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Capitolo 16

Nei giorni successivi Jason aveva chiamato due volte, ma decisi di non rispondere. Se doveva dire qualcosa di importante riguardante il lavoro, poteva contattare direttamente i miei. Mentre facevo colazione mi capitava di sentire lo sguardo addosso da parte del personale, il che mi faceva sentire un po' a disagio. Marisol mi accennò un sorriso mentre portava via un vassoio e fulminò alcuni dei suoi colleghi facendoli tornare al lavoro. Scelsi di non dar peso al loro strano atteggiamento e continuai a mangiare riflettendo su cosa avrei fatto il giorno seguente. La festa era proprio la sera dopo e io, oltre a non sapere cosa indossare, non avevo nemmeno un cavaliere. Non avevo ricevuto inviti, zero. Quando lo avevo detto a Diana, si era dispiaciuta così tanto che aveva pensato di chiedere al suo accompagnatore di portare anche a me. Io non ero riuscita a trattenere le risate e le avevo detto di non preoccuparsi, in fondo non c'era poi nulla di male nell'andarci da sola. Era forse un po' triste o meglio, noioso... ma non importava.
Mi alzai subito dopo aver finito la colazione e uscii andando alla macchina salutando l'autista che sostituiva Jason. Solo quando si voltò dopo aver aperto la porta, notai che quello era proprio Jason. Mi bloccai subito e lo squadrai per realizzare ciò che avevo appena visto. Accennò un sorriso guardandomi e nel frattempo sentii mia madre chiamarmi un paio di volte mentre usciva di casa seguita da Marisol che teneva in mano un mazzo di rose rosse.

«Tesoro, qualcuno ha fatto portare dei fiori per te!» Vidi mia madre prendere il mazzo di rose e porgendomelo prese il biglietto che c'era dentro.

«Mamma? Non dovrei leggerlo io?» La guardai e dopo aver tranquillamente letto, me lo porse.

«Ma io sono tua madre. Comunque dovresti metterle in un vaso.» Prese dalla borsa il cellulare leggendo un messaggio. «Uh! Devo scappare, ci vediamo stasera.» Senza dire altro, si allontanò verso l'altra macchina. Io scossi leggermente la testa basita per via di quello che era appena successo e presi il biglietto.

«Hai un ammiratore segreto?» Jason guardò verso il pezzo di carta e io lo osservai qualche secondo senza rispondere. Sapevo di risultare cattiva, ma ero arrabbiata con lui. «"Un mazzo di rose bellissime per una ragazza bellissima. Spero ti piacciano... Andrew."» Jason lesse mettendosi poi a ridere. «Wow, si è sprecato.»

«Nessuno ti ha dato il permesso di leggere.» Chiusi il bigliettino e porsi le rose a Marisol. «Le metteresti su un ripiano libero in sala? O da qualche altra parte...»

«Certo signorina.»

La ringraziai e salii in auto aspettando che Jason si mettesse alla guida e nel frattempo presi un libro iniziando a leggere. In realtà non ero concentrata sulla lettura, mi serviva solo una scusa per evitare una possibile conversazione. Ma non funzionò molto, perché due minuti dopo la partenza, Jason iniziò a parlare.

«So che fai finta di leggere.» Disse. Ma io non risposi, intenta ad ignorarlo per tutto il tragitto. «Hai deciso di non parlarmi più?» Domandò non ricevendo risposta. «Che bambina.»

«Scusami?!» Chiusi di forza il libro guardandolo male dallo specchietto.

«Giocare al gioco del silenzio è da bambini.»

«L'unico bambino che vedo qui, sei tu.» Risposi seccata.

«Fino a prova contraria, eri tu quella a comportarsi in modo infantile fino a poco fa. Io a differenza tua, cercavo di conversare.»

«Conversare? Vuoi raccontarmi altre bugie per caso?»

«Possiamo dimenticare quella cosa?» Alzò gli occhi al cielo e sbuffò irritato. «E comunque non mentivo su quello. Beh... le prime due volte ho cambiato un po' la versione. Ma non mentivo sul fatto che non conoscessi quei tipi.»

«Hai mentito già due volte sulla stessa storia. Dovrei credere alla terza versione?»

«Sei davvero noiosa.»

«Se mi trovi noiosa, non vedo perché dovremmo conversare.» Aprii di nuovo il mio libro fingendo di  leggere e lo sentii sbuffare.
Osava darmi della bambina dopo quello che aveva fatto? Era incredibile. Alzai lo sguardo giusto un secondo per vederlo dallo specchietto, il livido si vedeva ormai appena e a giudicare dalla guida perfetta, il braccio sembrava non fargli più male. Riportai gli occhi sulle pagine leggermente ingiallite del libro e lo sfogliai a caso prima di chiuderlo per perdermi a guardare fuori dal finestrino. Mi ero così abituata alle conversazioni mattutine con lui, che ora mi stavo annoiando, ma di certo non mi sarei arresa a Jason. Picchiettai con le unghie sulla copertina del libro pensando a come occupare quegli ultimi minuti di tragitto in auto e pensai quasi di chiamare al cellulare Andrew, ma forse era esagerato. Avrei potuto semplicemente ringraziarlo per le rose che mi aveva mandato apparentemente per nessun motivo. In effetti, perché faceva il gentile con me? Mi sembrava bipolare quel ragazzo. Sospirai rumorosamente senza farci caso e incrociai lo sguardo di Jason attraverso lo specchietto.

«Ti annoi per caso?»

«No. Pensavo a quanto sei lento oggi.» Accennai un finto sorriso e lui mi guardò divertito.

«Come no. Sto andando alla velocità di sempre, entro i limiti.» Alzai gli occhi al cielo alle sue parole sapendo che in realtà aveva ragione. «Principessa viziata.» Sussurrò, ma io lo sentii perfettamente.

«Questo è troppo. Non hai il diritto di parlarmi così!» Mi tirai in avanti poggiando una mano sul suo sedile.

«Non ho il diritto di dire la verità?»

«Ma pensa! Ora vuoi dire la verità!»

«Puoi stare zitta? Vorrei guidare tranquillo senza te che mi urli in un orecchio.»

Lo guardai a bocca aperta e presi il mio zainetto. «Fermati qui.»

«Cosa?» Domandò confuso.

«Fermati ho detto! Accosta.»

Borbottò qualcosa e accostò al lato del marciapiede, dopodiché scesi sbattendo la portiera. Non avevo intenzione di restare in auto con lui un minuto di più. Lo sentii scendere ma non mi voltai.

«Isabel!»

Sbuffai voltandomi e quando me lo ritrovai davanti, gli diedi una leggera spinta facendolo indietreggiare. «Vado a scuola da sola. Tanto è vicina.»

«Non puoi andare da sola.»

«Sì che posso. Non ti sopporto e preferisco andare a piedi che restare ancora con te in auto.»

«Ora chi è la bambina?»

«Vedi?! Non ti sopporto.»

«Allora perché non mi licenzi?» Incrociò le braccia guardandomi con aria di sfida.
Strinsi i pugni e mi lasciai sfuggire un lamento frustrato. Voltandomi decisi di ignorarlo e andai verso scuola. Non ero mai andata a piedi da qui e speravo di non sbagliarmi prendendo una qualche strada più lunga, anche perché mancavano meno di cinque minuti al suono della campanella. Mi voltai per un istante e notai Jason appoggiato all'auto che mi fissava. Sembrava si aspettasse che tornassi indietro, ma non lo avrei fatto, ero intenta a proseguire a piedi. Così girai l'angolo perché mi perdesse di vista.

•••

Arrivai a scuola in ritardo, passai un'ora seduta ad una panchina fuori aspettando il suono della campanella che avrebbe segnato la fine della prima ora e l'inizio della seconda. Era la prima volta che arrivavo così tardi ed ero arrabbiatissima. Non mi era mai capitato di perdere una lezione e la cosa non mi andava affatto giù. Quando finalmente riuscii ad entrare, cercai di evitare tutti. Non era proprio giornata e lo confermava il fatto che durante le ore successive non riuscii a concentrarmi sulle lezioni. Sentivo le voci dei professori ma sembravano più un sottofondo, come quando siamo a casa da soli e decidiamo di accendere la TV anche se non la guardiamo. La mia mente era palesemente altrove e Diana sembrò notarlo perché mi chiese se andava tutto bene. Annuii semplicemente e sembrò scegliere di non indagare oltre, cosa di cui fui grata. Non volevo distrarla raccontandole quello che era successo, o almeno non al momento, gliene avrei parlato fuori da scuola o al cellulare quando ci sarebbe stato tempo. Stavo iniziando a confidarmi con lei più di quanto avessi mai fatto con Megan, sembrava ascoltare e interessarsi davvero, a volte mi dava anche dei consigli e io li apprezzavo molto.
Percorsi il corridoio e uscii da scuola, quando una mano si posò sulla mia spalla. Girai la testa di lato ritrovandomi un Andrew sorridente con in mano una busta. «Ciao.» Lo salutai spostando lo sguardo da lui alla busta.

«Ciao, come stai?»

«Bene. Grazie per le rose comunque, erano davvero belle.»

«Sono felice ti siano piaciute. Volevo chiederti una cosa.»

«Oh, chiedi pure.» Avevo già una mezza idea di quello che stava per succedere, ma non sapevo come sviare la conversazione.

«Sarò diretto. Mi chiedevo... ti andrebbe di venire alla festa con me?»

Lo guardai lasciando spazio al silenzio per un po' prima di rispondere. «Andrew...» l'aveva fatto davvero. Mi aveva appena invitata e la situazione attualmente si faceva scomoda per me. Era stato gentile ad invitarmi, credo, ma non penso ci saremmo divertiti andando insieme. «A proposito della festa... in realtà non so ancora se verrò.»

«Come mai?» Mi guardò con espressione confusa rigirandosi la busta tra le mani.

«Non so se mi sento di venirci quest'anno. Non mi sono nemmeno organizzata per un costume o un abito in generale.» Era una scusa patetica ma in quel momento non sapevo cosa dire.

«Non puoi non venire e poi, sei stata tu a scegliere la location. Ci divertiremo!» Cercò di convincermi e scossi la testa sorridendo.

«Non lo so, il ballo è domani...»

«Ok, tu pensaci. Puoi anche cambiare idea all'ultimo secondo e venire senza maschera, va bene lo stesso.» Mi porse la busta e aprendola guardai dentro. «Ti ho preso già il biglietto, mi farebbe piacere se venissi. Nel caso, mi chiamerai?»

«Va bene...» accennai un sorriso che ricambiò.

«Perfetto.» Si abbassò lasciandomi un bacio sulla guancia per poi allontanarsi.

Lo guardai alcuni istanti, prima di sussultare quando un'auto suonò il clacson fermandosi accanto a me. Jason non scese nemmeno dall'auto, io mi misi ai posti dietro alzando gli occhi al cielo e non passò molto prima che aprisse bocca per parlare.

«Quindi tu e Andrew...?»

«No. Mi ha solo invitata alla festa di Halloween... a te comunque non dovrebbe importare.»

«Infatti non m'importa.» Mi lanciò un'occhiata ma lo ignorai. «Certo non mi sarei mai aspettato di vederti accettare.»

«Non ho accettato.»

«Ah no?» Inarcò un sopracciglio e sbuffai. Non volevo parlare con lui, ma allo stesso tempo non riuscivo a non rispondere. «Come mai?»

«Non sono affari tuoi.»

«Speravi di andarci con un'altra persona?»

«Adesso basta Jason Davies. Di un'altra parola e ti licenzio.» Incrociai le braccia guardandolo dallo specchietto notando un ghigno sulle sue labbra.

«Parola.»

Lasciai uscire un verso di frustrazione dalle mie labbra e prendendo le cuffiette, le attaccai al cellulare mettendole dopo aver scelto una canzone a caso. Era più fastidioso del solito, ma sapeva non lo avrei mai licenziato, il che mi diede ancora di più su i nervi. Iniziò a parlare ma avendo il volume della musica al massimo non riuscii a sentirlo. Provai a seguire il labiale ma non capii nulla, così levai lentamente una cuffia.

«Tanto non mi stai ascoltando, quindi tutto quello che sto dicendo... ah bene!» Mi gettò uno sguardo sorridendo. «Ora vuoi ascoltare?»

«No.» Rimisi la cuffia e guardai fuori dal finestrino.

Giunti finalmente a casa, scesi dall'auto ma non mi aspettai di vedere mio padre all'ingresso porgere il suo cappotto. Jason mi affiancò e in quel momento, mio padre ci squadrò avvicinandosi con aria arrabbiata.

«Ma bene, eccovi qui.» Mi prese per il braccio e trattenni il fiato, sperando non facesse nulla davanti a Jason. «Dove sei stata stamattina? Mi hanno detto che hai saltato la prima ora.»
Ecco qual'era il problema, era stato avvisato dalla scuola.

«Signore...» Jason provò a dire qualcosa ma mio padre lo interruppe subito.

«Eravate insieme? Il tuo compito mi sembrava di averti già detto quale fosse.» Il suo sguardo mi faceva rabbrividire, sembrava sempre sull'orlo di perdere il controllo.

«Papà, non è stata colpa sua! Lui mi ha portata a scuola...»

«Signore, c'era traffico stamattina. Credo ci sia stato un qualche incidente... infatti ho cambiato strada quando ho visto che riuscivamo a muoverci appena, ma purtroppo siamo arrivati in ritardo lo stesso.» Guardò mio padre negli occhi e lui poco dopo mi lasciò il braccio.

«Non ho sentito nulla riguardo un incidente in città.»

«Non credo sia stato qualcosa di grave, ma è bastato per bloccare le strade una mezz'oretta.» Rispose in tono calmo.

Mi stava salvando di nuovo e la cosa mi irritava perché così mi faceva sentire di nuovo in colpa per come lo avevo trattato. Ogni volta mi mandava in totale confusione, lo avrei picchiato e abbracciato allo stesso tempo.

«Se è così...» mio padre ci squadrò di nuovo per poi girarsi ed entrare in casa.

Tirai un sospiro di sollievo portando una mano al cuore e sentendo lo sguardo di Jason addosso, posai gli occhi su di lui.

«Tutto bene?» Mi guardò e annuii spostando lo sguardo, mi sentivo davvero stupida.

«Grazie.»

Corsi in casa, poi in camera mia come sempre. La fame mi era passata, avrei usato la scusa dello studio in modo che mio padre non facesse troppe domande e mi lasciasse tranquilla. Dovevo a Jason un favore, o forse mille dato che salvarmi stava man mano diventando un'abitudine. Guardai la busta e mettendomi alla scrivania, accesi il computer. Iniziavo a pensare che forse non sarebbe stata una cattiva idea andare a quella festa, non l'avrei detto a nessuno e sarei andata travestita. Poco importava se ero da sola, forse mi sarei divertita lo stesso.
Andai su alcuni siti dei miei negozi preferiti e iniziai la caccia all'abito. Volevo qualcosa di diverso dal solito, presi un foglio facendo qualche schizzo. Non c'era molto tempo da perdere, avevo meno di un giorno a disposizione per trovare qualcosa che mi convincesse. Ma forse non avevo bisogno di qualcosa di nuovo, avevo tantissimi vestiti che potevo riutilizzare o modificare. Marisol sarebbe riuscita a darmi una mano se fosse stato necessario. Aveva tantissime abilità, tra cui il cucito, quindi ero salva. Misi i miei schizzi nel cassetto e chiusi il portatile correndo nella cabina armadio. Non sapevo perché improvvisamente avessi cambiato idea, a quanto pare Andrew aveva fatto bene a lasciarmi il biglietto, non ricordavo nemmeno se lo avessi ringraziato. Quasi mi dispiaceva aver declinato il suo invito, nonostante tutto era stato gentile... ma non me la sentivo di andare con lui. Mi costava ammetterlo, ma la mia mente non riusciva a scacciare via l'immagine di un'altra persona. Provavo a non pensarci, ma era più forte di me... appariva quando voleva, come in questo esatto momento, infatti volevo prendermi a schiaffi.
Passai un'ora dentro l'armadio, forse di più, quando qualcuno bussò alla porta della mia stanza. Andai ad aprire e Megan entrò tranquillamente sedendosi sul mio letto. Aveva una rosa in mano e guardandomi sorrise, come se si aspettasse che io le dicessi qualcosa.

«Ciao Megan. A cosa devo la tua visita?»
Senza preavviso avrei aggiunto, ma evitai.

«Sono qui per degli aggiornamenti cara amica. Io e mia madre abbiamo incontrato la tua mentre usciva dall'albergo e ci ha invitate per un tè.» Si rigirò la rosa rossa tra le mani e ne sentì il profumo. «Tua madre mi ha detto che è stato Andrew a regalartele... sono belle.»

«Sì, sono arrivate stamattina.»

«Ti ha invitata alla festa?» Chiese curiosa.

Pressai le labbra qualche secondo e mi sedetti accanto a lei. «Lo ha fatto.»

«Fantastico! Allora abbiamo un'altra coppia a gareggiare per la corona.»

«Non ho accettato.»

«Come...?» Mi guardò scioccata diversi secondi. «Perché? Anche se in realtà sarà più facile per me vincere in questo modo.»

«Mi ha lasciato un biglietto ma non so se verrò, mi ha detto di chiamarlo se avessi cambiato idea.»

«Tu sei matta. Ad ogni modo io ho scelto di andare al ballo con Giulio.»

«Il ragazzo italiano?»

«Esatto! Io mi vestirò da principessa Aurora. Ho ordinato un vestito molto carino, corto e rosa, ho anche la corona!» Batté le mani entusiasta come una bambina e mi mostrò la foto sul cellulare.

«Bello, lui quindi si vestirà da principe suppongo.»

«Ovvio. Tu se decidi di venire, cosa metti?»

«Non lo so, ci penserò.» Feci spallucce e mi coricai.

«Dato che io sarò una versione sexy della principessa, tu potresti fare una delle fate. Oppure Malefica.» Propose accavallando le gambe.

«Passo. E comunque sono sicura che troverai qualche Malefica alla festa, dopo il successo che ha avuto film.»

«Io credo saresti perfetta come una delle mie fatine.» Insistette facendomi alzare gli occhi al cielo. Qualche minuto dopo mi alzai di scatto e presi il cellulare sotto lo sguardo confuso di Megan. «Cosa succede?» Domandò, ma la ignorai scrivendo un messaggio. «Non dirmi che stai scrivendo al tuo autista. Ci esci ancora?»

Attirò subito la mia attenzione con quella frase e la fulminai. «Non esco con lui. Comunque sto scrivendo ad un'altra persona, non ti preoccupare.»

«Bene, perché sarebbe ora di dare una chance a Andrew. Non credi?»

«Credo si sia fatto tardi.» Dissi guardando l'ora sperando capisse di doversene andare.

«Vado giù, suppongo non ti unirai per il tè.»

«No, porgi le scuse da parte mia se non ti dispiace e di loro che devo finire di studiare.»

Sospirò alzando gli occhi al cielo e scese di sotto lasciando la rosa sul mio letto. Una volta chiusa la porta, tornai a cercare tra i vestiti. Sapevo da cosa travestirmi e nessuno mi avrebbe riconosciuta, o almeno lo speravo.

•••

Il giorno dopo Jason mi accompagnò a scuola ma per la prima volta, non proferì parola. Il viaggio era stato silenzioso, ma ogni tanto riuscivo a beccarlo mentre mi guardava dallo specchietto. A lezione invece, Andrew trovava il modo di sedersi sempre accanto a me. Non dissi nulla sul fatto che sarei andata alla festa quella sera, ma lui non ne parlò. Al contrario di Megan che aveva continuato ad insistere perché facessi una delle sue fate. Ne aveva già reclutate due e mancava l'ultima, ma non avevo intenzione di starle dietro... poi io avevo già il mio costume.
Il pomeriggio, uscii da sola in centro per prendere ciò che mi serviva per completare il mio costume. Jason si era offerto di accompagnarmi, del resto era il suo lavoro, ma rifiutai. Semplicemente non volevo che qualcuno vedesse quello che avrei indossato alla festa. Mia madre si arrabbiò quando mi rifiutai di dirle quale sarebbe stato il mio travestimento, aveva minacciato di mettermi in punizione quella sera stessa impedendomi di andare alla festa, poi però si arrese. Per evitare che mi riconoscessero all'arrivo, avevo chiesto all'autista di mio padre di accompagnarmi in auto al posto di Jason. Speravo non se la prendesse o che pensasse fosse un qualche capriccio, sicuramente gli dovevo una spiegazione e appena sarebbe stato possibile lo avrei chiamato. In quel momento mi tornò in mente una conversazione che ebbi a scuola con Diana. Secondo lei vedevo Jason come qualcosa di più che un amico, ma le spiegai che non era così. Bastava vedere quante volte litigavamo, era già tanto se riuscivamo a restare amici probabilmente. Neanche a farlo apposta, girando l'angolo mi imbattei proprio in Diana. Aveva in mano due buste come me e sembrava avere il fiatone. Ad ogni modo, appena mi vide sembrò contenta e mi sorrise.

«Ciao Isabel!»

«Ciao Diana, stai facendo shopping?» Chiesi indicando le buste.

«Ho appena ritirato il mio vestito per stasera e le scarpe. Tu?» Guardò le mie buste e si illuminò. «Non mi dire! Hai deciso di venire alla festa?»

Pressai le labbra e sospirai sorridendo. «Beccata... ma non lo devi dire a nessuno.»

Tirò un piccolo urlo di eccitazione e batté le mani. «Oddio sono felicissima! Tranquilla, non dirò nulla. Ma con chi verrai? Ho sentito dire che Andrew ti ha invitata ma...»

«Lo ha fatto ma gli ho detto che non ero sicura di andare.» Alzai le spalle poi guardai l'ora. «Dovrei andare verso casa adesso, devo ancora finire di fare delle cose.»

«Anche io sto andando a casa, ho l'autobus tra una mezz'ora. Se vuoi ti accompagno per un pezzo.»

«Certo, mi farebbe piacere.» Mi incamminai con lei e mi venne un'idea. «Se hai tutto dietro, potresti cenare a casa mia e prepararti li.»

I suoi occhi si illuminarono ma sembrò subito pensare ad altro. «Sarebbe fantastico, sei gentile ad invitarmi. Ma Colson ha detto che sarebbe venuto a prendermi a casa.»

«Che problema c'è? Puoi dargli il mio indirizzo.»

«Davvero?»

«Certo!» Sorrisi vendendola prendere velocemente il cellulare e scrivere al suo amico.

Sembrava su di giri e iniziò a parlarmi di Colson, facendomi capire quanto fosse persa per lui. Ogni tanto andava nel panico e si faceva alcune paranoie, ma cercai di rassicurarla dicendole che tutto sarebbe andato benissimo. Appena adocchiai un taxi, lo fermai e salii con Diana ai posti dietro dando il mio indirizzo. L'uomo partì subito e dopo cinque minuti eravamo già davanti al cancello. Dopo aver pagato, scesi e notai Diana immobile che guardava davanti a se con le labbra socchiuse. Le feci strada verso casa e le scappò un'imprecazione appena arrivammo davanti al portone d'ingresso.

«Qui è immenso...»

La guardai e non sapendo come rispondere, non lo feci. Ci aprirono la porta e nel frattempo mia madre uscì dalla sala fermandosi a guardarci.

«Ciao mamma, lei è la mia amica Diana. Andiamo a scuola insieme.»

Mia madre si avvicinò squadrandola e la sua espressione fu impassibile. La studiò qualche secondo prima di parlare. «Piacere.» Tornò a guardare me gettando poi uno sguardo verso le buste. «Avete fatto spese vedo.»

«Sì. Ho invitato Diana a cena, pensavamo di prepararci insieme per stasera.»

«Capisco. Io e tuo padre purtroppo non possiamo unirci a voi però...»

«Come mai?» Non sapevo se essere felice o meno di quella notizia. Da un lato avrei voluto che i miei genitori conoscessero Diana.

«Siamo stati invitati ad una cena importante. Sicuramente avremo occasione di conoscerci meglio un'altra volta.» Disse rivolgendosi poi a Diana.

«Certamente signora Evans.»

Salutai mia madre e salii con Diana al piano di sopra mostrandole poi la mia stanza. «Siediti pure sul letto o sulla poltroncina, dove preferisci.»

«Isabel... la tua camera è un sogno.» Posò le buste in un angolo e si guardò intorno con aria incantata facendomi ridere.

«Grazie!» Tirai fuori le cose che avevo comprato e le misi sul letto. «Vado un attimo a chiamare la mia amica Marisol e arrivo.»

Andai a cercare Marisol e dopo averla presentata a Diana, le mostrai quello che avevo comprato. Mi serviva il suo aiuto e dopo aver illustrato la mia idea, si mise al lavoro. Aveva preso ago e filo ed aveva iniziato a sistemare il vestito sotto i nostri sguardi curiosi.

«Mi piace l'idea che hai avuto. Hai fatto tu questi schizzi?» Chiese Diana alzando un foglio dalla scrivania.

«Sì. Appena mi è venuto in mente, ho buttato giù qualche disegno.» Passai a Marisol dell'altro filo e mentre sistemava il polsino della manica, io facevo l'altro seguendo le sue indicazioni. «Non è nulla di speciale come travestimento, però mi piaceva.»

«Lo trovo bellissimo signorina.» Mi rispose subito Marisol sorridendomi. «La signorina Diana si ferma a cena?»

«Sì.»

«Wow... nessuno mi aveva mai chiamata "signorina".» Sussurrò Diana facendoci sfuggire una risata.

«Tu invece? Cosa indosserai?» Domandai alzando lo sguardo.

«In realtà ho deciso di indossare un abito rosso abbastanza semplice e una maschera dello stesso colore. Nulla di speciale.»

«Anche io di solito indossavo una maschera semplice... è classico, ma bello.»

Dopo essermi punta un paio di volte, riuscii a terminare il lavoro. Avevamo applicato una striscia di diamanti intorno ai polsini del vestito nero a maniche lunghe. Marisol era stata ovviamente più veloce ed era riuscita a mettere le strisce anche lungo lo scollo a V. Lo alzai guardandolo e sulle mie labbra si formò un sorriso soddisfatto. Abbracciai forte Marisol e lei ricambiò ridendo. «Sei la mia salvezza! Grazie!»

«Si figuri signorina, è stato un piacere. Ora scendo ad aiutare gli altri in cucina.» Sorrise e uscendo prese anche aghi, spilli e il filo.

«Che gentile Marisol, lavora qui da molto?»

«Mi ha praticamente cresciuta lei.» Sorrisi e sistemai il vestito poggiandolo sulla poltroncina.

«Isabel? Adesso che ci penso, chi ti porterà alla festa? Jason?» Mi guardò con un sorrisino e sospirai scuotendo leggermente la testa prima di sedermi sul letto accanto a lei.

«Mi porta l'altro autista, altrimenti qualcuno potrebbe riconoscermi.»

«Capisco.» Mi osservò e parlò di nuovo. «Hai litigato di nuovo con lui?»

«Sì... cioè... è complicato.»

«So che non vuoi che te lo dica, ma quel ragazzo ti piace davvero. L'ho nominato una volta e guarda come stai... di lui ti importa.»

«Mi importa perché è mio amico.»

«Ok, chiudi gli occhi.»

«Cosa?» La guardai confusa e lei incrociò le braccia.

«Fallo dai.»

Sospirai e chiusi gli occhi come mi aveva appena chiesto di fare.

«Immagina di essere al ballo...» disse e annuii. La sentii bisbigliare qualcosa e poco dopo partì una melodia dal suo cellulare e ridacchiai. «Shh! Stai ballando con il tuo accompagnatore.»

«Era necessaria la musica?» Chiesi aprendo piano un occhio.

«Sì, ora immagina e fai silenzio.»

«Ok, ok.» Sorrisi richiudendo gli occhi e cercai di immaginare come diceva lei.

«Avete entrambi la maschera, continuate a ballare guardandovi negli occhi, è tutto perfetto. L'atmosfera è quella romantica da film, ma lui ad un tratto si ferma e mettendo le mani sulla maschera, la toglie...»

Sorrisi istintivamente ma quando realizzai, aprii subito gli occhi e tirai un cuscino a Diana.

«Oddio hai visto Jason! Lo sapevo! Sei cotta di lui!»

«Oddio basta ti prego!» Arrossii incrociando le braccia al petto. «Non ho visto lui.»

«Non ti credo. Altrimenti non avresti reagito così.» Rise applaudendo soddisfatta. «Non esce dalla tua mente, è sempre li.»

Sbuffai guardando altrove e tirando a me un cuscino, lo abbracciai. «Parliamo di te che sei cotta di Colson.»

«Almeno io lo ammetto a me stessa.» Disse fiera facendomi poi la lingua. Le tirai anche l'altro cuscino e risi scendendo di sotto con lei mostrandole parte della casa mentre aspettavamo che la cena fosse pronta. Era anche un modo per evitare di riprendere l'argomento "cotta" che mi stava mettendo profondamente in imbarazzo. Diana restò piacevolmente colpita nel vedere la casa, teneva le mani unite come se avesse paura di rovinare qualcosa. Presi i nostri cappotti, le mostrai una parte del giardino fuori e mentre andavo con lei verso la panchina, notai qualcuno di familiare venire verso di noi. Diana ridacchiò sottovoce mentre Jason si avvicinava con le mani in tasca.

«Ciao Jason, cosa ci fai qui?»

«Ho lasciato una cosa in macchina, vado a prenderla.» Guardò me e Diana per poi superarci e andare verso il garage.

«Vai da lui!» Sussurrò Diana al mio orecchio spingendomi verso Jason.

«No! Non so nemmeno cosa dirgli... in realtà non ho proprio nulla da dire.» Risposi ma in cambio ricevetti uno sguardo severo.

«Isabel, vai subito da lui o ti ci spedisco io a calci.»

La guardai a bocca aperta mentre lei si mise seduta fissandomi. «E va bene...» alzai gli occhi al cielo e andai verso il garage. Jason era già li e aveva acceso le luci.

«Devi dirmi qualcosa?» Domandò restando di spalle mentre si avvicinava all'auto e apriva la portiera. Non pensavo nemmeno mi avesse sentita arrivare.

«Cosa hai scordato?» Domandai non sapendo che altro dire. Lui alzò semplicemente il pacchetto di sigarette in risposta. «Sei venuto fin qui per le sigarette?» Lo guardai inarcando un sopracciglio trattenendo una risata.

«Era il pacchetto nuovo.» Rispose, ma non mi convinceva.

«Non lo so... credo tu mi stia mentendo.»

«Ah giusto, del resto... sono tanto bravo a mentire.» Si avvicinò squadrandomi, anche se aveva un tono serio i suoi occhi non lo erano. «Ma non sono l'unico, vero?»

«Cosa vorresti dire?» Domandai, ma non disse nulla, si limitò a fissarmi piuttosto a lungo per poi superarmi. «Jason?» Provai a richiamarlo ma lui alzò un braccio come per salutarmi e andò via. Lo fulminai, poi Diana mi raggiunse subito bloccandosi alcuni secondi quando vide le macchine.

Appena si riprese poggiò una mano sulla mia spalla. «Cos'è successo?»

«Non lo so.»

Dopo cena, decisi di aiutare Diana a prepararsi per prima. Colson sarebbe arrivato presto e lei iniziava ad agitarsi. Persino sua madre era in ansia, l'aveva chiamata due volte in dieci minuti, la situazione in fondo era divertente. La aiutai ad allacciare l'abito, dietro aveva dei nastri intrecciati e ci misi qualche minuto a fare un bel fiocco. Nel frattempo lei si era data da fare sistemandosi i capelli con la piastra. I boccoli neri scendevano morbidi sulle spalle e a me era venuto in mente un bel tocco finale. «Ho un fermaglio con un piccolo diamante rosso che ti starebbe benissimo.» Aprii i cassetti ma proprio in quel momento, mi giunse un flash. Il fermaglio lo aveva ancora Jason. Cercai ancora e ne trovai uno simile ma altrettanto bello, tornai dietro Diana e raccogliendo due ciocche di capelli, glielo misi. «In realtà il fermaglio era un altro, ma non lo trovo.»

«Questo è davvero bellissimo.» Sorrise tenendo indietro uno specchio più piccolo per vedere come stavano i capelli.

«Se ti piace puoi tenerlo, io ne ho tanti.» Sorrisi e lei mi abbracciò. Ricambiai e subito dopo corsi a prenderle la maschera. «Sei bellissima!» La guardai soddisfatta mentre faceva una giravolta e nel frattempo le arrivò un messaggio.

«Oddio, è arrivato.»

«Bene! Ti accompagno giù.»

Diana iniziò a fare qualche respiro profondo tenendosi una mano sul cuore e quando la accompagnai al cancello, Colson era li in piedi davanti alla macchina. Si squadrarono a vicenda e sul loro volto si formò un sorriso, li trovai davvero teneri. «Isabel? Ci vediamo alla festa allora?» Sussurrò mentre mi salutava abbracciandomi.

«Certo, ora corro a prepararmi.» La salutai con la mano e lo stesso feci con Colson. Appena partiti, chiusi il cancelletto e tornai dentro.
Ora toccava a me.

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