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Capitolo 13

Il grande giorno era arrivato e con esso, anche l'ansia. Non sapevo cosa aspettarmi nelle ore successive, ma non ero agitata per l'inaugurazione... Andrew sarebbe stato tutto il giorno con noi e avrebbe potuto raccontare a mio padre gli avvenimenti della serata precedente, in qualsiasi momento. Anche se continuavo a pensare ne fosse valsa la pena, mi ero divertita tanto. Ieri, tornando a casa ero passata dal retro e nessuno ci aveva fatto caso, fortunatamente. Mi ero fatta viva solo dopo essermi cambiata, per dare la buonanotte ai miei e far vedere che ero tornata prima del teorico coprifuoco. Ora però la casa era in agitazione, il personale continuava a fare avanti e indietro. Aprendo la porta, gettai un'occhiata in corridoio e notai la sarta di mia madre andare nella sua stanza seguita dalla parrucchiera. Albert e Philip continuavano a girare per le stanze indaffarati seguendo sicuramente gli ordini di mia madre. Avrei voluto urlare a tutti di fermarsi e respirare un attimo. Rientrai nella mia stanza e sedendomi alla scrivania , ripresi a leggere il libro che avevo interrotto poco prima. Avrei dovuto prepararmi, mia madre era stata chiara stamattina. Prima delle cinque di oggi pomeriggio sarei dovuta essere pronta, o meglio, già in auto. Sarei partita poi con Jason che mi avrebbe fatto anche da bodyguard... sì, avevo convinto mia madre. Come? Dicendole semplicemente che dopo l'accaduto al municipio, mi sarei sentita più sicuro avendo qualcuno al mio fianco. La mia motivazione per lei fu così valida, che prese in considerazione l'idea di contattare anche lei qualcuno. Gettai lo sguardo sul cellulare vedendo qualche notifica, ma invece di rispondere, girai lo schermo in giù scegliendo di ignorare tutti. Megan la sera prima mi aveva mandato diversi messaggi ma non li avevo letti e non avevo intenzione di farlo ora. Potevo già immaginare cosa avesse da dirmi e non era nulla di sensato. Sentii bussare forte alla porta e sussultai sentendo poi urlare mia madre che diceva mi sarei dovuta dare una mossa. Guardai l'ora ed effettivamente notai che erano quasi le quattro. Entrai nella cabina armadio e presi il vestito che avevo scelto con Jason poggiandolo sul divanetto. Andai a prendere delle scarpe con il tacco da abbinarci, un cappotto nero e la borsa, andando poi finalmente a cambiarmi. Infilai i tacchi e mi slegai i capelli correndo a sistemarli davanti allo specchio, ma prima che potessi finire, bussarono di nuovo alla porta. Prepararsi stava iniziando a diventare un'impresa ardua. Andai ad aprire e almeno quattro persone entrarono spingendomi verso la toeletta senza darmi il tempo di dire qualcosa o semplicemente, di realizzare quello che stava succedendo.

«Ha già pensato ad una acconciatura?» Domandò la donna iniziando a spazzolarmi i capelli.

«In realtà pensavo di tenerli sciolti...»

«No, legali. Ti staranno meglio.» Disse mia madre spuntando da chissà dove iniziando ad aprire i cassetti della mia toeletta. «Ma guarda che bello, sta bene con il colore del tuo vestito.» Disse tirando fuori un mio fermaglio con un piccolo diamante rosso, lo porse alla parrucchiera e uscì dalla stanza.

Attaccarono la piastra e iniziarono a prendermi ciocche di capelli facendoli diventare mossi. Dopodiché, a lavoro concluso, raccolsero due ciocche dei miei capelli portandole indietro per mettere il fermaglio. Mi sentivo una di quelle bambole che regalavano alle bambine per giocare all'estetista o alla parrucchiera. Un'altra ragazza passò a sistemarmi il trucco facendo qualcosa di leggero e naturale, fortunatamente. Dopo diversi minuti riuscii finalmente a respirare mentre liberavano tutti la mia stanza uscendo. Mi guardai allo specchio e alzandomi, recuperai il cellulare alla scrivania per poterlo mettere nella borsa. Quando sentii bussare per la millesima volta, non potei crederci. Alzai gli occhi tenendoli rivolti verso il cielo, anzi, il soffitto e chiesi a Dio cosa avessi fatto di tanto male. Andai alla porta e aprendola, sgranai gli occhi nel vedere Jason davanti a me. Mi guardai velocemente intorno e lo tirai nella stanza chiudendo subito a chiave. «Ma che cosa stai facendo? Potrebbero vederti!»

«Ma io lavoro qui.» Mi squadrò e sorrise mettendo le mani in tasca. Oggi era tutto in nero, completo nero e camicia nera, niente cravatta però.

«Ma non sei autorizzato ad entrare in casa teoricamente.»

«Come hai detto tu, teoricamente.» Disse alzando un dito. «Comunque sono tutti troppo impegnati per far caso a me. Un ladro potrebbe entrare e nessuno se ne accorgerebbe.»

«Come no.» Risi e alzai gli occhi al cielo mettendo il cappotto. «Direi che possiamo andare al Royal, ti hanno già dato l'indirizzo?»

«Sì, mi hanno dato anche una specie di pass. Credo sia per entrare nel parcheggio riservato.» Disse mostrandomi una piccola tessera nera plastificata.

«Bene, andiamo.» Sorrisi e mettendo la borsa su una spalla scesi di sotto con Jason.

«Ma tuo padre dov'è?»

«Non ne ho idea, ultimamente lo vedo meno del solito. Sarà già all'hotel.»

«Buffo, da quello che mi hai detto, non dovrebbe essere tua madre il capo?»

«Dovrebbe... ma sappiamo tutti che Mark Evans non lascerà mai davvero il controllo a qualcuno che non sia lui.» Sussurrai. Non sapevo se mia madre non se ne rendesse effettivamente conto o se facesse solo finta di nulla. Io al suo posto avrei reagito nonostante le possibili conseguenze poco piacevoli. «Prendiamo la Range.» Afferrai le chiavi e gliele passai. Entrati in garage, adocchiai l'auto e salii al lato del passeggero facendo spuntare sul volto di Jason un sorrisino.

«Ci stai prendendo gusto a stare davanti.»

«Sì, abbastanza.» Sorrisi allacciando la cintura e l'istante dopo eravamo già in strada.
Durante il tragitto feci qualche telefonata a mia madre per capire se era per strada o ancora a casa in totale panico. No, non lo avevo capito in effetti... mi arresi decidendo di non stressarla maggiormente continuando a chiamarla. Le strade erano tutte bloccate e non ci avrebbero fatto passare senza il pass e un mio documento. Una folla si stava radunando verso l'hotel per vedere l'inaugurazione o semplicemente, com'era stato ristrutturato il vecchio edificio. Nemmeno io in realtà l'avevo mai visto dal vivo, forse ci ero passata davanti qualche volta in auto, ma era tutto coperto e fino a stamattina non si poteva vedere quasi nulla. Dunque sarebbe stata una sorpresa anche per me.

«Sei agitata?» Domandò Jason mentre ci avvicinavamo.

«No, perché?» Chiesi confusa a quella sua domanda.

«Chiedevo. Sai, per i fotografi e il resto... non che ci sia motivo di agitarsi.»

«No... hai ragione.» Mi portai una mano al cuore guardandolo di scatto. Sarei stata praticamente accanto ai miei e ci sarebbero stati i giornalisti. Ma perché Jason non poteva stare zitto?

«Calma Isabel, davvero non c'è motivo di agitarsi. Io stavo solo scherzando.» Rise e io puntai lo sguardo sulla strada cercando di distrarmi.

«Jason?»

«Sì?»

«Stai zitto.»

•••

Il Royal era semplicemente bellissimo visto da fuori, sembrava un palazzo reale, del resto un motivo ci doveva essere se portava quel nome. Jason mi camminò accanto andando verso l'ingresso, dove ebbi il piacere di vedere mia madre. Almeno era arrivata in tempo e stava nascondendo l'agitazione meglio di quanto avrei fatto io nella sua situazione, essere il capo di un posto come questo si sarebbe sicuramente rivelato impegnativo. Affiancò la madre di Andrew e solo in quel momento realizzai che lo avrei visto. Questo in effetti metteva più ansia dei fotografi e dei giornalisti. Sentii la mano di Jason poggiarsi sulla mia schiena, mi spinse leggermente avanti facendomi evitare lo scontro con una macchina fotografica.
«Eccoti qua.» La voce di Andrew risuonò nelle mie orecchie nonostante le altre mille voci intorno a me.

«Già, sono arrivata.» Cercai di rispondere normalmente e sollevando lo sguardo notai il suo, che al contrario del mio, era freddo.

«Hai portato anche lui?» Fulminò Jason che rimase indifferente.

«Mi fa da bodyguard sai, dopo l'avvenimento in municipio...»

«Risparmia le tue menzogne, Isabel.» Disse Andrew interrompendomi e lo guardai con le labbra socchiuse. Non poteva rispondermi in quel modo.

«Pensala come vuoi.» Lo superai con Jason mettendomi dietro il nastro che probabilmente mia madre avrebbe dovuto tagliare. «Il vecchio Andrew è tornato.» Sussurrai a denti stretti.

«Non se ne è mai andato.» Rispose Jason. «Mi dispiace dovertelo dire, ma... "te lo avevo detto".» Cantilenò le ultime parole e gli tirai una leggera gomitata al fianco.
I miei genitori iniziarono il loro discorso mentre i Larson li affiancavano, Andrew invece si mise in piedi accanto a me e non riuscii a stare concentrata. Volevo ascoltare ma ero come in trance, guardavo un punto fisso e non riuscivo a sbattere le palpebre. Tornai in me solo quando vidi un improvviso flash che mi fece sussultare. Sentii la mano di Jason sfiorare la mia e trattenni il fiato.

«Va tutto bene?» Domandò in un sussurro.
Annuii e guardando verso la folla che applaudiva, notai mia madre ed Elizabeth prendere due paia di forbici. Andrew mi prese improvvisamente a braccetto conducendomi verso di loro. Mio padre mi fece mettere accanto a lui tenendo le sue mani sulle mie spalle, Andrew invece affiancò i suoi mentre al tre, il nastro rosso veniva tagliato. I flash aumentarono e io sorrisi tra i miei genitori anche se nella mia testa, riuscivo a pensare solo a quanto fossimo falsi. Agli occhi di tutti eravamo la famiglia perfetta e ricca, con una vita meravigliosa. Potevamo avere tutto ciò che desideravamo, ed era così, se si trattava di beni materiali. Qualsiasi cosa, che fosse utile o meno, se la volevo potevo comprarla anche senza guardare il prezzo. La volevo, la prendevo. Bastava far strisciare la carta. Non dirò che i soldi non fanno la felicità, perché comprare tutto ciò che vuoi quando vuoi è davvero bello. Diciamo però che non è tutto. Con questo spero di non essere sembrata avida. Sapete chi aveva tutto ed aveva una vita perfetta? Richie Rich. Quel bambino ricco del film che alla fine si ritrova, oltre che con i soldi, anche con un bel gruppo di amici. Amici veri. Lui sì che aveva tutto, soldi e felicità.
Seguii i miei genitori nell'albergo e affiancai di nuovo Jason guardando il posto. Già solo la hall era immensa, sembrava troppo anche per un albergo. Camminai andando sempre avanti e alzando lo sguardo, osservai la grande cupola sopra di noi. Il ristorante dei Larson era aperto e i camerieri giravano già con i vassoi pieni di drink. Davanti c'erano sparsi tavoli, piante e al centro persino una fontana.
Quello che supposi essere il facchino, si avvicinò per prendere il mio cappotto e tenendo la borsa, lo ringraziai facendo un giro con Jason per l'albergo.

«Non lo trovi bellissimo?» Domandai presa a guardare ogni dettaglio.

«Troppo grande, troppo lussuoso.»

«Questo è un male?» Lo guardai andando verso il giardino fuori.

«Non credo che in molti potranno permettersi di stare qui, dico solo questo.» Il suo tono era spento, sembrava che qualcosa non andasse.

«Allora pensi che fallirà?» Domandai.

«No, non lo so.» Fece spallucce guardandosi intorno e mi fermai davanti a lui.

«Vedremo come va con il tempo. Io ho fiducia.» Accennai un sorriso e andai verso una panchina sedendomi. Jason si sedette accanto a me sfiorandomi i capelli e li guardò. «Non mi stanno un granché così, ma non ho potuto farci nulla.»

«Non è vero, non stai male. Ma...» si avvicinò e sfilò il fermaglio lasciando che i capelli mi ricadessero sulle spalle. «Così stanno meglio.» Disse facendomi sorridere.

«Isabel.» Mi voltai e guardai Andrew davanti a noi. «Dobbiamo parlare.» Lanciò un occhiata a Jason che poco dopo guardò me. Io annuii come per dirgli che andava bene e mentre si allontanava, mi alzai avvicinandomi a Andrew.

«Dimmi.»

«Che cosa ci trovi in quello?» Chiese facendo un cenno con la testa, verso Jason.

«Davvero vuoi parlare di questo ora?» Alzai gli occhi al cielo e cercai di allontanarmi, ma lui mi fermò prendendomi dal braccio.

«Tra voi non potrà mai funzionare, Isabel. Non gli interessi davvero, ti sta attaccato perché hai i soldi.»

«Ma senti quello che dici? Jason è un vero amico, non ci sono secondi fini.» Come poteva dire quelle cose? Anche se in realtà, da lui, ce lo si poteva aspettare.

«Noi difficilmente riusciamo ad avere amici di cui fidarci e comunque, quello non sembra cercare amicizia da te.»

«Siamo solo amici e mi fido di lui.»

«Se fosse tuo amico lo guarderesti diversamente. Stai alla larga da lui il più possibile.» Disse in tono deciso e io sollevai le sopracciglia lasciandomi sfuggire una risata sarcastica.

«Non puoi dirmi cosa fare.»

«Io forse no... ma tuo padre sì.» Sulle sue labbra spuntò un sorriso.

«Non oseresti.» I miei occhi si strinsero in due fessure.

«Lo faccio per te.»

«Tu non fai mai niente per me, Andrew! Al contrario, devi sempre intrometterti in cose che non ti riguardano.» Cercai di mantenere la calma ed evitare di alzare la voce, ma se continuava così non avrei risposto delle mie azioni. «Vuoi fare qualcosa per me? Non dire nulla e lasciami stare.» Mi aveva stanca, ma non era una novità.

«Devo ammettere che è bravo.» Rise sarcastico squadrandomi dalla testa ai piedi. «Credo sia riuscito a farti innamorare...» mi sfiorò il mento accarezzandolo, «ma non piangere troppo quando ti spezzerà quel fragile cuoricino.» Disse portando un dito sul mio petto, all'altezza del cuore e si allontanò.
Andrew parlava a sproposito, non ero innamorata di Jason. Passare il tempo con lui, parlarci e girarci insieme mi piaceva. Ogni volta a scuola, non vedevo l'ora terminasse l'ultima ora per andare alla macchina. Mi faceva stare bene e conversare con lui era diverso, in senso positivo. Ma era mio amico, tutto qui. Non provavo nulla aldilà dell'amicizia, giusto? Giusto.
Cercai Jason girando li intorno, ma non lo trovai. Decisi di rientrare e guardandomi intorno notai Megan parlare con Andrew, non sapevo nemmeno sarebbe venuta. Incrociando il mio sguardo troncò la conversazione dirigendosi verso di me a passo svelto.

«Pretendo delle scuse, sai?» Spostò indietro i capelli e incrociò le braccia al petto aspettando. «Non hai risposto a nessuno dei miei messaggi.»

«Non ne ho avuto il tempo Meg. Sinceramente non avevo nemmeno voglia di litigare.»

«Andrew dice la verità? Perché se quella è la verità...» rise sarcastica muovendo leggermente la mano, «tesoro mi cadi in basso. A meno che non sia una cosa seria ma da una botta e via, quindi... dimmi, è la verità? Ti piace quello straccione dell'autista?»

«Adesso basta!» Gridai esasperata catturando l'attenzione di alcune persone. Sospirai correndo verso il piano di sopra e sentii dei passi veloci dietro di me, ma non mi voltai. Dovevo allontanarmi subito da tutti per qualche minuto. Corsi lungo il corridoio ma sentendo pronunciare il mio nome diverse volte, mi fermai. Girandomi guardai Jason e corsi istintivamente verso di lui abbracciandolo, ne avevo bisogno.

«Ehi...» mi strinse a se accarezzandomi la schiena e chiusi gli occhi. «Che succede?» Domandò con un tono così dolce che riuscì a sciogliermi. Scossi la testa non avendo la forza di rispondere in quel momento. Ne avevo abbastanza di tutte quelle persone che aprivano bocca solo per giudicare, ero stanca delle loro regole, ed ero stanca delle etichette. «Calma, è tutto ok.» Sussurrò dolcemente al mio orecchio. «Vuoi andare via?» Domandò e annuii subito restando comunque attaccata a lui.

«Lei non va da nessuna parte. Isabel, staccati subito.» Aprii gli occhi sentendo la voce di mia madre e mi staccai leggermente da Jason. «Per fortuna non c'era molta gente li intorno, il tuo comportamento è stato vergognoso. E anche questo lo è stato...» disse indicando me e Jason.

«Signora, credo che sua figlia si senta poco bene, potrei riaccompagnarla a casa magari...»

«Assolutamente no.» Disse in tono fermo e deciso. «Isabel, se non ti senti bene prendi un'aspirina, dopodiché scendi a chiedere scusa a Megan e a chi avevi intorno.»

«Mamma, voglio tornare a casa, per favore.» Chiesi sospirando. Era davvero pazzesco, voleva che restassi li e che scendessi a scusarmi senza nemmeno sapere cosa fosse successo. Di certo non glielo avrei detto.

«Niente storie, scendi subito e non farci fare altre figuracce.» Prese un'aspirina dalla borsetta e me la porse. «Non potresti essere come Andrew? Lui sta intrattenendo tutti, si comporta educatamente e ci sta aiutando. Se tu non vuoi conversare, ok, stai accanto a lui in silenzio e fai presenza almeno.» Si voltò allontanandosi e io restai li accanto a Jason con l'aspirina in mano.

«Mi aspetteresti di sotto? Mi do una sistemata e arrivo.» Chiesi gentilmente a Jason senza guardarlo.

«Sei sicura?»

«Sì.» Annuii e andai verso le scale salendo alla ricerca dell'ufficio di mia madre.
Controllai la piantina che mi aveva mandato sul cellulare e dopo diversi minuti, capii di dover prendere l'ascensore. Salii schiacciando il tasto e chiusi alcuni secondi gli occhi contando. Dovevo rilassarmi, non dovevo pensare a mia madre e tanto meno al fatto che ero chiusa in un ascensore. Quando sentii il tintinnio che segnava l'arrivo al piano, aprii gli occhi e uscii guardando il corridoio. Andai verso il grande portone e controllai che fosse aperto, prima di entrare e ammirare la grande scrivania, le poltroncine in pelle e qualche quadro. Di lato c'era un'altra porta e proseguendo, andai ad aprire sperando ci fosse il bagno. Ed era così, c'era un bagno completo, con doccia e vasca. Andai davanti allo specchio e mi sistemai i capelli cercando il fermaglio, quando ricordai di non averlo più. Jason l'aveva sfilato dai miei capelli e probabilmente lo aveva ancora lui. Lasciai cadere i capelli sulle spalle ricordando le sue parole: "così stanno meglio" e sorrisi involontariamente. Non riuscivo a comprendere cosa ci fosse di sbagliato tra me e lui, ai miei occhi era tutto perfetto. Non era ricco, faceva più lavori e quindi? Perché i nostri amici dovevano per forza appartenere alla nostra stessa classe sociale? Mi sembrava di vivere in un'altra epoca. Ogni volta che chiedevo spiegazioni, mio padre diceva: "Isabel, loro non sono come noi." Ma cosa voleva dire questo "come noi"? Tutto ciò non aveva alcun senso e non lo avrebbe mai avuto.
Aprendo la borsa misi dentro l'aspirina, di cui non avevo bisogno e, tirai fuori un mascara e un rossetto. Dovevo ridarmi una sistemata e rendermi presentabile per la gioia dei miei. Non sapevo se mi sarei scusata con Megan, del resto non ero in torto, ad ogni modo avrei conversato con alcuni degli invitati se questo era ciò che volevano da me.

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