38. (M) La rabbia che porto dentro
Piccola intro: le parole in grassetto sono di Matt (ci teneva a farvelo sapere. Traduzione in calce). Saluti e baci
Ps: un grazie enorme e sentitissimo a Volpina (lei sa perchè).
È da due ore che sto qui, incastrato tra l'angolo del divano e la parete, i piedi sollevati oltre il bracciolo, fasci di carta tra le mani. Prendo una penna, scrivo due cose, poi la butto via, ne prendo un'altra e cancello quello che ho appena lasciato, blu su bianco, poi riscrivo tutto d'accapo.
E mai trovo le parole giuste. Ho un oceano di verbi e congiunzioni e nomi di cosa, persona, singolari plurali collettivi, che mi girano nella testa e mi fanno venire la nausea da quanto urlano forte, da quanto vogliono uscire e stare su quel foglio senza ordine, accozzaglia di sentimenti e pensieri.
Vorrei dar loro ragione, metterli assieme in un testo coerente, in un modo giusto.
Ma sono solo confuso, pieno di rabbia e allo stesso tempo vuoto di ragione.
Alyna, che m'hai fatto?
Sento dentro – dentro? C'è ancora un cazzo di "dentro", in te? Perché a me sembri solo perso – qualcosa di grumoso, caldo, liquido, bollente come una matassa di magma scuro, che spinge per venirsene fuori in qualche modo.
Ce l'ho appena sotto lo sterno, questo ammasso di densità, ma non riesco a dargli posto, né in ciò che dico, né in ciò che faccio, né in ciò che penso. È come se volesse a tutti i costi rimanere qui, appiccicato alla mia carne, a farla macerare e imputridire assieme a lui.
Perché senza di lei niente è più.
No, non posso pensare a lei. Non ora, no. Via, via da qui.
Guardo il tappeto sporco di birra – quanto le piace la birra – e la tenda, è scucita, bisognerebbe portarla a sistemare. Il pavimento è bollente – come lei addosso a te – e questo caldo mi uccide, ma la forza per alzarmi e farmi una doccia – e pensare a lei e toccarti pensando a lei, come se lei ci fosse ancora e potessi averla sempre – non ce l'ho.
Ho sbagliato, e lei pure. Abbiamo sbagliato entrambi. E mi sento svanire, scomparire, perdere coscienza, se realizzo che due sbagli fatti in parallelo – il mio errore, la sua bugia – ci hanno portato alla fine di tutto. Tutto. Cristo, se era tutto.
La penna si muove da sola, il mio sguardo è altrove, se la vedono inchiostro e cervello e mano, il cuore è da tutt'altra parte. Scrivo, come faccio da giorni interi. Scrivo, come non ho fatto mai. Scrivo e provo a espiare. Scrivo e provo a capire.
The mess we've made will tear us
In so many small parts
Without you
Am I something more than a damned fuck?
E come, come ha potuto non dirmi niente? Io che le ho dato tutto, che avrei accettato qualsiasi cosa pur di averla. Io che mi sono ritrovato al suo fianco senza sapere come, io che ho sfondato ogni muro, che ho fatto a pugni con l'immagine che avevo di me per riuscire a capire cosa ci facesse quella splendida Aktivist dentro la ma stanza, a occupare ogni spazio libero con il suo sorriso e i suoi modi di arrossire, così diversi che se li contassi tutti non mi basterebbero le dita di dieci mani.
E come, come ho potuto baciare Bella? Io che avevo in mente solo Alyna, solo le sue labbra scure e gli occhi che anneriscono se mi guardano quando mi innamoro di lei. Io che mi innamoro di lei ogni giorno e per ogni cosa, in ogni posto diverso, che sia a un concerto o quando ho le mani tra le sue gambe, che sia alla luce di un bar alle sei del mattino o in un corridoio dell'università dopo un esame.
E come, come abbiamo potuto lasciare andare tutto in dieci secondi? Senza spiegarci, senza volerci, senza capirci.
I feel so dirty
To say these things while
I think of your tongue around me
I touched you in so many places
I had you in so many ways
But you were not what I thought
No, non era quello che ho visto. Quello che ho creduto. Non lo è mai stata. Era promessa – promessa, non penso che avrei mai capito questa parola da solo, se non avessi compreso il contesto. Promessa. Come un regalo, un pacchetto ben fatto col fiocco rosso – a un uomo che l'ha lasciata. È lui che l'ha toccata, sfiorata come io sono riuscito a fare? Ma... l'ha fatto come me? Con il dolore e la cocente voglia di lei che mi facevano male, male da quanto era bella e calda e sorpresa da tutto ciò che sentivamo assieme?
È scappata da una vita che non pensava di meritare.
È venuta qui.
Ci ha trovato me.
I found you in a bar
When I was so fucking drunk
And then you found me
Under a yellow light
In a street full of desperation
Com'è che ho pensato che tutto questo avrebbe potuto essere privo di dolore? Dalla prima volta che l'ho vista non ho fatto altro che saperlo, anche se non me lo volevo dire: c'era – c'è ancora, ci sarà sempre – qualcosa nel suo sguardo, nel modo in cui osserva il mondo, che risulta così timido e allo stesso tempo così deciso che ti mette in soggezione. Ti fa sentire piccolo. Troppo sagace, o troppo dubbioso.
M'ha sempre messo confusione, m'ha sempre fatto sentire troppo – ardito, lussurioso, pazzo, volgare, cazzone – o troppo poco – delicato, avvenente, dolce – per lei.
Eppure mi sono sempre sentito perfetto com'ero, se lei c'era.
You made me feel right
Where I was
When I was
Who I was
Now I am not more sure of me
Can you believe?
Non sono più sicuro, no, di voler cantare ancora sotto la doccia se non c'è lei a sentirmi e arrossire e dirmi che scelgo sempre canzoni che parlano di carne e corpi.
Non sono più sicuro, no, di voler andare ancora a un concerto se non c'è lei a starmi addosso e a volere le mie mani dentro.
Non sono più sicuro, no, di voler suonare ancora se non c'è possibilità di scorrere con queste dita callose e imprecise il suo corpo curvo e caldo e pieno di pelle color deserto.
But I know your name
Sweet little smile
I know you
In ways others don't
And no other man can
Ci sarà ancora, ci potrà ancora essere, uno spazio per recuperare qualcosa?
Perché al di là di tutto, in queste due settimane, ho scritto solo di lei. Ho suonato solo per lei. Ho respirato sperando di farlo contro il suo collo. Ho guardato immaginando il viola dei suoi occhi. Mi sono masturbato pensando di essere dentro di lei. Ho corso correndo da lei, ho camminato camminando da lei, ho preso il tram con lei e dormito con lei e sudato con lei e lottato con lei e ho fatto tutto, tutto, cazzo, solo come se ci fosse lei, solo pensando a lei, solo perché so che da qualche parte lei ancora c'è.
Please if there is a street
A path, a way, a long highway
To turn back to me and you
To sex and laughs and eyes
To cheeks and smiles and miles together
Tell me the truth
Can I come back to hold you
And to be held by you?
You've your place in my life
All the place you want and need
There's a place for me in yours?
Even the smaller you can think about
Will be sufficient to let me stay
'Cause I only want a small piece
Of your days
To tell you I love you,
My little foolish girl,
And to see if you smile again
At the damned fuck I'll always be
Caccio indietro la testa. Sbatto contro il muro. Mugolo di dolore e piacere assieme. Alyna, dove sei?
«Matthew.»
Scatto in piedi, i fogli si sparpagliano attorno.
Yuriy mi guarda dalla porta del salotto, con Luciano e Theo ai lati. Sguardi scuri, tesi, palpebre come linee rette nel viso.
«Come va?»
Raccolgo un foglio, lo sventolo davanti a loro. «Scrivo.»
«Hai dormito?»
Scuoto la testa. «Non penso. Non so.»
«Sei tornato alle cinque, Matthew. Lo fai da settimane. Dove vai, ogni notte?»
Il loro sguardo non accusa, non insinua: sono solo preoccupati. «Bar, strade, gente... niente di che. Ascolto e sento.»
Theo guarda Yuriy, che scuote il capo. «E ti basta?»
«Che dovrei volere di più dalla vita?» rispondo, feroce e tagliente come non meritano.
«Alyna» mormora Lucs, alzando le spalle.
Lascio andare il foglio, che svolazza piano fino a sfiorarmi i piedi nudi. Rabbrividisco. Com'è che qui dentro fa di nuovo freddo come in gennaio?
«Non c'è, non so se ve ne siete accorti. È finita.»
Theo si fa avanti, mi posa una mano sulla spalla. «Davvero?»
Yuriy si piega e afferra le mie strofe su carta con due dita. Le osserva e io mi sento leggere dentro, arrossisco e mi arrabbio come se avesse messo una mano dentro il mio intestino senza permesso.
«Matt» mormora, alzando gli occhi. «C'è solo lei, qui.»
«Perché penso solo a quello» rivelo.
Tanto, che senso avrebbe mentire? Dire loro che non la ricordo, che la voglio dimenticare, che non è stato nulla? Lo sanno, che è stato ed è tutto, per me, quello che da lei e con lei ho scoperto, provato, capito di me stesso.
«E perché non pensi anche a parlarne con lei, Matt?» chiede Lucs. «Mica dovete fare chissà che. Le scrivi, vi trovate al parco, cercate di spiegarvi.»
«Non esiste. Non voglio. E manco lei lo vuole.»
Non posso, Lucs. Lo capisci? Come faccio a rivederla dopo quasi un mese e dirle "scusa ho sbagliato", "scusa mi vuoi ancora?", "Alyna non ce la faccio senza te"?
Sarebbe meschino e schifoso e... solo tutto ciò che vorrei poter fare.
Yuriy stringe ancora il foglio, lo accarezza. «Qui dici il contrario.»
«Mica scrivo tutto quello che credo, eh» mi difendo, ma lo sento da solo il rumore delle bugie che si infrangono contro il vetro: i ragazzi sanno tutto di me. Inutile.
«Lei ha paura, Matthew» dice Yuriy. «Non l'hai capito, che ha solo paura? Di non essere accettata, di non venire compresa?»
«Io l'ho accettata e compresa, e anche di più. Ma non è stata sincera. Quindi chi ho accettato?»
«Davvero, Matthew?» esclama Theo, la voce furiosa. «Tu che hai celato a Bella l'esistenza di Alyna, tu che le hai sempre tenuto nascosto padre e musica e infanzia, tu dici che Alyna non è stata sincera? E che non l'hai conosciuta sul serio, perché tacendoti qualcosa non si è rivelata com'era realmente?»
Bastardo. Bastardo che infili il dito in questa cazzo di piaga che mi taglia da cima a fondo. «Voi che ne pensate, eh? Che ne pensate del fatto che lei era promessa a un uomo, e viene da gente così ricca che manco sa quanti zeri ha il suo conto in banca?»
«Pensiamo la verità, Matt» dice Lucs, pacato, solare come sempre. «Che si è seduta sulle vostre sedie spaiate e sul divano consunto, che ha visto la tua coltivazione di marijuana, che ha accettato la birra del supermercato e i bar scadenti in cui l'hai trascinata. Che è Alyna, quella che abbiamo conosciuto tutti. Con un passato che rinnega e che la rende solo più orgogliosa e forte di quanto pensassimo.»
«E 'ste cose le avete capite in sole due settimane?» Affondo, sono duro, non cederò.
«Le abbiamo capite quando te» mormora Yuriy. «Il minuto dopo quello in cui le abbiamo sentite. Perché è perfettamente uguale a sé stessa, Alyna, com'è sempre stata. Solo più densa e profonda di cose. Più spessa, come tutti noi.»
«Mentite».
E invece sono io a mentire. Perché hanno perfettamente ragione, perché ho sentito e capito tutto subito, come loro. Già nel momento in cui la riportavo a casa lottavo contro il desiderio di abbracciarla e dirle che mi dispiaceva che il suo passato la rendesse triste e fosse pesante da portarsi dietro. Volevo dirle che lei non sarebbe mai cambiata per me, che non avrei smesso un secondo di innamorarmi di lei.
Ma sono un brutto cazzone orgoglioso. Ho sentito il dovere di rimanere deluso, di farla stare male e di sentirmi male pure io. Come se ciò potesse cancellare gli sbagli e dare nuova vita a noi due, aiutarci a scontare l'errore.
Che fottuto coglione. Che immaturo ragazzino.
«Suoniamo?»
Aspetta, che? «Cosa?» mormoro.
Theo sorride. «Volevamo suonare un po' assieme, se ti va. Quello che vuoi.»
Annuisco. Voglio. Vi prego salvatemi, ho bisogno di essere salvato. Ancora una volta la mia rabbia, quella che porto dentro da quando ero un bambino, mi stringe e mi costringe e mi ammazza. Tiratemici fuori. Voi che sapete come.
Con Charlotte tra le mani sembra possibile tornare a respirare, almeno per qualche secondo. Con le sue corde ruvide sotto le dita, il suo respiro gelido contro la pelle, la sua vibrazione che pure da silenziosa non la lascia mai, forse riprendo a capire qualcosa, a capirmi e a sentirmi.
«Che volete suonare?» chiede Yuriy, la testa già dietro i piatti, nell'angolo infinitamente piccolo in cui siamo riusciti a inserire la sua enorme batteria.
Luciano non dice niente, ma accenna qualche nota con la chitarra dolce che oggi si è arrogato di diritto. Fischietta, e già abbiamo capito che canzone è.
Ci piace ascoltarla assieme quando ci facciamo una canna in momenti tristi. Quando pensiamo solo che il mondo ci sia contro, e abbiamo bisogno di essere sistemati, medicati, da qualcuno di più bravo e più alto e più grande di noi.
Theo sorride, apprezza: i Theory of a Deadman sono tra i suoi gruppi preferiti.
E questa canzone, oh, questa canzone... "Rx (Medicate)" l'ho scoperta grazie a Theo, e da lì m'è entrata dentro e me la cullo e me la tengo strettissima, come fosse una medicina sul serio.
Inizio a cantare con Theo, e mi sento così vivo in tutto questo – anche se triste e sfinito e dolorante e pieno di cose impossibili da affrontare – che per un secondo è tutto normale come sempre: quattro cazzoni a suonare insieme in una stanza.
«Wake up to a cloudy day
Dark rolls in and it starts to rain
Staring out to the cage-like walls».
Mi perdo un secondo, a pensare alle pareti di questa stanza che tutto sono tranne gabbia: da qui cerchiamo instancabilmente di spiccare il volo, di uscire fuori, di essere completamente noi. No, non gabbia, ma rifugio.
«World's out there singin' the blues
Twenty more dead on the evening news
Think to myself: "Really, what's the use?"
I'm just like you, I was born to lose.»
Entra anche Yuriy, a cantare, con la sua voce profonda da baritono che quasi non si sente, ma fa da sottotraccia come fosse uno strumento a sé.
«Why, oh why can't you just fix me?
When all I want's to feel numb
But the medication's all gone
Why, oh why does God hate me?
When all I want's to get high
And forget this so-called life.»
Sorridiamo tutti, come se ci stessimo raccontando un segreto, qualcosa di solo nostro che nessun altro può capire e potrà capire mai. Luciano lancia un mezzo grido e si unisce al coro, pure se stona e non sta a tempo. Ma questo è tutto nostro, e ce lo dobbiamo vivere assieme.
«I am so freakin' bored
Nothing to do today
I guess I'll sit around and medicate.»
Ci metto dentro il basso, adesso, sfioro Charlotte e la lascio cantare anche se so che non c'entra nulla, ma io amo inserirla ovunque, perché sta così bene con le note basse della voce di Theo e con il testo, e con tutto quello che ci vibra dentro adesso e sempre quando suoniamo e cantiamo assieme, condividendo così tanto che è come se ci vedessimo le ossa.
E adesso cantiamo ridendo, perché questa parte c'ha sempre portato allegria, stranamente. È come la prova che tutti cercano felicità dove la cerchiamo noi, come la cerchiamo noi: in piccoli, estasianti momenti di gioia innaturale e assurda, che però ti fanno sentire bene come mai riesci a stare.
«Your friends are high right now
Your parents are high right now
That hot chick's high right now
That cop is high right now
The president's high right now
Your priest is high right now
Everyone's high as fuck right now
And no one's ever coming down
I am so freakin' bored
Nothing to do today
I guess I'll sit around and medicate
I am so freakin' bored
Nothing to do today
I guess I'll sit around and medicate
Medicate
Medicate
Medicate
Medicate
I medicate.»
***
Il casino che abbiamo fatto ci farà a pezzi,
In così tante piccole parti
Senza di te
Sono qualcosa di più di un dannato cazzone?
Mi sento così sporco
Nel dire queste cose mentre
Penso alla tua lingua intorno a me
Ti ho toccata in così tanti posti
Ti ho avuta in tanti modi
Ma tu non eri quella che pensavo
Ti ho trovato in un bar
Quando ero così fottutamente ubriaco
E poi tu mi hai trovato
Sotto una luce gialla
In una strada piena di disperazione
Mi hai fatto sentire bene
Dov'ero
Quand'ero
Chi ero
Ora non sono più sicuro di me
Ci puoi credere?
Ma conosco il tuo nome
Dolce piccolo sorriso
Ti conosco
In modo diverso dagli altri
E nessun altro uomo può
Per favore se c'è una strada
Un sentiero, un modo, una lunga autostrada
Per tornare indietro a me e te
Al sesso e alle risate e agli occhi
A guance e sorrisi e miglia insieme
Dimmi la verità
Posso tornare per tenerti stretta
E per essere stretto da te?
Hai il tuo posto nella mia vita
Tutto il posto che desideri e di cui hai bisogno
C'è un posto per me nella tua?
Anche il più piccolo a cui puoi pensare
Sarà sufficiente per farmi rimanere
Perché voglio solo un piccolo pezzo
Dei tuoi giorni
Per dirti che ti amo,
Mia piccola ragazza folle,
E vedere se sorridi di nuovo
Al dannato cazzone che sarò sempre
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