Capitolo 17
L'autista fece il giro e mi aprì aiutandomi a scendere dall'auto. Non sapevo quando sarei tornata a casa, quindi lo lasciai andare, io sarei tornata con un taxi. Avevo indosso l'abito corto e aderente che avevo sistemato con Marisol e le scarpe con il tacco. Dietro la schiena, due ali nere da angelo e non poteva mancare la maschera sugli occhi. I capelli li avevo lasciati ricadere lisci sulle spalle, con me avevo anche una piccola borsa con dentro il cellulare e il biglietto per entrare al Drewmore Castle. Salii i gradini sotto lo sguardo di alcune persone della scuola che probabilmente erano usciti per prendere aria. Entrando all'ingresso, porsi il biglietto ad un uomo che man mano li strappava all'angolo e mi guardai intorno. Era molto tempo che non mettevo piede in questo palazzo, l'ultima volta era stata per una festa organizzata da mio padre nel periodo natalizio a cui invitò, come al solito, gente importante. Salii i gradini della grande scala centrale sentendo la musica provenire da uno dei saloni. La festa era iniziata da un'ora circa e sembrava ci fossero già tutti. Entrando mi sentii quasi a disagio quando una marea di occhi si posarono su di me. C'erano diverse decorazioni a tema, di più rispetto agli anni scorsi, mi piaceva. Continuai ad andare avanti camminando tra la gente e intravidi Megan vestita da principessa, con il suo accompagnatore. Stavano entrambi parlando con Andrew, vestito elegante con in mano una maschera semplice nera. Mi allontanai da loro spostandomi verso la zona bar, dove i camerieri stavano preparando i drink al gruppetto di persone che si era riunito li davanti. Sorrisi quando nella pista da ballo riconobbi Diana che ballava con Colson, sembravano quasi due personaggi di una favola. Presi il cellulare e controllai se c'erano messaggi o chiamate ed effettivamente era così. Andrew e Megan mi chiedevano se alla fine li avrei raggiunti, ma non risposi. Il cellulare però vibrò di nuovo e abbassando lo sguardo lessi un altro messaggio da parte di Megan: "Tua madre mi ha detto che stasera ci sei, ho avvisato anche Andrew. Quando arrivi, chiama." Alzai gli occhi al cielo dopo aver letto. Perché dovevano sempre sapere quello che facevo e avvisare Andrew? Era una cosa irritante. Riposi il cellulare nella borsetta e girai per la sala osservando la gente e i costumi che avevano indosso. Alcuni erano alquanto divertenti, uno era vestito da panda e non osavo immaginare quanto caldo sentisse sotto quel costume. Altri erano vestiti da zombie, streghe o personaggi di qualche film. Dall'altro lato della sala c'erano invece quelli vestiti in modo più elegante. Passando tra la gente mi scontrai con un ragazzo, Andrew. Abbassai subito lo sguardo e il mio cuore perse un battito, lo superai facendo finta di nulla sperando non mi avesse riconosciuta. Quando mi voltai per vederlo, lui mi stava ancora squadrando ma poi, mettendosi la maschera, si voltò. Tirai un sospiro di sollievo e proseguendo il mio giro, notai due persone in piedi dietro un banco su cui erano poggiate due scatole. Era la zona dove avrebbero votato la coppia con il costume migliore. Mi spostai in una zona più tranquilla dopo aver preso un drink e restai a guardare gli altri ballare. Tutti si stavano divertendo ed erano in compagnia, eccetto una persona che notai fissarmi dalla parte opposta della sala. Non sapevo da cosa fosse travestito, aveva il cappuccio su e una maschera nera sugli occhi. Era vestito tutto di nero e aveva le labbra coperte da quella che sembrava una bandana sempre nera, dovevo ammettere che metteva un po' d'ansia. Continuai a sorseggiare il mio drink distogliendo lo sguardo, sperando che lui facesse lo stesso. Ma quando alcuni secondi dopo controllai, mi stava ancora fissando. Poggiai il bicchiere vuoto sul tavolo e cambiai zona, ma lui fece lo stesso iniziando a seguirmi a passo lento. Mi mischiai tra la folla in pista e quando mi girai, il "serial killer" era sparito. Non sapevo se questo dovesse tranquillizzarmi o meno, ad ogni modo ripresi a camminare per uscire dalla pista, quando due mani si posarono sui miei fianchi tirandomi piano indietro e una voce sussurrò qualcosa al mio orecchio. «Come puoi non avere un cavaliere?» Sapevo che era il ragazzo di poco prima e non sapevo come reagire. «Mi concedi un ballo?» La sua voce era roca e bassa, non sapevo se mi fosse familiare, in più la bandana che gli copriva la bocca rendeva più difficile capire chi fosse. Mi fece voltare e lo guardai negli occhi, erano neri come la notte, non avevo mai visto degli occhi così scuri. Prendendo la mia mano se la poggiò sulla spalla, mentre lui metteva la sua dietro la mia schiena. Subito dopo strinse delicatamente la mia mano destra unendola alla sua mano sinistra e iniziammo a ballare. Non staccai gli occhi dai suoi e mentre mi avvicinava di più a se, trattenni il fiato. Forse non era un maniaco come pensavo, ciò che voleva evidentemente era un ballo. Fece scivolare anche l'altra mano sul mio fianco mentre io avvolsi le mie dietro il suo collo avendo quasi l'istinto di abbassargli il cappuccio. Passò un po' prima che mi rendessi conto del fatto che intorno a noi si era formato un cerchio e la gente ci fissava. Sarei scappata via e lui sembrò capirlo. «Tranquilla, non farci caso. Guarda me.» Lo guardai di nuovo negli occhi e mi avvicinai di più con il viso. Poggiò la fronte sulla mia e chiusi gli occhi qualche istante, dovevo allontanarmi da li. Terminata la canzone, superai il ragazzo sparendo tra la folla, anche se sapevo di essere seguita. Uscii dal salone percorrendo il lungo corridoio, arrivata in fondo, svoltai e sentii i suoi passi dietro di me. Prima che potesse vedermi, mi misi dietro una statua appoggiata alla parete e aspettai. Quando lui si fermò guardando il corridoio vuoto, chiedendosi probabilmente dove fossi finita, lo tirai indietro bloccandolo contro il muro. Sembrò quasi divertito dalla scena, io invece stavo cercando di capire come avesse fatto a riconoscermi o a sapere che sarei andata alla festa. Abbassai prima la bandana e successivamente gli abbassai il cappuccio, lui subito dopo levò la maschera mettendola nella tasca della felpa. Sorrise togliendo una lente e poi l'altra, gettandole a terra come se nulla fosse, scoprendo così i suoi occhi color ghiaccio. Volevo dirgli qualcosa, ma per qualche motivo restai in silenzio davanti a lui. Mi squadrò girandomi intorno e stavolta spinse me contro il muro, levandomi poi la maschera. «Ciao principessa...»
«Come hai fatto?»
«A fare cosa?» Chiese come se non avesse avuto idea di cosa stessi parlando.
«Tutto. Entrare qui dentro, riconoscermi... e poi, perché sei qui?»
«Ho i miei segreti. Tu invece? Come hai capito che ero io?»
«La tua voce aveva qualcosa di familiare, ci ho messo un po' ma mi sembrava di averti già detto che la riconoscerei tra mille.» In realtà non era stata solo la voce. Ciò che mi diede la conferma che davanti a me ci fosse Jason, era stato il suo profumo. Avevo indossato la sua felpa abbastanza a lungo da ricordarlo. Quando mi ero avvicinata a lui durante il ballo, avevo sentito quel profumo e avevo capito. «Comunque, perché sei qui?»
«Per due motivi. Il primo, per dirti che mi dispiace se ti ho mentito.»
«Questo significa che ora mi racconterai tutto?» Chiesi incrociando le braccia.
«Non posso...» sospirò poggiando una mano al muro guardandomi.
«Perché...? Voglio aiutarti.» Lo pregai con lo sguardo e lui spostò il suo a terra alcuni secondi.
«Te lo dirò... ma non qui, non ora. Va bene?» Rialzò lo sguardo e annuii semplicemente felice del fatto che almeno me ne avrebbe parlato. «Il secondo motivo per cui sono venuto, è perché sono offeso. Hai ingaggiato un altro autista.» Lo guardai spiazzata e aprii bocca per dire qualcosa, ma lui rise. «Sto scherzando, tranquilla.»
Alzai gli occhi al cielo sorridendo e gli diedi un colpetto scherzoso sulla spalla. «Dato che questo è diventato un momento "mi scuso, ti perdono"... io ti chiedo scusa per averti trattato male in questi giorni. Oh, scusa anche se ti ho sostituito stasera.» Dissi lasciandomi sfuggire una risata.
«Nonostante io sia rimasto profondamente ferito da questo suo gesto... la perdono, principessa.» Fece un piccolo inchino e risi spostandomi in mezzo al corridoio. «O dovrei chiamarti "angelo" adesso?» Mi restituì la maschera e la indossai mentre lui si tirava su il cappuccio.
«Io come dovrei chiamarti? Pensavo fossi un serial killer o un maniaco all'inizio.»
«Io sono un demone.» Si avvicinò e prendendomi la mano mi fece fare una giravolta prima di tirarmi a se.
«Angeli e demoni non vanno d'accordo.»
«Noi siamo l'eccezione. Poi vorrei farti notare che hai le ali nere, quindi potresti essere passata dalla mia parte.»
«Perché avrei dovuto farlo?» Trattenni un sorriso tenendo le mani sul suo petto.
«Evidentemente eri innamorata e hai deciso di tradire la luce passando all'oscurità per me.»
«Come no. Quanto sei stupido.» Risi mentre lui mi stuzzicava un fianco.
«Quindi non sei innamorata di me?» Si portò una mano al cuore facendo un passo indietro. «Mi ferisci, angelo.»
«Pensavo che i demoni non provassero cose di questo tipo. Il che mi fa pensare che tu... potresti esserti innamorato passando alla luce.» Mi dondolai sorridendo con le mani dietro la schiena come una bambina e lo osservai.
«Secondo me menti. E io che pensavo gli angeli fossero onesti... del resto, un motivo c'è se le tue ali non sono più bianche e non hai l'aureola.»
«Io non mento.»
«Verifichiamolo.» Mi tirò di nuovo a se poggiando la fronte sulla mia e arrossii. Con una mano mi alzò leggermente il viso e sentii il suo respiro caldo sulle mie labbra. Il mio cuore iniziò a battere più veloce e la mente credo stesse andando in tilt. Strinsi la sua felpa quando sentii le sue labbra sfiorare appena le mie delicatamente. In quel momento sentivo ancora più caldo, sentivo le sue dita accarezzarmi la guancia mentre le nostre labbra si sfioravano senza però unirsi. Era tanto bello quanto una tortura. Perché lo ammetto, volevo lo facesse, volevo sentire le sue labbra premere sulle mie.
«Qui c'è chi si da da fare!» Dei ragazzi risero passando e staccandomi leggermente da Jason ancora rossa, guardai altrove. «Allora l'angelo ce l'aveva l'accompagnatore.» Disse un altro mentre si dirigevano verso il balcone.
Jason mi prese per mano e si incamminò di nuovo verso il salone. «Andrew sa che sei qui?»
«Credo di sì, ma non sa che costume indosso.» Lo fermai prima che potesse entrare nel salone e mi guardò confuso. «Devi rimettere la maschera.»
«Giusto.» Prese dalla tasca la sua maschera nera e la rimise sugli occhi. Prendendomi poi di nuovo la mano, entrò nel salone e iniziammo a fare lo slalom tra la gente. Vedendo Andrew, tirai Jason verso la zona bar dove trovai Diana che vedendomi poggiò subito una mano sulla mia spalla e si avvicinò al mio orecchio.
«Ho sentito che ti stanno cercando. Chi è il ragazzo con te?»
«Jason.» Sussurrai sperando mi avesse sentita solo lei.
Mi guardò di scatto levandosi la maschera, come se in quel modo fosse riuscita a vedermi meglio. «Dici sul serio?»
Annuii e lei sorrise dandomi un colpetto al braccio. «Bene bene, so chi votare come miglior coppia. L'angelo e il ragazzo incappucciato.» Si allontanò con Colson che era riuscito a prendere due drink e tornai a guardare Jason concentrato a fissare un punto.
«Tutto bene?» Domandai toccandogli il braccio.
«Credo che Andrew ti stia fissando. O forse sta fissando entrambi, non saprei dire.»
Seguii il suo sguardo incrociando gli occhi di Andrew che aveva tolto la maschera. Si avvicinò a uno del personale dicendo qualcosa che lo fece voltare verso di noi. L'uomo iniziò a farsi strada tra le persone per raggiungerci e prendendo la mano di Jason, lo trascinai velocemente tra le altre persone con un tempismo perfetto, perché iniziarono a giocare con le luci e la sala diventò più buia. Non poteva aver capito che ero io, a meno che non avesse fatto due più due vedendomi parlare con Diana. Partita la musica iniziai a ballare con Jason, mentre sul palco Andrew e Matt salirono per fare un annuncio.
«Come sta andando? Vi divertite?» Chiese Andrew dopo aver preso il microfono. Il volume della musica si abbassò quasi del tutto e in risposta alla domanda, tutti esultarono. Jason mi tenne a se guardando verso il palco per sentire cosa avesse da dire, anche se in realtà non aveva l'aria più di tanto interessata. «Bene! Matt ha in mano la busta con i nomi della coppia più bella. Volete sapere chi sono?» Tutti urlarono in approvazione e la musica cessò del tutto. Andrew prese la busta e tirò fuori il biglietto. «La coppia che ha ricevuto più voti è...» partì un rullo di tamburi e Andrew alzò lo sguardo. «A quanto pare nessuno sa il loro vero nome perché qui c'è scritto: "L'angelo e il ragazzo incappucciato". Bene, salite sul palco e diteci i vostri nomi allora.» Strinsi la felpa di Jason agitata mentre quelli intorno a noi si giravano a guardarci. «Dove sono? Fateli salire sul palco.»
«Andiamo via.» Sussurrai a Jason che mi prese in parola e prima che la luce potesse posarsi su di noi, ci abbassammo andando verso l'uscita. Corsi con lui giù per la scalinata stando attenta a non cadere. Arrivati fuori, mi fermai riprendendo fiato mentre l'aria fredda mi arrivava sul viso pizzicandomi le guance calde. Sentii subito freddo anche alle gambe scoperte e Jason mi portò verso la sua auto parcheggiata poco distante. Tolsi la maschera e lui fece lo stesso, poi guardandoci negli occhi iniziammo a ridere.
«Credo che il tuo amico ci abbia scoperti.» Aprì la portiera gettando la maschera nei posti dietro e io feci lo stesso sfilandomi anche le ali.
«Lo credo anche io, ma ne avremo la conferma domani o comunque nei giorni seguenti.» Sorrisi e mi strofinai le braccia per scaldarle.
«Entriamo in macchina, qui fuori fa freddo.» Facendo il giro salì in auto e accese il riscaldamento. Io salii al posto del passeggero e guardai verso il castello.
«Cosa facciamo adesso?» Rivolsi il mio sguardo a Jason che allacciò la cintura.
«Andiamo ad una vera festa, dove non ci sono re e reginette.» Partì e allacciai anche io la cintura.
«Una festa? Dove?»
«Non ci credi se te lo dico.» Ridacchiò prendendo una strada libera che portava fuori dalla zona in cui eravamo. «Una casa abbandonata.»
«Una cosa...?» Sgranai gli occhi alle sue parole.
«Una vecchia casa abbandonata. Paura?» Mi lanciò un'occhiata veloce e scossi piano la testa, anche se dentro di me stavo annuendo vigorosamente. «Tranquilla, siamo un po' di gente e c'è la musica. Non sembra poi tanto spettrale.» Spiegò come se mi avesse letto nel pensiero. «A che ora hai il coprifuoco?»
«In realtà... i miei sono andati ad una cena, quindi torneranno a casa tardi. A quest'ora penseranno che io sia già tornata. Anche perché ho mandato l'autista a casa.»
«Perfetto direi.»
«Nel frattempo mi racconti quella cosa?» Chiesi riferendomi all'accaduto al Royal.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli e annuì. Iniziò a raccontarmi dal momento in cui Andrew lo aveva sfidato, fino alla rissa fuori. Io ascoltavo e nel frattempo mi tornavano in mente le immagini del video che avevo visto. Mi tornò in mente anche la facilità con cui Andrew mi aveva mentito facendomi credere che non c'entrasse nulla. Aveva pagato quei ragazzi e aveva obbligato Jason a non dire nulla a nessuno. E lui lo aveva fatto... era stato in silenzio per proteggere me. Questo mi faceva sentire in colpa e allo stesso tempo arrabbiata. In colpa per Jason a cui avevo già chiesto scusa e, arrabbiata con Andrew.
«Non voglio che ti faccia del male, ok? Quindi fingi di non sapere nulla.»
«Io credo che dovresti denunciarlo...»
«Fuori discussione. Sappiamo entrambi che ne uscirebbe pulito, al contrario di me.»
«Lo trovo ingiusto. Qualcosa bisogna fare.»
«Un sacco di cose sono ingiuste. Non preoccuparti, risolverò.»
«Prima di fare sciocchezze, verresti da me?» Chiesi. Lui mi guardò di sfuggita e accennò un sorriso senza dire nulla. «Ho detto che ti avrei aiutato e lo farò.» Per lui ci sarei stata, qualunque pazzia avesse in mente, o quasi.
•••
Parcheggiò l'auto dietro molte altre messe in fila, sul retro di quella vecchia casa. Ciò che la rendeva meno sinistra di quanto realmente potesse essere, erano probabilmente le persone e la musica alta. Fuori c'erano alcune zucche incise, teschi finti e ragnatele. Accanto alla porta d'ingresso invece, due scheletri erano posizionati in modo che sembrassero invitare la gente ad entrare. Indossai di nuovo le mie ali, lasciando la borsa e la maschera in auto. Jason mi prese per mano portandomi dentro dove, oltre la musica alta, si sentiva un odore strano. Tutti erano travestiti da qualche personaggio o avevano il viso truccato, erano davvero belli e alcuni forse un po' inquietanti... ma credo fosse quello l'obiettivo. Arrivati in cucina vidi una persona di spalle con addosso una canotta da basket con su scritto "Jordan 23" che parlava senza fermarsi con un gruppo di ragazzi.
«Jaden!» Urlò Jason facendolo voltare. Si diedero il cinque e appena notò che anche io ero presente, mi abbracciò sorpreso.
«Non ci credo!» Mi squadrò portandomi al centro del gruppo dove tutti mi salutarono. «Un angelo si è unito a noi! Sei uno schianto sorella!»
«Anche tu Michael Jordan.» Mi diede il cinque spostandosi poi di lato affiancando Jason che era tornato con due drink. «Che cos'è?» Domandai annusando il liquido.
«Piña Colada, ti piacerà.» Lo guardai bere il suo drink tranquillo e io posai di nuovo gli occhi sul mio indecisa. «Tranquilla, l'alcol non si sente.» Annuii e decisi di bere un sorso per assaggiare, constatando che effettivamente era buono. Finii velocemente quello che era rimasto suscitando a Jason una risata. «Si ma vacci piano Isabel, ti porto qualcos'altro?»
«Questo mi piaceva, ne prendo ancora uno e basta.»
«Va bene.» Rise andando dietro il bancone mentre tornando a guardare Jaden, notai che non aveva smesso di parlare.
«Isabel stasera ci spacchiamo! Altro che la festa a cui eri prima!» Si accese una sigaretta che aveva appena finito di girarsi passando poi agli altri l'accendino. Quando intorno si alzò una piccola nuvola di fumo sentii ancora l'odore di prima e capii che si trattava d'erba. Jason tornò con il mio bicchiere porgendomelo mentre nell'altra teneva una bottiglia di birra. Jaden gli passò la canna e lui fece un tiro prima di restituirgliela.
«Non sapevo fumassi.» Lo guardai mentre faceva spallucce.
«Non lo faccio. Solo qualche tiro quando capita.»
«Vuoi?» Il ragazzo accanto a me, con metà viso truccato da teschio, avvicinò la sua canna alle mie labbra ma scossi la testa. Jason mise un braccio attorno alla mia vita e gli disse di lasciar stare salutando poi alcune persone che giravano per la cucina. Spostandoci verso il salotto vidi altre persone collassate sul divano che ridevano e altre che dormivano, anche se non sapevo come.
«Ma ci potete stare qui?» Domandai a Jason dopo essermi avvicinata al suo orecchio in modo che mi sentisse.
«Non proprio! Ma finché non ci beccano è tutto ok. Tanto non gira nessuno da queste parti!»
Rassicurante... pensai. Ma decisi di smetterla di pensarci troppo e provare invece a divertirmi. Quando finii il mio secondo drink, poggiai il bicchiere da qualche parte e Jaden mi tirò in mezzo agli altri per ballare. Sembrava più fatto che ubriaco, rideva e coinvolgeva tutti quelli che vedeva seduti trascinandoli a ballare. Una ragazza mi passò una birra e senza pensarci troppo, la presi iniziando a bere. Non sapevo se era normale, ma dopo qualche minuto sentii la testa già più leggera. Jaden iniziò a saltare tenendo un braccio attorno alle mie spalle e io risi facendo lo stesso. Poco dopo un ragazzo vestito Jack Sparrow, piombò in mezzo a noi con una bottiglia urlando: "tequila, sale e limone da questa parte!" Jason sbucò dietro di me e ci spostammo con Jaden sul vecchio divano impolverato. Il pirata ci porse dei bicchierini mentre una ragazza con le ali rosse e le corna da diavolo in testa iniziò a passare il sale e qualche fetta di limone. Leccai il punto sulla mia mano tra il pollice e l'indice sotto lo sguardo sorpreso di Jason.
«L'ho visto fare una volta in TV!» Spiegai e si mise a ridere mettendomi del sale.
«Pronti?!» Urlò Jaden prendendo una fetta di limone. «Tre! Due! Uno... via!» Al suo via partimmo tutti leccando il sale sulla mano, mandammo giù lo shot tutto d'un fiato e infine mangiammo la fetta di limone. Gettai con gli altri la buccia su un vassoio e Jaden rabbrividì ridendo. «Chi ne vuole fare un'altro?!»
«Io!» Urlai con altre persone all'unisono.
«Sì Isabel! Grande!» Mi diede il cinque sorridendo. «Questa è una mia amica gente!»
«Piccola, sei sicura?» Jason mi guardò con espressione divertita e ridacchiai annuendo.
«Aspetta... mi sono ricordata che prima avevo una birra in mano. Dov'è?» Mi guardai intorno tenendo in mano il bicchierino che avevano riempito di nuovo con la tequila.
«Credo tu l'abbia appoggiata da qualche parte, comunque sei già partita. Non vuoi fermarti un attimo?» Mi fece sedere sulle sue gambe e mi aiutò a versare il sale.
«Ancora uno... o due.»
«Hai detto così anche prima.» Mi fece notare facendosi scappare una risata.
«Ma... era riferito alla Piña Colada. Questa è tequila.» Spiegai mostrandogliela.
«Giusto.»
•••
Punto di vista di Jason
Isabel era ufficialmente ubriaca. Anche io avevo bevuto qualcosa, ma ci stavo ancora con la testa e ci sarei stato per impedire che lei si immischiasse in qualche guaio. Guardò il suo bicchierino assicurandosi che fosse davvero vuoto e sfilandoglielo dalle mani, lo poggiai a terra. Anche Jaden non capiva più niente e quasi sicuramente sarei finito per portarlo a casa io. Isabel si alzò di scatto dalla mia gamba sfilandosi le ali e pendendomi per mano mi trascinò più avanti iniziando a ballare. Rimasi letteralmente a bocca aperta quando la vidi muoversi come probabilmente non aveva mai fatto davanti a nessuno. Un gruppo di ragazze esultò guardandola e prendendola per mano la fecero salire con loro sul piccolo tavolino al centro del salotto dove iniziarono a ballare muovendo i fianchi a ritmo di musica. I ragazzi iniziarono a fischiare ed esultare, gli avevano ipnotizzati tutti. Isabel aveva la mia totale attenzione e fu solo la voce di Jaden a risvegliarmi.
«Vai ragazza!» Applaudì avvicinandosi poi a me. «Non conoscevo questo suo lato! Attento che te la rubano!»
A quelle parole mi avvicinai subito a lei tirandola giù. In automatico avvolse le braccia attorno al mio collo guardandomi. Aveva gli occhi lucidi per l'alcol e sorrideva, dovevo ammettere che era abbastanza divertente. Cambiò musica e iniziò a ballare di nuovo accarezzandomi i capelli come se questo rilassasse lei invece che me. Le accarezzai i fianchi e lei ridacchiò nascondendo il viso contro il mio collo. Sollevando lo sguardo vidi Jaden barcollare tenendosi una mano sulla bocca e imprecai sollevano il viso a Isabel. «Piccola, devo andare un attimo da Jaden. Tu resta qui e non prendere da bere da nessuno, ok?» La guardai tenendole il viso su con entrambe le mani e annuì sedendosi sul divano. Dovevo fare in fretta, non era una buona idea lasciarla da sola troppo a lungo. Corsi da Jaden e spingendo le persone in mezzo al corridoio, lo accompagnai fuori dove iniziò a vomitare vicino ad un cespuglio.
«Fumo e alcol sono una combinazione tosta...» bisbigliò restando piegato con le mani poggiate alle ginocchia.
«Almeno adesso so che non vomiterai nella mia macchina mentre ti porto a casa.» Lo tirai su e rise.
«Non parlare troppo presto fratello, Isabel è ancora in gara. Potrebbe vomitare lei nella tua Range.»
«Siediti e riprenditi un attimo. Io vado a prenderla.»
Gettai a terra lo scheletro che occupava la sedia in modo che Jaden si potesse sedere e tornai dentro. Fortunatamente Jaden si riprendeva abbastanza in fretta solitamente, quindi non avrei dovuto stargli troppo dietro. Arrivato nel salotto mi immobilizzai quando non vidi Isabel dove l'avevo lasciata. Mi guardai velocemente intorno e continuai a chiamarla cercando tra la gente. La chiamai al cellulare ma subito dopo ricordai che aveva lasciato la borsa in auto, quindi era inutile. Andai in cucina ma non era nemmeno li, un ragazzo però richiamò la mia attenzione.
«Se cerchi il tuo angelo, è di sopra.»
«Grazie.» Corsi verso le scale salendo i gradini due a due. Lungo il corridoio quasi completamente buio, vidi un gruppo di ragazzi e avvicinandomi sempre di più riconobbi Ethan.
«Prima hai detto che non mi credi... allora perché non entri qui dentro e lo scopri?» Sentii la sua voce ma non vedevo con chi stesse parlando. Mi avvicinai a passo svelto e spintonai il gruppo facendomi largo per vedere. Isabel era davanti alla porta di una stanza e teneva la mano sulla maniglia, mentre Ethan guardava la scena con aria divertita. «Hai paura? Lui è qui dentro, te l'ho detto...»
«Isabel.» La chiamai e sia lei che Ethan si voltarono. I ragazzi sbuffarono lamentandosi mentre Isabel corse veloce verso di me. La strinsi accarezzandole la schiena mentre Ethan richiudeva la porta appoggiandosi. «Che cazzo stavi facendo Benson?» Lo fulminai stringendo la mano in un pugno.
«Calmati, ci stavamo solo divertendo con la tua amica.»
«Non avvicinarti più a lei.» Mi voltai tenendo un braccio attorno alla vita di Isabel e andai con lei verso le scale.
«Non ti riconosco più Jason. Quella ragazza ti sta fottendo il cervello.»
Lo ignorai e una volta scese le scale, presi la mano di Isabel che afferrando le sue ali mi seguì fuori. Jaden ci guardò, sulle gambe aveva lo scheletro che prima aveva gettato a terra e muovendogli il braccio salutò Isabel facendola ridere. «Andiamo Jaden.»
«E va bene... la festa per noi è finita angelo.» Disse tristemente mettendole un braccio attorno alle spalle. «Dov'eri?»
«Stavo cercando Jason e... dei ragazzi, tra cui quello del campo da basket... mm...» si sforzò di ricordare il nome poi schioccò le dita. «Ethan! Sì, lui. Mi hanno detto di averlo visto di sopra, così li ho seguiti... ma poi Jason è sbucato dietro di me! E ha sgridato quel ragazzo che voleva farmi un brutto scherzo.»
«Ma non mi dire! Allora Jason è un'eroe!»
«Lui lo è sempre.» Spiegò ridendo. Io la guardai alcuni secondi e non riuscii a trattenere un sorriso. Arrivati alla macchina, Jaden salì dietro mentre Isabel sembrava non aver intenzione di muoversi.
«Piccola vieni, ce ne andiamo.»
«Sarebbe bello volare, con queste non riesco.» Disse guardandosi tristemente le ali.
«No, non puoi.» Gliele tolsi per evitare che facesse danni e la aiutai a salire in auto e allacciare la cintura.
Appena partiti, Jaden si mise in mezzo a noi e guardò Isabel. Speravo solo non dicesse nulla di stupido, anche se erano entrambi così fuori che al mattino non si sarebbero ricordati nulla. «Ti è piaciuta la festa? Sei felice che Jason sia venuto a prenderti?»
In risposta Isabel annuì chiudendo gli occhi. «La vostra festa è stata più divertente e pazza di quella al castello.»
«Anche tu sei pazza. In senso buono, d'ora in poi dovresti venire a più feste.» Le diede due colpetti gentili sulla testa e sentii il suo sguardo spostarsi su di me. «Volete stare da me?»
«Hai casa libera?» Domandai guardandolo di sfuggita.
«Puoi scommetterci! Può stare anche Isabel, spero non avessi intenzione di riportarla a casa. Persino io mi rendo conto di quanto sia messa male.» Indicò Isabel che iniziò a ridere di nuovo ma l'attimo dopo lo guardò male, come se avesse realizzato solo in quel momento le sue parole.
«Certo che non l'avrei portata a casa, non in queste condizioni. Comunque va bene, stiamo da te per la notte.»
Jaden si era addormentato subito dopo sui sedili dietro mentre Isabel, nonostante il freddo, aveva abbassato leggermente il finestrino.
«Tutto bene?» La guardai mentre girava il viso verso di me e annuiva.
«Tu hai bevuto?» Domandò ad un tratto fissandomi con gli occhi socchiusi.
«Sì, ma poco.»
«Oddio allora non puoi guidare! Fermati.» Indicò un posto al lato della strada picchiettando sul finestrino.
«Ho bevuto poco Isabel, ed è anche passato un po' di tempo. Se prima ero brillo, ora non lo sono più.» Spiegai cercando di tranquillizzarla.
«No, no. Fermati li un attimo.» Continuò ad indicare un punto e sospirai accostando. Lei annuì e slacciandosi la cintura mi prese il viso tra le mani. «Sicuro di farcela?» Chiese come una bambina guardandomi negli occhi.
«Sì, ce la faccio.» Risi mettendo le mani sulle sue. «Sono o no il tuo autista preferito e attento?»
Si coprì il viso ridendo e mi guardò di nuovo. «Lo sei. Sei il mio autista preferito.» Si accoccolò al sedile socchiudendo gli occhi. «Autista sexy... preferito.» Bisbigliò e la guardai di scatto ancora più divertito.
«Cos'hai detto?» Avevo bisogno di risentirlo, anzi... sarebbe stato bello avere una registrazione. L'avrei messa come suoneria.
«Shhh!» Portò un dito alle labbra dicendomi di stare zitto e guardò Jaden dietro. «Dorme!»
«Lo so, tanto non si sveglia. Che hai detto prima?» La alzai il viso cercando di farglielo dire di nuovo. Se glielo avessi raccontato, non ci avrebbe creduto una volta tornata in se.
«Prima? Ho detto "shhh".»
«No, prima di quello.»
«Non mi ricordo...» si mise seduta comoda e prese la borsa tirando fuori il cellulare. «Facciamo una foto.»
«Cosa?» La guardai aprire la fotocamera interna e scattò una foto prendendo sia me che Jaden addormentato dietro.
«Ma ho dei capelli terribili...» Sospirò con aria triste ingrandendo la foto per vederla nel dettaglio. «Non importa, la tengo come ricordo.»
«Mandamela, così sono sicuro di avere una copia nel caso domani decidessi di cancellarla.»
«Giusto!» Me la inviò subito e nel frattempo ripartii ridendo. «Speriamo che nessuno si accorga della mia assenza a casa, altrimenti sono guai.»
«Ci inventeremo qualcosa nel caso, non ti preoccupare.»
«Va bene, mi fido di te. Anzi, sei il solo di cui mi fido... sei l'amico più vero che io abbia. Anche se a volte litighiamo... ma ti voglio bene comunque.»
Nonostante le sue fossero belle parole, anche se dette da ubriaca, non mi fecero stare bene. Sapevo che c'erano diverse cose che non andavano e che lei non voleva dirmi. Quasi sicuramente non si sarebbe ricordata nulla il giorno dopo e avevo l'istinto di farle alcune domande, ma non potevo. Non era in se al momento e non potevo farle dire cose che sapevo avrebbe voluto tenersi per se.
Quando arrivai sotto la palazzina dove abitava Jaden, parcheggiai e girandomi iniziai a scuoterlo un po' per svegliarlo. Mugugnò qualcosa e con mia sorpresa non fece molte storie. Scese dall'auto stiracchiandosi cercando poi le chiavi nelle tasche. Posando lo sguardo su Isabel notai che stava per chiudere gli occhi. «Isabel?» Toccai la sua spalla e alzò lo sguardo assonnata. «Siamo arrivati, resisti solo un momento.» Scendendo dalla macchina con lei, la presi per mano e seguimmo Jaden al suo appartamento che fortunatamente si trovava al primo piano. Entrati in casa, accesi le luci e accompagnai Isabel in salotto facendola sedere su una poltroncina.
«Vuoi portare Isabel nella mia stanza? Noi possiamo aprire il divano e stare qui.» Propose Jaden che sembrava essere tornato abbastanza in se.
«Mi sembra una buona idea.»
«No...» ci voltammo verso Isabel che stava scuotendo la testa e alzandosi venne verso di me. «Non voglio stare da sola...»
«Vuoi dormire con Jason?» Le chiese Jaden con un'espressione divertita sul viso mentre Isabel annuiva.
Sorrisi tenendola a me e guardai il mio amico. «Dormiamo noi sul divano.»
«Vi porto delle coperte.» Jaden sparì e io spostai i cuscini aprendo il divano letto. Isabel si sfilò i tacchi e quando Jaden ci portò le coperte, mi aiutò a sistemarle sul divano. «Notte ragazzi, fate come a casa vostra.» Si fermò subito dopo aver detto quella frase e si voltò verso di noi. «Beh, non troppo come se fosse casa vostra. Voglio dire... è pur sempre casa mia, il mio divano...»
Capii quello che voleva dire e gli tirai un cuscino mentre alzando le mani in segno di resa, sparì. Levai la felpa e la maglia girandomi poi verso Isabel che si lisciava il vestito con le mani.
«Vuoi mettere la mia maglia per dormire?»
Le allungai la maglia e alzando lo sguardo si bloccò alcuni istanti prima di annuire. «Grazie.»
Prese la maglia e la appoggiò davanti a se dopo avermi dato le spalle. La vidi portare una mano dietro la schiena nel tentativo di abbassare la cerniera dell'abito, ma non ci arrivava. Sospirò lasciando cadere le braccia lungo i fianchi come se avesse perso le speranze e mi avvicinai. Le sfiorai il braccio e scostandole i capelli di lato, abbassai lentamente la cerniera. Mi soffermai a guardarle la schiena e il gancio del reggiseno nero, che senza rendermene conto sfiorai prima di proseguire lungo la schiena facendogliela inarcare leggermente. Le abbassai piano la spalla del vestito ma mi fermai subito li. Non potevo spogliarla, non potevo fare proprio nulla con lei in queste condizioni. Si voltò guardandomi e le sfiorai la guancia. «Cambiati, io mi giro. Quando hai finito mi chiami, va bene?»
Annuì e dopo essermi voltato, la sentii spogliarsi. Non avesse bevuto, sicuramente avrei tentato di guardarla per beccarmi apposta qualche suo insulto. A volte era divertente stuzzicarla ma questo non era il caso e io, per quanto fossi tentato, dovevo comportarmi bene. Sentii la sua mano poggiarsi delicatamente sulla mia spalla e girandomi la squadrai. La maglia le stava larga e le arrivava a metà coscia. Si legò i capelli con un elastico che portava al polso e mi guardò. Le sue guance si colorarono di rosa e avvicinandosi di più, poggiò una mano sul mio petto. «Sei stanca?» Le chiesi sedendomi facendola mettere sulle mie gambe.
«Un pochino...» passò un dito sul mio viso come se lo stesse studiando e si avvicinò di più. Io le accarezzai la gamba sfiorando il bordo della maglia ma mi fermai subito dopo.
«Sei rossa, lo sai?» Sorrisi portando la mano sulla sua guancia passandoci due dita. «Ti metto in imbarazzo?»
Non rispose, nascondendo invece il viso contro il mio collo ridacchiando. Quando risollevò lo sguardo, il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Istintivamente mi avvicinai di più sfiorando appena le sue labbra per poi ritrarmi con tutte le forze che avevo. Generalmente me ne sarei fregato, non so perché con lei fosse diverso. Avevo timore di ferirla, sapevo che era sbagliato e questo mio gesto mi aiutò a capire quanto effettivamente tenessi a questa ragazza.
«Proviamo a dormire, domani torni a casa e devi riposare.»
Sospirò gattonando sul divano e posizionando il cuscino, si coricò di spalle. Per qualche motivo pensavo se la fosse presa, così coricandomi accanto a lei giocai con una ciocca dei suoi capelli. «Tutto ok?»
Si girò verso di me e mi guardò negli occhi. «Jason, anche tu mi vuoi bene?»
Sembrava avesse davvero bisogno di una risposta sincera e gliela diedi. «Certo.»
Sorrise e chiuse gli occhi mentre, abbracciandola, coprii entrambi. La avvolsi e lei poggiò la testa sulla mia spalla addormentandosi subito dopo aver intrecciato le gambe alle mie. Io invece restai sveglio per un po' aspettando che Isabel cadesse in un sonno abbastanza profondo per potermi alzare, andare a fumare una sigaretta e spegnere la luce.
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