Capitolo 21
Restai così tanto nella vasca da bagno, che l'acqua stava iniziando a raffreddarsi e i miei polpastrelli sembravano prugne secche. Mi costrinsi ad uscire dall'acqua e avvolgendo l'asciugamano intorno al mio corpo, andai ad asciugarmi i capelli. Tornando in camera, mi diressi verso il letto dove avevo lasciato il cambio, quando qualcuno all'angolo della stanza tossì facendomi sobbalzare. Mi voltai di scatto e vidi Jason passarsi una mano tra i capelli accennando un sorriso che sembrava divertito e imbarazzato allo stesso tempo. Mi squadrò facendomi arrossire violentemente e se poco prima avevo freddo, ora stavo sudando.
«Che cosa ci fai qui?!» Tenni l'asciugamano stretto cercando una qualsiasi altra cosa con cui coprire di più il mio corpo.
«Sono passato a trovarti, non sapevo ti stessi facendo la doccia.» Fece spallucce e si girò di spalle. «Vestiti pure, io non guardo.»
Scossi la testa sospirando e afferrai i miei vestiti andando verso la cabina armadio. «Non ci provare, mi cambio qui dentro, tu siediti e non fare rumore.»
«E va bene...» si girò e l'espressione sul suo viso cambiò all'istante nel momento in cui mi squadrò di nuovo da più vicino. «Cosa ti è successo?»
«Cosa?» Lo guardai confusa e portandomi i capelli indietro, Jason mi sfiorò il braccio su cui c'era un grande livido lasciato da Andrew.
«Chi te lo ha fatto?»
«Vado a vestirmi.» Sospirai chiudendomi velocemente nella cabina armadio. Questa non ci voleva, non avevo nessuna scusa pronta e Jason era praticamente impossibile da ingannare. Aveva come un rilevatore di bugie nella testa e non avevo dunque molte chance. Potevo però dire una mezza verità.
Mi vestii velocemente e tornai da lui che era seduto sul letto ad aspettarmi. Sedendomi accanto a Jason mi sentii già in colpa per il fatto che avrei dovuto nascondere alcune cose, tra cui la terribile notizia del Maple Leaf che era a rischio.
«Ora dimmi cosa è successo.» I suoi occhi si fissarono sui miei ma io non riuscii a mantenere il contatto visivo per molto. A quanto pare ero davvero una pessima bugiarda, almeno con lui.
«Ieri sono andata con i miei genitori a casa Larson. Non so se hai sentito, ma il padre di Andrew ha vinto le elezioni...» spiegai e lo vidi annuire alzando gli occhi al cielo evidentemente infastidito da quella vittoria immeritata. «Io e Andrew ci siamo separati dai nostri genitori perché lui voleva parlare. Ma la conversazione è tramutata in un brutto litigio.» Pressai le labbra e i suoi occhi ora rispecchiavano davvero il nome che gli avevo dato. Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio e le sue mani si serrarono strette in due pugni.
«Ha provato a...?» Non finì la frase e io scossi velocemente la testa. «Io lo uccido.»
«Jason, è un livido... passerà in qualche giorno.»
«Stai scherzando? Ti ha messo le mani addosso.» Si alzò di scatto in piedi teso. «Devi almeno dire ai tuoi genitori quello che è successo. Non permetteranno davvero che ti tratti in questo modo, giusto? E per cosa avete litigato?» Sembrava esasperato. Mi guardò per lunghi istanti e il suo sguardo sembrò rattristirsi. «Avete litigato per colpa mia? Per quello ti ha messo le mani addosso?»
Provai una stretta al cuore nel vederlo così e mi sentivo terribilmente in colpa nel dovergli nascondere il resto della storia. Mi alzai mettendomi esattamente davanti a lui e prendendogli il viso tra le mani lo guardai dolcemente accarezzandogli la guancia. Era una situazione complicata e non volevo ferirlo, non sapevo cosa fare. Subito dopo lo strinsi in un abbraccio poggiando la testa sul suo petto e inalai il suo profumo, che ormai conoscevo bene. «Non voglio che ti incolpi. Sappiamo entrambi com'è fatto Andrew, non voglio che tu stia male perché non lo meriti. Non devi pensare che sia colpa tua... ok?» Alzai gli occhi per vedere quelli di Jason poco convinti. «E non voglio che tu ti metta nei guai per via di quello che è successo. Lo dico perché so che altrimenti, uscito da qui, andresti da lui per fargliela pagare.»
«Da quando mi conosci così bene?» Accennò un lieve sorriso che mi contagiò.
«Ormai stiamo imparando tante cose, tu probabilmente sei più bravo però.»
«Lo credo anche io.» Rise e si mise nuovamente seduto tirandomi poi sulle sue gambe. «Ti va di uscire? Se vuoi andiamo al Maple. Mi impedirebbe di pensare a Larson ed eviterei di ucciderlo.»
Accennai un sorriso triste non potendo accettare la sua bellissima offerta. Dovevo studiare un modo per impedire ad Andrew di aprire il suo locale e dovevo farlo in fretta. «Mi dispiace, ma ho delle cose da fare oggi. Commissioni.»
«Non mi hai detto che oggi dovevo lavorare.» Mi osservò confuso e controllò il cellulare per vedere gli orari.
«No, infatti. Non mi servono passaggi in auto, per quello non ti ho detto nulla. Sarò con mia madre.»
«Cosa fate?»
«Passeremo in banca...» inventai. «Facciamo un prelievo, poi la accompagno in albergo e probabilmente starò con lei in ufficio.»
«Un prelievo? Non credo di averti mai vista con i soldi, solo con la carta.» Disse ridendo.
«Ogni tanto anche noi ci portiamo dietro qualche banconota.» Spiegai sorridendo alzando gli occhi al cielo.
«Quindi prelevate sempre poco?»
«Dipende, a volte prendiamo un bel po'. Anche se mio padre è proprietario della banca, preferiamo tenere anche noi dei soldi in casa.» Spiegai. «Sai, per le emergenze.»
«Giusto. Immagino già la vostra cassaforte. Avete una camera blindata apposta?» Chiese prendendomi in giro e lo colpii al petto.
«Che scemo che sei. Abbiamo una cassaforte come tutti.» Alzai gli occhi al cielo sorridendo e mi alzai andando a mettere in carica il cellulare.
«In realtà... non tutti hanno la cassaforte. Io ad esempio non ce l'ho e neanche i miei.» Disse con sguardo pensieroso come se ci avesse fatto caso solo in quel momento.
«E dove tenete i soldi?» Domandai confusa.
«E tu dove tieni la cassaforte?» Domandò a sua volta.
Ci guardammo alcuni istanti e mi misi a ridere tirandogli un cuscino. «Sei proprio incredibile.»
«Lo so, non posso darti torto.»
Lo fulminai e risi colpendolo di nuovo con il cuscino per poi coricarmi accanto a lui sul letto.
«Non sono sicuro di riuscire a mantenere la calma e non fare nulla.» Disse tornando serio riferendosi a quello che era successo con Andrew, mentre con le dita mi sfiorò la guancia.
«Perché sei così protettivo nei miei confronti?» Chiesi poggiando la mano sulla sua. «Voglio dire... tanto protettivo.» Specificai.
Aspettai una risposta, che non arrivò subito dopo come mi aspettavo. Si avvicinò invece a me e mi guardò negli occhi a lungo, prima di stamparmi un delicato bacio sulla fronte. Un bacio che sembrava rimpiazzare perfettamente le parole mancate, un semplice bacio che diceva tutto e niente. Dentro di me sentivo di aver ricevuto la risposta, ma la mancanza delle parole sembrava bloccarmi dal comprenderne il pieno significato.
•••
Ero stata cacciata dall'ufficio di mio padre in quanto, a detta sua, lo stavo disturbando nel pieno del lavoro e stavo iniziando a diventare insopportabile. Disse anche che avrebbe continuato ad appoggiare Andrew e che trovava la sua idea ottima. Uscita da lì, presi un respiro profondo e lasciai che l'aria fredda si scontrasse sulle mie guance calde che sentii subito pizzicare. Mi strinsi nel cappotto e nascosi poi il naso nella sciarpa chiudendo alcuni istanti gli occhi pensando. Non mi restava altro da fare se non andare dalla causa dei miei dispiaceri, ovvero Andrew Larson.
Non persi tempo a chiamarlo e andai direttamente da lui, sperando per la prima volta che fosse in casa e non altrove. Ad ogni modo, se non fosse stato presente, lo avrei aspettato e la cosa avrebbe sicuramente sconvolto tutti. Per mia fortuna, se così si poteva davvero dire, quando arrivai alla residenza dei Larson, venni subito accolta e accompagnata nella sala grande. Uno dei maggiordomi andò a chiamare Andrew che, come sospettavo, era nella sua stanza e si stava occupando di un progetto. Non ci voleva di certo un genio per capire di cosa si trattasse e lo confermava il sorriso smagliante che mostrò appena mi raggiunse.
«Quale onore... Isabel Evans che viene a trovarmi di sua spontanea volontà!» Si sfregò le mani sistemandosi poi il colletto della sua polo Ralph Lauren. «A cosa devo questa visita?»
«Voglio impedirti di distruggere un posto.» Incrociai le braccia guardandolo ma lui non sembrava volermi prendere sul serio. Rise semplicemente versandosi qualcosa da bere. Assomigliava sempre di più a suo padre e anche al mio, se dovevo essere sincera.
«Hai intenzione di comportarti finalmente come si deve?» Domandò girato di spalle guardando gli alcolici intento a scegliere quale bere.
«Perché non facciamo un accordo? Io ti aiuto con gli esami e se vuoi ti faccio anche la tesina... ma tu lasci stare il Maple Leaf.»
Seguì una forte risata e Andrew mi guardò divertito sorseggiando il suo bicchiere di whisky. «Davvero? No dimmi Isabel... pensi davvero che accetterei una proposta del genere? Perché allora credo di averti sopravvalutata. Pensavo fossi più intelligente e sveglia.»
Lo disprezzavo, sapevo cosa voleva, ma io non volevo cedermi a lui. Non volevo essere manipolata in questo modo. «Basta con i capricci. Te lo chiedo per favore, non rovinare la vita degli altri per farmi un dispetto.» Non pensavo di arrivare al punto di pregarlo e quasi me ne vergognavo.
«Mi sembrava di averti già detto che faccio quello che voglio. Comunque puoi iniziare facendo qualcosa di semplice per me... dato che ci tieni tanto a salvare quella topaia.» Disse alzando gli occhi al cielo.
Quasi mi illuminai pensando che finalmente avrebbe trovato qualche altra cosa da proporre. «Cosa?»
«Questo fine settimana puoi iniziare con il venire alla festa... invece di inventare qualche scusa per saltarla.»
Quel fine settimana avevo programmato qualcosa di più bello e interessante da fare, ma c'era da dire che, da un lato quella richiesta era alquanto fattibile rispetto alle altre cose che mi aveva chiesto. Per questo dovevo accettare e, per una volta, restare in silenzio. «Va bene.»
«Ovviamente sarai tanto gentile da starmi accanto durante la serata.»
«Ovviamente.» Alzai gli occhi al cielo e guardai l'ora. «Finito? Perché dovrei andare.» Mi inventai. Volevo andarmene prima di ricevere qualche altra richiesta scomoda.
«Sì, per il momento.» Specificò.
Era ovvio che quella era la prima di tante altre richieste che mi avrebbe fatto. Sicuramente non aspettava altro, non vedeva l'ora di chiedere altro. Io dovevo solo resistere abbastanza a lungo in modo da impedirgli di concentrarsi sul suo progetto, o almeno fino a quando non mi sarebbe venuta in mente un'idea brillante per buttarlo completamente giù. Mi voltai andando verso la porta, quando la voce di Andrew richiamò di nuovo la mia attenzione. «Pensandoci...» guardò l'ora e poggiò il bicchiere vuoto sul ripiano. «Potremmo andare a mangiare o bere qualcosa da qualche parte.»
«Mi piacerebbe...» dissi falsamente portandomi una mano al cuore, «ma credo di dover tornare a casa.»
«Io sono dell'idea che troverai un'oretta libera per me.» Rispose con il mio stesso tono e un sorriso falso stampato in faccia. La sua seconda richiesta ufficiale era arrivata a poca distanza dalla prima e la mia pazienza stava per essere messa già a dura prova.
«Guidi tu?» Domandai qualche secondo dopo mantenendo il sorriso forzato, nonostante lui sapesse già quanto fosse falso.
«Certo.» Si fece portare il cappotto, la sciarpa e le chiavi dell'auto, in meno di due minuti. Subito dopo mi fece strada e arrivati davanti alla Maserati, chiaramente nuova, mi aprì la portiera facendomi salire al posto del passeggero. Allacciai la cintura e alcuni istanti dopo si immise in strada. Nel frattempo tirai fuori il mio cellulare per leggere i messaggi e avvisare mia madre su dove fossi. Il viaggio fu silenzioso e molto noioso rispetto a quelli che ormai ero abituata a fare. Andrew non accese nemmeno la radio, non sembrava nemmeno curarsi del fatto che fossi li con lui ad annoiarmi. Quando finalmente si fermò per parcheggiare, alzai lo sguardo e socchiusi le labbra nel vedere dove mi aveva portata.
«Stai scherzando?» Non riuscii a guardarlo in faccia, mantenni invece lo sguardo sull'insegna.
«Credevo di aver capito che ti piacesse questo posto.» Scese tranquillamente dall'auto ma io non mi mossi finché non sentii aprire la portiera dalla mia parte. «Andiamo.»
«Non entrerò con te nel luogo che vuoi comprare e demolire.»
«Lo farai eccome.» Il suo tono di voce era convinto ma io incrociai le braccia al petto. Sembravo una bambina capricciosa, ma non mi importava... non in quel momento. Andrew mi afferrò di forza per il polso e mi trascinò fuori chiudendo l'auto che qualche cliente, da dentro, si era girato a guardare attraverso la vetrata. Di certo non era un'auto che passava inosservata.
Appena entrati, Andrew lasciò la presa poggiando la sua mano dietro la mia schiena spingendomi verso un tavolo vuoto. Mi misi seduta mentre lui diede prima un'occhiata intorno levandosi poi la giacca. Si sedette di fronte a me e afferrò il menù dandogli un'occhiata veloce. Si lasciò sfuggire una risata abbastanza sarcastica dopo averlo lasciato ricadere sul tavolo. «Questo posto è osceno.» Bisbigliò più a se stesso.
Avrei voluto rispondergli, ma in quel momento si avvicinò Ralph per prendere le ordinazioni. «Benvenuti al Maple Leaf, cosa posso portarvi?»
«Io credo prenderò un succo alla frutta.» Accennai un sorriso ma lui non mi guardò. Conquistare la simpatia di Ralph sembrava un'impresa, non riusciva a sopportarmi anche se non ne capivo il motivo.
«Portami un caffè lungo.» Disse freddamente Andrew guardando il suo cellulare. E forse era stato meglio così, perché Ralph gli aveva lanciato un'occhiata così cattiva che in confronto, io sembravo piacergli.
Jane sbucò dalla cucina e nel vedermi si illuminò quasi quanto me. Avvicinandosi sorrise come sempre e si sistemò il grembiule leggermente sporco di farina. «Ciao Isabel! Come stai?»
«Bene, grazie. Tu?» Per la prima volta non mi sentivo molto tranquilla e la cosa era probabilmente dovuta alla persona che avevo accanto.
«Un po' stanca, ma bene. Hai portato un amico vedo.» Sorrise a Andrew che al contrario di lei, non la degnò di uno sguardo.
«Sì, lui è...» non finii la frase che Andrew decise di interrompermi.
«Quello che abbiamo ordinato arriva? Dobbiamo andare tra poco.»
«Certo, vado a chiamare Ralph.» Pressò le labbra evidentemente a disagio e un po' dispiaciuta per poi tornare dietro al bancone.
Quando restammo nuovamente soli, posai lo sguardo su Andrew. «Puoi sforzarti di essere più gentile?» Mi dispiaceva per come aveva trattato Jane, lei era stata carina come sempre e la sua gentilezza non era stata ricambiata.
«È una cameriera.»
«È una persona.» Risposi. In quel momento arrivò Ralph con il vassoio servendoci, dopodiché tornò subito al bancone senza dire nulla.
Andrew bevve il caffè facendo poi una lieve smorfia. «Questo caffè è terribile.»
«Penso tu lo dica solo perché sei solito a berlo altrove. Qui è tutto squisito a parere mio.» Finii di bere il mio succo abbastanza velocemente aspettando di andare via. Non volevo restare troppo tempo li, temevo principalmente per il comportamento di Andrew.
La porta si aprì facendo scattare il campanellino, segno che stava entrando qualcuno. Portai il mio sguardo in quella direzione e osservai Jason entrare con Jaden, Ethan e gli altri ragazzi con cui giocava a basket. Andarono a sedersi ad un tavolo dalla parte opposta alla nostra senza far caso a noi, ma Andrew li aveva notati invece e si stava preparando ad alzarsi. «Andiamo.» Lasciò qualche banconota sul tavolo e alzandosi, si infilò la giacca aspettandomi. Non mi opposi perché andarcene era forse la cosa migliore, così lo imitai e lasciai anche io qualche banconota sul tavolo come mancia.
Ci incamminammo verso la porta quando sentii la sua inconfondibile voce. «Isabel?»
Mi voltai guardando Jason ma non potei avvicinarmi che Andrew mi afferrò subito per il braccio. «Usciamo.»
«Voglio solo salutarlo...» mi voltai di nuovo verso di lui cercando di avvicinarmi ma Andrew mi tirò bruscamente indietro. Fu in quel momento che Jason si alzò con uno scatto veloce avvicinandosi. Il suo sguardo non era dei più amichevoli e sembrava voler uccidere qualcuno.
«Devi smetterla Larson. Lasciala subito andare.»
«Meglio se torni dai tuoi amici, Davies.» Si voltò trascinandomi fuori con se, ma Jason ci seguì.
«Hai capito cosa ho detto? Devi lasciarla stare.» Si mise tra di noi e spinse indietro Andrew.
«Jason...» poggiai le mani sul suo petto e lo guardai negli occhi cercando di fargli capire come potevo, che non volevo guai. «Ti prego, non ne vale la pena e lo sai meglio di me.» Sussurrai, ma non sembrava importargli molto.
«Non andare via con lui. Continua a trattarti come un oggetto, perché non fai nulla?»
«Invece Isabel, eccome se viene via con me.» Andrew lo guardò vittorioso sapendo che lo avrei seguito. Jason invece mi guardava negli occhi tenendo una mano sulla mia.
«Ti riporto a casa io... resta qui.»
«Con te ha chiuso, rassegnati Davies.» Andrew mi tirò indietro e non ebbi il tempo di realizzare l'accaduto che lo vidi a terra. Jason aveva la mano stretta in un pugno così forte che le nocche erano diventate bianche. Io li guardavo spiazzata e Andrew si massaggiò la mascella rialzandosi lentamente. Aspettò alcuni secondi prima di fiondarsi su Jason che però lo stese di nuovo a terra in pochi secondi.
«Fermi!» Cercai di mettermi tra loro ma una mano mi spinse indietro. Ralph, Jane e gli amici di Jason, uscirono tutti velocemente dopo aver realizzato cosa stesse accadendo. «Jaden aiutami, per favore!» Mi riavvicinai ai due e Jaden corse in mio aiuto. Quando finalmente riuscimmo a dividerli, Jason aveva il labbro sanguinante ma Andrew era ridotto molto peggio. Il naso sanguinava e anche il labbro, l'occhio era rosso con un taglietto sullo zigomo. Si reggeva lo stomaco e si alzò a fatica.
«Sei finito.» Andrew sputò quelle parole con odio. Io lo reggevo ma guardavo Jason, bloccato da Jane e i suoi amici. Subito dopo però posò lo sguardo sul mio e non riuscii proprio a reggerlo. Ero dispiaciuta per lui e per quello che stavo per fare. «Andiamocene.»
Annuii semplicemente e lo accompagnai alla macchina facendomi dare le chiavi. Partii subito andando verso l'ospedale, volendo evitare che i suoi lo vedessero in quello stato nel caso fossero stati in casa. Avrebbe dovuto poi comunque dare spiegazioni, ma almeno non lo avrebbero visto sanguinante. Questa situazione era un'enorme guaio e tenere Andrew a bada sarebbe stato ancora più complicato. Jason con le sue azioni, aveva praticamente fatto in modo che lui ci avesse entrambi in pugno. Avrebbe potuto denunciarlo e, forse, nulla avrebbe potuto distoglierlo dall'idea di farlo. Ero terrorizzata da quello che sarebbe successo in seguito a tutto questo e non avevo idea di cosa fare a riguardo.
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