Capitolo 2
Dopo scuola, fortunatamente l'autista passò a prendermi e una volta tornata a casa, andai subito a studiare. Era un venerdì pieno in cui tutti avevano poco tempo a disposizione, al piano di sotto c'era un via e vai di gente che passava dalla cucina al giardino dove stavano allestendo. In tutto ciò io dovevo studiare e prepararmi subito dopo alla velocità della luce. Studiare però era impossibile in quel momento, così chiusi i libri e spostai lo sguardo sui due vestiti appesi davanti alla mia cabina armadio. Uno nero di seta, corto e semplice, con le spalline sottili e lo scollo dritto. L'altro invece era sempre corto ma bianco, aderente, con uno scollo a V.
Bussarono alla porta e andai ad aprire, mio padre entrò guardando la mia stanza probabilmente per la prima volta dopo un po' di anni. «Inizia a prepararti e non metterci troppo. Hai già scelto cosa indossare?»
«Mamma mi ha fatto lasciare questi due appesi...» andai a prendere i due vestiti mostrandoli a mio padre. «Questo bianco è molto bello, vero?» Dissi.
«No, è troppo scollato, metti quello nero.» Detto ciò uscì dalla stanza lasciandomi li. Mi domandavo a cosa servisse farmi scegliere se alla fine la decisione spettava, come al solito, a uno dei miei.
«Signorina Isabel?» Marisol era entrata nella mia stanza subito dopo attirando la mia attenzione. «Le preparo un bagno caldo? Poi la aiuto a sistemarsi per stasera.»
«Certo, grazie mille.» Sorrisi e andai a mettere nella cabina armadio il vestito bianco mentre Marisol si incamminava verso il bagno per prepararmi la vasca. Lavorava per noi da ormai sedici anni, avrei potuto considerarla una madre se non fosse stata così giovane... aveva compiuto da poco trentacinque anni e li portava davvero bene, perché non sembrava averne più di venticinque.
Quando ero piccola passavo giornate intere con lei, poi però iniziai la scuola e il tempo sembrò dissolversi. Non c'era più spazio per i giochi, solo compiti e studio. Era quasi come avere un lavoro, stavo in camera mia e non vedevo nessuno, con il tempo poi era diventata un po' anche una fissazione. Studiavo per prendere voti alti, volevo essere la migliore e rendere i miei genitori orgogliosi. Ogni tanto mi sembrava di essere uguale a loro e la cosa a volte mi spaventava, perché io non volevo essere affatto come loro.
Andai in bagno, dove Marisol stava lasciando alcuni asciugamani puliti accanto alla vasca. La ringraziai e appena uscì, chiusi la porta del bagno per poi spogliarmi e immergermi nell'acqua calda. Lasciai il cellulare sul bordo della vasca con una sveglia impostata e mi rilassai giocando con la schiuma. Sarei volentieri rimasta li tutto il giorno.
•••
«Sei stupenda Isabel, questo vestito ti sta una favola!» Megan era seduta sul mio letto e mi guardava mentre finivo di prepararmi. Di sotto erano già arrivate un po' di persone e non erano nemmeno le nove.
«Anche tu stai benissimo Meg, quello che indossi è di Valentino?» Guardai il suo abito nero, corto e mi avvicinai sfiorando il tessuto in viscosa. Le maniche erano a tre quarti, ricamate sul lato, era proprio un bel vestito.
«Sì! L'ho preso oggi con mia madre per l'occasione.»
«Mi piace! Ieri ne ho visto anche io uno bellissimo, sempre di Valentino, rosso...» misi una forcina tra i capelli e mi guardai allo specchio, «uno di questi giorni forse andrò a prenderlo.»
«Quello sul manichino in vetrina vero? Concordo, volevo prenderlo inizialmente, ma questo qui mi stava meglio.» Si alzò trascinandomi verso il grande specchio che avevo nella cabina armadio e iniziò a scattare una valanga di foto e selfie, ne era ossessionata. Risi e dopo qualche minuto scesi alla festa con lei a braccetto. «Andrew verrà?»
«Credo di sì, io suoi genitori perlomeno verranno sicuro,» dissi guardandomi intorno per vedere chi fosse già presente, «per ora comunque non vedo nessuno dei Larson...» e in tutta onestà speravo di non vederli.
«Secondo te, i camerieri ci porterebbero degli alcolici? Qualcosa che non sia champagne.» Domandò Megan e io la guardai di scatto.
«Sei pazza? Vuoi bere stasera proprio qui?»
«Non succede nulla se beviamo un drink, dai andiamo a chiedere...» mi prese per il polso ma la bloccai all'istante.
«Aspetta, è appena arrivato il sindaco.» Guardai l'auto bianca entrare e fermarsi davanti alla villa, il sindaco scese seguito dalla moglie e Megan andò ad avvertire le nostre madri. Io nel frattempo mi avvicinai, mio padre era arrivato qualche secondo prima di me e li stava già accogliendo.
«Avervi qui con noi è un piacere,» sorrise stringendo la mano ad entrambi mentre mia madre lo affiancava, «lasciate che vi presenti mia moglie Rose e mia figlia... Isabel.»
Sorrisi stringendo la mano al sindaco Rivers e subito dopo a sua moglie. «Benvenuti, siamo felici abbiate accettato il nostro invito.»
«Il piacere è nostro cara...» la signora Rivers mi sorrise dolcemente, era una donna sulla cinquantina e sembrava davvero gentile, «Mark, hai proprio una bella famiglia. Non è vero caro?» Chiese rivolta al marito.
«Assolutamente!» L'uomo annuì guardandosi intorno complimentandosi poi per la casa. In quel momento arrivò un'altra auto e mio padre mi guardò facendomi un cenno. «Isabel, accoglieresti gli altri ospiti? Noi accompagniamo un momento i signori Rivers al tavolo.» Detto ciò, i miei si allontanarono e io andai alla macchina da cui scesero le ultime persone che avrei voluto vedere, i Larson.
«Isabel, buonasera.» Bart Larson mi guardò per poco più di due secondi, spostando poi la sua attenzione altrove. Era impeccabile come sempre, indossava un completo grigio che pareva essergli stato cucito addosso.
«Buonasera signori Larson,» accennai un sorriso e guardai poi il figlio, «Andrew...» lo salutai e lui si avvicinò prendendomi la mano per poi lasciare un bacio sul dorso.
«Sei incantevole stasera.» Aveva il solito sorrisino beffardo stampato in faccia, lo ringraziai e spostai lo sguardo di nuovo sui suoi genitori non volendo intraprendere una conversazione con lui.
«Il sindaco è arrivato poco prima di voi così lo hanno portato a bere qualcosa, vi accompagno da loro?»
«Tranquilla tesoro, li troviamo da soli...» la signora Larson mi sorrise prendendo a braccetto suo marito, «tu fai compagnia ad Isabel?» domandò a Andrew che annuì.
I due raggiunsero gli altri invitati e mentalmente imprecai contro di loro per avermi lasciata con il figlio.
«Non essere così entusiasta di vedermi, placati Isabel...» disse in tono ironico prendendomi poi la mano per poterla appoggiare al suo braccio. «Accompagnami a prendere qualcosa da bere.»
«Non sai andarci da solo?» Chiesi incamminandomi con lui, cercando nel mentre Megan con lo sguardo. Era sparita da alcuni minuti e non sapevo dove guardare, in più stava iniziando a fare un po' freddo e sarei entrata volentieri in casa.
«Preferisco stare in compagnia. Comunque...» Andrew prese un bicchiere di champagne dal vassoio di un cameriere che stava passando e mi guardò. «Megan mi ha scritto prima per chiedermi se venivo alla festa.»
«Ah sì?» Domandai anche se il mio interesse era minimo, per non dire inesistente.
«Non c'è bisogno di usare lei, sai che puoi chiamarmi direttamente tu se vuoi sapere qualcosa.» Rise facendo scivolare la mano sul mio fianco.
«Io non ho fatto nulla del genere, credo tu abbia le idee confuse.» Staccandomi da lui, mi incamminai velocemente verso casa. Passai dalla cucina cercando di non intralciare i camerieri ma svoltando l'angolo finii addosso a uno di loro. Il vassoio cadde e con esso, i due drink che bagnarono il mio vestito prima di toccare il suolo, frantumandosi.
«Mi dispiace tanto!» Mi abbassai subito a raccogliere i cocci di vetro ma due mani si posarono sulle mie fermandomi.
«Ti farai male, ferma. Non preoccuparti, ci penso io qui.»
Alzai lo sguardo incrociando due occhi azzurri e brillanti come il ghiaccio.
«Non guardavo dove stavo andando, lascia almeno che ti dia una mano.» Aiutai il ragazzo e ripresi a raccogliere i cocci di vetro poggiandoli sul vassoio. Era un classico, la mia goffaggine si presentava nei momenti meno opportuni, soprattutto se c'era un ragazzo carino in circolazione.
«E come mai non guardavi? Dove andavi tanto di fretta?»
«Sto cercando la mia amica, non ho idea di dove sia finita...» mi alzai a tempo con il ragazzo e mi sistemai velocemente il vestito.
«In effetti questo posto è bello grande, dovresti chiamarla al cellulare. Comunque mi dispiace per il tuo abito.»
«Tranquillo, andrò a cambiarmi, tanto iniziava a fare un po' freddo.»
Si bloccò qualche secondo squadrandomi, come ad aver realizzato qualcosa. «Vivi qui?»
«Indovinato. Tu invece non sei del nostro personale, deduco quindi che tu faccia parte della squadra catering che mia madre ha appositamente ingaggiato per stasera. Continua a vantarsi dicendo che siete i migliori della città.»
«Cosa fai qui?» La voce di Andrew richiamò la mia attenzione e girandomi, lo vidi farsi strada tra me e il ragazzo.
«Nulla, cercavo Megan.» Ci mancava solo la presenza di Andrew per rendere la situazione peggiore. Stava diventando pressante.
«Parlando con questo?» Chiese indicando il ragazzo con un cenno della mano. «Le hai sporcato il vestito? Sai che costa il triplo del tuo stipendio?» Guardò il cameriere con aria superiore fulminandolo. «Pensandoci meglio, con quello che guadagnerai, probabilmente costerà anche di più.»
«Smettila Andrew, non dire stupidaggini. E poi è stata colpa mia, lui non c'entra assolutamente niente.»
«Sentito "Andrew"?» Disse il ragazzo in un tono quasi divertito, come a prenderlo in giro. «Io e la signorina possiamo sistemare la questione tranquillamente tra noi.»
Andrew si avvicinò con sguardo cupo e avevo la sensazione che sarebbe finita male se non lo avessi portato via. «Pensi di potermi parlare in questo modo? Sai che posso farti perdere il lavoro?»
«Davvero?» Chiese lui impassibile con un tono di voce tranquillo.
Ma Andrew, al contrario di lui, non era tranquillo e lo spinse facendo di nuovo cadere a terra il vassoio con sopra i vetri.
«Ora basta, per favore.» Sospirai volendo solo chiudere la discussione. «Andrew vai fuori, non voglio guai qui, lui non lavora per te quindi non è un problema tuo. Ora vado a cambiarmi, tu cerca Megan o parla con qualche invitato, ma stai alla larga dalla cucina.» Spinsi Andrew fuori e tornai dal ragazzo. «Dovevi per forza istigarlo?»
«Ha iniziato lui.» Rispose in sua difesa abbassandosi per raccogliere i pezzi di vetro ancora una volta.
Sospirai e mi abbassai anche io di nuovo per aiutarlo. «Lo so, ma con queste persone non puoi parlare così.»
«"Queste persone..."» rise e lo guardai di scatto seria.
«Cos'hai da ridere?» Domandai.
«Lo hai detto come se non fossi una di loro.» Lo guardai con le labbra socchiuse per diversi istanti, poi mi alzai e corsi velocemente verso le scale senza voltarmi. «Ehi! Te la sei presa?»
Non gli risposi nemmeno, giunta di sopra percorsi il lungo corridoio ed entrai nella mia stanza. Mi aveva praticamente paragonata a uno come Andrew, o sbaglio? La gente pensa davvero questo di me vedendomi da fuori? Ad ogni modo, come osava giudicarmi senza nemmeno avermi conosciuta? E dire che sembrava un ragazzo così simpatico e gentile... questa evidentemente era un'altra prova del fatto che non bisognerebbe fermarsi alle apparenze.
Entrai nella cabina armadio cercando il vestito bianco e anche se mio padre non lo approvava, ora dovevo indossarlo per forza. Io ad ogni modo lo preferivo rispetto all'altro.
Dopo il cambio d'abito, decisi di prendere anche una giacca elegante dello stesso colore da mettere sulle spalle e successivamente, mi spostai nella zona dove tenevo le scarpe per prendere un paio di stivaletti bianchi con il tacco. Mi guardai allo specchio e decisi di legarmi i capelli, raccogliendoli in una coda alta, lasciando due lunghi ciuffi liberi davanti. A lavoro concluso, presi il cellulare mettendolo in tasca e scesi nuovamente al piano di sotto notando che la festa si era spostata, per metà, nel salone grande. Principalmente, erano rientrate le donne, che avevano quasi tutte indosso un abito e dovevano quindi sentir freddo.
«Questo vestito ti sta molto meglio.» Mi voltai per vedere chi aveva parlato e il cameriere di prima mi squadrò da capo a piedi. «Champagne? Stavolta non sul vestito.» Disse sorridendo.
«No grazie.» Incrociai le braccia voltandomi dall'altra parte per non guardarlo.
«Non volevo offenderti principessa...» ridacchiò e gli lanciai un'occhiata fulminea. Mi aveva appena chiamata, principessa?
«Non chiamarmi così, non sono una principessa.»
«Allora potresti dirmi il tuo nome e io, poi, ti dirò il mio.»
«Non dovresti servire quei drink?»
«Ho capito, devo scoprirlo da solo. Ci vediamo tra poco allora.» Mi fece l'occhiolino sparendo tra gli invitati.
Quel ragazzo era strano e parlava un po' troppo, mi accorsi solo in quel momento di avere il sorriso sulle labbra. «Isabel!» Sollevai lo sguardo e finalmente vidi Megan venirmi incontro. «Ma perché ti sei cambiata d'abito?»
«L'altro l'ho sporcato...» spiegai, «dov'eri finita?»
«Sono rimasta con mia madre, poi Andrew mi ha detto che mi stavi cercando.» Si passò una mano tra i capelli guardando ogni tanto verso il sindaco che, in quel momento, parlava con il signor Larson. «Penso che il padre di Andrew voglia candidarsi.»
«Cosa?» Socchiusi le labbra spostando lo sguardo dal sindaco al signor Larson. «Non è un compito adatto a lui, non vincerà mai.»
«Non ne sarei tanto sicura, stiamo parlando dei Larson.»
Per quanto mi dispiaceva ammetterlo, Megan aveva ragione. I Larson ottenevano sempre quello che volevano, se necessario anche con la forza. «E tua madre?»
«Non so cosa farà, vista la situazione, non ha più menzionato il fatto di volersi candidare. Abbiamo scoperto che c'è anche un'altra persona a voler tentare... Bill Sanders.»
«Il padre di Catherine? No, mi dispiace dirlo ma nemmeno lui è adatto. Non ha speranze.»
«No infatti, a meno che non sia manipolatore come quella stronzetta di sua figlia.» Megan fermò un cameriere prendendo un bicchiere di champagne e ne bevve un sorso. «Vado a sistemarmi il trucco.»
Annuii e lei si allontanò con la borsetta in mano.
Io decisi invece di incamminarmi verso il retro dove non c'era nessuno e mi misi seduta alla panchina fuori godendomi qualche minuto di pace. L'arietta era fredda ma sopportabile, mi pizzicava leggermente le guance ma non mi dispiaceva. Non volevo tornare dentro, mi sentivo fuori posto in questi momenti ed era tutto troppo noioso.
«Signorina Evans, o Isabel se posso... cosa ci fa qui tutta sola? La festa è dall'altra parte.» Il ragazzo di prima sorrise con aria compiaciuta per aver scoperto il mio nome.
«A chi lo hai chiesto?» Domandai annoiata guardandolo.
«A tuo padre.»
Sgranai gli occhi alle sue parole e lui rise divertito. «Scherzo, qui tutti conoscevano il tuo nome, ho chiesto ad un collega.» Disse e tirai un sospiro di sollievo guardando davanti a me. «Ti stai annoiando vedo, non hai tutti i torti.»
«Tu come ti chiami?» Domandai cambiando discorso.
«Suppongo dovrai scoprirlo come ho fatto io, principessa.»
Mi alzai incrociando le braccia al petto e lo guardai. «Sai che ti dico? Non m'importa. In realtà non dovrebbe importare nemmeno a te, sei qui per servire i drink stasera e non per fare conversazione. Tanto meno con 'persone come me'.»
«Nervosa la principessa, fai così per quello che ho detto prima? Sai, non intendevo dire che sei come loro, ma che appartieni alla stessa-»
«Basta.» Alzai una mano interrompendolo. «Non voglio le tue spiegazioni... è meglio se torni al lavoro, io invece tornerò alla festa.» Alla fine era questo che dovevamo fare, lui servire e io intrattenere gli ospiti. Tornai dentro affiancando Andrew che mi squadrò e Megan, che aveva un altro bicchiere di champagne in mano. La serata sarebbe stata lunga e io non vedevo l'ora che tutto finisse in fretta.
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