Capitolo 11
Il dibattito fu successivamente rimandato di qualche giorno a causa dell'improvviso maltempo, tutto venne spostato e organizzato nel municipio per evitare altri inconvenienti. Mio padre aveva mandato a casa il personale qualche ora prima ed era andato con mia madre dalla famiglia Larson. Io nel frattempo mi stavo preparando, aspettando l'arrivo di Andrew che sarebbe venuto a prendermi con il suo autista. Dopo il dibattito ci sarebbe stata una cena per pochi a casa dei suoi genitori, che avevano chiamato due dei loro chef dal ristorante di lusso in modo che cucinassero per noi, dunque mi sarei dovuta vestire bene. A parer mio sarebbe stato più sensato invitarci direttamente nel loro ristorante, ma forse volevano qualcosa di tranquillo. Andai nella cabina armadio e indossai un abito che avevo comprato qualche mese prima. Era corto nero, con il collo leggermente alto e le maniche lunghe, tutto decorato con perline nere e oro. Dietro aveva la schiena scoperta e sotto la luce, l'abito brillava come se la stoffa fosse ricoperta da piccoli cristalli, lo adoravo... avevo un debole per questo brand. Andando verso la zona scarpe presi gli stivaletti neri di Jimmy Choo, che arrivavano alla caviglia. Mi sentivo troppo elegante per un dibattito e una cena con quelle persone, ma poco importava ormai. Mi sistemai i capelli lasciandoli sciolti e misi un filo di trucco, controllando poi di non aver dimenticato nulla. Quando mi arrivò il messaggio di Andrew, presi il cappotto nero lungo e la mia borsetta, raggiungendolo velocemente fuori dopo aver chiuso. L'autista mi aprì la portiera dell'auto e ringraziandolo, salii.
«Isabel, sei bellissima stasera.» Andrew mi baciò la guancia guardandomi.
«Grazie, anche tu stai bene.» Era vestito elegante, con giacca e pantaloni neri, camicia bianca e cravatta di un verde scuro. Fece cenno all'autista di partire e piegando il braccio, guardò l'ora. «Salirò sul palco per presentare a tutti mio padre prima che inizino, vuoi salire anche tu con me?»
Anche no... pensai. Non avevo nemmeno intenzione di votare per lui in effetti. «Oh no, tranquillo, è il vostro momento... io starò al mio posto ad ascoltare. Grazie comunque della proposta.» Accennai un sorriso e controllai il cellulare nella borsa per evitare una qualche situazione imbarazzante. Mi sentivo un po' cattiva.
«Ieri ho scoperto il progetto dei nostri genitori.» Disse tranquillamente facendomi alzare di scatto lo sguardo.
«Cosa...?» Lo guardai notandolo sorridere compiaciuto.
«Vedo che ho attirato la tua attenzione.»
«Cosa hanno in mente di fare?» Era ovvio che quel discorso avrebbe attirato la mia attenzione.
«Lo scoprirai stasera. In realtà è un progetto che hanno già avviato da quella volta che ne hanno parlato quando eravamo tutti insieme a cena, ricordi?»
«Ma è passato già un po' di tempo.» Non sapevo se preoccuparmi o meno del fatto che due famiglie come le nostre collaborassero.
«Infatti una parte del lavoro è già completa. Non ti rovinerò la sorpresa ad ogni modo.»
Arrivati al municipio, scesi con Andrew dall'auto e guardai tutta la gente pronta ad entrare. Alcuni venivano fatti passare prima e Andrew, prendendomi a braccetto, mi condusse dentro superando tranquillamente la folla. Andando dietro le quinte, trovammo i nostri genitori parlare di qualcosa riguardante gli avversari, ma vennero subito distratti dalla nostra presenza. Vedendoci insieme si avvicinarono subito e sorrisero, spaventoso direi.
«Tesoro, ma sei incantevole!» La signora Larson mi salutò con due baci sulla guancia e mi squadrò.
«Grazie signora Larson.» Accennai un sorriso e affiancai i miei che avevano intanto salutato Andrew più calorosamente di quanto facessero con me.
«Tra alcuni minuti si inizia, io e tuo padre abbiamo preso due posti avanti. Ti metti accanto a noi o stai dietro le quinte con Andrew?» Mia madre prese la sua pochette tirando fuori il cellulare che aveva iniziato a suonare.
«Adesso valuto, nel caso prenderò posto in qualche fila più indietro.» La informai e lei annuì allontanandosi per rispondere.
Lasciai gli altri liberi di tornare al loro discorso e andai a vedere avanti, notando le persone entrare per prendere già ognuno il proprio posto. Guardandoli non facevo altro che pensare, non si sarebbero annoiati a morte? Avrebbero dovuto passare qui dentro una o due ore, dipendeva anche da quante domande avrebbero fatto. Sapevo che si trattava della nostra città, ma sia Larson che Sanders erano dei bugiardi, in questo caso non esisteva un "meno peggio" da votare. Sarebbe servito un terzo candidato, possibilmente con un minimo di cuore e di cervello, ma forse era chiedere troppo. Alla fine era questa la politica... un'enorme presa in giro.
I miei andarono a prendere posto dopo qualche minuto, mentre Andrew affiancò suo padre tranquillo. Io al suo posto sarei stata nervosa sapendo di dover parlare davanti a tante persone, anche se per quindici secondi. La gente mormorava aspettando e io mi allontanai andando verso i posti in fondo. "Sentiamo le loro nuove menzogne." Sentii mormorare a qualcuno in piedi dietro di me. "Parlano tanto ma poi, ci portano solo via i soldi." Disse qualcun altro. Pressai le labbra sentendomi quasi a disagio, anche se in realtà non ne sapevo il motivo. Forse perché facevo parte della famiglia che stava aiutando Bart Larson.
Passarono diversi minuti prima che una donna salisse sul palco con un microfono per dare il via al dibattito. Catherine Sanders e Andrew, affiancarono entrambi la donna, pronti a presentare i loro rispettivi padri. Voltando lo sguardo verso l'ingresso notai Megan e sua madre entrare alla ricerca di qualche posto libero ma, sfortunatamente per loro, era tutto pieno.
«Cari cittadini, per me è un onore presentarvi l'uomo che cambierà in meglio questa città. Mio padre, Bart Larson!» Andrew lasciò il posto a suo padre mentre la gente applaudiva. Catherine aveva un sorriso così falso che si poteva notare persino dal mio posto e appena ci fu un po' di silenzio iniziò a parlare.
«Ringrazio tutte le persone che sono qui oggi, il vostro sostegno è molto importante. Sono davvero lieta di presentarvi il futuro sindaco di Everside... Bill Sanders!» Suo padre entrò abbracciando la figlia mentre si sollevarono altri applausi. Pensare che il giorno prima, Catherine si lamentava con suo padre al cellulare perché doveva imparare la stupida frase che aveva appena detto e in cambio, si è fatta comprare un'audi. Bello l'amore per la famiglia, vero?
Quando iniziarono a rispondere alla prima domanda, il mio cellulare segnò l'arrivo di una notifica, così lo tirai fuori dalla borsa leggendo il messaggio.
"Sei al dibattito? -J"
"Sì. Tu non ci sei? Sono venuti in molti." Digitai velocemente cercando di ascoltare un minimo il discorso di Larson che parlava fiducioso a tutti.
«Questa città ha bisogno di un sindaco forte, che sappia gestire qualsiasi situazione...» in quel momento, venni distratta da un altro messaggio di Jason ma cercai di ignorarlo. «Voglio rendere la città più sicura...» continuò il suo discorso e Jason mi scrisse di nuovo.
"No, sono al Maple." Diceva il primo messaggio. "Sei in prima fila?"
"Sono in fondo, mi sto annoiando tantissimo. Ora però devo mettere via il cellulare, ci sentiamo." Per quanto mi dispiacesse, dovetti salutarlo e ascoltare quei noiosi e fasulli discorsi. Ad un tratto però, qualcuno tra la gente si alzò interrompendo il discorso. «Siete due bugiardi!» Era un ragazzo incappucciato e sembrava avere qualcosa che gli coprisse la bocca, ma da in fondo, non riuscivo a vedere un granché bene. Un altro si alzò qualche posto più avanti al mio, anche lui incappucciato con una bandana nera a coprirgli parte del viso. Si girò alternando lo sguardo da noi ai due candidati. «Queste persone ci prendono in giro! Dicono che cambieranno in meglio la città... ma la verità è che distruggeranno tutti noi prendendosi i nostri soldi!» Avrei riconosciuto quella voce tra altre mille. Diverse persone si alzarono d'accordo con loro applaudendo. "Sì! Hanno ragione!" Si sentì dire all'unisono da alcuni. I ragazzi con la bandana corsero più avanti lanciando qualcosa verso i candidati che si ritrovarono macchiati di vernice. Mi alzai di scatto sgranando gli occhi e lo stesso fece altra gente che iniziò ad allontanarsi spostandosi indietro. C'erano persone indignate, altre ridevano e applaudivano mentre i due ragazzi stavano sporcando di vernice anche le persone in prima fila, tra cui i miei genitori. Io in quel momento ero solo scioccata e nel frattempo avevano chiamato la sicurezza. I due corsero velocemente mischiandosi tra le piccola folla in piedi che si era radunata al lato della sala e, arrivati vicino ad una delle uscite di sicurezza, scapparono via. Non potevo credere ai miei occhi, non dubitavo ci sarebbe stato qualche problema ma, non immaginavo sarebbe successa una cosa simile. Presi la mia borsa e corsi fuori dal municipio guardandomi intorno alla ricerca di un taxi. Quando lo adocchiai, iniziai a sbracciarmi per attirare la sua attenzione e accostò subito. Salii dietro e chiusi la portiera guardando il tassista. «Jackson St. Side, per favore.» Dissi e l'uomo annuì partendo subito.
Ci vollero quasi dieci minuti per arrivare e dopo aver pagato il tassista, lasciandoli un abbondante resto, scesi dal taxi guardando il Maple Leaf. C'erano solo due auto parcheggiate fuori, quindi dovevano esserci solo i proprietari e uno o due clienti. Entrai e facendo rumore con i tacchi, richiamai l'attenzione del ragazzo dietro al bancone e dei due ragazzi con la bandana al collo che si girarono verso di me. Entrambi mi squadrarono e Jaden fischiò guadagnandosi un'occhiata oltre che da me, anche da Jason. Mi avvicinai al loro tavolo incrociando le braccia al petto. Poco prima che entrassi stavano ridendo e scherzando, come se nulla fosse successo.
«Principessa, non c'è bisogno di essere tanto eleganti per il Maple Leaf... ti fanno entrare anche in jeans e felpa, te lo assicuro.» Jason mi guardò mentre Jaden iniziò a ridere dando una pacca sulla spalla al suo amico.
«Come vi è saltato in mente? Avete completamente perso la testa?!» Domandai ignorando il suo commento, non mi sembrava il momento di scherzare.
«Di cosa parli?» Domandarono all'unisono e li guardai inarcando un sopracciglio. Mi credevano forse così stupida? Jason sospirò guardando verso il ragazzo al bancone che ci osservava confuso e si fece più in la per farmi spazio sul divanetto. Sospirai levandomi il cappotto e mi misi seduta accanto a lui. «Non parliamone qui, va bene? Poi ti spiegherò.» Sussurrò togliendosi la bandana per poi metterla in tasca.
«Tu non hai idea di quello che hai rischiato.»
«Oh, eri preoccupata per me?» Lui e Jaden risero divertiti mentre io mi alzai sbuffando prendendo di nuovo in mano il cappotto. «Ehi no, ferma.» Mi prese piano per il polso guardandomi. «Scherzo, non ti arrabbiare.»
«Resta qui con noi, dai.» Jaden sorrise facendomi cenno di prendere posto con loro, ma in quel momento avevo altro a cui pensare.
Il mio cellulare iniziò a suonare e prendendolo, risposi subito appena vidi il nome di mia madre. «Mamma, dove sei?» Domandai prima che potesse chiedermelo lei, almeno avrei saputo cosa inventarmi.
«Io e tuo padre siamo tornati a casa a cambiarci, come tutti. Che cosa indecente quella appena successa, spero prenderanno quelle persone. Tu dove sei?»
«Io sono...» guardai Jason che ascoltava in silenzio e pensai velocemente. «Sono andata via, ho pensato fosse rischioso rimanere li. Ora stavo andando al Luxury per prendere qualcosa di caldo, ne avrei bisogno.»
«Capisco, hai fatto bene. Ti veniamo a prendere prima della cena o ci raggiungi a casa dei Larson?»
Mi ero quasi dimenticata della cena, in realtà non pensavo nemmeno l'avremmo fatta visto quello che era successo. «Oh, sì tranquilla. In fondo non è distante, prederò un taxi nel caso. Ci vediamo dopo.» Staccai e mi ritrovai accanto il ragazzo che lavorava li, lessi la targhetta sulla divisa, si chiamava Ralph.
«Cosa prendi?» Sembrava seccato, forse perché era tutto il giorno che lavorava.
«Nulla grazie, ho una cena e se mangio ora...» non finii la frase perché mi bloccò bruscamente.
«Non m'importa se hai una cena o qualcosa da fare dopo. Se vuoi stare qui, devi ordinare qualcosa.» Era arrabbiato, ma non capivo se ero proprio io il problema o altro.
«Ralph calmati.» Jason lo fulminò subito.
«Amico, che ti prende?» Jaden fissò Ralph che alzando gli occhi al cielo mise via il taccuino.
«Funziona così, sapete?»
«Capisco, hai ragione.» Misi le mani avanti per cercare di non mettere nessuno in lite. «Vado via, scusa ancora.» Misi il cappotto e presi la borsa, nel frattempo i due si alzarono.
«Veniamo con te.» Jason mise la giacca lasciando dei soldi sul tavolo.
«Non serve, devo andare dai Larson ora...»
«Anche noi sorella!» Jaden uscì andando verso un'auto azzurra un po' vecchia, con qualche ammaccatura qua e la.
«Cosa?» Guardai Jason confusa mentre andavamo entrambi verso l'auto.
«Ecco, devi sapere una cosa.» Sorrise colpevole aprendo la portiera dell'auto per farmi entrare e io, mi fermai a fissarlo non sapendo più che altro aspettarmi. «Elizabeth Larson ha apprezzato così tanto la squadra catering ingaggiata da tua madre, che l'ha richiesta anche lei.»
Ok, questo era troppo... ero letteralmente a bocca aperta davanti a Jason che mi guardava aspettando forse che io dicessi qualcosa. Dopo aver rielaborato almeno due volte nella mia testa quello che Jason aveva detto, lo colpii al braccio. «Sei doppiamente impazzito?! Quella donna ha chiamato voi due perché lavoraste da lei questa sera... e avete imbrattato lei, suo marito e altra gente, di vernice?» Non ero più sicura di voler andare alla cena, questa giornata non stava promettendo nulla di buono. Salii in auto e Jaden partì ridendo appena il suo amico si mise seduto al posto avanti. Accesero la radio e inserirono un cd, iniziando a cantare tutte canzoni che non conoscevo alzarono così tanto il volume, che temevo le mie orecchie iniziassero a sanguinare da un momento all'altro. Se mia madre mi avesse vista in un auto simile, con questi due, sarebbe sicuramente svenuta dallo shock. Dopo un lungo tragitto quasi esultai, e dico quasi, vedendo casa Larson. Allungandomi abbassai il volume ricevendo delle lamentele da parte dei ragazzi e quando Jaden parcheggiò, dopo aver fatto il giro sul retro, scesi dall'auto. I ragazzi aprirono il bagagliaio e presero gli zaini con dentro presumibilmente, le loro divise... o almeno speravo. «Io vado, grazie del passaggio!»
«Di nulla Bella!» Jaden mi fece l'occhiolino mentre io mi allontanavo salutandoli con un cenno della mano.
Andai all'ingresso e suonando venni subito accolta da una delle governanti che prese il mio cappotto. «La accompagno signorina, sono ancora tutti nel salone. La cena sarà servita tra venti minuti.»
«La ringrazio molto.» Sorrisi e lasciai che mi accompagnasse nella grande sala, dove tutti chiacchieravano tranquillamente divisi a gruppetti, ci saranno state circa quindici persone. Andrew venne verso di me e prendendomi la mano mi fece avvicinare baciandomi la guancia.
«Eccoti, stai bene? Quello che è successo è stato un disastro.» Mi accarezzò il braccio e non sapevo se essere sorpresa per il suo essere preoccupato, o considerare tutto una sua recita.
«Sì, sto bene. Mi dispiace per l'inconveniente, voi state bene?»
«Sì, ma quei due verranno puniti. Farò controllare le videocamere di sicurezza per capire chi sono.» Sembrava determinato e il mio cuore alle sue parole perse un battito.
«Lascia stare, probabilmente erano solo ragazzini che avevano voglia di creare scompiglio. Non ne vale la pena.» Accennai un sorriso accarezzandogli il braccio e stavolta fu lui a guardarmi confuso. Dovevo cercare di distrarlo da quella sua idea perché se avesse scoperto l'identità dei ragazzi, sarebbe stata la fine per loro.
«Hai ragione, ad ogni modo ci penserò su.» Piegò il braccio aspettando che ci poggiassi la mano e mi accompagnò dagli altri invitati. Mia madre mi salutò da in fondo alla sala stando a braccetto con mio padre che parlava con un uomo che personalmente non avevo mai visto. Ricambiai il saluto di mia madre e restai con Andrew intento a presentarmi tutti. Ad un tratto notai due persone entrare con le macchine fotografiche. «Sono arrivati i giornalisti.» Sorrise sistemandosi la cravatta sotto il mio sguardo confuso, come sempre, ero l'ultima a sapere le cose.
«Amici, posso avere la vostra attenzione?» Bart prese qualcosa dal tavolino e picchiettò al lato facendo voltare tutti. Accanto a lui c'erano sua moglie e i miei genitori.
«In quest'ultimo periodo ho lavorato ad un progetto con mia moglie.» Disse mio padre poggiando la mano su quella di mia madre. «Abbiamo pensato a qualcosa di grande e questo è solo l'inizio. Ma...» alzò un dito e guardò i Larson. «Non saremmo mai riusciti a concluderlo senza l'aiuto di Bart ed Elizabeth, che hanno saputo consigliarci e hanno collaborato con noi per terminare questo progetto alla perfezione.» Lasciò il posto a mia madre e alla signora Larson che poggiarono le mani su un telo bianco, sotto cui sembrava esserci una torre in miniatura. «Siamo lieti di annunciarvi che tra qualche giorno avverrà l'apertura... del Royal Hotel.» Tirarono via il telo scoprendo il modellino del loro nuovo Hotel e tutti applaudirono sorpresi mentre partivano i flash delle fotocamere.
«Non è fantastico?» Andrew applaudì prendendomi poi sotto braccio per andare dai nostri genitori. «Andiamo a fare una foto con loro, finiremo su tutti i giornali.»
Tutti i giornali? Con loro? Non era quello che volevo. «Vai tu se vuoi, io preferisco restare qui.»
«Sciocchezze.» Disse mio padre sentendo e mi fece mettere accanto a lui mentre Andrew affiancava i suoi genitori. Stavo ancora cercando di realizzare quella notizia, non ero in vena di fare nessuna foto. Mia madre notandolo, mi strinse leggermente il braccio e alzando lo sguardo sorrisi verso la fotocamera. Appena scattata la foto, mi staccai e ci chiamarono per la cena. Andai verso la sala da pranzo seguita da Andrew, ma girando l'angolo quasi mi scontrai con Jason.
«Ehi.» Mi sorrise facendo l'occhiolino. Ora aveva la camicia bianca e un papillon nero, messo un po' storto.
«Cosa ci fai tu qui?» Andrew lo fulminò poggiando la mano sulla mia spalla.
«Lavoro.» Rispose in tono ovvio.
«Lo hai licenziato?» Domandò spostando lo sguardo da lui a me.
«No, fa più lavori quando può.» Spiegai prima di guardare Jason e accennagli un sorriso.
«Andiamo a sederci.» Andrew mi spinse piano avanti e indicò i nostri segnaposti vicini.
•••
Durante la cena, per la prima volta, ascoltai seriamente i discorsi di tutti. Anche perché facevano domande sull'albergo a cui ero interessata visto che nessuno mi aveva resa partecipe in precedenza. Andrew invece era stato informato, quando sarei dovuta essere io la prima a sapere in quanto figlia delle due menti del progetto. Non ero gelosa, solo che non capivo niente, sembravo venire esclusa per un qualche strano motivo.
«Mark, dimmi un po'... tua figlia e il giovane Larson stanno insieme?» Sentii chiedere da una signora anziana seduta di fronte ai miei genitori. Gli altri al tavolo parlavano invece tra loro di cose differenti, quindi spostai lo sguardo fingendo di non aver nemmeno sentito quell'assurdità.
«Al momento non credo, ma sono una bella coppia direi.»
Quasi soffocai bevendo e misi subito il tovagliolo davanti alla bocca cercando di non tossire rumorosamente. Andrew poggiò una mano sulla sua schiena guardandomi. «Tutto bene Isabel?»
«Benissimo, grazie.» Mi ripresi e prendendo il cellulare dalla mia borsetta guardai le notifiche di nascosto sotto il tavolo. C'era un messaggio da "occhi di ghiaccio" alias Jason Davies, che mi chiedeva di andare in giardino. Il tempismo era perfetto perché notai i miei genitori e la donna guardarmi, come se volessero fare delle domande, così mi avvicinai a Andrew.
«Ti spiace se vado un attimo a sistemarmi? Torno subito.»
«Vai, tranquilla.» Annuì e dopo aver messo il cellulare nella borsa, la lasciai sulla sedia spingendola vicino al tavolo per poi uscire. Mi guardai intorno e facendo un po' di giri trovai l'uscita che portava al giardino.
«Jason?» Lo chiamai sottovoce cercandolo con lo sguardo e una mano prese la mia da dietro facendomi voltare.
«Buonasera signorina Evans.» Accarezzò la mia mano lasciando un bacio sul dorso e risi a quella scena.
«Buonasera.»
«Come procede a tavola?» Domandò con il suo solito sorriso sulle labbra. «Hanno detto che c'è stato un annuncio prima di cena.»
«Oh va alla grande! Stavo soffocando, se tutto va bene magari muoio entro mezzanotte.» Alzai gli occhi al cielo e Jason rise. «E comunque sì, c'è stato un annuncio... poi ti racconto tutte le pazze news.» Annuì guardandomi poi dalla testa ai piedi. «Tutto bene?» Domandai vedendolo un po' perso.
«Sì, sì. Solo...» mi guardò di nuovo facendomi sentire leggermente in imbarazzo, così decisi di abbassare lo sguardo sulle mie scarpe. «Sei davvero bella.»
Alzai di scatto lo sguardo e potei sentire le mie guance arrossarsi, il cuore invece iniziò a martellarmi nel petto. Era solo un complimento lo so, ma detto da lui era in qualche modo diverso. Sorrisi e provai a dire qualcosa, ma mi ci volle qualche secondo. «Grazie...» Cercai di continuare ma qualcuno lo chiamò dalla cucina.
«Devo correre dagli altri, ci vediamo di la.» Mi tirò a se baciandomi la guancia e si affrettò a raggiungere i suoi colleghi. Io non riuscivo a smettere di sorridere, mi aveva migliorato la serata in due minuti. Ma forse avevo parlato troppo presto, perché Andrew apparve all'improvviso con in mano il mio cellulare.
«Hai fatto compagnia a "occhi di ghiaccio" durante i suoi cinque minuti di pausa?» Sollevò il cellulare che gli tirai velocemente via. Davvero aveva letto i miei messaggi? Era una violazione della mia privacy. Ma la cosa peggiore era che poteva dirlo ai miei genitori e per com'erano fatti... anche se io e Jason eravamo solo amici, avrebbero potuto licenziarlo. Il perché era semplice, non potevo avere amici maschi oltre ad Andrew che era di buona famiglia.
«Hai seriamente preso il cellulare dalla mia borsa?»
«Lo avevi lasciato sulla sedia e lo schermo si è illuminato, così ho visto i messaggi.»
Era una bugia. «Non è vero, avevo messo il cellulare nella borsa.»
«Bella, lo hai lasciato sulla sedia. Forse ricordi male, comunque mi dispiace... non avrei dovuto leggere, ma il cellulare era li e io non ho potuto fare a meno di gettare uno sguardo.» Sospirò passandosi una mano tra i capelli neri. Possibile che mi sbagliassi io e che avessi davvero lasciato il cellulare sulla sedia? Ad ogni modo si era appena scusato, questo poteva voler dire che non avrebbe detto nulla ai miei.
«Okay... accetto le tue scuse.»
«Tu e il... cameriere o autista, quello che è... vi frequentate? Se posso chiedere.»
«No, siamo solo amici.»
«Va bene.» Accennò un sorriso e mi abbracciò. Io ricambiai esitante dopo qualche secondo prima di tornare con lui dentro. «La signora Districk ha iniziato a darmi consigli appena te ne sei andata.»
«Consigli?» Già immaginavo quali. Ma perché le persone non potevano semplicemente farsi i fatti loro?
«Sì, parla molto. Cercarti è stata anche un po' una scusa per staccarmi da lei.»
Risi e tornati al tavolo infilai il cellulare nella borsa chiudendola bene. Jason, Jaden e altri camerieri nel frattempo ci portarono il dolce. I miei nemmeno si erano accorti del fatto che il mio autista, ci stava servendo. Meglio così d'altronde.
«Bart, prenderai provvedimenti per quello che è successo oggi al dibattito? Credo sia stato oltraggioso e irrispettoso.» Disse un uomo seduto davanti a noi.
«Come dicevo prima ad Isabel, se vuoi posso chiamare e far controllare le telecamere di sicurezza.» Rispose Andrew.
«Io non credo dovremmo fare un dramma di quello che è successo... è stato un atto di ribellione, invece di sporgere una qualche denuncia, potremmo semplicemente capire cosa vorrebbero dal nuovo sindaco. Saranno rimasti delusi per qualcosa dai precedenti e magari il signor Larson...» sollevai la mano indicandolo, «potrebbe cambiare davvero le cose.» Guardai di sfuggita Jason mentre versava del vino all'uomo davanti a me, poi al resto delle persone al tavolo rimaste in silenzio. Era davvero una situazione che mi stava mettendo a disagio.
«Sei davvero una ragazza intelligente, cara.» La signora Districk sorrise sistemandosi il tovagliolo sulle gambe. «Io sostengo la sua idea.» Disse in tono convinto e accennai un sorriso.
«Ad ogni modo dovrebbero essere puniti per il loro gesto.» Commentò il signor Larson.
«Tutti facciamo errori signor Larson, alla fine, in qualche modo ne paghiamo le conseguenze. Che sia per mano nostra o per mano di qualcuno più potente di noi. Penso che usando il metodo che ho proposto poco fa, loro capiranno il loro sbaglio e lei risulterà una persona più matura e saggia...» spiegai, «più di quanto lo è già ora, s'intende.» Mi corressi velocemente per non sembrare offensiva accennando un sorriso.
«Ben detto.» Disse un alto signore seduto con noi. Mio padre invece mi guardò annuendo in segno di approvazione.
Forse ero riuscita a salvare Jason e il suo amico, ma non volevo parlare troppo presto.
Dopo cena, si spostarono tutti in un'altra sala, io invece presi la borsa tornando in quella dove c'era il modellino dell'albergo. Mi avvicinai guardando il piccolo edificio che sarebbe stato inaugurato nei giorni seguenti. Sembrava davvero regale come suggeriva il nome, dovevo ammetterlo, era molto bello. Mi chiedevo quante persone avesse ingaggiato mio padre per ristrutturare così in fretta, un posto tanto grande. Camminai al lato del tavolo per vedere il resto del modellino, in quell'albergo c'era di tutto. Al centro c'era il ristorante ed era tutto coperto da una cupola di vetro, dall'altro lato invece c'era una piscina. Sul retro c'era il giardino, con panchine sparse in giro e un campo da tennis.
«Un bel progetto, vero?» Mio padre mi affiancò. «Inizialmente tua madre aveva pensato a qualcosa di semplice, ma ho deciso di lavorarci su e ne è uscito questo.»
«Dunque a chi è intestato?»
«Ad entrambi, metà appartiene a me e metà a tua madre. Tolta la zona ristorante che è affidata ai Larson. Ad ogni modo, tua madre avrà più diritti.» Spiegò. «Non sarò io il direttore, ma lei. Elizabeth invece le farà da spalla.»
Nonostante le sue parole, sapevo che sarebbe stato comunque lui a comandare. Era troppo maniaco del controllo per non occuparsene, nonostante avesse tanto lavoro alla banca, ero sicura avrebbe trovato tempo da dedicare al Royal.
«Beh, congratulazioni.»
«Tra te e Andrew come va? Sembra vi siate avvicinati un po' di più.»
«Normale, forse possiamo diventare amici. Si vedrà.» Risposi indifferente.
«Oh, ne sono sicuro.»
E dal suo tono di voce, sembrò essere per davvero molto sicuro di se. Sorrise tornando nell'altra sala e girandomi sorrisi nel vedere Jason e Jaden entrambi con due vassoi vuoti in mano. Feci loro cenno di avvicinarsi e raggiungendomi guardarono il modellino.
«Royal Hotel? Cos'è?» Jaden toccò il modellino guardando poi un volantino.
«Un Hotel. Fratello, ma che domande fai?» Jason lo prese in giro facendomi ridere.
«Simpatico.» Accennò un sorriso falso al suo amico tornando poi a guardare.
«In sintesi, i miei genitori ora hanno un albergo e collaborano con i Larson.»
«Quindi posso fare domanda per farmi assumere li come cameriere?» Domandò girandosi poi subito dopo verso Jason, come se avesse riflettuto su qualcosa. «Se lavorassi li magari mi darebbero una stanza. Sai che roba vivere in un posto simile? Altro che quella topaia del mio appartamento.»
«Mm sì.» Jason non sembrava convinto e subito dopo Jaden si ricompose.
«Però in effetti non saprei... ci devo pensare.»
«Okay... ma se cambi idea, Jaden, posso parlare di te a mia madre e farti assumere.»
«Grazie Isabel, ora vado a portare il vassoio in cucina... e grazie per averci salvato il didietro prima.» Mi salutò con un inchino e risi guardando poi Jason.
«Qualcosa non va?» Domandai vedendolo pensieroso.
«No, tutto ok. Quindi era questa la notizia, tu non ne sapevi proprio nulla?»
Scossi la testa pressando le labbra. «Ero all'oscuro di tutto. Al contrario di Andrew che lo ha saputo prima di me. Non so in realtà perché mi abbiano esclusa, ma non importa.»
«Grazie per prima a tavola.» Disse sorridendo.
«Con tutto quello che hai fatto per me, ci mancherebbe. Gli amici servono a questo, no? Ti guardano le spalle.» Gli feci l'occhiolino e piegò di nuovo le labbra in un sorriso.
«Giusto. E noi siamo amici, vero?» Poggiò il vassoio sul tavolino guardandomi mentre mi avvicinavo per sistemargli il papillon.
«Sì, amici...» percepii una piccola stretta allo stomaco ma cercai di non farci caso.
«Isabel, non vieni di la con noi?» Andrew si avvicinò mentre Jason riprese sotto braccio il vassoio e io mi staccai sfiorando il colletto della camicia.
«Sì, stavo solo ammirando il progetto.» Spiegai, ma sembrava più concentrato su Jason. «Grazie per lo champagne.» Presi un bicchiere vuoto a caso che avevano lasciato li e lo porsi a Jason.
«Si figuri signorina Evans.» Si allontanò e trattenni un sorriso pressando le labbra.
«Non ti sta troppo addosso?»
«No, affatto. Poi mi piace parlare con lui, gli stavo mostrando il modellino del Royal... potrebbe conoscere qualcuno che ha bisogno di lavoro.»
«Riguardo a questo... credo che abbiano già assunto le persone necessarie. In fin dei conti, verrà inaugurato fra qualche giorno.»
«Non si sa mai, può sempre servire qualcuno. Qualcosa si trova.»
«E riguardo la candidatura a scuola? Hai pensato alla mia proposta?» Domandò curioso.
«Sì... e resto dell'idea che per me, sarà meglio concentrarmi sullo studio. Ma se ti dovesse servire una mano e se mi sarà possibile, ti aiuterò.»
Sospirò ma accennò un sorriso. «E va bene Isabel, come preferisci. Anche se quei crediti sarebbero utili, più ne hai meglio è.»
«Ho pensato anche a quello e so che ne danno anche al giornalino. E il giornalino è un po' meno impegnativo anche se non meno importante.»
«Vuoi davvero lavorare per il giornalino?» Chiese sorpreso, quasi incredulo.
«Sì, in fondo mi piace scrivere e prendo voti molto alti nei temi, articoli di giornale, saggi...»
«Sì beh... se tu sei felice, va bene.» Accennò un sorriso e lo seguii nell'altra sala.
La signora Districk si avvicinò e pregai non chiedesse nulla riguardo me e Andrew. Sembrava una signora gentile, ma un po' invadente a quanto avevo sentito e visto.
«Isabel.» Poggiò una mano sul mio braccio gentilmente. «Mi hanno detto che sei all'ultimo anno e hai voti eccellenti. Hai già deciso cosa fare dopo?»
Oh no, odiavo questo genere di domande. Non sapevo cosa avrei fatto finito l'anno, mi sarebbe piaciuto proseguire con gli studi ma non avevo idea di che mestiere avrei svolto in futuro. «Penso proprio che proseguirò gli studi, ma devo ancora riflettere su ciò che intendo fare nella vita.»
«Spero tu riesca a capirlo presto cara, ad ogni modo sei una ragazza intelligente e questo ti permette di fare tutto ciò che desideri.» Passò accanto a Andrew e gli picchiettò la spalla facendogli cenno di abbassarsi un po'. «Mi sembra fantastica.» Disse al suo orecchio ma io sentii bene.
Scossi leggermente la testa e mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo. Andrew rise e quando la Districk si allontanò, mi guardò alzando le spalle. «Credo proprio che tu le piaccia.» Rise e io con lui.
«Credo anche io.»
Alla fine Andrew non stava risultando tanto male, a parte l'inconveniente del cellulare era sempre stato gentile. Forse stava davvero cambiando e me lo auguravo per lui.
•••
Ero felice di essere finalmente giunta a casa, aver indosso il pigiama e delle calze morbide. Mi sedetti tra le coperte e chiamai Jason accendendo la luce sul comodino. Forse era un azzardo chiamarlo, poteva essere già tornato a casa ed essersi messo a dormire. Dopo qualche squillo però, rispose.
«Ehi.»
«Ehi, ti disturbo?»
«No, sono appena uscito dalla villa dei Larson, Jaden mi sta portando a casa.»
«Oh bene, volevo solo sapere se era tutto ok in realtà. Non avete combinato guai quando sono andata via, vero?» Domandai scherzosamente, ma dall'altro capo ci fu un momento di silenzio.
«Ecco...»
Oddio. Mi stavano prendendo in giro, giusto? «Jason...?»
«Ci era avanzata della vernice e... Jaden ha pensato che i quadri all'ingresso fossero un po' tristi...»
«Cosa?!» Avevano imbrattato delle opere d'arte e al pensiero stavo per svenire.
«Scherzo!» Scoppiò a ridere e io poggiai una mano sul cuore mentre di sottofondo Jaden lo insultava per avermi fatta prendere male.
«Quello che ha detto Jaden.» Dissi semplicemente alzando gli occhi al cielo.
«Scusa, hai ragione. Ci hai salvati, quindi per sdebitarci ci comporteremo bene e staremo fuori dai guai per ventiquattr'ore.»
«Molto bene.» Risposi.
«Ventiquattro?!» Sentii Jaden dire di sottofondo. Sembrava un po' sconvolto.
«Ad ogni modo dimmi Isabel...» fece una pausa prima di proseguire con la domanda. «Come sapevi che ero io il ragazzo nel municipio? Ti avevo scritto dicendoti che non ero li.»
Sorrisi alla sua domanda stupida. «Riconoscerei la tua voce tra altre mille.» Giocai con le coperte pensando alla scena in municipio. «Sai, parli molto quindi è difficile non ricordarla.» Dissi ironica facendolo ridere. «Ci vediamo domani, buonanotte Jason.»
«Buonanotte Isabel.»
Staccai mettendo via il cellulare e dopo aver spento la luce, mi accoccolai sotto le coperte. Chiusi gli occhi convinta di addormentarmi, ma mi sbagliavo di grosso. Nella testa mi risuonò quella domanda sul mio futuro e iniziai a pensare a così tante cose in una sola volta, che dovetti mettermi seduta. Cosa volevo fare della mia vita? C'era qualcosa che mi piaceva davvero fare? Zero. Nessuna idea.
Ero praticamente nata per studiare e accontentare i miei genitori, non avevo coltivato passioni se non leggere e scrivere. Questo poteva essere un guaio. Sbuffai e lasciando cadere la testa sul cuscino, restai ferma a guardare il soffitto.
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