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Giallo canarino


Mangiai un boccone di pasta, mentre mi godevo la brezza primaverile di maggio. Finalmente si poteva pranzare all'aperto senza sentire freddo. La primavera è decisamente la mia stagione preferita, mi piace il profumo dell'aria, gli alberi in fiore e i caldi raggi del sole.

Io e Rebecca eravamo sedute ai tavolini di un bar appena fuori dall'università, e stavamo parlando della dichiarazione di Tommaso, l'ultima grande novità.

"Cami, sei una scema! Sono passati quasi tre mesi da quando ti sei lasciata! È ora di guardare avanti!" e con guardare avanti, intendeva guardare Tommaso!

"Lo so Becky, hai ragione... ma l'ultima volta che ho visto Samuele, non ho provato indifferenza... faceva ancora male!"

"Certo, ma è successo un mese fa!"

Rimuginai sulle sue parole, cercando di capire che effetto mi avrebbe fatto ritrovarmi faccia a faccia con Samuele. Non potevo saperlo con certezza. Avrei dovuto rivederlo per capirlo, ma allo stesso tempo, avevo un po' di paura. Finalmente non pensavo più a lui e il mio cuore non aveva più sofferto, ma ritrovarci magari avrebbe fatto riaffiorare tutto quanto. E io non volevo stare male ancora.

"Devo andare al lavoro ora" troncai la conversazione alzandomi e prendendo la mia borsa.

"Peccato che devo uscire con Ste nel pomeriggio, altrimenti avrei visto volentieri il tuo costume di oggi!" sollevò il bicchiere per bere, ma si fermò all'improvviso, come folgorata da un'idea. "Potremmo venire a trovarti insieme!" Era raggiante, si stava divertendo tantissimo a prendermi in giro!

La fulminai con lo sguardo prima di dire: "Non ci provare! Ci manca solo che un professore mi veda con uno di quei costumi!"

Rebecca mi rispose con una sonora risata, poi aggiunse, quando ormai mi stavo già allontanando: "Tanto ha già visto le altre foto!"

Mi voltai senza fermarmi e le mostrai il dito medio. Quanto volevo bene a Rebecca!


Come tutte le altre volte, il costume che indossavo non passava inosservato. Dovevo ammettere che, per quanto assurdo fosse il metodo, questa agenzia di pubblicità otteneva grandi risultati. Avevo sempre gli occhi di tutti i passanti puntati addosso e spesso si fermavano per chiedere chiarimenti circa i miei buffi outfit. Oggi ero fuori da un negozio di articoli per bagno: cuffie, saponette, spazzole, salviette e via dicendo.

Io però, non potevo essere niente di sobrio, infatti ero travestita da papera. Ma non una papera normale, bensì una di quelle che solitamente si usano nella vasca da bagno! Il mio costume era di plastica, rigido, e la coda sporgeva talmente tanto in fuori che, ogni volta che mi giravo, rischiavo di urtare qualcuno o qualcosa. Sarebbe stato un pomeriggio impegnativo.

In un momento di pausa, decisi di mandare una foto a Tommaso. Era diventata una sorte di abitudine, quella di mostrargli i miei strani indumenti da lavoro. E lui aspettava sempre con ansia di scoprire quale imbarazzante travestimento mi sarebbe toccato. 


Avevo inviato la foto da parecchi minuti, ma Tommaso non mi aveva ancora risposto. Strano... iniziavo ad avere uno stranissimo sospetto... e infatti! Forse mi ero sentita osservata, sta di fatto che mi voltai e dall'altra parte del marciapiede notai Tommaso, con un gran sorriso stampato in volto, che guardava nella mia direzione.

Arrossi all'istante. Un conto era rendermi ridicola in una fotografia, un altro era farlo dal vivo! Mi sentivo tremendamente goffa dentro quel costume e lui invece era sempre perfetto. Guardò da una parte all'altra della strada prima di attraversare e quando fu di fronte a me, constatai che il suo viso era teso... si stava sforzando di non scoppiare a ridermi in faccia.

Lo fissarlo con uno sguardo di rimprovero e gli chiesi scocciata: "Come hai fatto a trovarmi?"

Lui si lasciò scappare un accenno di risata, ma sembrò ritrovare subito il controllo: "Si leggeva l'insegna del negozio nella foto."

Rimasi spiazzata e cercai di incrociare le braccia davanti al petto (la forza dell'abitudine) ma la plastica rigida che mi avvolgeva il corpo, mi impedì di completare il movimento. Così rimasi, come una scema, con le braccia sollevate a mezz'aria, senza sapere dove posizionarle.

Stupida Camilla! Stupida!

Tommaso notò la mia goffaggine e per aggiungere imbarazzo all'imbarazzo, decise di chinarsi un po' verso di me e mi disse, con il suo solito sorriso malizioso: "Sei carina!"

Avvampai e distolsi lo sguardo, posizionandolo sul viavai di persone che camminavano dietro di lui. Solo allora notai che, tutte le persone che passavano, spostavano il loro sguardo su di noi. Sicuramente il mio acceso "vestito" giallo canarino attirava parecchia attenzione, ma quello che mi colpì fu il fatto che, molte ragazze di passaggio erano attratte da Tommaso. Quando si accorgevano della sua presenza, lo fissavano con insistenza e, se erano in compagnia, si scambiavano risatine.

Spostai a mia volta gli occhi sul viso di Tommaso, che si era raddrizzato nuovamente e stava studiando la vetrina del negozio che dovevo promuovere. La sua pelle aveva delle imperfezioni, si potevano vedere due piccole cicatrici, una vicino al sopracciglio destro e l'altra all'angolo della bocca. Probabilmente se l'era procurate praticando la boxe. Ma il suo naso era decisamente perfetto, i suoi occhi azzurri erano ipnotici mentre le sue labbra... le sue labbra erano così... così provocanti! Immersa in questi pensieri, per nulla casti, non pensai molto a quello che uscì dalla mia bocca: "Stai attirando parecchia attenzione"

Lui mi rivolse uno sguardo scettico e mi rispose: " Io? Tu attiri l'attenzione direi!" mi studiò da capo a piedi e io mi sentii sciogliere sotto al suo sguardo, anche se probabilmente, nella sua testa, stava solamente pensando a quanto fossi ridicola.

"Le ragazze non stanno certo guardando me!" ribattei sulla difensiva, tornando a valutare la situazione alle sue spalle. Lui fece altrettanto e sembrò accorgersi solo in quel momento cosa intendevo dire. Poi tornò a posare i suoi occhi su di me, mentre il suo sorriso si faceva sempre più seducente. Si avvicinò, finché non fummo a pochi centimetri, e si piegò su di me. La sua bocca era quasi attaccata al mio orecchio. Scandendo bene le parole mi sussurrò: "Qualsiasi ragazza passi per strada, io guarderò sempre e solo te, anche se sei una papera!"


Dopo la mia altalena di emozioni del pomeriggio, per colpa di Tommaso, che mi aveva prima imbarazzato, poi deriso e infine commosso, ero contenta di passare la serata al lavoro al bar. Ero così impegnata a servire drink, che non avevo un attimo per restare sola con i miei pensieri. Ed ero contenta di questo, perché ultimamente avevo pensato davvero tanto. Troppo!

Staccai alle due di notte e tornai velocemente al mio palazzo. Ero quasi arrivata al pianerottolo quando mi accorsi che c'era già qualcuno. Mi bloccai con un piede sull'ultimo scalino, indecisa se continuare o tornare indietro, ma la mia mente lavorò troppo lentamente. 

Samuele, notando un movimento con la coda dell'occhio, si voltò verso di me, con il braccio sollevata verso la porta e le chiavi in mano. Ci fu uno scomodo silenzio che durò anche troppo. Entrambi restammo fermi a guardarci senza sapere cosa fare. Com'erano diventate strane le cose tra di noi! Sentivo il mio cuore battere forte per l'agitazione, ma con mia grande sorpresa, constatai che non c'era quasi traccia di dolore. Provavo solo tanta malinconia e tanto dispiacere. Ma la sofferenza per la nostra rottura era sparita. Avevo forse (finalmente!) dimenticato Samuele?

Questa nuova rivelazione mi infuse un coraggio che non credevo di avere. Mossi l'ultimo passo, che mi postò sul pianerottolo, e lo guardai dritto negli occhi, cercando di fargli capire che era tutto a posto.

"Ciao Samu" bisbigliai, sorridendogli timidamente. Lui sembrò un po' spiazzato da questo mio atteggiamento, ma poi si rilassò e mi rispose con un sorriso altrettanto impacciato. Forse piano piano, potevamo tornare ad essere... non amici, ma vicini sicuramente!

Entrambi facemmo scattare la serratura delle nostre porte, ma quando stavo per varcare la soglia, sentii la voce di Samuele alle mia spalle, che mi richiamava: "Cami..." mi voltai, in attesa, mentre Samuele cercava le parole giuste per continuare "... mi dispiace per come sono andate le cose tra di noi... spero davvero che tu possa trovare una persona migliore di me, che sappia davvero renderti felice."

Il suo tono sincero mi fece sorridere teneramente, e senza neanche rendermene conto, le sue parole mi fecero pensare a Tommaso. Lo guardai, senza nessuna traccia di rancore negli occhi, e gli risposi dolcemente: "Grazie Samu... credo di averla già trovata."

Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci appoggia con la schiena, sospirando.

Ero pronta per il prossimo passo!

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