui mi guardò quasi sconvolto.

«Non sai pattinare? Se domani la pista di pattinaggio è aperta, ti ci porto.»

«Jason, tieni cioccotino...» Michael gli porse il cioccolatino dopo aver levato la carta e Jason lo ringraziò. «Anche per te cioccotino.» Disse porgendomene un'altro. «Chi è lui?»

«Di chi parli Mike?» Jason lo guardò confuso e Michael indicò fuori facendoci così voltare lo sguardo. Sbiancai quando vidi la macchina di Andrew parcheggiata e lui fumare tranquillo appoggiato alla portiera. «Cosa ci fa lui qui?» Sentii Jason accanto a me, alzarsi e dirigersi verso la porta.

«Jason!»

«Se ne deve andare.»

Tutti si zittirono cercando di capire cosa stesse succedendo e solo quando alcuni di loro videro fuori, compresero. Jaden, Ethan e gli altri, seguirono Jason, io invece imprecai sottovoce raggiungendoli poco dopo. Velocizzai il passo e vidi Andrew sorridere mentre gettava a terra la sigaretta.
«Isabel, sei davvero prevedibile. Pensavi seriamente di avermi ingannato?»

«Hai due minuti per prendere la tua macchina e levarti dalle palle.» Rispose Jason con tono freddo e arrabbiato. Io lo affiancai poggiando una mano sul suo braccio.

«Lo mando via io, tu e gli altri tornate dentro.» Non volevo scoppiasse un'altra rissa, tanto meno in quest'occasione.

«Non ti lascio con questo e lo sai.»

«Isabel, sali in macchina.» Andrew mi lanciò un'occhiata e io pressai le labbra iniziando a pensare a tutte le cose che sarebbero potute succedere in base alle mie azioni. Se andavo via, forse avrei evitato dei problemi a tutti... o forse no. Oppormi invece sarebbe sicuramente stata la cosa peggiore. Andrew si sarebbe vendicato lo stesso, ma non sapevo se avrebbe tentato di rovinare la vita anche agli altri oltre che a me.

«Devi andare via...?» Sentii la dolce voce di Michael e girandomi, lo vidi proprio dietro di me. Lo presi in braccio e sospirai guardando i ragazzi. Dovevo fare la scelta più sicura, non volevo rovinare la serata a nessuno, stavano già succedendo troppe cose brutte.

«Sì piccolo, devo andare...» gli baciai la fronte e voltandomi tornai dentro sotto lo sguardo di Jane e gli altri. Madison prese in braccio il bambino rimproverandolo per essere uscito al freddo, Jane invece sembrava aspettasse che dicessi qualcosa. «Scusami tanto Jane ma devo proprio andare... sei stata gentile ad invitarmi, è stata una serata stupenda.»

«Tesoro... non devi andare via per forza.» Si avvicinò accarezzandomi le spalle e sospirando, l'abbracciai.

«Fidati, è meglio così per tutti.» Presi il cappotto e la borsa velocemente, salutai tutti e uscii tornando dagli altri che stavano trattenendo Jason. Andrew mi guardava soddisfatto per essere riuscito nel suo intento e mi fece cenno di entrare in auto.

«Isabel.» Jason mi chiamò e scrollandosi dalla presa degli altri, si avvicinò. «Non andare, parlerò io con i tuoi, troveremo una scusa.»

«Jason, non voglio crearvi problemi...»

«Muoviti Isabel, è già tanto che non sia venuto qui prima. Ho voluto lasciarti cenare in questo posto per l'ultima volta.» Andrew alzò gli occhi al cielo e a quelle parole sentii una stretta allo stomaco. Jane stava uscendo in quel momento con addosso il giubbotto che probabilmente apparteneva ad uno dei ragazzi, visto quanto era grande.

«Non sarà l'ultima volta, non puoi impedirle di venire qui.» Disse Ethan squadrandolo.

Andrew guardò loro e poi me iniziando a ridere di gusto. «Non ci credo. Non glielo hai detto?»

«Detto cosa?» Domandò Jason confuso e in quel momento iniziai a sentirmi male.

«Allora Isabel?» Andrew mi guardò con ancora il sorriso stampato in faccia. «Ho capito, glielo dico io.» Si sfregò le mani e dando le spalle a tutti, mi morsi il labbro guardando qualsiasi altro punto cercando di trattenere le lacrime. «Questo posto è mio. L'ho comprato ormai da un po' e presto lo butterò giù per costruire il mio nuovo locale.»

«Cosa?» Sentii la voce incredula di Jason e mi voltai. «L'hai venduto? Hai venduto il Maple Leaf?!» Guardò di scatto Jane che lo aveva affiancato poco prima. Era davvero arrabbiato, più di quanto potesse esserlo lei in quanto proprietaria. Le lacrime le scesero lungo le guance e iniziò a scusarsi con i ragazzi. Quella scena mi spezzò il cuore, Jane scosse la testa tornando verso il Maple e in quel momento Jason rivolse la sua attenzione su di me, cosa che fecero anche gli altri. «E tu lo sapevi? Lo sapevi dall'inizio?» Il modo in cui iniziò a guardarmi, mi fece venir voglia di sotterrarmi.

«Io pensavo...» tentai di dare una spiegazione, ma Jason era fuori di se.

«Pensavi cosa?!» Sbottò avvicinandosi. «Tu lo sapevi e non mi hai detto niente! Potevamo salvare il posto e invece hai scelto di tenere la bocca chiusa!» Strinse le mani in due pugni e deglutii guardandolo con gli occhi lucidi. «Mi fidavo di te.» C'era disprezzo nella sua voce e aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato.

«Tranquillo, renderò questa topaia un luogo migliore. Del resto, mi sta anche aiutando il padre di Isabel con questo progetto.» Disse Andrew che si stava godendo la scena. Jason però si fiondò su di lui e a quel punto corsi subito nel tentativo di dividerli. Gli altri non si erano mossi, guardai Jaden ma lui spostò subito lo sguardo con aria delusa.

«Jason, fermo! Per favore!» Urlai e mettendomi in mezzo gemetti quando sentii arrivarmi un pugno allo stomaco. Andrew si tirò su e lo stesso fece Jason che mi guardò spiazzato cercando di capire se era stato lui a colpirmi o meno. Io sapevo bene chi era stato, ma decisi di ignorarlo. «Sali in macchina, arrivo tra un minuto...» stranamente Andrew non obbiettò e appena mi ripresi, guardai Jason. Non sapevo cosa dirgli esattamente, sapevo di aver sbagliato tenendo quel segreto, ma non l'avevo fatto con cattive intenzioni. Ero dispiaciuta e sapevo non sarebbe bastato dirgli questo, ma al momento non sapevo che altro fare. «Jason ti chiedo davvero scusa... volevo salvare questo posto ma non ci sono riuscita. Avevo le migliori intenzioni, ho pensato di non dirti nulla perché ero sicura di risolvere la faccenda...»

«Vattene. Non ti voglio vedere.»

Lo guardai con gli occhi lucidi e allungai la mano verso di lui, ma si tirò indietro. «Per favore...»

«Lo sapevi e non sei venuta da me. Non mi hai detto niente... avremmo potuto fare qualcosa. Questo posto era importante e ora per colpa vostra verrà distrutto.» Fece un passo indietro squadrandomi. «Sembrava tu avessi ragione Ethan... gli Evans sono tutti uguali.» Ora mi guardava in un modo così diverso che sentii una stretta al cuore. Non riuscii a trattenere a lungo le lacrime e non sapevo che altro fare. «Vattene.» Si voltò, ma invece di tornare dentro il diner, andò alla macchina. I ragazzi tornarono dentro, eccetto Jaden che seguì il suo amico, cosa per cui lo ringraziai mentalmente. Se c'era qualcuno che forse poteva aiutarlo, quello era lui.
Mi asciugai il viso ed entrai in auto sotto lo sguardo di Andrew. Non disse una parola, forse aveva capito che dire qualcosa di cattivo in quel momento, sarebbe stato troppo persino per uno come lui. Tenni lo sguardo rivolto verso il finestrino e cercai di trattenere le lacrime anche se inutilmente. Ora ne Andrew, ne i miei, avrebbero dovuto preoccuparsi di quello che facevo, perché avevo appena perso i miei unici amici. Jason non voleva più vedermi, avrei tentato in tutti i modi di farmi perdonare ma non sapevo se ci sarei mai riuscita. La sua reazione mi aveva fatto capire che teneva al Maple Leaf, più di quanto avessi mai immaginato e sembrava ci tenesse quasi più di Jane. Avevo fatto uno sbaglio e ora ne avrei pagato le conseguenze.

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