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Capitolo 18

Punto di vista di Isabel

Sentivo delle voci nella stanza, non capivo se stessi ancora sognando o meno.
«Cosa avete combinato?»

«Nulla.» Sentii una risata e socchiusi gli occhi. In quel momento mi resi conto di non trovarmi nella mia stanza. Ero sotto le coperte, al caldo e addosso non avevo il mio vestito, ma qualcosa di più comodo. Mettendomi seduta, mi girai vedendo Jason e Jaden che parlavano seduti sulle poltroncine bevendo una tazza di caffè.

«Buongiorno! O meglio, buon pomeriggio.» Jaden rise e Jason si avvicinò.

«Come ti senti?»

«Mi fa un po' male la testa...» sussurrai guardandomi intorno. «Che ore sono?»

«Quasi le tre.»

Sgranai gli occhi guardandolo. «Le tre?! Oddio i miei mi uccideranno.» Afferrai il cellulare notando alcune chiamate perse da Andrew e dai miei genitori.

«Ho mandato un messaggio a tua madre con il tuo telefono. Le ho scritto che ti sei fermata a dormire da una tua amica e hanno smesso di chiamare.»

«Devo andare a casa.» Sospirai passandomi le mani sul viso e subito dopo Jason mi portò una pastiglia e un bicchiere d'acqua.

«Ti accompagno io, ma prima prendi questa per il mal di testa e mangia qualcosa.»

«Vado a preparare un toast!» Jaden si alzò andando verso la cucina. «Comunque è incredibile che tu non abbia vomitato Isabel, complimenti!» Disse per poi sparire. Avevo bevuto così tanto?

Non sapevo come ero arrivata li e la cosa mi preoccupava leggermente. Guardai il petto di Jason mentre prendevo la pastiglia e come panorama non era male proprio per niente. Solo dopo mi resi conto di avere addosso la sua maglia, questo dunque spiegava perché fosse a petto nudo. Ma ora avevo un'altra domanda... cos'era successo nelle ultime dodici ore circa? Avevo ricordi sparsi e alcuni incerti. «Jason, dove siamo?»

«A casa di Jaden.»
Giocai con il bordo della maglia arrossendo non sapendo come porgli la domanda seguente, ma sembrò non ce ne fosse bisogno, perché rispose subito quasi mi avesse letto nel pensiero. «Ti ho prestato la maglia per dormire. Ti sei cambiata da sola, tranquilla.»

«Grazie.» Passai una mano tra i capelli e coprii le mie gambe dopo averle incrociate. «Ho combinato qualche guaio?» Avevo quasi paura della risposta e Jason rise.

«No, eri piuttosto divertente. Mi hai anche detto delle cose...»

«Quali cose?»

«Hai detto che sono il tuo autista preferito, che ti fidi di me...» mi guardò con un sorrisino e l'aria divertita mentre finivo di bere l'acqua, «e che sono sexy.»

Sgranai gli occhi e quasi soffocai. Iniziai a tossire posando il bicchiere e mentre mi riprendevo, guardai Jason ridere. «Menti.» Non potevo averlo detto sul serio, sarebbe stato imbarazzante.

«Sapevo che non mi avresti creduto. Ma l'hai fatto, angelo...»

Jaden arrivò con un toast su un piattino e me lo porse sedendosi a terra sul tappeto guardandoci dal basso. Lo ringraziai e diedi un morso a quel toast davvero buono. «Cosa ricordi sorella? Perché io ricordo abbastanza e ti voglio ad altre feste.»

«Ricordo la casa sinistra in cui eravamo, la gente che ballava e la tequila.»

«Ricordi Ethan?» Domandò Jason subito dopo.

«No, c'era anche lui?» Quasi non ricordavo più nemmeno il suo nome, speravo solo non fosse successo niente con lui.

«Sì, ma ce ne siamo andati subito via quando lo abbiamo visto.»

Annuii e finito di mangiare, mi alzai sentendo subito lo sguardo dei ragazzi addosso. Arrossii a disagio cercando di tenere la maglia il più giù possibile. «Posso sapere dov'è il bagno? Vorrei darmi una sistemata...»

«Prima porta a sinistra.» Rispose Jaden distogliendo lo sguardo non appena Jason, per qualche motivo, gli ebbe tirato il cuscino.

Lo ringraziai e uscii dal salotto andando in bagno. Guardandomi allo specchio restai letteralmente a bocca aperta. I capelli erano terribili e intorno agli occhi ero leggermente nera per via del mascara, avevo bisogno di fare una doccia appena tornata a casa. Slegai i capelli raccogliendoli poi di nuovo in una coda, tirando su le ciocche che prima erano rimaste fuori. Dopodiché mi risciacquai il viso e non avendo lo spazzolino dietro, presi il collutorio appoggiato al lavandino risciacquando la bocca. Dopo cinque minuti buoni e dopo aver fatto la pipì più lunga della mia vita, lavai le mani per poi tornare dagli altri che avevano già risistemato tutto e fatto sparire le coperte. Presi il mio vestito e Jaden si dileguò in cucina, mentre Jason restò li in piedi. «Mi cambio e ti restituisco la maglia.» Dissi aspettando uscisse, invece si girò di spalle. Infilai il vestito da sotto e solo dopo, tolsi la maglia. Infilai le braccia nelle maniche e portando le mani dietro, cercai di chiudere la zip. Arrivai a metà, poi sentii un'altra mano tirarla su al posto mio. Mi voltai e Jason afferrò la maglia indossandola senza smettere di guardarmi. Iniziai a cercare la borsa per evitare di fissarlo troppo e fare pensieri poco casti. Quando la trovai, guardai alcuni messaggi rendendomi poi conto di qualcosa.

«Come sapevi il mio codice?» Mi girai verso di lui guardandolo interrogativa.

«Ho visto mentre lo componevi un giorno e lasciatelo dire... 123456 non è una password sicura.» Rise e arrossii colpendolo al braccio.

«Nessuno se l'aspetterebbe.»

«Mm...» pressò le labbra incerto poi rise stuzzicandomi il fianco prima di indossare la felpa e allacciarla mentre io indossavo le scarpe. «Sicura di voler tornare a casa proprio ora? Teoricamente sei da una tua amica.»

«Purtroppo devo, saranno già arrabbiati perché non li ho avvisati del fatto che avrei dormito fuori. Poi devo sentire cosa vuole Andrew... che tra parentesi, pagherà per quello che ti ha fatto.»

«Isabel, ne abbiamo parlato, fai finta di non sapere quello che è successo. Ok?»

«Sì lo so, non dirò nulla anche se sarà difficile.» Alzai gli occhi al cielo e Jaden ci raggiunse di nuovo.

«Grazie per avermi ospitata Jaden.» Sorrisi abbracciandolo.

«Figurati, ci vediamo in giro.»

Annuii e aspettando Jason, scesi di sotto con lui lasciando che mi facesse strada. Dovevo mentalmente prepararmi una buona scusa per quando sarei tornata a casa, sperando che i miei chiudessero un occhio per una volta.

•••

Me l'ero cavata piuttosto bene con i miei, mi ero inventata di aver accompagnato Diana a casa perché stava poco bene e che avevo così passato la notte con lei dato che era sola. Non che questo sia bastato ad evitarmi uno schiaffo da parte di mio padre, ma tutto sommato era andata meglio di quanto pensassi. Nel weekend ero stata a casa perché secondo i miei meritavo una punizione, anche se io non la consideravo tale in quanto stavo quasi sempre chiusa in camera. Non mi dispiaceva stare per conto mio ogni tanto, ci ero anche abbastanza abituata. Avendo ora anche da gestire un albergo, i miei genitori erano ancora più indaffarati e a volte non li vedevo nemmeno a cena. Ma nonostante gli impegni, chiedevano sempre al personale cosa avessi fatto e se fossi uscita con qualcuno in giornata. Potevano chiederlo direttamente a me, ma preferivano sapere le cose dagli altri, ad ogni modo non mi preoccupavo perché di me parlavano tutti bene e mi difendevano sempre.
Ero immersa nella mia lettura quando Marisol entrò nella mia stanza nel tardo pomeriggio. Chiudendo il libro la guardai aspettando parlasse e mi accennò un sorriso. «Perdoni l'interruzione signorina Isabel...»

«Figurati, dimmi pure.» Le sorrisi a mia volta poggiando il libro sul comodino accanto al letto.

«Volevo solo dirle che di sotto abbiamo preparato del tiramisù, dato che avevamo del tempo. Le andrebbe di mangiarne un po' con noi?»

«Volentieri! Avevo giusto voglia di qualcosa di dolce.» Balzai in piedi e prendendo a braccetto Marisol, scesi con lei in cucina ridendo. Al tavolino c'erano Carmela, Albert, Gloria e Jason, che vedendomi mi fece l'occhiolino. Mi indicarono il posto accanto a quello di lui e avevo la sensazione lo avessero fatto apposta. Non avevo visto Jason in quei giorni perché ero rimasta a casa, in effetti non capivo perché fosse li. Aveva addosso i suoi abiti e non la divisa, questo voleva dire che forse era di passaggio. Decisi comunque di chiederglielo sperando di non sembrare sgarbata. «Cosa ci fai qui?»

«Sono passato a salutare e a vedere come stavi.»

Sperai di non arrossire alle sue parole, anche se sentii leggermente caldo. La cosa mi irritava anche, perché non era possibile che un ragazzo mi facesse quell'effetto, non era una cosa normale. «Io sto benissimo, grazie. Tu? Come hai passato Halloween?»

«Molto bene devo dire. Sono andato ad una festa che avevano organizzato in una vecchia casa abbandonata e mi sono davvero divertito.» Non mi staccò gli occhi di dosso e nel frattempo Gloria serviva a tutti il tiramisù.

«Una casa abbandonata?» Lo guardai con una lieve smorfia cercando di non ridere.

«Sono sicuro ti saresti divertita molto anche tu.» Mi sporcò la punta del naso con un po' di cacao e lo fulminai per poi sorridere. Subito dopo mi resi conto del silenzio che ci circondava... stavano ascoltando tutti noi. In quel momento mi sentii a disagio e dopo essermi pulita, abbassai lo sguardo sul dolce assaggiando.

«Questo tiramisù è ottimo.» Mi complimentai cambiando discorso, cercando di coinvolgere anche gli altri che ci fissavano come fossimo una serie TV in onda.

Dopo aver passato una buona mezzora a parlare e finire il dolce, qualcuno suonò al citofono e Albert andò a controllare, dopodiché Marisol andò al portone ad accogliere l'ospite improvviso. Non cercai neanche di sentire perché era impossibile, ma quando vidi Marisol tornare e fermarsi sulla soglia della porta capii dalla sua espressione che l'ospite giunto, era qualcuno di indesiderato.

«Il signorino Larson chiede di vederla.»

Incrociai subito lo sguardo con quello di Jason per alcuni istanti. Non vedevo Andrew dalla festa e mi chiedevo se fosse venuto qui per parlare di quello. Ad ogni modo ero arrabbiata con lui per quello che aveva fatto a Jason e vederlo, era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Però non potevo lasciarlo li alla porta, così mi alzai controvoglia e mi incamminai verso l'ingresso. Mi aspettava con le mani dietro la schiena, vestito bene come al solito con un maglioncino della Ralph Lauren grigio e i pantaloni bianchi, ai piedi invece aveva le scarpe abbinate al colore della maglia. Lo salutai facendogli strada verso la sala in modo da poter parlare in un luogo appartato, qualsiasi cosa fosse venuto a dirmi.

«Non ti sei fatta sentire, è stato piuttosto maleducato da parte tua.» Disse toccando alcuni oggetti poggiati su uno dei ripiani. Non mi guardò neanche, come se fosse davvero deluso e infastidito.

«Non sono rimasta molto attaccata al cellulare in questi giorni.»

«Non serviva il cellulare per informarmi della tua presenza alla festa. Eri li e non ti sei degnata nemmeno di salutare... Angelo.» Si girò puntando lo sguardo fulmineo su di me. «E fammi indovinare chi era il tuo cavaliere...»

«Ero venuta da sola al ballo.» Mi affrettai a precisare. Non che dovessi a lui delle spiegazioni, ma volevo comunque chiarire la cosa.

«Ad ogni modo, Jason sembrava sapere dove trovarti e da cosa fossi travestita.»

«Sei davvero venuto fin qui per questo? Qual è il problema Andrew?» Incrociai le braccia fissandolo. Era fuori di testa, ma al contrario di Jason, lui lo era in senso cattivo. «Jason è mio amico.»

Andrew si avvicinò pericolosamente a me e afferrandomi per il polso, mi tirò vicina a lui. I suoi occhi verdi erano fermi sui miei e stringeva la presa sul mio polso. «Perché lui? Che cos'ha quel ragazzo più di me?»

«Ne parli come se foste in competizione. Lasciami il polso, ora.» Cercai di tirarmi indietro ma lui non mollò la presa.

«Sono stato gentile con te e nonostante ciò, continui a preferire quello squattrinato.»

«Non devi essere gentile solo con me. So come sei veramente, fai del male alla gente e questo non mi piace.»

«Isabel...» allentò la presa ma era comunque abbastanza stretta da tenermi vicina a lui. «Noi insieme saremmo una coppia perfetta, non puoi negarlo. Perché non provi ad essere più collaborativa... immagina anche quanto sarebbero felici i nostri genitori.» Lasciò il mio polso ma passò a stringermi la mano. «Finita la scuola ci coinvolgeranno negli affari di famiglia e insieme faremo grandi cose.»
Stava dicendo quello che pensavo? Era folle. Questo era il suo modo per chiedermi di stare con lui? Preferivo rinunciare al diploma piuttosto che stare con uno della famiglia Larson.
«Non faccio del male a nessuno. A volte mi arrabbio, ma non ho mai fatto nulla di grave.»

«Andrew, le voci girano. So cosa fai...» non potevo dirgli che sapevo quello che aveva fatto a Jason, anche se la tentazione di aprir bocca e fargli una lavata di capo era tanta.

«Che voci girano? E da quando ascolti le chiacchiere?» I suoi occhi quasi diventarono due fessure mentre mi fissava e il suo tono era aggressivo.

«Voci sul tuo comportamento. Ora comunque non ne voglio parlare, ho delle cose da fare se non ti spiace, dunque direi che è il caso di salutarci.» Mi avviai verso l'ingresso mentre Andrew continuava a chiamarmi e a dirmi di fermarmi, io però volevo semplicemente che se ne andasse via.

«L'unica persona con un comportamento indecente sei tu Isabel.»

«Certo.» Alzai gli occhi al cielo arrivando al portone mentre Marisol spuntava in corridoio con il cappotto di Andrew, ma lui forse non se ne accorse perché facendomi voltare di forza mi spinse contro la parete. Sussultai e intravidi Marisol correre via silenziosamente.

«Vuoi sapere perché sono venuto fin qui per parlarti di questo?!» Prese il cellulare dalla tasca mentre io lo guardavo spiazzata dal suo improvviso tono alto di voce. Voltò il cellulare verso di me mostrandomi una foto mia e di Jason mascherati alla festa, nel corridoio, dove all'apparenza sembrava ci stessimo baciando. La foto era leggermente mossa ma non importava, perché eravamo gli unici vestiti così e Andrew sapeva che ero io l'angelo. «Solo amici, eh?»

«La gelosia è una brutta bestia, vero Larson?» La voce di Jason mi tranquillizzò e Andrew lasciò la presa su di me voltandosi.

«Arriva l'eroe con il suo solito tempismo perfetto.» Andrew rise sarcastico e spostando lo sguardo notai Marisol con le mani al petto che sembrava domandarsi cosa fare.

«Allora ammetti di essere il cattivo.» Disse Jason facendo alcuni passi avanti. «Mi sembra che Isabel ti abbia chiesto di andare via.» Continuò mentre io andavo a prendere il cappotto di Andrew e glielo riportavo porgendoglielo in modo un po' brusco.

«Suppongo me lo abbia chiesto perché fremeva dalla voglia di tornare da te.» Spostò lo sguardo sul mio e curvò le labbra in un ghigno. «Credo che questa sia solo una strana fase, sai anche tu che meriti di meglio. Non puoi davvero stare con uno squattrinato e quasi sicuramente, un criminale.»

Jason a quelle parole, lo prese dal colletto e gli fece sbattere con forza la schiena contro il portone. Io mi avvicinai velocemente spiazzata da quel gesto improvviso e poggiai a Jason una mano sulla spalla, ma sembrò non accorgersene. Lui e Andrew si guardarono negli occhi fulminandosi a vicenda e io speravo non iniziassero una rissa.

«Lei è troppo per te. Non puoi puntare a tanto.»

Jason lo tirò leggermente verso di se per poi spingerlo nuovamente contro il portone. «Tu non meriti nemmeno di respirare la sua stessa aria...» sussurrò, ma in modo che lui sentisse bene. «Ora vattene.» Lasciò la presa e fece un passo indietro tenendomi a se. Jason mi faceva sentire protetta più di quanto lo fossi mai stata. Andrew infilò il cappotto e senza aggiungere altro, uscì.

«Grazie...» sussurrai prima di abbracciare Jason che non esitò a ricambiare.

«Ti ha fatto male?»

«No...» risposi staccandomi piano mentre Marisol ci raggiungeva.

«Signorina, scusi se non l'ho aiutata subito... ho pensato fosse meglio chiamare Jason o Albert.»

«E hai fatto bene.» Le rispose Jason, ma io ero preoccupata. Speravo che Andrew non si vendicasse con lui rischiando di mandarlo all'ospedale come l'ultima volta. Avrebbe potuto ingaggiare di nuovo quel gruppo e noi non avremmo avuto le prove per incolparlo. «Non ti preoccupare, so a cosa pensi, non succederà nulla.»

«Il fatto che tu riesca spesso a leggermi nel pensiero, mi spaventa.» Scherzai colpendolo piano al fianco e tornai con lui e Marisol in cucina.

«Comunque quel ragazzo è da ricoverare, non può essere così ossessionato da quello che fai.» Jason si mise seduto al suo vecchio posto e io anche.

«Ed è strano, perché se posso permettermi...» disse Marisol sedendosi, «non ha sempre avuto tutto questo interesse per la signorina Isabel.»

«Marisol ha ragione, Andrew e io non abbiamo mai parlato molto nonostante ci conosciamo da tanto.»

«Lo trovo strano, magari vuole qualcosa da te.»

«Non penso proprio, non c'è nulla che non possa avere. Gli basta chiedere al padre.»

«Quel ragazzo non mi è mai piaciuto molto.» Commentò Carmela iniziando a ricordare vecchi episodi che iniziò a narrare con Gloria. Io restai ad ascoltare e nonostante quello che era successo poco prima, quasi mi scappò un sorriso. Per cosa? Sorridevo perché ero in cucina con il personale a chiacchierare tranquillamente, cosa che i miei non mi avrebbero mai permesso di fare. Mi vedessero ora, ne resterebbero davvero sconcertati. Potevo già immaginare la faccia di mia madre e il discorso che mi avrebbe fatto la sera quando la casa sarebbe stata vuota. I miei genitori erano così, avevano una mentalità chiusa e abbastanza all'antica. In effetti, pensandoci, mi saliva di nuovo un po' di preoccupazione. Se avessero scoperto della discussione di oggi, non sapevo come avrebbero reagito. Mi toccava sperare nel silenzio di Andrew, del resto, anche altre volte non aveva detto nulla. Anche se poi si era vendicato a modo suo.

«Se ti contatta in privato o viene da te, me lo dici?» Domandai a bassa voce rivolta a Jason.

«Non preoccuparti.» Poggiò un braccio sulla mia sedia e tornò ad ascoltare le altre. Non sapevo come prendere quella risposta. Era un sì? Non lo avevo capito, ma dovevo fidarmi di Jason.

«Sei stato tanto gentile a proteggere la nostra Isabel, un vero gentiluomo.» Carmela sospirò guardando un punto indefinito in alto, quasi stesse sognando ad occhi aperti. «Mi ricorda tanto Juan da giovane.»

«Adesso parte.» Albert si alzò e con una scusa uscì velocemente, mentre Gloria scosse la testa.

«Avevo anche io l'età della nostra Isabel quando conobbi Juan. Fu...»

«Amore a prima vista...» dissero all'unisono Marisol e Gloria interrompendola. Jason rise e anche io, nonostante sentissi leggermente caldo.

«Proprio così! E ci amiamo ancora tanto!» Disse portandosi una mano al cuore. «Ora non ha più il fisico di una volta, ma dovevate vederlo da giovane. Anche lui era tanto forte e mi difendeva sempre. Juan è mi vida...» sorrise e io la trovai tenera. Subito dopo bisbigliò qualcosa in spagnolo e Marisol scosse la testa ridendo dopo averle fatto cenno di stare zitta. Per qualche ragione, avevo la strana sensazione che avesse detto qualcosa su di me, ma non ci diedi peso.

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